Vediamo ora di riordinare i dati fin qui acquisiti utilizzando l'equazione di Drake, una relazione matematica formulata nel 1961 dall'astronomo americano Frank Drake, divenuto famoso per l'impegno e l'entusiasmo con cui si dedica da oltre quarant'anni alla ricerca di segnali radio di civiltà extraterrestri. La formula è la seguente:
N0 = N · fp · fc · fv · fi · ft · L/T
Si tratta di una relazione molto semplice ma contemporaneamente inconsistente tanto da risultare, come vedremo tra poco, praticamente inutilizzabile. Per applicarla, infatti, bisognerebbe definire i valori numerici da assegnare ai fattori che la compongono, ma la definizione di tali valori, risentendo delle valutazioni di chi li formula, non può essere fatta in termini oggettivi e quindi la struttura, nel suo complesso, è priva di contenuto scientifico. L'equazione, in altre parole, finisce per fornire il risultato che desidera colui che propone i valori da assegnare ai termini della relazione stessa. Vediamo comunque, in modo più particolareggiato, cosa dice questa formula.
N0 rappresenta il numero di civiltà galattiche con le quali sarebbe possibile attualmente instaurare un colloquio. Esso si ottiene moltiplicando il numero totale di stelle della nostra Galassia (N) per una serie di fattori, indicati con f, tutti minori o, al massimo, uguali a 1. Se questi fattori (compreso L/T) fossero tutti uguali a 1, N0 risulterebbe uguale a N e quindi tutte le stelle della nostra Galassia presenterebbero almeno un pianeta con una civiltà tecnologica in grado di comunicare, in questo momento, con noi. In tal caso l'interlocutore più vicino si troverebbe su un pianeta della Proxima Centauri, una stella che staziona a "soli" 4 anni e 4 mesi luce da noi, una distanza che sembra poca cosa, ma che in realtà è 6.300 volte maggiore della distanza che intercorre fra la Terra e l'ultimo pianeta del sistema solare. Ora, anche senza fare troppi calcoli, è evidente che N non può essere uguale a N0.
L'ultimo fattore L/T rappresenta il rapporto fra la durata di una civiltà tecnologica (L) e la durata della Galassia (T). Se ad esempio le civiltà tecnologiche durassero tanto a lungo quanto dura una galassia, il rapporto varrebbe 1 e non avrebbe alcuna influenza sul numero totale delle civiltà galattiche, che si otterrebbe moltiplicando fra loro tutti gli altri fattori. Ma poiché la durata di una civiltà tecnologicamente avanzata deve essere necessariamente molto inferiore a quella di una galassia, questo fattore finirà per ridurre drasticamente il numero delle civiltà tecnologiche presenti, ad ogni istante, all’interno di ciascuna di esse.
Nella formula compaiono alcuni fattori che possono essere determinati con una certa sicurezza, altri dei quali possiamo dare stime ragionevoli, altri ancora per i quali non possiamo fare altro che indovinare. Basterebbe già questa prima considerazione perché la formula fosse scartata definitivamente. Si ricordi infatti che avevamo detto, all'inizio, come non si possa impostare un serio discorso scientifico senza avere a disposizione dati sicuri su cui lavorare. Ma proseguiamo lo stesso per vedere dove si va a finire.
N rappresenta il numero totale di stelle presenti in una singola galassia e costituisce uno dei pochi fattori che si riesce a valutare con una certa sicurezza. Questo numero si può determinare misurando la massa della nostra Galassia.
Questa ha una struttura spiralata con un nucleo in cui le stelle sono molto fitte, e con dei bracci esterni dove invece sono più rade. Tutte queste stelle girano intorno ad un asse centrale nello stesso modo in cui i pianeti girano intorno al Sole (cioè più velocemente quelli vicini e più lentamente quelli lontani). Questo movimento impedisce che la forza gravitazionale costringa tutte le stelle ad addensarsi al centro. Ora, poiché conosciamo la velocità con cui il nostro Sole gira intorno all'asse centrale, e conosciamo pure la sua distanza da quest'asse oltre alla sua massa, applicando la legge di gravitazione di Newton, è possibile determinare la massa dell'intera Via Lattea.
Fatti i conti, risulta che la massa della nostra Galassia è circa 100 miliardi di volte più grande di quella del Sole. Ora, poiché in essa sono presenti stelle più grandi e stelle più piccole del nostro Sole, e poiché queste ultime sono più numerose delle prime, si calcola che il numero delle stelle esistenti sia di circa 200 miliardi. Inoltre, poiché possiamo considerare tutte le galassie presenti nel Cosmo più o meno grandi come la nostra, assumeremo questo valore come rappresentativo di tutte le galassie. Tuttavia, anche se le stelle di una singola galassia, invece che 200, fossero 100 o 300 miliardi, le valutazioni complessive, come vedremo fra breve, non cambierebbero di molto.
fp è la frazione di N (cioè delle stelle presenti nella Galassia) che possiede sistemi planetari. Questo è un parametro che forse un giorno potrà essere determinato con una certa precisione, ma che, per il momento, ci sfugge del tutto. Non sapendo su che cosa basare la stima, lo valuteremo, ottimisticamente, uguale a 1. In questo modo avremo convenuto, anche se ci sembra poco verosimile, che tutte le stelle esistenti nella Via Lattea sono circondate da pianeti.
fc rappresenta la frazione dei sistemi planetari con condizioni fisiche e chimiche adatte al sorgere della vita. Abbiamo già visto che per valutare questo parametro si devono scartare quei sistemi planetari il cui astro centrale è troppo grande o troppo piccolo, come pure quelli che si trovano intorno a stelle multiple. Rimangono quindi le stelle con massa vicina a quella del nostro Sole che rappresentano circa un decimo del totale. Se ammettiamo che in questi sistemi vi sia almeno un pianeta alla distanza giusta dalla stella centrale (come succede nel nostro) e con massa non troppo grande né troppo piccola, i pianeti in grado di ospitare la vita sarebbero circa un decimo delle stelle presenti nella Galassia. La valutazione anche in questo caso è stata fatta in modo approssimativo e con una buona dose di ottimismo, ma forse un giorno, alla presenza di dati oggettivi, questo fattore potrà essere determinato con maggior rigore. fc, per noi, vale quindi 0,1.
fv indica la frazione dei pianeti che teoricamente potrebbero essere adatti allo sviluppo della vita e su quali poi questa effettivamente si manifesti. Qui si potrebbe fare la previsione che si vuole perché, fra l'altro, non sappiamo nemmeno con precisione come nasca la vita. Tuttavia, anche in questo caso, ottimisticamente possiamo affermare che ogni volta che un pianeta si trova con le dimensioni giuste e nella posizione giusta rispetto alla stella centrale la vita debba svilupparsi automaticamente attraverso un processo spontaneo. Assegnamo quindi pure a questo fattore il valore 1, ma non si dimentichi che le argomentazioni che hanno portato a questa conclusione sono del tutto arbitrarie. Quindi fv = 1.
fi rappresenta la frazione dei pianeti sui quali, dopo che è comparsa la vita, si sviluppa anche l'intelligenza. Anche in questo caso non abbiamo nulla su cui fondare le nostre valutazioni e pertanto potremmo scrivere al posto di fi un numero qualsiasi, anche 1. In questo caso, però, non ci sentiamo di assegnare ad fi il valore massimo perché ciò significherebbe ritenere che la vita debba evolvere sempre e inevitabilmente verso una forma intelligente. Prima di esprimere le nostre idee, riteniamo quindi utile fare sull'argomento qualche riflessione.
Innanzitutto, che cos'è l'intelligenza? Ma, soprattutto, di quale tipo di intelligenza stiamo parlando? Non dimentichiamo che stiamo tentando di valutare il numero delle civiltà tecnologiche presenti nell'Universo, quindi l'intelligenza delle scimmie o quella dei delfini non ci interessa. Non ci interessa, per dire la verità, nemmeno l'intelligenza dell'uomo primitivo o quella dei boscimani (popolazione molto antica dell’Africa meridionale): a noi interessa unicamente l'intelligenza dell'uomo che è riuscito a creare l'organizzazione sociale e culturale in cui vivono i Paesi altamente industrializzati. Ma, se vogliamo essere onesti fino in fondo, il problema vero non è nemmeno questo. Il problema vero è quello di vedere se la comparsa di un animale con un'intelligenza decisamente superiore a quella di tutte le altre specie viventi sia un fatto eccezionale oppure un evento normale che si verifica spontaneamente con l'evoluzione.
Cominciamo allora con l'osservare che l'intelligenza è legata chiaramente allo sviluppo del cervello. L'uomo, in altri termini, è intelligente perché possiede un cervello enormemente più sviluppato (in relazione al peso corporeo) di quello di qualsiasi altro animale. Ora, il processo di crescita e di raffinata strutturazione del cervello deve essere interpretato in termini evoluzionistici, come un qualsiasi altro organo. A questo proposito abbiamo visto che gli organismi viventi mutano a caso producendo modificazioni delle loro strutture anatomiche o del loro corredo biochimico che potrebbero rivelarsi, in un secondo tempo, vantaggiose o svantaggiose in relazione all'ambiente fisico in cui vivono. Così, ad esempio, un collo più lungo del normale, la comparsa di una pelliccia più folta, la sintesi di un nuovo enzima non sono di per sé né fatti positivi, né fatti negativi. Bisogna vedere quale vantaggio porteranno queste trasformazioni quando il nuovo organismo dovrà confrontarsi con l'ambiente.
Come si può facilmente provare, la natura non è dotata di preveggenza e pertanto una mutazione non avviene in vista di qualche futuro adattamento particolare. La comparsa, ad esempio, di una pelliccia più folta su di un animale, potrebbe rivelarsi un vantaggio nel caso in cui l'ambiente dovesse diventare più freddo, ma anche uno svantaggio nel caso contrario. Per quanto riguarda il cervello, valgono le stesse regole: affinché una mutazione che produce un notevole ingrandimento del volume cerebrale possa affermarsi, occorre la contemporanea presenza di una situazione adeguata. Se l'uomo fosse rimasto a vivere nella foresta, dove molto probabilmente è nato, forse lo sviluppo della scatola cranica non avrebbe prodotto alcun vantaggio e si sarebbe perso spontaneamente attraverso meccanismi di selezione naturale. Costretto invece ad abbandonare la foresta per trasferirsi nella savana, cioè in un ambiente più difficile per la presenza di un maggior numero di nemici e per una maggiore difficoltà di procurarsi il cibo, un cervello molto sviluppato si è rivelato determinante ai fini della sopravvivenza.
E' opportuno quindi tenere presente che l'evoluzione verso l'intelligenza non è un fatto consequenziale. In altre parole, non esiste alcuna legge di natura che costringa la vita a diventare intelligente a tutti i costi, così come non esiste alcuna legge che obblighi gli animali ad avere, ad esempio, quattro zampe, o cinque dita per arto, o qualsiasi altra caratteristica.
Su questa Terra l'uomo, con la sua intelligenza, è una cosa rara, anzi unica, visto che altri esempi di specie intelligenti quanto la nostra non esistono e non sono mai esistiti in passato; e poiché consideriamo l'intelligenza anche una cosa preziosa che ci sentiamo orgogliosi di possedere, non ci piace dover affermare che la sua comparsa rappresenti un fatto del tutto spontaneo e casuale. Per questo motivo limiteremo il numero dei pianeti con vita intelligente ad uno solo su cento. Quindi porremo fi = 0,01.
ft rappresenta la possibilità di sviluppo di una civiltà tecnologica. Molti ritengono che la cosa sia ovvia: se compare l'intelligenza questa si dirigerà automaticamente verso la tecnologia. Anche noi, in questo caso, vogliamo essere ottimisti al massimo. Poniamo quindi ft =1.
Rimane infine da valutare il rapporto L/T cioè il rapporto fra la durata della civiltà tecnologica e quella di una galassia che permette di valutare la possibilità che due civiltà si sovrappongano nel tempo. Abbiamo visto che nel caso più favorevole L/T vale 1/30.000, cioè un milione di anni la durata di una civiltà tecnologicamente avanzata come la nostra e trenta miliardi di anni la durata di una galassia.
Sostituiamo ora i valori che abbiamo deciso di adottare con molto ottimismo nella formula di Drake per potere fare i conti:
N0 = 2·1011 · 1 · 0,1 · 1 · 0,01 · 1 · 3,3·10-5
da cui risulta:
N0 = 6.600
Quindi, nonostante l'ottimismo che abbiamo messo nelle nostre valutazioni, si arriva ad un risultato decisamente sconfortante: nella nostra Via Lattea esisterebbero solo seimila e seicento civiltà con cui, eventualmente, mettersi in contatto. A questo punto, tuttavia, è bene ripetere ancora una volta che chi desiderasse trovare un numero più alto, potrebbe fare valutazioni più ottimistiche delle nostre, fino a prevedere anche la presenza di milioni di civiltà tecnologicamente avanzate con cui comunicare. Naturalmente vi sono anche i pessimisti e gli ultrapessimisti che arrivano a risultati insignificanti, cioè vicini a 1: costoro ritengono che l'uomo sia l'unico essere intelligente presente dell'intera Galassia.
Come abbiamo più volte fatto notare, le stime che si possono fare su questa argomento sono in gran parte arbitrarie e rispecchiano una valutazione personale. Ma nel campo della valutazione individuale quella di un esperto vale quanto quella di uno studente, del professore di scienze o del vicino di casa. Tutti possono fare previsioni su questo argomento e tutte queste previsioni avrebbero lo stesso valore. Allora tanto vale che ognuno si faccia le proprie, e così tutti sarebbero soddisfatti.
Secondo le nostre stime, le civiltà tecnologiche simultaneamente presenti in una galassia qualsiasi sarebbero solo 6.600. Ora, poiché le stelle della nostra Galassia sono 200 miliardi, solo una ogni 30 milioni circa avrebbe intorno a sé un pianeta abitato da una società tecnologicamente avanzata e in grado di comunicare in questo momento con noi. Detta in un altro modo, nella nostra Galassia, la distanza più probabile che ci separa dalla più vicina civiltà altamente evoluta sarebbe di circa mille anni luce.
Se si considera che le stelle visibili ad occhio nudo sono solo seimila e che finora abbiamo tentato il contatto radio, e anche per tempi molto limitati, con solo qualche migliaio di stelle (tutte, fra l'altro, molto più vicine di mille anni luce), si comprende come l'attuale insuccesso debba ritenersi un fatto del tutto scontato.
Naturalmente poi vi sono anche le altre galassie, che sono in numero enorme, forse almeno 100 miliardi, per cui le civiltà presenti in tutto l'Universo sarebbero molte migliaia di miliardi. E' il caso tuttavia di far notare che il contatto con una civiltà di un'altra galassia (a milioni o miliardi di anni luce da noi) oltre che essere un'impresa difficilissima, sarebbe, come vedremo meglio tra breve, anche del tutto priva di senso.