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UNO SCRITTORE IN CITTÀ

Primo agosto: lo scrittore è contento, fiero della sua scelta, rimanere in città! È vero, la notte è stata torrida, difficile addormentarsi: l'umidore che sale dal mare e discende dagli alberi depositandosi su case ed uomini, non dà sfogo al sudore che rimane rappreso sulla fronte, sulla pelle, mentre un'afa insopportabile toglie il respiro e si spera sfiduciatamente in un po' di vento che la mitighi e poi, vinti dalla spossatezza, ci si è stesi seminudi sul letto tentando disperatamente di prendere sonno, e il materasso ha raccolto e restituito decuplicato il calore del corpo, ed il lenzuolo si è presto impregnato di madore, il cui agrÒ odore ha aumentato il senso di fastidio e d'insofferenza. Ma cosa importa allo scrittore, un sedativo lo ha fatto comunque cadere fra le braccia desiderate di Morfeo, e la mattina sembra un paradiso per un delizioso freschetto, conseguenza di una leggera brezza che a fatica s'è infilata fra i palazzoni che opprimono strade larghe dieci metri, marciapiede compreso.
E' il primo agosto: i forzati della villeggiatura saranno tutti partiti e avranno raggiunto il guazzabuglio tormentoso, strombazzante e intasato di Ischia, Sorrento, Mondragone e Serapo. Le scatolette puzzolenti, inquinanti, claxoneggianti, nevrotizzanti saranno emigrate, sia pure temporaneamente. Una strana quiete dà conforto alla tesi dello scrittore: si risente, dopo mesi e mesi, qualche voce umana, sia pure intervallata dall'immancabile sirena dall'allarme antifurto del negozio sotto casa. Il caffé, i giornali, e la liberatoria sosta in bagno per poi, pieno di buona volontà e creatività, recarsi nel vicino studio dove finalmente potrà scrivere in pace. Tutto ha approntato: il tavolo fra due bal coni opportunamente opposti per la corrente d'aria, il ventilatore, potente ma silenzioso, che spinge aria smossa verso il soffitto che la rimanda smorzata ma rinvigorente sull'uomo chino su una macchina da scrivere portatile dalla tastiera non rifrangente la luce della lampada. Ha penato per trovarla. Infatti la gran maggioranza delle portatili, in perenne e stupida gara di bellezza, riflettono dannatamente, dalle parti cromate che emergono da angoli impensati, la luce suddividendola in mille dispettosi bagliori. Anche le tastiere sono accuratamente lucide: fa più bello! Ma la sua portatile no, ne è orgoglioso, anche se ha dovuto fasciare di adesivo color crema delle strane modanature rilucenti ed il tasto della maiuscola e la barra spaziatrice che non sono, stranezze del progettista, antiriflesso.
E' felice lo scrittore. Accende la sigaretta, riordina rapidamente gli appunti, e comincia, ma improvviso un tatatà fragoroso, penetrante scoppia. Continua a scrivere, sarà provvisorio... No, il fragore continua ossessivo, martellante, insistente, peggio di una mitragliatrice della prima Guerra Mondiale. Si affaccia: un compressore, uomini seminudi e martelli pneumatici sono azionati senza pietà sul marciapiede di fronte. Scende, si informa. E un lavoro di scavo dovuto ad un reclamo di Otto mesi prima! Ed ora sono lì, fra sacchi di spazzatura irrimossi e le finestre necessariamente, vitalmente aperte, fra l'unico parco del quartiere e mamme e bambini anche lattanti che, con un biblico slalom fra un vorticare di polvere, tentano di raggiungere l'ingresso, impedito anche dalle numerose lucidissime automobili del personale della Sopraintendenza, dalla baracchetta provvisoria da quattro anni di un gelataio, da un carrettino con cavallo (un giro mille lire), da una lunga fila di banchetti pieni di giocattolini, da un venditore di zucchero filato e polvere e smog, da un motofurgoncino-bancarella di noci e nocelle e lupini e torroni, da un'auto dal cofano ripieno di magliette con l'effigge di Maradona, ed, infine, da un banchetto per raccogliere firme per la difesa della natura.
"Quanto dureranno i lavori?", domanda lo scrittore.
"Dai dieci ai quindici giorni.", è la risposta svogliata. Si fa largo fra i quindici cassintegrati che sono, come ogni mattina, schierati e vocianti presso il cancello del parco, e li guarda quasi con nostalgia, poi attraversa la strada fra un cofano bollente e uno scappamento puzzolente (ma a chi appartengono quelle auto se tutti sono partiti?) e ricorda ciò che ha letto su stanchi articoli del quotidiano locale: lavori a Mergellina, lavori nei pressi del porto e d Maschio Angioino, lavori presso i musei, lavori presse pochi stabilimenti balneari cittadini, che, dopo la solita altalena (mare inquinato-mare balneabile) hanno da non molto riaperto i battenti. Una ventata di attivismo o un ulteriore attentato alla vivibilità della città ed al morente turismo?
Inforca il motorino e fa un rapido sopralluogo, tanto non può scrivere. Trincee larghe metà delle già anguste carreggiate e lunghe diecine di metri, polvere, caldo asfissiante, rumori da impazzire, e... qualche operaio accaldato e lento, vigili urbani assenti, negozianti disperati, partenti che si arrabbattano fra valigie, bambini frignanti e sudore e sporcizia in un'atmosfera da Dio ci protegga.
Si accinge a ritornare allo studio per sbaraccare la postazione lungamente studiata e trasferirsi (è un fortunato, può permetterselo) in un altro ambiente dotato di aria condizionata, quella proveniente da apparecchi con il motore esterno, silenziosi quanto possibile. Ma cos'è il rumore di un condizionatore al confronto di quello a duecento decibel dei martelli pneumatici, delle sirene, dei claxon bitonali? Altro che vetri ci vorrebbero! Un doppio, triplo strato di materiale isolante, in una città una volta decantata per lo sciabordio del mare, per il fruscio del vento fra le migliaia di platani, per il suono armonioso di un mandolino.
Ma, dicono i giornali, il pentapartito ha deciso nuove elezioni comunali, una rinnovata e stabile giunta si preannuncia. Si potrebbero finalmente avere vigili urbani non imboscati negli uffici che snelliranno il traffico, faranno rimuovere auto posteggiate dappertutto, costringeranno i rivenditori d'ogni cosa a lasciar liberi i marciapiedi, ordineranno ai negozianti di alimentari di ricoprire la merce e di non scaricare rifiuti sulla pubblica via, interverranno nelle costruzioni abusive. Forse un nuovo assessore imporrà ai netturbini di un comune con oltre trentamila dipendenti di rimuovere l'immondizia, spazzare le strade, di non darsi, un giorno sì ed uno no, ammalati.
Spinti finalmente dalla nuova tendenza si controlleranno gli abusi, più eclatanti e visibili, già avvenuti come quello che, con arrogante indifferenza, una signora l'altra sera, in un fastoso salotto dominato dai nuovi ricchi, ha confidato: "Ho acquistato una villa sulla collina di Posillipo, l'ho pagata una miseria, seicento milioni, ho fatto abbattere diecine di pini, sa quelli secolari - mi toglievano l'aria -, ho ordinato uno sbancamento di duemila metri cubi di terreno e ne ho ricavato altri due piani oltre i tre soprastanti per un totale di più di mille metri di superficie coperta che venderò a tre milioni al metro quadrato."
"E le hanno concesso la licenza?", ha chiesto un ingenuo tecnico. "No", ha risposto lei sicura, "tanto c'è il condono e anche senza... "
"Hai davvero una gran fantasia", si è detto lo scrittore, "per immaginare l'entrata in funzione di amministrazioni sane, lavoratori ligi al dovere, articoli o libri che smuovano davvero qualche cosa, editori che ti pubblichino senza spinte potenti."
Zittisce la vocetta interiore, sincera e dispettosa, mentre posteggia il motorino e una zaffata di rumore e di puzza lo assale e il portiere, trincerato dietro i vetri della guardiola (che se l'apre muore di cancro ai polmoni) gli rivolge un tenue, stanco e disperato saluto.

NB- i prezzi riportati sono quelli di oltre dieci anni fa. Ora sarebbero perlomeno il triplo.