La Lega Anseatica - L'Impero dei Caraibi: Patrician e Port Royale! Forum Italiano su Patrician IV, Port Royale 2 e Patrician III

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    alcen75
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    00 03/07/2006 09:47
    Scusate, non mi sono accorto che dando un titolo, sarebbe stato inserito come nuova discussione, perciò se qualcuno vuole spostarla in un luogo più adatto...

    Vediamo di parlare un pò anche di quello che si può ancora notare sulle nostre coste italiane [SM=g27833]

    (da www.sullacrestadellonda.it/torri_costiere/torrintroduz... )

    Oggi, lungo le strade costiere italiane, è frequente, nei punti più avanzati o più rilevati, avvistare torrioni isolati, di dimensioni e forme diverse, molte diroccate e quasi irriconoscibili. Sono i resti di un sistema di allarme e difesa contro gli assalti dei pirati barbareschi e dei Turchi che, provenendo dalle regioni sottomesse della Grecia e dell'Albania con i loro vascelli, minacciavano l'invasione musulmana dell'Italia. Questa fu scongiurata dalla vittoria delle flotte cristiane a Lepanto nel 1571, ma le incursioni piratesche non cessarono mai.
    Fino all'Ottocento, con la presa di Algeri da parte dei Francesi nel 1830, piccole imbarcazioni veloci provenienti da Tripoli, Tunisi e Algeri continuarono i loro assalti rapidissimi e i saccheggi nei villaggi costieri e nelle case isolate, gettando nel terrore gli abitanti.
    La pirateria ha probabilmente radici remote tanto quanto la navigazione e, nelle sue manifestazioni più antiche, non si distingue nettamente dalle attività mercantili ordinarie; viene riconosciuta come atto illecito non solo a danno delle vittime dirette, ma verso lo stesso diritto del mare, dopo la costituzione dei primi grandi Stati, che hanno un territiorio, un popolo e un'economia da difendere.
    Come contromisura già fin dall'antichità compaiono torri di vario tipo e funzione. Tralasciando la biblica torre di Babele, troviamo l'uso di torri nelle cinte delle mura presso gli Assiri; nelle città greche esse erano collocate sia presso le porte, sia lungo le cortine; così pure le mura etrusche; numerose furono quelle costruite dall'Impero Romano, sia per difesa, sia per le segnalazioni, lungo le coste, lungo le strade e i confini; talvolta qualche torre fu innalzata come belvedere nelle ville più ricche.
    Con il crollo dell'Impero l'entroterra divenne preda delle popolazioni germaniche, mentre le coste subirono il flagello di incursioni dal mare dei Vandali stanziati sulle coste africane, e dei Visigoti, che diventarono sistematiche dopo la morte di Maometto, nel 632, quando l'Islam cominciò ad espandersi verso ovest.
    I vocaboli "incursione" e "corsari" derivano appunto dal termine " kursoi ", coniato dai Bizantini per definire quelle scorrerie finalizzate alla predazione, da un greco arcaico " kursueo " nel senso di saccheggio; il termine razzia deriva invece dall'arabo gaziyya, nel senso di assalto.
    D'altro canto le coste occidentali del Mediterraneo e in particolare quelle italiane, con la loro miriade di centri marinari e di imbarcazioni di piccolo cabotaggio - da "cabotare", cioè navigare di capo in capo - erano una meta appetibile e fin troppo accessibile. Molti abitati si spopolarono, fuggendo la popolazione sui colli, e la palude prese da più parti il sopravvento.
    Con l'ascesa delle Repubbliche Marinare e la pressione militare delle Crociate, le incursioni saracene si allentarono, ma nel Quattrocento Costantinopoli, le coste nord-africane e la penisola balcanica caddero in mano all'Islam, e i litorali italiani rimasero alla mercé degli Ottomani.
    Con la cacciata degli Arabi dalla Spagna e con la conclusiva liberazione di Granada nel 1492, gli Spagnoli ritennero che la minaccia musulmana andasse combattuta in casa del nemico, non essendo possibile difendere adeguatamente le coste nazionali. Tra la fine del secolo e la prima decade del successivo fu occupata la costa da Orano a Tripoli; tuttavia quell'offensiva militare inasprì il desiderio di riscatto dei Barbareschi.
    Questo termine designava non un popolo in particolare, quindi non necessariamente Arabi o Turchi, ma semplicemente quella canaglia d'ogni provenienza, tra cui i cosiddetti rinnegati, ossia gli Europei, soprattutto Italiani e uomini dell'area balcanica, tratti in schiavitù da bambini e poi convertitisi all'Islam per riacquistare la libertà. L'occupazione spagnola delle coste nordafricane sortì invece l'effetto di dare unità d'intenti a una controffensiva compatta, sotto la guida di pirati di spicco, quali i fratelli Arug e Khair el-Din, detto il Barbarossa.
    Quest'ultimo disponeva di una flotta di ben centocinquanta navi, di molte migliaia di uomini e arrivò a stringere un'alleanza con Francesco I di Francia contro lo spagnolo Carlo V.
    La situazione di permanente belligeranza che ne seguì ebbe ritmi e metodi diversi: i Paesi europei rivieraschi potenziarono il loro apparato bellico, con l'impiego di artiglierie e flotte, tuttavia inevitabilmente impossibilitate a tenere sotto controllo l'intero sviluppo costiero; i Barbareschi, invece, ricorrevano come d'abitudine all'incursione improvvisa e alla guerra di corsa.
    Come sempre, tale situazione determinava varie circostanze di interesse economico: i mercantili adottavano la navigazione costiera, anche a costo di dilatare tempi e costi, per restare sempre in vista della terra dove cercare rifugio in caso di arrembaggio: quest'esigenza dei naviganti portò in qualche caso all'imposizione di gabelle di transito da parte di signorotti locali, quasi che le acque costiere fossero canali privati interni.
    Inoltre, per assurdo, era proprio l'Occidente - in particolare la Francia prima e poi la Repubblica di Genova - a fornire armi e materiali per l'allestimento di navi ai Barbareschi, il che divenne uno dei pretesti della successiva belligeranza franco-genovese. Sotto diversi punti di vista, la guerra di corsa rappresentava infatti un investimento redditizio: per esempio, il tristemente famoso pirata Rais Thorgud, detto Dragut, che imperversava nel Mar Ligure, fu catturato nel 1540 dai Doria, ma dopo qualche mese ottenne la libertà dando loro in cambio la signoria sull'isola di Tabarca (Bona) in Tunisia.
    D'altra parte la Repubblica possedeva prospere imprese mercantili sulla costa africana e non aveva interesse a cercare lo scontro sistematico e risolutivo. Inoltre, la minaccia barbaresca le offriva il pretesto per imporre gabelle ai centri costieri ed esigere un tributo di soldati in cambio della propria protezione.
    Dopo qualche incursione particolarmente feroce, Genova organizzava spedizioni punitive, inviando vascelli da guerra a bombardare le coste algerine; ma si trattava di iniziative sostanzialmente dimostrative, sia per placare le richieste di maggior sicurezza da parte delle popolazioni rivierasche, sia per far comunque sentire la minaccia della propria presenza ai Barbareschi.
    Per contro, le razzie saracene erano anche finalizzate alla cattura di soggetti variamente utilizzabili, tra i quali coloro che potevano essere restituiti dietro pagamento di onerosi riscatti, peraltro non sempre corrisposti. Algeri, e in misura minore anche Tunisi e Tripoli, aumentarono vistosamente la propria popolazione per effetto dell'afflusso di prigionieri e della risma variegata di avventurieri che gravitavano loro intorno.
    Il fenomeno della schiavitù era talmente massiccio che si costituirono numerose società di mutuo soccorso per far fronte alle richieste di riscatto, avanzate in subordine all'interesse "commerciale" rivestito dalle diverse prede: le famiglie venivano smembrate, le donne giovani avviate verso gli harem, gli uomini vigorosi messi al remo o venduti in funzione delle loro capacità professionali. Si chiedeva quindi il riscatto di quegli elementi che, ormai sfruttati al limite della sopravvivenza, non offrivano ulteriori possibilità di lucro: gli elenchi di coloro che avevano riacquistato in questo modo la libertà comprendono prevalentemente soggetti non giovani, spesso disabili, con lunghe permanenze in condizioni di schiavitù.
    Nonostante gli scontri in mare e gli attacchi ad Algeri si protraessero nei secoli fino a Ottocento inoltrato, l'Occidente capì fin dal primo Cinquecento di dover fare assegnamento sul proprio potenziale difensivo piuttosto che su quello offensivo, fidando nella propria ingegneria militare: non solo per l'incontenibile tecnica esercitata dai pirati, ma soprattuto per il disimpegno occidentale rispetto al Mediterraneo, dopo che la conquista degli Oceani aveva richiamato verso altre rotte il potenziale militare delle nazioni marinare.
    Occorse tuttavia oltre mezzo secolo perché le comunità marinare si attrezzassero per la difesa di terra: la soluzione poteva solo risiedere in un sistema che assolvesse funzioni di avvistamento, di allerta alla popolazione attraverso un codice segnaletico, e di difesa armata locale: poco dopo la seconda metà del Cinquecento si addivenne alla decisione di costruire, nei punti ritenuti idonei dagli ingegneri militari, una successione di torri in vista l'una dell'altra, tali da costituire, nel loro complesso, un sistema fortificato ininterrotto di avvistamento e segnalazione.
    L'uso di fuochi segnaletici lungo le coste è di origine alto-medievale, secondo una specie di codice costituito da fiamme o fumate, ottenute con fascine bruciate, con torce o bracieri. La torre fu quindi indispensabile quando all'esigenza della segnalazione si affiancò la necessità della difesa del territorio e del ricovero per i soldati di guardia.
    In passato i segnali partivano da cofani (dal greco kóphinos=cesta) di ferro, situati in luoghi prominenti, che poi furono collocati alla base della torre stessa: il tipo di luce indicava una situazione di calma oppure l'arrivo di navi sospette, i fuochi erano tanti quante erano le navi in arrivo e la fumata era volta nella direzione da cui queste provenivano. Il suono delle campane rappresentava il preallarme acustico.
    Ogni Potentato si dotò quindi di tale sistema difensivo, secondo criteri locali. In Liguria gli oneri della costruzione delle fortificazioni nei centri periferici - come, di norma, le spese per il servizio di guardia - erano lasciati all'iniziativa locale, salvo che non vi si ravvisasse una particolare importanza strategica; quindi le fortificazioni non rientravano in un piano organico generale - il che spiega la difformità tra una torre e l'altra - ed erano collegate dalla sola comunicazione ottica.
    Sui criteri di progettazione della struttura, se più o meno massiccia, intervenivano la sua ubicazione e il tipo di artiglieria di cui poteva essere dotata. Di norma la base era a scarpa accentuata e l'ingresso, sul versante a monte, era soprelevato di almeno sei metri rispetto al piano di campagna, raggiungibile attraverso una scala retraibile o un piccolo ponte levatoio.
    Nel 1528 la Repubblica di Genova si era legata militarmente alla Spagna - dove già esercitava una forte influenza mercantile - e aveva sottomesso il libero comune di Savona. Il possesso della Corsica le assicurava quindi il pieno controllo dell'Alto Tirreno e la inseriva contemporaneamente nel conflitto franco-asburgico. Essendo i confini settentrionali divenuti sicuri quando Milano entrò sotto l'influenza spagnola, il pericolo venne dal mare: dalla Francia che aspirava all'egemonia nel Mediterraneo, alla quale si alleò la Turchia, che spiegava le sue potenti flotte ma si avvaleva anche delle forze corsare nord-africane che avevano in Algeri il loro quartier-generale.
    Già nel 1529 il pirata Barbarossa, signore di Algeri, sembrava voler assediare le coste dalla Liguria a Cadice, chiave di volta dei commerci ispano-genovesi con l'Europa settentrionale. La minaccia divenne ancor più forte nel 1534, quando egli si ripresentò con una flotta di settanta galee ma invece di attaccare la Repubblica andò alla conquista di Tunisi e ne fece una propria base navale. L'anno successivo Carlo V con numerosi alleati mosse al contrattacco e scacciò il Barbarossa, che trovò rifugio presso l'imperatore turco Solimano, di cui divenne ammiraglio.
    Ecco quindi che l'alleanza franco-turca provocò una ripresa delle ostilità franco-spagnole che coinvolsero Genova. Il Governo della Città affidò all'architetto Olgiati l'innalzamento di una cinta muraria possente, con la "consulenza" di Antonio Sangallo, che richiese dieci anni di lavoro. Contemporaneamente iniziò l'opera di fortificazione della Corsica e proseguì i lavori di difesa delle Riviere.
    Nel 1543 il Barbarossa tornò all'assalto, saccheggiò le coste meridionali, bombardò tratti di costa ligure e si ricongiunse con la flotta francese, attaccando Nizza e Sanremo. L'anno successivo la Francia e la Spagna stipularono un accordo di pace che incluse la Repubblica e quindi, per qualche anno, le coste liguri furono tranquille. Ma nel 1549 Rapallo fu saccheggiata dal pirata Dragut, e nuove difese furono approntate insieme con un sistema di allerta alla popolazione, per segnalare l'arrivo dei Barbareschi.
    Le ostilità franco-spagnole ripresero nel 1552, come sempre coinvolgendo Genova che completò le proprie difese verso mare. L'anno successivo Dragut attaccò la Corsica, appoggiato dalla popolazione, alleata con la Francia contro la Repubblica. Genova e la Liguria furono quindi al centro di una vicenda bellica incessante, sia per il conflitto tra l'Impero e la Francia, sia per le continue incursioni barbaresche, indipendenti dall'alleanza franco-turca, che non vennero meno neanche con la vittoria di Lepanto.
    Negli anni ad essa precedenti il Ponente fu assediato e saccheggiato dai corsari di Ulugh-Alì, ammiraglio della flotta turca, poi eroe a Lepanto, figura emblematica della pirateria mediterranea. Era, questi, infatti, il calabrese Giovanni Galeni, tratto in schiavitù da ragazzo, durante un'incursione nei pressi di Capo Rizzuto guidata dal Barbarossa. Convertitosi all'Islam - probabilmente per sottrarsi alla schiavitù, come tanti altri "rinnegati" - acquistò sempre maggior rilevanza presso la corte di Solimano, dopo la morte di Dragut nel 1565, fino a diventare una figura chiave nella marineria ottomana.
    Nel 1583 un attacco pesante fu rivolto nuovamente verso la Corsica e di lì a poco fu devastato il borgo di Sori, alle porte di Genova. La Repubblica, quindi, non solo realizzò ulteriori opere difensive, ma dispose anche presidi armati a proprie spese. Complessivamente, tuttavia, il sistema di difesa restava disorganico e quindi poco efficace.
    Le coste più esposte furono comunque, da sempre, quelle della Sicilia e dell'Italia meridionale, per effetto della vicinanza alle basi nordafricane e balcaniche: la Sicilia, occupata militarmente dai Saraceni (dalla parola araba sciarqiun che vuol dire 'oriente' od 'orientale') intorno all'anno Mille, fu comoda base di partenza per le loro incursioni navali per circa un secolo, finché essi non furono cacciati dai Normanni.
    Valenti architetti militari previdero tre diversi tipi di torri: le "torri-lanterne", di piccola mole, per lo più sulle alture dall'ampia visuale, prevalentemente destinate alle segnalazioni e munite di armi per la propria sola difesa; le "torri di difesa di piccola mole", dotate di un armamento leggero (due pezzi di artiglieria di medio calibro); le "torri di difesa di grande mole", che possedevano un armamento che andava dai quattro ai sei pezzi di artiglieria.
    Nacque così una rete di avvistamento semplice ed efficiente: quando un vascello sospetto si avvicinava sotto costa il guardiano del torrione sparava un colpo di avviso per chiedere all'imbarcazione di accostarsi e farsi riconoscere; se essa si allontanava rapidamente - e ciò era segno delle sue cattive intenzioni - dalla torre si inviavano subito segnali o con l'artiglieria o con opportuni "fani" alle altre due torri con le quali la prima era in collegamento visivo; queste, a loro volta, trasmettevano il segnale di pericolo fino alla più vicina guarnigione o al più importante porto, dal quale salpava un vascello armato per dare la caccia a quello pirata.
    Contemporaneamente dalle torri costiere in allarme partivano messaggeri a cavallo, ad avvisare gli abitanti delle case isolate e i villaggi di pescatori del pericolo imminente.
    Lungo tutte le coste peninunsulari del Meridione il Regno di Napoli avviò la costruzione di imponenti strutture foranee, dotate di pesanti bocche da fuoco che, se furono in grado di contrastare la pressione ottomana, tuttavia restavano inadeguate per un'efficace azione repressiva nei confronti delle agili e veloci imbarcazioni corsare.
    Fu quindi progettato un sistema difensivo ininterrotto di torri robuste, armate con artiglieria leggera, che rappresentarono un'invalicabile frontiera di fuoco, ma si mostrarono imprendibili anche all'occasionale attacco ravvicinato, così rappresentando una definitiva difesa della navigazione di cabotaggio.
    Le torri, che poi il popolo chiamò "saracene" a significare che erano state costruite contro i Saraceni, servirono ancora per qualche tempo, per segnalare i movimenti di qualsiasi flotta nemica al largo delle coste italiane, ma all'inizio del XIX secolo erano ormai pressoché abbandonate; alcune divennero posti di Dogana, su altre venne installato il sistema telegrafico ad asta che sostituì i segnali di fuoco, e le rivitalizzò trasformandole in "torri semaforiche".
    Ma con l'avvento del telegrafo elettrico venne definitivamente abbandonato qualsiasi sistema ottico, e le gloriose torri costiere, con non molte eccezioni, furono lasciate all'incuria del tempo.

    Scusate se il post è lungo, ma penso sia ricco di notizie interessanti.
    E poi è da un pò che desideravo venisse inserito qualcosa anche sull'Italia.
    So che non riguarda solo il periodo di PIII nè l'area direttamente interessata alla Lega, ma se vi fa piacere potrò inserire ancora qualcosa più avanti.

    [Modificato da Nemo89 03/07/2006 10.14]



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    alcen75
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    00 03/07/2006 13:03
    Questa invece una piccola storia che ci spiega com'è nato il porto di La Spezia (detto VARIGNANO):

    Le più antiche notizie sul Varignano si desumono da documenti del secolo XI, relativi a donazioni fondiarie degli Obertenghi al monastero di Santa Maria e san Venerio.

    Il toponimo deriva probabilmente da un'antica radice "var-" con il significato di acqua (da cui il nome dei fiumi Varo, Varrone e Vara, oppure di Varese sul fiume Olona, o di Varenna sul lago di Como), unito a "Janus", eponimo dei Liguri, come a dire "mare di Giano" oppure "luogo sul mare di Giano".

    In epoca incerta ma probabilmente nel II secolo a. C. i Romani sottrassero ai Liguri il golfo di Luni, che certamente divenne un porto ambito per la sua posizione riparata. Le coste subirono poi le invasioni di Rotari, dei Normanni, dei Saraceni; divennero possedimento dei Bizantini, dei Longobardi, dei Franchi e probabilmente del Papato mentre, sul finire del secolo XI, la Repubblica di Genova vi estese il suo dominio.

    Il Varignano, tra le punte foranee del Pezzino e di Santa Maria, anticamente era noto anche come "Lazzaretto" per via della struttura realizzata dalla Repubblica di Genova per la quarantena delle merci e degli equipaggi in attesa di libera circolazione nel territorio dello Stato. Un lazzaretto esisteva a Genova già dal 1463 presso la foce del Bisagno, ma la zona era troppo esposta alle mareggiate, che spesso impedivano la movimentazione delle merci.

    Il progetto del nuovo complesso nel golfo di La Spezia incontrò l'opposizione della popolazione locale, come pure dei mercanti della Toscana e di Milano, che si adoperarono per ottenere il veto imperiale.

    La costruzione fu tuttavia approvata e prese il via nel 1724: comprendeva due edifici per l'isolamento di cose e persone, due cappelle e un grandioso palazzo destinato ad alloggio per il Commissario direttore del lazzaretto, dei suoi dipendenti e dei rispettivi familiari. Con la sua posizione isolata rispose adeguatamente alle esigenze della piccola Repubblica ma, sul finire del secolo successivo, divenuta La Spezia porto movimentato, sede di arsenale navale e nodo ferroviario, la presenza di un lazzaretto era quanto mai pericolosa. La struttura fu quindi trasformata e destinata ad alloggiare il Comando di Difesa Marittima, mentre il lazzaretto veniva trasferito nell'isola dell'Asinara, dove entrò in funzione nel 1886.



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    alcen75
    Registrato il: 16/04/2004

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    00 21/08/2007 12:48
    Breve storia di Graffignana: anche la mia città aveva il suo porto
    Ciao a tutti, mi permetto di inserire una piccola parte della storia della mia attuale città di residenza (tratto dalla relativa sezione del sito ufficiale del mio comune) in quanto mi ha incuriosito il fatto che avesse un porto fluviale...leggete qui di seguito:
    ...Nel 1300 tutto il territorio compreso tra S.Angelo, Chignolo, Belgioioso e S.Colombano era sotto il dominio dei Visconti Signori di Milano, Gian Galeazzo Visconti istituì in questi luoghi la sua riserva di caccia e il 12 Settembre 1395 donò il feudo di Graffignana, Vimagano, Porchirola alla Fabbrica della Certosa di Pavia. I Monaci Certosini cominciarono la loro opera di bonifica della zona, da documenti storici apprendiamo l'esistenza di un ponte di legno costruito dagli stessi monaci sul fiume Lambro (prima a pagamento, poi ad uso gratuito) e di un porto per traffici fiorenti verso il Po.....

    Non vi ricorda vagamente PIII? [SM=x329162]
    P.S. per i più "ciucchettoni", dal 2006 Graffignana fa parte di un percorso sul vino...chi ha orecchie (o meglio palato) per intendere, intenda! [SM=g27828]
    Visitate il sito...
    [Modificato da f.strillone 29/08/2007 14:10]


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    Nemo89
    Registrato il: 05/07/2004

    Governatore
    Emerito Economista Anseatico
    00 21/08/2007 18:43
    Uffa, è scandaloso che il traffico fluviale sia oggigiorno quasi nullo.
    Per non parlare poi dei nostri (di Milano) meravigliosi navigli.
    [Modificato da Nemo89 21/08/2007 19:16]


    Perché soccombere al conformismo? Liberati dal giogo delle parole straniere inutili: clicca qui
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    f.strillone
    Registrato il: 18/03/2005

    Sindaco
    Sommo Cancelliere Anseatico
    00 21/08/2007 20:36
    Re:
    Nemo89, 21/08/2007 18.43:

    Uffa, è scandaloso che il traffico fluviale sia oggigiorno quasi nullo.
    Per non parlare poi dei nostri (di Milano) meravigliosi navigli.



    già... guardare qui per credere!!!


    Quando avrete inquinato l'ultimo fiume, quando avrete abbattuto l'ultimo albero, preso l'ultimo pesce, ucciso l'ultimo bisonte, solo allora vi accorgerete che non potete mangiare tutto il denaro accumulato nelle vostre banche.
    RIPRENDIAMOCI LA TERRA
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    alcen75
    Registrato il: 16/04/2004

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    00 22/08/2007 17:28
    Re: Re:
    f.strillone, 21/08/2007 20.36:



    già... guardare qui per credere!!!



    bhè dai, devo dire che qualcosa stanno cercando di ricreare no? Avevo visto un bel servizio sul TGR Lombardia, dove dicevano che avrebbero incrementato i viaggi fluviali a bordo di battelli e pare ci siano stanziamenti (forse ancora da approvare) per tentare un risanamento delle varie linee....speriamo dai! A quanto dicevano, si vedrebbero le città anche da un altro (interessantissimo) punto di vista!
    Salutoni e a presto.


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