Il Gazebo

Il pianista !!

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    GocciaDruggiada
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    00 06/01/2006 19:16
    Wladek Szpilman corre incontro ai militari sovietici che per lui rappresentano la salvezza. Da settimane vive come un animale, nascosto in una Varsavia ormai deserta, abbandonata anche dai nazisti. Non c'è più una sola casa in piedi, la neve dell'inverno del 1945 copre solo macerie. Dei 360.000 ebrei che erano stati rinchiusi nel ghetto, nel 1940, ne sopravvivono solo 20, ma Wladek non lo sa. Lui è vissuto alla macchia, solo come un cane, e ora quei militari dell'Armata Rossa sono il segnale che è finita. Che si può tornare a vivere. Ma c'è un dettaglio al quale Wladek non pensa. Lui indossa un cappotto della Wehrmacht. Gliel'ha regalato l'ufficiale tedesco che l'ha nascosto in soffitta, solo perché l'ha sentito eseguire un brano di Chopin – Wladek è un pianista, un grande pianista – ed è rimasto colpito dal suo talento. Appena i russi vedono Wladek, vestito così, gli sparano. Ma non lo centrano. E' l'ultimo colpo di fortuna, in un'incredibile serie di coincidenze che permetteranno a Wladek Szpilman, musicista, di essere uno di quei 20 suddetti sopravvissuti. Wladek grida “sono polacco, sono polacco”. I russi lo circondano. Uno di loro gli chiede: “Perché hai addosso quella divisa?”. La risposta di Wladek è straziante nella sua ovvietà: “Fa freddo”. Fame, sete, freddo, sonno, istinto di sopravvivenza: sono le uniche necessità primarie con le quali il pianista ha fatto i conti da quando è rimasto solo nel ghetto. Tutto il resto si è azzerato. All'inferno non c'è posto per ragionamenti e ideologie – e quando la macchina da presa accompagna Wladek mentre scavalca il muro del ghetto e si avventura nella Varsavia distrutta e innevata, l'occhio di Polanski contempla veramente l'inferno. Però c'è posto per la musica. Quella sì: è lei che salva Wladek, lei e un ufficiale tedesco (della Wehrmacht, non delle SS!) che ama Beethoven e Chopin.

    Credeteci, non vi abbiamo fatto alcun torto raccontandovi l'ultima scena de Il pianista, il film di Roman Polanski – Palma d'Oro a Cannes 2002 . Avremmo comunque voluto dirvi che il film si ispira al libro omonimo di Wladislaw Szpilman, pubblicato nel 199 da Baldini & Castoldi, autobiografia per nulla romanzata di un superstite della Shoah. Quindi, che Wladek si salvi è cosa nota. Il pianista non è un thriller, anche se qua e là Polanski non può fare a meno di comporre delle sequenze in stile thriller: è pur sempre il regista di Repulsione, di L'inquilino del terzo piano e di Frantic, uno dei pochi cineasti in grado di suscitare ansia e inquietitudine con un semplice movimento di macchina. Ma Il pianista è soprattutto l'odissea di un uomo che attraversa l'orrore venendone travolto nel fisico ma non nello spirito. E' un grande inno alla sopravvivenza, quindi all'umanità. Ma è anche una precisa, chirurgica analisi del Caso. Come spesso capita nelle storie vere, sono semplicemente pazzesche le coincidenze fortuite grazie alle quali Wladek, unico di tutta la numerosa famiglia Szpilman, se la cava. Polanski la sottolinea con bravura, con uno stile che mescola miracolosamente la pietà e l'ironia: quest'ultima, tutta racchiusa nella considerazione stessa che Wladek Szpilman è stato, all'interno di una tragedia assoluta come la Shoah, un uomo indiscutibilmente fortunato. In fondo Il pianista racconta una storia (vera) non diversissima da quella (immaginaria) raccontata da Benigni in La vita è bella. Ma per altri versi è l'esatto opposto: là dove Benigni e Cerami creavano una sofisticata impalcatura drammaturgica (e concettuale: il mondo – il lager – interpretato come gioco, per consentire al bambino di non esserne travolto) per far sopravvivere il piccolo Giosuè, qui Polanski si abbandona consapevolmente all'assurdo fluire della vita e della storia per accompagnare il pianista alla salvezza.

    In questo fluire, però – ed è il bello del film -, Polanski mette tutto se stesso, le proprie memorie più dolorose. Polanski è a sua volta un superstite: era bambino a Cracovia, suo padre lo salvò facendolo scappare attraverso un buco nel muro che circondava il ghetto; il piccolo Roman se la cavò vivendo come un animaletto selvatico fino all'arrivo dei sovietici, più o meno come l'adulto Szpilman. Immaginatevi quanto dev'essere costato in termini emotivi, al regista, girare la scena in cui Szpilman vede un bambino che tenta di rientrare nel ghetto attraverso un pertugio nel muro, ma viene trattenuto per le gambe da un tedesco che lo massacra di botte fino ad ucciderlo. Sono queste notazioni, assurde fino al grottesco, le cose più “polanskiane” del film: il bimbo che vende caramelle nella piazza dove gli ebrei attendono di essere deportati (e ripete “20 zloty, 20 zloty” come una macchinetta), la mansarda dalla quale Wladek assiste, nascosto, all'insurrezione del ghetto (qui sembra veramente L'inquilino del terzo piano, e in generale tutta la vita quotidiana del ghetto che il regista ricostruisce in modo mirabile (“Del ghetto di Cracovia ricordo soprattutto una cosa: la folla. Si viveva per le strade, tutti commerciavano, tutti vendevano qualcosa, e c'era gente dovunque”: idem a Varsavia, dove 360.000 persone furono concentrate in due quartieri minuscoli divisi da una strada “gentile” dove passava il tram). L'anima vera del film è nei dettagli, oltre che nel disegno globale nel quale il Caso è il vero sceneggiatore. Per il resto Il pianista ha un unico difetto: di essere un film troppo classico, quasi hollywoodiano nella sua struttura. In originale tutti parlavano inglese, anche gli attori polacchi che per altro hanno ruoli assai marginali: e la cosa un po' strideva, anche se la performance di tutti gli interpreti, a cominciare dallo straordinario Adrien Brody, è al di là di ogni elogio. Paradossalmente il doppiaggio italiano (buono: Brody è doppiato da Massimiliano Manfredi) rende meno spiazzante, per noi, il fatto che a Varsavia nessuno parli polacco (i tedeschi, almeno, parlano tedesco: Polanski ha evitato l'assurdo effetto al quale Spielberg non aveva saputo sottrarsi in Schindler's List, dove in originale i nazisti erano interpretati da attori americani che parlavano inglese con accento tedesco, alla Sturmtruppen!). Diciamo che Il pianista è un film tradizionale che racconta una grande storia. In fondo, è il perfetto esempio di cinema popolare moderno. Averne, di film così.

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    alter fritz
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    Wizard & Elf
    00 30/07/2006 21:56
    molto bello davvero [SM=g27811]
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    walloz
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    di passaggio
    00 31/08/2006 14:25
    Ho comperato da poco il DVD, ma non sono ancora riuscito a vederlo [SM=x515649] (spero di riuscirci quanto prima).




  • danzandosottolaluna
    00 23/11/2006 20:04
    da rivedere ... perché, ogni volta, lascia un'eredità nuova. [SM=x515524]
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    Aronne1
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    Wizard & Elf
    00 24/11/2006 09:00
    La ricostruzione degli avvenimenti inerisce all’autobiografia del musicista polacco Wladyslaw Szpilman, con la compartecipazione emotiva data dall'esperienza dello stesso Roman Polanski, figlio di una vittima di Auschwitz, sfuggito alle camere a gas del ghetto di Cracovia.

    Film da non perdere! [SM=x515601]
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    Aronne1
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    Wizard & Elf
    00 06/12/2006 20:06
    L'ho rivisto, ragazzi! [SM=g27811]