Per Valerio - una parte di risposta
Caro Valerio,
Eccomi qua a provare a rispondere punto per punto alla tua lettera.
Punto numero 1:
"Purtroppo devo informarla che, al contrario di quello che lei sembra dare per scontato, non considero le considerazioni di Tucidide (o almeno quelle alle quali Lei faceva riferimento e solo quelle) come un adeguato strumento odierno di analisi delle fonti, come le teorie di Tolomeo non si addicono alla scienza moderna."
Tu costruisci una specie di proporzione del tipo "Tolomeo sta alla scienza moderna come Tucidide alla storia contemporanea". Ma l'analogia non regge.
Delle scoperte del mondo antico, ve ne sono alcune che si sono rivelate, alla luce delle successive acquisizioni scientifiche, semplicemente erronee, perché basate su presupposti scorretti, come, nel caso specifico, la convinzione che fosse il sole a girare intorno alla terra (a proposito: tu che sei un avido divoratore di quotidiani, hai letto l'incredibile notizia di qualche anno fa, secondo la quale una parte del mondo scientifico sarebbe tornata a credere, sulla base del comportamento delle onde radio nello spazio, che la terra sia al centro, non che del sistema solare, dell'intero universo? Ma sorvoliamo); altre però hanno conservato intatto il loro valore scientifico, come ad esempio la misurazione della circonferenza terrestre di Eratostene (pressoché esatta) o il principio dell'idrostatica formulato da Archimede o il teorema di Pitagora.
Per quel che mi risulta, nessuno degli storici moderni disconosce il proprio debito rispetto a Tucidide, come nessun medico occidentale disconosce il proprio debito nei confronti di Ippocrate (dal quale peraltro Tucidide deriva il suo metodo). I princìpi della storiografia scientifica sono stati enunciati per la prima volta da lui, con assoluto rigore logico e metodologico: dopo di lui, chi ha voluto derogare dai suoi principi lo ha fatto in aperta antitesi alla sua concezione della storia come scienza, vuoi per rivendicare alla storia una funzione di ammaestramento etico, vuoi per assegnarle un improbabile ruolo di intrattenimento per il grosso pubblico o una funzione catartica che spetterebbe più propriamente all'arte.
Immagino, però, che quella che interessa a te sia la storia come attività scientifica, cioè appunto quella inaugurata da lui.
E allora, mi piacerebbe non tanto che tu mi dicessi che, ma che tu mi spiegassi perché i princìpi tucididei (o non tutti) non ti sembrano validi ancor oggi. In altre parole, quali alternative esistano rispetto all'esperienza diretta, alle testimonianze indirette ed alle fonti, come sia possibile che le fonti (quali che esse siano) prescindano dall'esperienza o dalla testimonianza di qualcuno, quali altri strumenti di analisi consideri più adeguati e corretti, e perché.
Punto numero 2:
"'Come può giudicare una persona che non c'era e che non si trovava in quelle particolari situazioni che hanno portato al fatto condannato senza altra via di uscita possibile?' A questo punto io dovrei, seguendo la sua logica, non condannare, prendiamo un fenomeno a caso, il Nazismo, bensì accettare supinamente Heichmann (se fosse ancora vivo) nell'atto di spiegarmi come il movimento in questione fosse il logico e obbligato sbocco per la risoluzione dei problemi della caotica e corrotta repubblica di Weimar. Purtroppo preferisco non rassegnarmici. In questo caso non vale tanto la legge di Tucidide quanto la machiavellica necessità di condannare storicamente chi ha sbagliato e di fargliene scontare il fio."
Procediamo con calma, senza sovrapporre discorsi diversi.
Prima di tutto, sono stata io stessa a dirti che aver vissuto un fatto non vuol dire saperlo interpretare. Non è certo questo che intende dire Tucidide. Infatti lui stesso precisa che, per comprendere appieno i fatti storici, bisognerebbe averne avuto esperienza da protagonista, in una posizione di rilievo politico (ed ecco perché, alla fin fine, l'attività storiografica, partendo dai suoi presupposti, è riservata ad un numero ristretto di fruitori, i politici, cosa della quale egli è ben consapevole, ma alla quale non ritiene vi sia rimedio). E, ad ogni modo, presupposto indispensabile per decifrare i fatti storici è porsi rispetto ad essi in una posizione di freddo distacco, la sola che possa garantire un minimo di oggettività: cosa che, per chi li ha vissuti, risulta particolarmente difficile. Ecco perché, secondo Tucidide, gli storici veri e seri si contano sulle dita di una mano.
In secondo luogo: ti dò perfettamente ragione quando dici che è inammissibile giustificare certi crimini storici: ma questo atteggiamento giustificazionista non è né solo né particolarmente di chi li ha vissuti. Anzi.
Certamente avrai sentito parlare del Revisionismo storico, teoria oggi assai in auge (anche nelle scuole), il cui più illustre esponente è Ernst Nolte, teoria secondo la quale tutto ciò che accade nella storia è retto da una logica ferrea ed ineluttabile, è determinato da presupposti le cui conseguenze sono assolutamente ineludibili, e pertanto non ha senso condannare alcunché (infatti questa teoria è nota anche come Giustificazionismo).
Ebbene, io non ci sto: quando pure mi si dimostrasse che gli orrori del nazismo sono stati la logica e, hegelianamente parlando, inevitabile conseguenza di determinati presupposti storici, io continuerei, esattamente come te, ad opporre a questi freddi e geniali chirurghi della storia il più netto, categorico ed irrazionale NO, perché di fronte a certi orrori chiudo le orecchie della logica e non voglio che m'importi di null'altro se non del senso comune, quando pure questo mi qualificasse come una persona stupida.
E, fra l'altro, non credo che sia così: ci sono fior di filosofi, a partire da Socrate e Platone, che ritengono che la razionalità non possa prescindere dalla moralità.
In terzo luogo: non capisco perché contrapponi Machiavelli a Tucidide e gli attribuisci la volontà di "condannare storicamente chi ha sbagliato e di fargliene scontare il fio": ti riferisci a qualcosa in particolare, qualcosa che non conosco? Perché in realtà, se c'è un tucidideo della più bell'acqua, questi è proprio Machiavelli. Egli è colui che ha voluto fare della politica una scienza, esattamente come Tucidide aveva voluto fare della storia. Anche se non è affatto vero che sia sua la celebre massima "il fine giustifica i mezzi", Machiavelli, altrettanto freddo e distante da considerazioni morali o moralistiche quanto aveva cercato di esserlo Tucidide, sa che la considerazione della politica come scienza (cito da un'enciclopedia filosofica) "comporta che questa abbia leggi proprie, propri principi, propri obiettivi, sia quindi pienamente autonoma e indipendente dalla religione, dalla morale, dalla teologia, né abbia posizione ancillare rispetto a questa, ma una sua propria dignità in quanto "vera" scienza": il che esclude, da parte sua, l'intento di "condannare" moralmente chicchessia.
Comunque, è molto poco cortese che tu voglia, sulla base di tutti questi presupposti, farla pagare a me!
Questa non è solo una battuta: io, te lo assicuro, agli eccessi del Sessantotto mi sono sempre opposta con tutte le mie forze.
Però...
Ma questo riguarderà la prossima puntata, se ce ne sarà una.
Cari saluti,
Bettina