[Qualche tempo fa ho trovato questo articolo sulla teologia della liberazione e ho interlineato in corsivo alcune mie riflessioni e domande nei punti che mi sono meno chiari.
E' un articolo che riporta un'intervista ad un teologo della liberazione, quindi fa sentire una sola campana, comunque l'ho trovato interessante.
Se qualcuno (che non necessariamente deve chiamarsi Regin
) conosce bene il filone della teologia della liberazione sarei felice che mi desse qualche chiarimento, krazie!!!
].
Telogia della liberazione
Fratel Betto, al secolo Carlos Alberto Libanio Christo, è un frei domenicano di 62 anni, che da anni scrive libri e trattati. Amico fraterno di Lula, è entrato anche in politica per sostenerlo nel progetto sociale Fame Zero, che adesso però non segue più direttamente. Da qualche mese è uscito dal governo “per due motivi”: “Perché volevo avere il tempo per scrivere e perché non condivido la politica economica del governo”. Ha un fare gentile e un aspetto sereno e deciso. Il suo volto disteso è segnato da guizzi di profonda ironia che testimoniano la sagace intelligenza.
Con semplicità ci ha spiegato la Teologia della Liberazione, cos’è, cosa ha dato alla gente più povera e miserabile, e perché ancora oggi, dopo quasi 40 anni, continui a sollevare tanti dubbi e preoccupazioni nella Chiesa di Roma.
Cos’è. “In America Latina la maggior parte della gente vive nella povertà e la maggioranza è di fede cristiana. Quindi la domanda principale di questa gente è: Dio vuole che noi rimaniamo in questa sofferenza? Oppure, come sta scritto nella prima pagina della Bibbia, ha creato il mondo in modo che fosse un giardino, un meraviglioso giardino con uccelli, fiori, acqua cristallina? La Teologia della liberazione, non è una teoria, non è un qualcosa nato nelle biblioteche, alle scrivanie, nelle accademie, nelle università religiose… No! E' la sistematizzazione dell’esperienza di fede dei poveri alla ricerca della loro liberazione”.
Perché stupirsi? Secondo frei Betto, in un mondo d’oppressione, in cui vogliamo credere nel Dio della vita – e la vita è il dono maggiore di Dio – la Teologia della liberazione significa coniugare la visione della fede con l'anelito alla liberazione. “Penso che ogni cristiano che viva il mistero della fede con gioia, con senso di liberazione, che vive l’amore, l’impegno per la lotta per la giustizia, pratichi la Teologia della liberazione”, precisa. “Una volta un vescovo mi chiese: “Ma perché cercare un’altra teologia quando c’è già la teologia della Chiesa di Roma?” E io gli risposi: “Nel Vangelo ci sono quattro teologie diverse
(sono davvero diverse?), quella di Matteo, di Giovanni, di Luca e di Marco. E se ci sono già queste quattro visioni diverse di Gesù, queste quattro diverse visioni della chiesa, perché stupirsi proprio della Teologia della liberazione?”.
La speranza. “
Vivere la fede in America Latina è avere la speranza di superare la miseria e la povertà”, continua il domenicano
(Effettivamente, mettiamoci nei panni di questi religiosi. Vedono ogni giorno intere popolazioni soffrire la fame e le malattie e morire. Le vedono vittime del capitalismo sfrenato che le affonda nella povertà. In Sud America, poi, ci sono state dittature che, anche in tempi recenti, hanno sfruttato questa miseria per arricchire una classe dirigente di politici e/o militari. Giustamente si chiedono: tutto ciò è gradito a Dio? La risposta è ovvia ed è: no! Ad aggravare la situazione c’è il fatto che –a quanto mi è dato di capire- questi dittatori e relativi accoliti hanno blandito le gerarchie ecclesiastiche definendosi difensori della fede cattolica contro il rischio del dilagare del comunismo ateo. E probabilmente molti alti prelati li hanno appoggiati, forse troppo, forse si sono sbilanciati in favore di questi tiranni nel timore che l’instaurazione di un regime comunista avrebbe annientato la Chiesa. Non c’è dubbio che il comunismo con la sua imposizione dell’ateismo vadano evitati, ma è anche probabile che le simpatie accordate dalle gerarchie ecclesiastiche ad alcuni dittatori. siano state viste dal popolo come l’ennesima beffa. Ma come –si saranno detti- i rappresentanti della religione di Cristo che benedicono gli autori del massacro dei desaparecidos? Anche perché la maggioranza di questa povera gente di ideologia politica sa ben poco; non vota comunista perché ha letto il Capitale di Marx e ne condivide le teorie, vota comunista perché spera che qualcosa possa cambiare, che un pezzo di pane possa arrivare anche sulla loro tavola. Non è l’ideologia che abbracciano, ma la speranza di mangiare un pasto al giorno. Questi religiosi sembrano quindi aver avuto ragione nel denunciare gli errori e le deviazioni di certa gerarchia dal messaggio autentico del Vangelo perché la povera gente non si merita anche - per così dire - la "connivenza" dei vescovi con i tiranni. Credo che questo sia un merito della T.L. Ora, però, premesso che la denuncia ha un fondamento di giustizia e verità, quale strada indicano questi teologi per affrontare e risolvere i problemi dell’America Latina? Che cosa propongono esattamente? Una rivoluzione armata che pretendono di giustificare con il Vangelo? Questo è decisamente incompatibile con il messaggio di Gesù ...)
“La gente incontra nella Bibbia, nella parola di Dio, il proprio alimento per capire meglio se stessi, per capire la lotta che sta vivendo e per trovare soluzioni. Faccio una metafora per spiegare meglio questo concetto. Per molta gente aprire la Bibbia è come aprire una finestra su interessanti fatti del passato. Nelle comunità ecclesiali di base, invece, la gente povera, quando apre la Bibbia, è come se guardasse se stessa in uno specchio, lo fa per riuscire a capirsi meglio, qui e ora”.
E per aiutare la gente a capire meglio le scritture, la vita di Gesù, nella prospettiva liberatrice, Betto ha scritto anche un libro “Uomo fra gli uomini”, una vera e propria lettura popolare del Vangelo.
I cambiamenti. “Molti qui in Italia mi chiedono cosa sarà della nostra Teologia adesso, con Papa Ratzinger – racconta fratel Betto - Beh, devo dire che questa cosa ogni volta che vengo in Italia mi sconcerta:
voi siete molto vicini al Papa, mentre noi in America Latina siamo molto vicini a Dio (non è un’affermazione un tantino presuntuosa? Vuole forse dire che in Italia abbiamo più il culto della personalità del Papa che non la giusta adorazione verso Dio? E comunque, visto che la Chiesa universale, guidata da Pietro, è stata voluta direttamente da Cristo, rispettare l’autorità del Papa non vuol dire essere degli idolatri, ma seguire il successore di Pietro. Se poi ci sono quelli che adorano più il Papa di Cristo e coltivano il culto della personalità, beh … vuol dire che non hanno capito niente della dottrina cattolica e Papa Ratzinger è il primo a ripetere senza sosta che nulla dobbiamo anteporre a Cristo!l).
Dovete capire, che molto spesso quello che avviene a Roma non ha molto riflesso nella Chiesa dell’America Latina. Anche le nomine di vescovi conservatori molte volte non provocano reazioni, perché c’è così tanto sfruttamento, così tanta sofferenza – tanto per dirne una nel mio Paese c’è ancora il lavoro in schiavitù – che tutto il dolore della gente parla più alto, parla direttamente a Cristo. Per questo la Teologia della liberazione nasce proprio in America Latina. E comunque, io non credo che il rinnovamento della Chiesa venga dall’alto, spero arrivi dal basso. Credo che lo Spirito Santo lavori dal basso.
L’unica cosa che so – incalza - è che trent’anni fa era soltanto la Teologia della liberazione che parlava di debito estero, di colonialismo, di neoliberismo, che criticava l’imperialismo, la politica estera degli Stati Uniti
(Questo è il merito della T.L., infatti).
Adesso questi temi appaiono nei documenti finali di Giovanni Paolo II. Eppure era un papa che aveva tollerato la guerra di Bush in Iraq del 1991, e che poi è arrivato a condannare l’invasione dell’Iraq di Bush figlio
(Le due guerre non vanno messe sullo stesso piano però: nel 1991 l’Iraq ha invaso il Kuwait commettendo un’ esplicita violazione del diritto internazionale, alla quale lo stesso ordinamento internazionale ha reagito con un intervento militare sotto la bandiera ONU e credo che GPII lo abbia tollerato come “male minore”. Invece l’intervento deciso da Stati Uniti & c. nel 2003 ha avuto carattere unilaterale, senza avallo ONU, e anche il Papa lo ha condannato perché riteneva che non fossero esaurite tutte le possibili vie diplomatiche).
Sono solito dire, infatti, che la Teologia della liberazione è arrivata a Roma. Roma può pure non averne coscienza, ma è così. Se si pensa che il Papa ha mobilitato 150mila persone contro il G8 a Genova! E’ esattamente quello che noi della Teologia della liberazione avremmo voluto fare”. Poi conclude, accennando alle tante contraddizioni del Vaticano: “
Giovanni Paolo II stesso aveva una contraddizione: era un uomo con la testa di destra e il cuore di sinistra, perché era molto ortodosso nella dottrina, ma molto sensibile ai temi sociali”. (
Le due qualità sono necessariamente contraddittorie? Non si può essere ortodossi in dottrina e al contempo sensibili ai temi sociali?)
Ortodossia. “Gesù predicava il regno di Dio, ma purtroppo quello che è venuto dopo è la Chiesa
(Ne parla come di una catastrofe, ma la Chiesa non è stata voluta da Gesù stesso?! Non sarebbe più corretto dire che il concetto di Chiesa voluto da Cristo è stato male interpretato e male applicato dagli uomini, in primis da molti vescovi e sacerdoti? Detto come lo dice lui sembra che la Chiesa sia sbagliata in sé, e come si fa a dire che è sbagliata un’istituzione di Cristo?)”, riprende e, riferendosi all’incontro della Gioventù di Colonia, sottolinea: “Il Papa ha ricordato l’importanza per i giovani di leggere il catechismo della Chiesa, ma io avrei preferito che avesse sottolineato l’importanza di leggere il Vangelo. Dobbiamo ricordare che Dio non ha religione.
Non è tanto importante avere fede in Gesù (
è a questo punto che mi viene fatto di pensare che questo teologo della liberazione abbia superato la linea che fa scivolare una teologia in ’eresia. Ma come non è importante avere fede in Gesù? Non è che ci chiamiamo Cristiani per caso, ci chiamiamo Cristiani perché crediamo che Cristo sia il Figlio di Dio e per questo vediamo nella Sua parola –tutta la Sua parola-il comandamento della nostra vita.”Io sono la Via, la Verità, la Vita”, l’ha detto Lui, e se non crediamo questo come possiamo dirci cristiani? ), quanto avere la fede di Gesù.
Il messaggio centrale di Gesù è non tanto quello di avere fede quanto quello di mettere in pratica l’amore liberatorio.
Secondo frei Betto se si analizzano i quattro Vangeli ci sono principalmente due domande che vengono rivolte a Gesù. La prima è: ‘Signore, che devo fare per guadagnare la vita eterna?’. “Ecco – spiega il frate - mai questa domanda esce dalla bocca di un povero. Esce sempre da coloro che si sono assicurati la vita terrena e che quindi pensano ad assicurarsi anche l’al di là. È la domanda tipica dell’uomo ricco, che vuol sapere come poter comprare anche il paradiso. E tutte le volte che Gesù ascolta questa domanda si sente a disagio, irritato. E ha anche reagito in modo un po’ aggressivo quando un ricco, nel porgli la domanda, lo adula apostrofandolo: ‘Buon maestro’. ‘Io non sono il maestro, il buon maestro è Dio’, gli risponde Gesù.
La seconda domanda che si incontra è invece: ‘Signore, come devo fare per avere una vita in questa vita?’. Ecco, questa viene solamente dalla bocca dei poveri. ‘Le mie mani sono inerti, hanno bisogno di lavorare. Sono cieco, ho bisogno di vedere. Sono paralitico, voglio camminare. Mio fratello è morto, vorrei vivesse. Mia figlia è malata, vorrei che guarisse’. I poveri chiedono a Gesù vita in questa vita. E a loro Gesù risponde sempre con misericordia e compassione. Perché lui stesso ha detto io sono venuto qui perché tutti abbiano vita, e una vita piena”.
Tutto sbagliato. Per il teologo brasiliano, tutto il mondo in cui viviamo oggi è una grande offesa al progetto di Dio. Perché in nessun versetto della Bibbia sta scritto che la povertà è gradita agli occhi di Dio. La povertà è una maledizione. È frutto dell’ingiustizia. Per questo Gesù si pone dalla parte dei poveri e li chiama beati: li considera i protagonisti della conquista di una società in cui tutti veramente avranno una vita.
“Dobbiamo riconoscere la presenza di Dio in tutte le tradizioni religiose (
però anche i documenti del Concilio Vaticano II se non sbaglio dicono che in tutte le religioni c'è un riflesso di Dio, il quale però ha rivelato pienamente la Verità tramite l'incarnazione di Cristo. O forse viene qui proposta l'equiparazione di tutte le religioni?. Eppure noi cristiani soffriamo del complesso di superiorità che ci fa pensare di essere migliori rispetto a tutte le altre confessioni. Ed è un vero e proprio peccato. I migliori sono coloro che amano come Gesù amava. Migliore era Francesco di Assisi, che si spogliò delle sue ricchezze per andare con i poveri
(ma si recò dal sultano in Egitto cercando di convertirlo, non per dirgli che Dio non ha religione …)”. E per frei Betto era addirittura migliore Che Guevara, “uomo ricco che si è dedicato ai poveri. E non era un credente”, precisa il frate. Poi aggiunge: “Sicuramente, quando il Che è salito al cielo Gesù gli avrà detto: ‘Sei il benvenuto. Io avevo fame e tu mi hai dato da mangiare, hai lottato per questo’. E lui avrà risposto: ‘Guarda Signore, io non ero credente, e non ti ho mai incontrato perché non ho mai messo piede in una chiesa’. E Gesù gli avrà risposto: ‘Ogni volta che hai lottato per i poveri, hai lottato per me’. L’importante – asserisce – è dunque che ognuno di noi ami per la nostra capacità di amare
(sì, ma ami che cosa? In che modo? Così qualsiasi azione si giustifica, basta che uno dica che l’ha fatto per amore), solo così ci salveremo. La fede serve solo per capire questa dimensione di amore. Nella prima lettera di Giovanni si dice che Dio era amore (
non per niente è titolo dell'enciclica di Papa Ratzi: Deus Caritas Est). Chi ama conosce Dio. C’è molta gente che va in chiesa e non ama
(sono d’accordissimo!).
Mentre chiunque ami conosce Dio, fa esperienza di Dio, perché Dio è amore (
la frase è accattivante, molto accattivante, ma mi sembra un po’ generica e rischiosa se non viene precisata meglio perché così ognuno si fa la propria legge in base al proprio modo di amare.. Gesù ha detto “Amatevi l’un l’altro come io ho amato voi” e non “Amatevi l’un l’altro come vi pare e piace”).
L’ideale dell’evangelizzazione secondo il teologo della liberazione è quando un giovane di 16/17 anni, davanti alla prima esperienza di amore riconosce che questa è anche esperienza di Dio. Non c’è un amore di Dio e un amore umano, tutte le forme di amore sono divine. “E questo lo sanno ben spiegare i poeti – conclude - Una volta in Nicaragua conobbi il poeta, che è ormai morto, José Coronel Utrecho. Era già molto vecchio, ma era ancora molto innamorato della moglie, Julia, alla quale aveva dedicato tutti i suoi poemi. Ecco, c’è una poesia in cui descrive la loro luna di miele. La prima notte di nozze, in albergo, aveva dato ordine di non essere disturbato per nessun motivo. Una volta pronto per il letto nuziale, una persona ha bruscamente bussato alla porta. Che succede? Si è chiesto. Ci sarà un incendio nell’hotel, eppur sono io quello incendiato. Apre la porta e si trova davanti Dio, che gli chiede: ‘Josè il letto è molto grande?’, ‘Sì Signore venga pure, ci entriamo tutti e tre’. Ma il Dio gli risponde: ‘Josè, tre siamo già noi’ e il poeta ribatte: ‘Signore non c’è problema, venite pure tutti e tre. Qui c'è posto per tutti’. E il poema termina con: ‘E’ stata una notte di una grande orgia spirituale’.”
Stella Spinelli
[Modificato da Discipula 28/03/2006 17.55]