Il Gazebo

In memoria di GILLO PONTECORVO

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  • danzandosottolaluna
    00 13/10/2006 16:23



    Malato da tempo, è morto a Roma il 12 ottobre 2006, Gillo Pontecorvo, un nostro Grande, nel campo della regia cinematografica, che un giorno, in un'intervista disse

    «Il cinema deve essere vicino all’uomo, dentro all’uomo, deve parlare dell’uomo e non parlare del nulla: questo è il pericolo.»


    Una riflessione sulla funzione del cinema, propria di un regista indipendente, meticcio per ideologie, curioso dei temi sociali, e mettendo in ombra la generazione di quel cinema che era tutta legata alla dolce vita.
    Ribelle, eclettico e mai banale, è il guru di tutti quei registi che cercano, nelle storie che raccontano, la verità umana, nuda e cruda, rifiutando stili ed etichette e miscelando lo sporco del vivere allo scintillio della vita.
    Fratello del fisico nucleare Bruno Pontecorvo, laureatosi in chimica prima di intraprendere la carriera giornalistica, si accosta al cinema dopo aver visto Paisà di Roberto Rossellini, facendosi apprezzare, poco più che ventenne, come attore nel ruolo di un operaio che viene fucilato ne Il sole sorge ancora (1946) di Aldo Vergano con Massimo Serato, Lea Padovani e Carlo Lizzani (il film è la prima pellicola finanziata dall’Anpi, l’Associazione Nazionale Partigiani Italiani).
    Dopo alcune esperienze come aiuto-regista di Allégret (I miracoli non si ripetono, 1951), Monicelli (Le infedeli, 1953, e lo scandaloso Totò e Carolina, 1955), nonché di Francesco Maselli (L’amore in città, per l’episodio Storia di Caterina, 1953), passa al genere documentaristico firmando: Missione Timiriazev (1953), Porta Portese (1954), Pane e zolfo (1959) e Cani dietro le sbarre (1955).
    Il primo esperimento di film a soggetto è con il frammento-mediometraggio Giovanna (1955), storia di un’operaia che, durante un’occupazione di fabbrica, viene osteggiata dal marito comunista. Ma, per il vero lungometraggio dobbiamo aspettare il 1957 quando dirige La grande strada azzurra con Yves Montand, Alida Valli e Francisco Rabal. Storia vera di un gruppo di pescatori di frodo, tratta dal racconto “Squarciò” dello sceneggiatore Franco Solinas, con il quale darà luogo a un vigoroso e lungo sodalizio d’impegno sociale.
    Nascono capolavori come Kapò (1959) con Emmanuelle Riva, storia di una giovane ebrea che diventa crudele sorvegliante delle sue compagne in un campo di concentramento, ma soprattutto La battaglia di Algeri (1966), premiato con il Leone d’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia, che ricostruisce con taglio documentaristico – ma senza abbandonare la tensione – la sanguinosa lotta di liberazione algerina contro la Francia del Colonnello Mathieu. Il film viene vietato in Francia dalla quale provengono numerose critiche, ma si guadagna due nominations all’Oscar: una per la regia e una per la sceneggiatura.
    Nel 1970 vince il David di Donatello come miglior regista per Queimada dove affronta il problema del colonialismo, con una magnifica interpretazione di Marlon Brando.
    Maestro del dramma umano e sociale, lontano da quelle che sono le rigorose rappresentazioni artistiche, Gillo Pontecorvo si spinge nelle suggestioni intrinseche umane e morali, sempre curato, senza mai trascurare un oggettivo senso della misura.
    Il suo cinema è un cinema intenso ed efficace, e lui è un ottimo operaio della condizione umana tragica.
    Dieci anni più tardi è ancora un David di Donatello per la miglior regia per Ogro, che esamina il tema del terrorismo basco, avvalendosi della recitazione di Gian Maria Volonté. In seguito, realizzerà vari spot pubblicitari e, alla morte dell’amico e collaboratore, Franco Solinas, insieme a Felice Laudadio, darà vita al Premio Solinas, prestigioso riconoscimento per i giovani autori del cinema italiano.
    Non molto prolifico, nel 1992 dirige Ritorno ad Algeri, documentario girato per la Rai, con la rivisitazione della città africana in un assetto politico diverso da quello che il regista stesso aveva raccontato nel ’66.
    Dal 1992 al 1996 è direttore della Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia e torna nel capoluogo veneto solo nel 1997, presentando il cortometraggio Nostalgia di protezione.
    Diventato presidente di Cinecittà Holding, sposato e padre di tre figli, muore il 12 ottobre al Policlinico Gemelli di Roma. Veterano dei festival più prestigiosi del mondo, professionalmente serio, è stato un regista che ha documentato e narrato senza esitazioni o timori sul proprio futuro, quella che è la vera condizione umana, valicando generazioni e generi, continenti ed etnie, con grinta, autoironia e risolutezza e soprattutto quella capacità di osare, di misurarsi con tematiche diverse e lontane da quelle che appartengono alla realtà italiana.
    Un uomo che con il suo talento e la sua determinazione ha saputo inseguire il cinema, che ne è stato operaio e ne era fiero


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    http://www.mymovies.it/dizionario/biblio.asp?R=1968
  • fairy67
    00 14/10/2006 16:39


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