Il confine del Monopoli

MILANO

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  • mavala'
    00 17/09/2004 19:21
    OK, comincio... cercherò di portarvi a spasso per questa città strana, che prima di diventare la "Milano da bere" aveva un grande cuore, una capacità di risorgere dalle sue ceneri che poche altre città dovuto (per loro fortuna) dimostrare.

    Vorrei parlarvi della storia di questa città, ma non di quella fatta di date e di nomi. La storia che cercherò di mettere insieme avrà l'obbiettivo (ambizioso, per me) di portarvi indietro nel tempo e di farvi immaginare quella che è stata, nel tempo, l'anima di Milano.

    I propositi sono buoni, vediamo se riuscirò a mantenerli... [SM=x520488]
  • mavala'
    00 17/09/2004 19:37
    Una doverosa premessa
    Da "El noster Domm", di Emilio De Marchi.
    (sarebbe stata tutta in dialetto milanese, ma ho preferito tradurla, anche se si perde un po' l'autenticità...)

    In nomine patris, fili et spiritus santi: è il nostro Duomo, è la chiesa dei vecchi, è la casa di Milano, è tutto di marmo, è grande, è bello. è lui, solo lui in tutto il mondo, così bello, così grande.
    Per capirlo bisogna essere nati sotto a Santa Tecla, bisogna aver cominciato da piccoli a guardare in alto verso quelle statue, quelle guglie, quei finestroni antichi, neri, maestosi, dove il sole gioca a nascondersi.
    ...
    O Duomo, che ti hanno fatto? Da quanti anni contempli le baggianate umane? Quanti sbirri, crucchi, tedeschi, spagnoli, francesi hai visto passare, scappare e tornare indietro?
    Ti ricordi Napoleone che ti ha rotto i vetri col mortaio? E Ferdinando e Cecco Peppe? E Doro e Claudina che sono volati giù tenendosi per mano? Racconta, su, o Duomo, la storia delle cinque giornate, racconta di Vittorio, pover'uomo... no, taci, e ciao!
    ...

    Il Duomo entra nella storia di Milano solo nel 1300. Ma ho voluto riportare subito questa "poesia" perchè da un'idea dell'attaccamento che i milanesi, da Sant'Ambrogio in avanti, avevano per la loro città.

    Alla prossima!
  • Petgirl
    00 21/09/2004 13:51
    Penso di essere un caso clinico ma a me - vecchia romana de periferia - Milano piace. Ci ho vissuto undici anni e la ricordo sempre con molta nostalgia. Mi piace soprattutto d'inverno con la nebbia (no, non ho la febbre[SM=x520487] ), quando il Duomo, Brera e il Castello sembrano luoghi da racconto gotico. Anche la Fiera, tanto simile ad un formicaio gigante, ha un suo fascino[SM=x520502]
    [SM=x520521]
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    caulfieldh
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    00 21/09/2004 16:49
    Bravissimo mavalà [SM=g27811] ; se interessa a qualche cultore o conoscitore di Milano in genere, della sua cucina, della sua letteratura, della storia e dei misteri, del fascino degli angoli nascosti...mi faccio pubblicità da solo [SM=x520496] allegando il link del mio forum. Ciaooo

    El Milanes

    [SM=x520508] [SM=x520510]
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    00 21/09/2004 18:36
    Re:

    Scritto da: caulfieldh 21/09/2004 16.49
    Bravissimo mavalà [SM=g27811] ...
    [SM=x520508] [SM=x520510]


    BravissimO? Uhm... c'è qualcosa che non mi torna... [SM=x520500] [SM=x520487] [SM=x520495]
    No, amico mio (e qui spero di non sbagliare a mia volta), si tratta di una dolce fanciulla... [SM=x520499]



    ----------------------------------------------------------
    Nell'amor le parole non contano
    conta la musica

    (Roberto Benigni - "Quanto t'ho amato")



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    caulfieldh
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    00 21/09/2004 19:17
    Scusa mavalà, è la solita visione misogina della società maschilista ortodossa ecc ecc ecc [SM=g27818] ...ehm [SM=x520487] [SM=x520506]
  • mavala'
    00 21/09/2004 22:27
    Re:

    Scritto da: Petgirl 21/09/2004 13.51
    Penso di essere un caso clinico ma a me - vecchia romana de periferia - Milano piace. Ci ho vissuto undici anni e la ricordo sempre con molta nostalgia. Mi piace soprattutto d'inverno con la nebbia (no, non ho la febbre[SM=x520487] ), quando il Duomo, Brera e il Castello sembrano luoghi da racconto gotico. Anche la Fiera, tanto simile ad un formicaio gigante, ha un suo fascino[SM=x520502]
    [SM=x520521]



    Siamo in due ad avere la febbre allora [SM=x520495]
    Anche a me Milano piace d'inverno (anche perché in estate è insopportabile per il clima).
    E all'immagine del Duomo con la nebbia (ormai rarissima) ti auguro di aggiungerne un'altra: i doccioni del Duomo che "sputano" litrate d'acqua dopo i temporali.

    Nel 1985, anno dell'ultima, grande nevicata, un giorno mi è capitato di passare sotto la cattedrale.
    Ho guardato in alto e sono rimasta incantata per almeno 15 minuti: dalle bocche di questi draghi precipitavano cascate d'acqua, la neve si stava sciogliendo.

    C'era il sole quel giorno, ma il Duomo piangeva. E' stato uno degli spettacoli più belli che abbia mai visto.
    [SM=x520522]
  • mavala'
    00 21/09/2004 22:34
    Re:

    Scritto da: caulfieldh 21/09/2004 19.17
    Scusa mavalà, è la solita visione misogina della società maschilista ortodossa ecc ecc ecc [SM=g27818] ...ehm [SM=x520487] [SM=x520506]




    Vabbé... perdonato! Ma solo grazie a "El Milanes" [SM=x520516]
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    caulfieldh
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    00 22/09/2004 10:19
    Piroette di sabbia
    e le guglie del Duomo
    differenza tra pietre
    e le voglie di un uomo..

    Alberto Fortis
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    pholas
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    Talebano
    00 23/09/2004 16:29
    Re:

    Scritto da: Petgirl 21/09/2004 13.51
    Penso di essere un caso clinico ma a me - vecchia romana de periferia - Milano piace. Ci ho vissuto undici anni e la ricordo sempre con molta nostalgia. Mi piace soprattutto d'inverno con la nebbia (no, non ho la febbre[SM=x520487] ), quando il Duomo, Brera e il Castello sembrano luoghi da racconto gotico. Anche la Fiera, tanto simile ad un formicaio gigante, ha un suo fascino[SM=x520502]
    [SM=x520521]



    [SM=x520518] [SM=x520518] [SM=x520518]


    ************************

    "Poi succede che all'improvviso, guardandoti allo specchio, dirai di chi è quel viso?
    Non è il mio, non c'è un sorriso.
    Il tempo dei segreti, dei sogni e dell'oblio non è più il mio..."
    (Aldo Tagliapietra)
    ************************
  • mavala'
    00 23/09/2004 21:15
    Re:
    2??UOTESTART-->

    Scritto da: Petgirl 21/09/2004 13.51
    ...
    Anche la Fiera, tanto simile ad un formicaio gigante, ha un suo fascino[SM=x520502]
    [SM=x520521]



    Tralasciando i commentacci impliciti di Pholas (umpf! [SM=x520487] ), volevo dire a Pet che può cominciare a parlare al passato anche del "formicaio".

    Tra non molto, infatti, il polo fieristico si trasferirà nella ridente cittadina di Pero...

    E cosa avverrà dei 440.000 mq (marò!!!) che la Fiera di Milano occupa fin dal 1923?
    Un terzo - praticamente tutta l'area nuova del Portello - rimarrà a destinazione "Fiera".
    I restanti due terzi verranno invece trasformati in un nuovo quartiere residenziale e commerciale.

    Signore e Signori, ecco a voi quello che troverete quando - in un prossimo futuro - scenderete alla fermata di Amendola Fiera:



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    coccolino +
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    Hogorocchio
    00 23/09/2004 21:49
    Una delle torri gli è venuta storta. [SM=x520493]



    Come vedete sono un autodidattico


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    pholas
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    Talebano
    00 23/09/2004 21:57
    Re: Re:

    Scritto da: mavala' 23/09/2004 21.15

    Signore e Signori, ecco a voi quello che troverete quando - in un prossimo futuro - scenderete alla fermata di Amendola Fiera:






    Che meraviglia!!!!! [SM=x520513] [SM=x520512]


    ************************

    "Poi succede che all'improvviso, guardandoti allo specchio, dirai di chi è quel viso?
    Non è il mio, non c'è un sorriso.
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    Guardiano del faro

    Focazza della malora
    00 24/09/2004 13:26
    A Milano ci abitava mia nonna e quindi ho passato diversi Natali e feste varie durante la mia infanzia. Inoltre un mio "amore estivo" era di Milano e quindi ci passai anche qualche weekend. [SM=x520485]
    Ho anche diversi amici a Milano ma nonostante questo a Milano ci vado sempre malvolentieri perchè è una città che non mi attrae particolarmente.
    Forse è troppo grande, forse è troppo grigia, non so.....


    ***************************
    Usciamo a Nottingam sud,
    e andiamo a casa di mia nonna. Lei ti capira'. Ha dei parenti in citta'.
    Ad Ankara, Ankara uno Lazio zero. Scusa Ameri, per me e' molto duro.
    Altri tempi, altre situazioni, altro modo di vedere.
    Comunque, per me e'molto duro.
    Lo vedi la gente com'? felice. Guarda?
    guarda come camminano nei prati, quei due focozzoni....

    da "Nottingam" by Squallor
    ***************************
  • mavala'
    00 25/09/2004 12:46
    Un po' di storia?
    Nel 388 a.C., diverse tribù galliche varcarono le Alpi e occuparono i territori lombardi, cacciando gli Etruschi. Della loro presenza in Lombardia non si sa molto, se non che fondarono Bergamo, Brescia e Milano.

    Sulla fondazione di Milano e sull'origine del suo nome ci sono parecchie leggende. La più famosa è quella raccontata dallo storico romano Tito Livio: Belloveso, figlio di un re gallico, fu mandato dal padre alla ricerca di nuove terre. I druidi gli consigliarono di fondare la sua città la dove avesse trovato una scrofa con un manto particolare, cioé con la pelle per metà coperta di lana.
    Questa scrofa semilanuta è raffigurata sul secondo pilastro del Palazzo della Ragione, in Via Mercanti;

    Più che da questa scrofa "medio lanae", tuttavia, il nome Milano dovrebbe derivare dal celtico Midt Land, o terra di mezzo (e così abbiamo sistemato anche Tolkien...[SM=g27835] ).

    Esperimento curioso: prendete una cartina; provate ad unire con due diagonali i punti in cui il Ticino e l'Adda escono dai rispettivi laghi e i punti in cui entrano nel Po... il punto d'incontro delle due diagonali sarà in Piazza della Scala dove una volta, più o meno, sorgeva la Milano gallica.

    Per un'ottantina d'anni, i Galli insubri se ne stettero più o meno tranquilli nel loro villaggetto, ad occuparsi delle faccende quotidiane e domestiche: Brambillaturix pensava alla sua falegmeria e costruiva tavoli e sedie, Cumendarix spadroneggiava nel villaggio facendo valere il suo potere, Lavoroguadagnix si spaccava la schiena tutto il giorno per avere di che comprarsi il telefonino senza fili, Pagopretendix si lamentava con l'oste per la qualità del vino... insomma praticamente tutto come ora.

    Poi, un bel giorno, le legioni romane invasero la pianura padana e si impossessarono di Milano, inaugurando la lunga serie di dominazioni che la città avrebbe dovuto sopportare: dopo i romani, infatti, fu la volta dei barbari, dei longobardi, degli spagnoli, degli austriaci, dei francesi, dei socialisti... [SM=x520491]

    (per vostra sfortuna... CONTINUA )[SM=x520488]
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    Mikayla Dryadia
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    00 15/12/2006 18:09
    Re: La fondazione
    Ecco la trasposizione della fondazione di Milano in un racconto...tratto da Celtipedia, articolo di Dominix, www.celtiworld.it

    Medhelan
    Il cielo era ormai buio, percorso da nubi nere che già andavano a occultare la luna piena, quando i quattro cavalieri giunsero nella radura circondata da paludi e acquitrini.
    Erano tre giovani guerrieri galli, accompagnati da un vecchio druido.
    Belloveso, il loro capo, scese da cavallo e si guardò intorno con aria smarrita. Il druido lo raggiunse, appoggiandogli una mano sulla spalla.
    — Sei preoccupato, Belloveso? Gli àuguri erano molto chiari...
    — Gli àuguri! Gli àuguri! — sbottò il giovane dai capelli ramati. — Sono stanco, Dolin! Da quanto tempo siamo in viaggio, mio vecchio amico? Quanti nemici abbiamo dovuto combattere? Quanti ostacoli superare?
    — È proprio questo il punto — rispose il druido. Nel buio, i suoi occhi fiammeggiavano. — Abbiamo attraversato le Alpi per giungere sin qui, sfidando valanghe di neve, burroni e crepacci. Abbiamo fronteggiato terribili belve di montagna ed eserciti che ci soverchiavano di numero. Abbiamo sconfitto i Salvi, e oltre la Dora i Tusci e i Taurini. Sul Ticino abbiamo respinto addirittura gli Etruschi, ed eccoci nella fertile terra di cui parlava tuo zio, il glorioso re dei Biturigi, Ambigato.
    Ricordi le parole che ci rivolse quando ti congedasti da lui?
    Belloveso ricordava! Ricordava l’espressione orgogliosa di suo zio, mentre abbracciava suo fratello Segoveso, cui gli Dei avevano destinato la Selva Ercinia, e lui, cui era toccata in sorte la grande pianura abitata dagli Insubri.
    Ricordava quell’espressione, velata da un’ombra di tristezza, perché lui non avrebbe potuto seguirli.
    Dolin gli porse una bisaccia di cuoio. — La scorsa notte ho fatto un sogno, Belloveso. Eravamo accampati sulle rive del fiume Eridano, e all’improvviso una donna bellissima e dalla carnagione bianca come la luna è apparsa ai miei occhi. Era la dea Belisama, Signora delle acque. Mi sono inginocchiato ai suoi piedi e le ho chiesto quando, quando avremmo potuto fermarci e costruire la nostra nuova città? A quel punto è successa una cosa stranissima: Belisama mi ha sorriso e si è trasformata in un animale mai visto, una scrofa bianca dal dorso lanuto!
    — Devi aver bevuto un pò troppo ieri sera, druido! — esclamò Belloveso con una sonora risata. Dolin assunse un’espressione feroce e schiaffeggiò il giovane condottiero, che arrossì per la rabbia e la vergogna, ma non batté ciglio.
    — Giovane stupido! — sibilò il druido. — È la scrofa dal dorso lanuto che devi cercare! Quando l’avrai trovata, in quel punto costruiremo il nostro medhelan!
    — Una scrofa dal dorso lanuto? Ma non esiste una simile bestia! — obbiettò Belloveso.
    — La troverai. È già stato deciso, e non da me, né da te! Ora vai. Questa è la prima notte di luna piena di Beltane, le stelle ci sono propizie. E quando sentirai il coraggio venir meno, nella bisaccia troverai una fiaschetta di Vedehirin, un distillato di vischio e agrifoglio molto potente. Pochi druidi sanno prepararlo come si deve, e pochi guerrieri sono capaci di berlo senza impazzire. Tu sei uno di questi...
    Belloveso restò a guardarlo a bocca aperta, ma ormai Dolin si era girato e stava raggiungendo gli altri guerrieri.
    Senza una parola, raggiunse il suo cavallo e montò in groppa, lanciandolo al galoppo con un urlo terribile e sparendo nelle tenebre della foresta, mentre un lampo accecante, accompagnato dal fragore del tuono, dava inizio alla tempesta...

    *

    Da diverse ore Belloveso cavalcava tra alberi imponenti, scossi dal vento come giganti tormentati, e acquitrini neri come pozze infernali. Era fradicio di pioggia e faceva fatica a governare il cavallo, spaventato da quel nubifragio che non accennava a placarsi.
    Con i lunghi capelli appiccicati al volto, Belloveso si faceva spazio tra la vegetazione menando fendenti con la lunga spada. Tuttavia la furia degli elementi era troppo grande, persino per un condottiero come lui, che era stato capace di valicare le Alpi con un seguito di 130.000 persone.
    A un certo punto, costretto ad attraversare una palude, gli zoccoli del cavallo poggiarono su una zolla particolarmente soffice. Il povero animale venne preso dal panico e disarcionò Belloveso, che si ritrovò ad annaspare nelle acque limacciose, mentre il cavallo annegava tra nitriti strazianti.
    Per non fare la stessa fine, il coraggioso biturigio si liberò dell’armatura e dei vestiti, rimanendo nudo, con la sola bisaccia datagli da Dolin, a lottare contro i flutti.
    Si ritrovò sull’altra sponda senza neanche rendersi conto di come ci fosse arrivato. Era salvo, ma a quel punto, nudo come un verme, coi denti che battevano per il freddo che sentiva nelle ossa, il giovane fu invaso dalla disperazione più nera.
    Si tolse la bisaccia di cuoio che portava a tracolla ed estrasse la fiaschetta dell’intruglio che gli aveva donato il vecchio druido. Era giunto il momento di berne? E come faceva Dolin a sapere che non l’avrebbe fatto impazzire? Il Vedehirin, su stessa ammissione del druido, era una bevanda magica molto pericolosa. Si diceva che fosse capace di far distaccare lo spirito dal corpo, e di aprire squarci sul futuro.
    Ma cosa aveva da perdere? Ormai si sentiva prossimo alla fine, e niente poteva essere peggiore della condizione in cui si trovava.
    Portò la fiaschetta alle labbra e ne bevve una abbondante sorsata.
    Gli sembrò che le viscere prendessero fuoco, poi un intenso calore scacciò il gelo che gli tormentava le ossa, e si sentì subito meglio.
    All’improvviso, però, la realtà perse consistenza. La tempesta era sparita con la notte, ora c’era un sole grande e giallo a illuminare una radura in cui centinaia di uomini del suo seguito si affaccendavano a scavare enormi buche, a tagliare alberi altissimi, a discutere, eccitati, di come sarebbe stato il loro sacro medhelan.
    Poi di nuovo, la scena cambiò, e lui dovette assistere con orrore al massacro della sua gente, perpetrato da un esercito mai visto, che ostentava insegne d’oro raffiguranti un’aquila dalle ali spiegate.
    Vide ancora una splendida città, i cui elementi decorativi, tipicamente celtici, si fondevano con stili sconosciuti.
    Ormai le scene a cui assisteva si succedevano rapidamente: di nuovo vide la città rasa al suolo e ricostruita, ancor più splendida di prima, ma la morte continuava a prendere il sopravvento sulla vita ed ecco un’immagine paurosa, migliaia di cadaveri lividi giacevano per le strade o su carretti che li portavano via a dozzine; eserciti sconosciuti che marciavano per le strade di una città sempre diversa, ma contemporaneamente sempre la stessa; un grande generale che parlava una strana lingua, ma dall’accento familiare, eppure anche lui nemico di quella città.
    A un certo punto, Belloveso temette di essere impazzito davvero quando vide terrificanti, enormi uccelli d’acciaio volare sul cielo di quella città, che appariva ancora una volta diversa, e deporre le loro orribili uova sugli edifici, al cui contatto esplodevano, seminando distruzione e devastazione.
    Il giovane condottiero era atterrito, ormai quelle visioni si erano fatte insostenibili. Si coprì gli occhi con le mani, ma all’improvviso, una dolce voce di donna richiamò la sua attenzione.
    — Non nasconderti. Guarda!
    Belloveso riaprì gli occhi e vide qualcosa di così meraviglioso, che la sola visione di pochi attimi bastò a riempirlo di gioia per il resto della sua vita. Davanti a lui si ergeva un immenso santuario, un Nemeton imponente, di prezioso marmo bianco e dalle guglie altissime e appuntite, quasi a voler perforare l’azzurro del cielo.
    Sulla guglia più alta di tutte, vide la fonte della voce che aveva sentito prima: una donna bellissima, che irradiava luce su tutta la zona circostante. La dea Belisama?
    In quel momento, Belloveso tornò alla realtà. Era ancora nella foresta, di notte, nudo e infreddolito, ma a pochi passi da lui una femmina di cinghiale, bianca e col dorso ricoperto da una fitta lanugine stava pascolando.
    Gli occhi di Belloveso si riempirono di lacrime.
    — Medhelan... — sussurrò, mentre singhiozzava, immergendo il viso nella terra umida e grassa. — Medhelan...



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    00 15/12/2006 18:17
    Re: Re: La fondazione..storia
    E questa è parte di storia sulla fondazione di Medhelan, tratta dallo stesso sito, articolo di mirdynn:

    La fondazione mitologica di Medhelan-Mediolanion (o Mediolanion secondo V.Kruta) può collocarsi attorno al 600-590 a.C. Mediolanium, (Milano), è la forma latinizzata del celtico continentale antico Medhelanion o Medhelan, ossia "santuario".
    La notizia è riportata sotto forma di mito da Tito Livio, Storia di Roma dalla fondazione, V, 33-35, che fornisce come termine di raffronto cronologico il regno di Tarquinio Prisco (616-579 a.C.) e la fondazione di Marsiglia da parte dei coloni focesi (600 a.C. ca.). Il leggendario fondatore è Belloveso, della tribù dei Biturigi, nipote del grande re transalpino Ambigato.

    Secondo una antica tradizione milanese, Belloveso vide un animale sacro, una scrofa semilanuta, animale sacro alla Dea celtica Belisama (ancora oggi presente in via Mercanti, con un antichissimo bassorilievo successivamente incorporato nel Palazzo della Ragione del 1200), e da questa apparizione, da questo segno degli Dei, venne indotto a fondare il centro sacro di Medhelan.



    La tradizione è riportata da Isidoro di Siviglia (ISIDORI HISPALENSIS EPISCOPI ETYMOLOGIARUM SIVE ORIGINUM LIBER XV):

    (57) I Galli che erano afflitti da lotte intestine e continue controversie, andarono in cerca di nuovi luoghi ove insediarsi a seguito di profezie in Italia, trovando gli insediamenti coln l'espulsione degli Etruschi, fondando Mediolanum e altre città. Milano ricevette questo nome perchè venne lì rinvenuta una scrofa semilanuta.

    Questa citazione è parte di una tradizione medioevale, riportata da vari autori e qui presentata nella versione di Isidoro di Siviglia (560 - 636), la quale tramanda che una “scrofa semilanuta”, probabilmente un cinghiale, avrebbe segnalato a Belloveso il sito dove doveva sorgere Milano: un rilievo con la scrofa semilanuta è visibile in uno dei pilastri del Palazzo della Ragione (il Broletto). Naturalmente la leggenda si fonda sulla somiglianza del toponimo con le parole per (scrofa) semilanuta: (sus) medio lanea.



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