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  • Francesca.Pisa
    00 19/10/2006 09:29
    da Korazym sull'udienza

    Convegno ecclesiale nazionale di Verona. La giornata del papa

    di Mattia Bianchi/ 19/10/2006

    Per gli oltre 2700 delegati, la giornata più attesa con l'arrivo di Benedetto XVI. Due gli appuntamenti in programma: stamani, il discorso ai partecipanti, mentre oggi pomeriggio, Santa Messa allo stadio Bentegodi. La diretta su Korazym.org...

    La giornata più attesa: Benedetto XVI arriva a Verona al Convegno Ecclesiale nazionale che vede impegnata la Chiesa italiana nel definire il cammino dei prossimi anni. Il papa ha accolto l'invito della presidenza della Cei ed è atteso in città per due appuntamenti: stamani, parlerà nella grande aula della Fiera, indicando gli orientamenti dell'impegno cattolico, mentre nel pomeriggio celebrerà la messa per 70 mila fedeli nello stadio Bentegodi, alla presenza del premier Romano Prodi, del leader dell'opposizione Silvio Berlusconi e di altri politici e autorità. Difficile anticipare il contenuto degli interventi papali, ma è probabile che come fatto in precedenti occasioni (alle assemblee della Cei e nell'omelia al Congresso Eucaristico Nazionale di Bari), Benedetto XVI torni a difendere i cosiddetti "valori non negoziabili": dalla famiglia alla vita, senza dimenticare la richiesta di un nuovo impegno sociale e politico da parte dei laici. La presenza del papa a Verona si collega idealmente a quella dei predecessori intervenuti ai precedenti Convegni Ecclesiali Nazionali. A Roma (1976), Loreto (1985) e Palermo (1995) furono infatti Paolo VI e Giovanni Paolo II a indicare la via che la Chiesa Italiana avrebbe dovuto percorrere nel decennio successivo. Un testimone che passa a Benedetto XVI, su cui oggi saranno concentrati tutti gli sguardi.

    Sempre a fianco di Benedetto XVI.
    Francesca


  • Francesca.Pisa
    00 19/10/2006 13:05
    questa e' l'ansa
    IL PAPA: "ITALIA COLPITA DA UNA NUOVA ONDATA DI LAICISMO"

    VERONA - Ai cattolici italiani riuniti a convegno il Papa chiede di "riaprire la razionalità alle grandi questioni del vero e del bene". "Questo - dice - è un compito che sta davanti a noi, una avventura affascinante nella quale merita spendersi". Benedetto XVI disegna una Italia che ha "profondamente bisogno" della testimonianza cristiana, perché colpita "da una nuova ondata di illuminismo e laicismo", con "Dio che rimane escluso dalla vita pubblica" e sembra "divenuto superfluo ed estraneo".

    La cultura, osserva, dal suo punto di partenza che era "una rivendicazione della centralità dell'uomo e della sua libertà", ha operato un "autentico capovolgimento" con una "radicale riduzione dell'uomo, considerato un semplice prodotto della natura, come tale non realmente libero e di per sé suscettibile di essere trattato come ogni altro animale". Ma in Italia, ha osservato Benedetto XVI, c'é anche un "terreno favorevole" per la testimonianza dei cristiani, per la "presenza capillare della Chiesa in mezzo alla gente", per le tradizioni cristiane ancora radicate", per il "grande sforzo di evangelizzazione".

    "NON SPETTA ALLA CHIESA AGIRE IN AMBITO POLITICO" "Il compito immediato di agire in ambito politico per costruire un giusto ordine nella società non è della Chiesa come tale, ma dei fedeli laici, che operano come cittadini sotto propria responsabilità", ha detto il Papa. "Si tratta - ha aggiunto Benedetto XVI - di un compito della più grande importanza, al quale i cristiani laici italiani sono chiamati a dedicarsi con generosità e con coraggo, illuminati dalla fede e dal magistero della Chiesa e animati dalla carità di Cristo".

    "PREGIUDIZI INGIUSTIFICABILI CONTRO SCUOLA CATTOLICA"Il Papa rimarca che la "scuola cattolica", che pure svolge un imporntante ruolo nella educazione e formazione, è vittima in Italia di "antichi pregiudizi, che generano ritardi dannosi e ormai non più giustificabili nel riconoscerne la funzione e nel permetterne in concreto l'attività". Benedetto XVI lo ha detto nel suo discorso al quarto convegno della Chiesa italiana, a Verona. (ANSA).

    "NO AI PACS E ALLE LEGGI CONTRO VITA UMANA" Di fronte al "rischio" di leggi e scelte che contraddicano i "principi atropologici ed etici" il Papa chiede che non si introducano "nell'ordinamento pubblico altre forme di unione che contribuirebbero a destabilizzare" la famiglia fondata sul matrimonio, e raccomanda la "tutela della vita umana in tutte le sue fasi, dal concepimento alla morte naturale". Lo ha detto al convegno nazionale della Chiesa italiana.

    Il tema della famiglia fondata sul matrimonio è stato toccato dal Papa anche in un passaggio sulla necessità di "risvegliare il coraggio delle scelte definitive". "Da questa sollecitudine per la persona umana e la sua formazione - ha detto - vengono i nostri 'no' a forme deboli e deviate di amore e alle contraffazioni della libertà, come anche alla riduzione della ragione soltanto a ciò che è calcolabile e manipolabile". A proposito di formazione ed educazione Benedetto XVI ha anche criticato gli "antichi pregiudizi" talvolta rivolti contro la scuola cattolica, che, ha rimarcato, "generano ritardi dannosi, e ormai non più giustificabili, nel riconoscerne la funzione e nel permetterne in concreto l'attività".

    APPLAUSI PER 3 MINUTI E MEZZO DOPO UN'ORA E 15 DI DISCORSO Venti pagine, oltre un'ora e un quarto di lettura del testo, applausi alle citazioni di Paolo VI e di papa Wojtyla e applausi ripetuti per le parti relative al ruolo politico dei laici e al 'no' a leggi e scelte contrarie alla famiglia fondata sul matrimonio, la scuola e contro la vita. E un applauso finale di tre minuti e mezzo - interrotto dal Papa per recitare l'Angelus -, da parte della assemblea levatasi in piedi. Si è snodato così, a Verona, il primo discorso di Benedetto XVI a un convegno nazionale della Chiesa italiana.

    RUINI: IL LEGAME CON IL PAPA E' CEMENTO CHIESA Il "legame" tra la Chiesa italiana e il Papa è "come un cemento tenace che - ha detto il cardinale Camillo Ruini nel suo saluto a Benedetto XVI - ci tiene uniti tra noi, come una guida sicura e illuminante per la nostra testimonianza apostolica". Il presidente dei vescovi, di fronte alla assemblea che rappresenta tutta la Chiesa italiana, ha quindi assicurato al Papa che l'uditorio di Verona ascolterà e accoglierà le parole papali "con totale apertura di mente e di cuore e - ha aggiunto - cercheremo di metterle a frutto nel cammino che la Chiesa italiana è chiamata a percorrere". In un passaggio precedente il porporato ha sottolineato il 'legame di comunione e di ammirazione, di affetto profondo, la gratitudine del cuore, la convinta adesione al Suo insegnamento'' che uniscono la Chiesa italiana al Pontefice. Dopo il saluto del cardinale Ruini ci sarà una breve presentazione al Papa dei lavori del convegno, affidata a Giovanna Ghirlanda.

    FIORONI, E' MOMENTO DI GRANDE RIFLESSIONE "E' un momento di grande riflessione per il governo. La presenza del Santo Padre per il convegno della Chiesa italiana è anche un momento di attenzione perché indubbiamente il comune sentire del nostro Paese trova una forte condivisione e appartenenza nei valori e dei principi oggetto in questi giorni dei lavori del convegno di Verona". Lo ha detto il ministro dela Pubblica istruzione Giuseppe Fioroni all'aeroporto militare della base aerea di Villafranca.

    "Il messaggio del Santo Padre oggi darà ulteriore memento di stimolo e di approfondimento. Credo - ha proseguito Fioroni - che la laicità dello Stato si fonda essenzialmente sulla reciproca autonomia di scelte e di decisioni ma l'aspetto fondamentale è quello della capacità di saper ascoltare e meditare". Per Fioroni "il primo convegno del terzo millennio della Chiesa italiana e la parola di Benedetto XVI sapranno rivolgersi alle coscienze dei credenti, avendo ciascuno di noi la consapevolezza che sono comunque messaggi universali".


    Sempre a fianco di Benedetto XVI.
    Francesca


  • Francesca.Pisa
    00 19/10/2006 13:07
    il tg-com
    Papa: no a unioni fuori matrimonio
    "In Italia un'ondata di laicismo"
    La famiglia fondata sul matrimonio al centro dell'intervento di Papa Ratzinger al Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona. Il Pontefice ha invitato i cattolici a promuovere "la famiglia fondata sul matrimonio, evitando di introdurre nell'ordinamento pubblico altre forme di unione che contribuirebbero a destabilizzarla". Il Papa ha poi denunciato l'esistenza in Italia di "una nuova ondata di illuminismo e di laicismo".


    Il primo discorso di Benedetto XVI a un convegno nazionale della Chiesa italiana è stato caratterizzato da venti pagine, oltre un'ora e un quarto di lettura del testo, applausi alle citazioni di Paolo VI e di papa Wojtyla e applausi ripetuti per le parti relative al ruolo politico dei laici e al "no" a leggi e scelte contrarie alla famiglia fondata sul matrimonio, la scuola e contro la vita. E un applauso finale di tre minuti e mezzo, interrotto dal Papa per recitare l'Angelus, da parte dell'assemblea levatasi in piedi.

    "No a forme che destabilizzano la famiglia"
    "I cattolici italiani debbono fronteggiare, con determinazione e chiarezza di intenti, il rischio di scelte politiche e legislative che contraddicano fondamentali valori e principi antropologici ed etici radicati nella natura dell'essere umano, in particolare riguardo alla tutela della vita umana in tutte le sue fasi, dal concepimento alla morte naturale, e alla promozione della famiglia fondata sul matrimonio, evitando di introdurre nell'ordinamento pubblico altre forme di unione che contribuirebbero a destabilizzarla, oscurando il suo carattere peculiare e il suo insostituibile ruolo sociale". "Dalla sollecitudine della Chiesa per la persona umana e la sua formazione vengono i nostri no a forme deboli e deviate di amore e alle contraffazioni della libertà, come anche alla riduzione della ragione soltanto a ciò che è calcolabile e manipolabile. In verità questi no sono piuttosto dei sì all'amore autentico, alla realtà dell'uomo come è stato creato da Dio. Voglio esprimere qui tutto il mio apprezzamento per il grande lavoro formativo ed educativo che le singole Chiese non si stancano di svolgere in Italia, per la loro attenzione pastorale alle nuove generazioni e alle famiglie".


    "In Italia ondata di laicismo"
    "L'Italia di oggi si presenta a noi come un terreno profondamente bisognoso e al contempo molto favorevole per la testimonianza. L'esistenza di una nuova ondata di illuminismo e di laicismo, per la quale sarebbe razionalmente valido soltanto ciò che è sperimentabile e calcolabile, mentre sul piano della prassi la libertà individuale viene eretta a valore fondamentale al quale tutti gli altri dovrebbero sottostare". "Così Dio rimane escluso dalla cultura e dalla vita pubblica, e la fede in Lui diventa piu' difficile, anche perché viviamo in un mondo che si presenta quasi sempre come opera nostra, nel quale, per cosi' dire, Dio non compare più direttamente, sembra divenuto superfluo ed estraneo".


    "Fede in Gesù orienti il nostro tempo"
    "Mi è grato ricordare con voi i Servi di Dio Paolo VI, che volle il I Convegno nell'ormai lontano 1976, e Giovanni Paolo II, con i suoi fondamentali interventi ai Convegni di Loreto e di Palermo, che hanno rafforzato nella Chiesa italiana la fiducia di poter operare affinché la fede in Gesù Cristo continui ad offrire, anche agli uomini e alle donne del nostro tempo, il senso e l'orientamento dell'esistenza ed abbia così un ruolo-guida e un'efficacia trainante nel cammino della Nazione verso il suo futuro".


    "Mantenere salda la fede nel popolo italiano"
    "Il Convegno rappresenta una nuova tappa di un cammino proteso all'evangelizzazione, per mantenere viva e salda la fede nel popolo italiano; una tenace testimonianza, dunque, di amore per l'Italia e di operosa sollecitudine per il bene dei suoi figli". "Nello stesso spirito sono venuto a Verona, per pregare il Signore con voi, condividere, sia pure brevemente, il vostro lavoro di queste giornate e proporvi una mia riflessione su quel che appare davvero importante per la presenza cristiana in Italia. Avete compiuto una scelta assai felice ponendo Gesù Cristo risorto al centro dell'attenzione del Convegno e di tutta la vita e la testimonianza della Chiesa in Italia".


    "La Chiesa non è agente politico"
    "La Chiesa non e' e non intende essere un agente politico. Nello stesso tempo ha un interesse profondo per il bene della comunità politica, la cui anima è la giustizia, e le offre a un duplice livello il suo contributo specifico". "La Chiesa contribuisce a far sì che ciò che è giusto possa essere efficacemente riconosciuto e poi anche realizzato. A tal fine sono chiaramente indispensabili le energie morali e spirituali che consentano di anteporre le esigenze della giustizia agli interessi personali, o di una categoria sociale, o anche di uno Stato: qui di nuovo c'è per la Chiesa uno spazio assai ampio, per radicare queste energie nelle coscienze, alimentarle e irrobustirle".


    "Troppi attacchi a scuola cattolica"
    "Tra le molteplici forme di questo impegno non posso non ricordare, in particolare, la scuola cattolica, perché nei suoi confronti sussistono ancora, in qualche misura, antichi pregiudizi, che generano ritardi dannosi, e ormai non piu' giustificabili, nel riconoscerne la funzione e nel permetterne in concreto l'attività".

    "Chiesa italiana modello di solidarietà"
    "La Chiesa in Italia ha una grande tradizione di vicinanza, aiuto e solidarietà verso i bisognosi, gli ammalati, gli emarginati, che trova la sua espressione più alta in una serie meravigliosa di 'Santi della carità". "Questa tradizione continua anche oggi e si fa carico delle molte forme di nuove povertà, morali e materiali, attraverso la Caritas, il volontariato sociale, l'opera spesso nascosta di tante parrocchie, comunità religiose, associazioni e gruppi, singole persone mosse dall'amore di Cristo e dei fratelli. La Chiesa in Italia, inoltre dà prova di una straordinaria solidarietà verso le sterminate moltitudini dei poveri della terra".

    Sempre a fianco di Benedetto XVI.
    Francesca

  • Francesca.Pisa
    00 19/10/2006 13:08
    Ap-com

    Il Papa: "La Chiesa non fa politica"


    Verona, 19 ott. (Apcom) - "La Chiesa non è e non intende essere un agente politico. Nello stesso tempo ha un interesse profondo per il bene della comunità politica, la cui anima è la giustizia, e le offre a un duplice livello il suo contributo specifico". E' quanto ha sottolineato il Papa intervenendo al IV Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona, entrando nel merito delle "Responsabilità civili e politiche dei cattolici".
    "La Chiesa - ha aggiunto il Pontefice - contribuisce a far sì che ciò che è giusto possa essere efficacemente riconosciuto e poi anche realizzato". Per questo, "sono chiaramente indispensabili le energie morali e spirituali che consentano di anteporre le esigenze della giustizia agli interessi personali, o di una categoria sociale, o anche di uno Stato: qui di nuovo c'è per la Chiesa uno spazio assai ampio - ha ribadito Benedetto XVI - per radicare queste energie nelle coscienze, alimentarle e irrobustirle".
    Ma il Papa, oggi, è voluto intervenire con forza anche sul versante della famiglia. Bisogna "frontegiare" il "rischio di scelte politiche e legislative" che mettano in discussione la tutela della vita e della famiglia fondata sul matrimonio religioso, ha detto Benedetto XVI. "Una speciale attenzione e uno straordinario impegno sono richiesti oggi da quelle grandi sfide nelle quali vaste porzioni della famiglia umana sono maggiormente in pericolo: le guerre e il terrorismo, la fame e la sete, alcune terribili epidemie", ha detto Benedetto XVI. "Ma occorre anche - ha aggiunto - fronteggiare, con pari determinazione e chiarezza di intenti, il rischio di scelte politiche e legislative che contraddicano fondamentali valori e principi antropologici ed etici radicati nella natura dell'essere umano, in particolare riguardo alla tutela della vita umana in tutte le sue fasi, dal concepimento alla morte naturale, e alla promozione della famiglia fondata sul matrimonio, evitando di introdurre nell'ordinamento pubblico altre forme di unione che contribuirebbero a destabilizzarla, oscurando il suo carattere peculiare e il suo insostituibile ruolo sociale".
    In questo, ha proseguito Papa Ratzinger "la testimonianza aperta e coraggiosa che la Chiesa e i cattolici italiani hanno dato e stanno dando a questo riguardo sono un servizio prezioso all'Italia, utile e stimolante anche per molte altre Nazioni". Benedetto XVI ha anche sottolineato che "la Chiesa non è e non intende essere un agente politico" ed ha sottolineato il ruolo dei "laici cristiani".


    Sempre a fianco di Benedetto XVI.
    Francesca


  • Francesca.Pisa
    00 19/10/2006 13:09
    E questa e' Asia news
    19 Ottobre 2006
    VATICANO
    Papa: aprire al giusto e al bene la cultura occidentale, che ha escluso Dio

    Di fronte alla nuova ondata di illuminismo e laicismo, Benedetto XVI chiede ai cattolici di accogliere i frutti positivi della società moderna, cercando di farle accettare le domande sul senso della vita e sul bisogno di amare ed essere amati. Scuola, carità e politica i campi nei quali dare contenuti concreti alla testimonianza cristiana.

    Verona (AsiaNews) - Di fronte ad una cultura occidentale colpita da “una nuova ondata di illuminismo e di laicismo” che considera razionalmente valido solo ciò che è sperimentabile ed eticamente accettabile tutto ciò che è utile, i cattolici hanno il compito di aprire la razionalità al giusto e al bene, affrontando le sfide che il nostro tempo propone alla fede. Questo compito, “avventura affascinante nella quale merita spendersi” è la proposta di Benedetto XVI per ridare anima ad una cultura occidentale che, partita da “una rivendicazione della centralità dell'uomo e della sua libertà”, ha finito con operare un “autentico capovolgimento”, con una “radicale riduzione dell'uomo, considerato un semplice prodotto della natura, come tale non realmente libero e di per sé suscettibile di essere trattato come ogni altro animale”.

    Nel lungo discorso che ha rivolto ai partecipanti al quarto Convegno nazionale della Chiesa italiana, che si svolge a Verona, dove si è recato oggi, il Papa è tornato ad affrontare il rapporto tra cultura moderna e cristianesimo, e quindi tra fede e ragione, che era stato al centro dei suoi discorsi nel viaggio di settembre in Germania. Benedetto XVI ha nuovamente evidenziato che nella società contemporanea, “Dio rimane escluso dalla cultura e dalla vita pubblica, e la fede in Lui diventa più difficile, anche perché viviamo in un mondo che si presenta quasi sempre come opera nostra, nel quale, per così dire, Dio non compare più direttamente, sembra divenuto superfluo ed estraneo”. “Nella medesima linea, l’etica viene ricondotta entro i confini del relativismo e dell’utilitarismo, con l’esclusione di ogni principio morale che sia valido e vincolante per se stesso”. Questo tipo di cultura non è solo “un taglio radicale e profondo” con il cristianesimo, ma “più in generale con le tradizioni religiose e morali dell’umanità”: non in grado quindi di “instaurare un vero dialogo con le altre culture, nelle quali la dimensione religiosa è fortemente presente, oltre a non poter rispondere alle domande fondamentali sul senso e sulla direzione della nostra vita. Perciò questa cultura è contrassegnata da una profonda carenza, ma anche da un grande e inutilmente nascosto bisogno di speranza”.

    Di questa cultura, che avverte anche l’insufficienza di una “razionalità chiusa in se stessa” che rifiuta la trascendenza e quindi ogni principio morale valido in sé” , “i discepoli di Cristo riconoscono e accolgono volentieri gli autentici valori, come la conoscenza scientifica e lo sviluppo tecnologico, i diritti dell’uomo, la libertà religiosa, la democrazia”. Essi però “non ignorano e non sottovalutano quella pericolosa fragilità della natura umana che è una minaccia per il cammino dell’uomo in ogni contesto storico; in particolare, non trascurano le tensioni interiori e le contraddizioni della nostra epoca”.

    “La persona umana non è, d’altra parte, soltanto ragione e intelligenza. Porta dentro di sé, iscritto nel più profondo del suo essere, il bisogno di amore, di essere amata e di amare a sua volta. Perciò si interroga e spesso si smarrisce di fronte alle durezze della vita, al male che esiste nel mondo e che appare tanto forte e, al contempo, radicalmente privo di senso”. “ Ritorna dunque, insistente, la domanda se nella nostra vita ci possa essere uno spazio sicuro per l’amore autentico e, in ultima analisi, se il mondo sia davvero l’opera della sapienza di Dio. Qui, molto più di ogni ragionamento umano, ci soccorre la novità sconvolgente della rivelazione biblica: il Creatore del cielo e della terra, l’unico Dio che è la sorgente di ogni essere ama personalmente l’uomo, lo ama appassionatamente e vuole essere a sua volta amato da lui”.

    Affermare tale verità rende “indispensabile dare alla testimonianza cristiana contenuti concreti e praticabili, esaminando come essa possa attuarsi e svilupparsi in ciascuno di quei grandi ambiti nei quali si articola l’esperienza umana”.

    Di questa azione “a tutto campo, sul piano del pensiero e dell’azione, dei comportamenti personali e della testimonianza pubblica”, Benedetto XVI ha dato alcune indicazioni. La prima è l’educazione. “Un’educazione vera – ha sottolineato - ha bisogno di risvegliare il coraggio delle decisioni definitive, che oggi vengono considerate un vincolo che mortifica la nostra libertà, ma in realtà sono indispensabili per crescere e raggiungere qualcosa di grande nella vita, in particolare per far maturare l’amore in tutta la sua bellezza: quindi per dare consistenza e significato alla stessa libertà. Da questa sollecitudine per la persona umana e la sua formazione vengono i nostri “no” a forme deboli e deviate di amore e alle contraffazioni della libertà, come anche alla riduzione della ragione soltanto a ciò che è calcolabile e manipolabile. In verità, questi “no” sono piuttosto dei “sì” all’amore autentico, alla realtà dell’uomo come è stato creato da Dio”.

    In secondo luogo serve la testimonianza di carità, perché “l’autenticità della nostra adesione a Cristo si verifica dunque specialmente nell’amore e nella sollecitudine concreta per i più deboli e i più poveri, per chi si trova in maggior pericolo e in più grave difficoltà”.

    Riaffermando l’estraneità della Chiesa in sé alla vita politica, Benedetto XVI ha infine indicato il compito dei laici cattolici “di agire in ambito politico per costruire un giusto ordine nella società”. “Una speciale attenzione e uno straordinario impegno sono richiesti oggi da quelle grandi sfide nelle quali vaste porzioni della famiglia umana sono maggiormente in pericolo: le guerre e il terrorismo, la fame e la sete, alcune terribili epidemie. Ma occorre anche fronteggiare, con pari determinazione e chiarezza di intenti, il rischio di scelte politiche e legislative che contraddicano fondamentali valori e principi antropologici ed etici radicati nella natura dell’essere umano, in particolare riguardo alla tutela della vita umana in tutte le sue fasi, dal concepimento alla morte naturale, e alla promozione della famiglia fondata sul matrimonio, evitando di introdurre nell’ordinamento pubblico altre forme di unione che contribuirebbero a destabilizzarla, oscurando il suo carattere peculiare e il suo insostituibile ruolo sociale”.

    Sempre a fianco di Benedetto XVI.
    Francesca
  • Francesca.Pisa
    00 19/10/2006 13:15
    E questo Affari italiani
    Vaticano/ Il Papa a Verona detta le linee della Chiesa del prossimo decennio
    Giovedí 19.10.2006 12:50


    Introdotto da Giovanna Ghirlanda, della diocesi di Verona, il Papa parla del futuro della Chiesa in Italia nel prossimo decennio. E ringrazia le varie componenti della Chiesa in Italia, presenti "in felice armonia".

    Ma ecco le linee: "La Chiesa non è e non intende essere un agente politico. Nello stesso tempo ha un interesse profondo per il bene della comunità politica, la cui anima è la giustizia, e le offre a un duplice livello il suo contributo specifico". E continua: "La Chiesa contribuisce a far sì che ciò che è giusto possa essere efficacemente riconosciuto e poi anche realizzato. A tal fine sono chiaramente indispensabili le energie morali e spirituali che consentano di anteporre le esigenze della giustizia agli interessi personali, o di una categoria sociale, o anche di uno Stato: qui di nuovo c'è per la Chiesa uno spazio assai ampio, per radicare queste energie nelle coscienze, alimentarle e irrobustirle".

    Secondo Papa Ratzinger, "il compito immediato di agire in ambito politico per costruire un giusto ordine nella società non è dunque della Chiesa come tale, ma dei fedeli laici, che operano come cittadini sotto propria responsabilità: si tratta di un compito della più grande importanza, al quale i cristiani laici italiani sono chiamati a dedicarsi con generosità e con coraggio, illuminati dalla fede e dal magistero della Chiesa e animati dalla carità di Cristo".

    Poi il Papa parla del cattolicesimo italiano. Deve continuare "il cammino di attuazione del Vaticano II, che la Chiesa italiana ha intrapreso fin dagli anni immediatamente successivi al grande Concilio". "La comunità cattolica italiana, inserita nella comunione vivente della Chiesa di ogni luogo e di tutti i tempi, e strettamente unita intorno ai propri Vescovi, porti con rinnovato slancio - è stato l'auspicio del Pontefice - a questa amata Nazione, e in ogni angolo della terra, la gioiosa testimonianza di Gesù risorto, speranza dell'Italia e del mondo".

    Non solo: per il Papa, il Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona rappresenta "una nuova tappa di un cammino proteso all'evangelizzazione, per mantenere viva e salda la fede nel popolo italiano; una tenace testimonianza, dunque, di amore per l'Italia e di operosa sollecitudine per il bene dei suoi figli".

    "Questo cammino - ha ricordato - la Chiesa in Italia lo ha percorso in stretta e costante unione con il Successore di Pietro: mi è grato ricordare con voi i Servi di Dio Paolo VI, che volle il I Convegno nell'ormai lontano 1976, e Giovanni Paolo II, con i suoi fondamentali interventi ai Convegni di Loreto e di Palermo, che hanno rafforzato nella Chiesa italiana la fiducia di poter operare affinché la fede in Gesù Cristo continui ad offrire, anche agli uomini e alle donne del nostro tempo, il senso e l'orientamento dell'esistenza ed abbia così "un ruolo-guida e un'efficacia trainante" nel cammino della Nazione verso il suo futuro. Nello stesso spirito - ha sottolineato ancora il Pontefice - sono venuto oggi a Verona, per pregare il Signore con voi, condividere, sia pure brevemente, il vostro lavoro di queste giornate e proporvi una mia riflessione su quel che appare davvero importante per la presenza cristiana in Italia. Avete compiuto una scelta assai felice ponendo Gesù Cristo risorto al centro dell'attenzione del Convegno e di tutta la vita e la testimonianza della Chiesa in Italia".

    In questo, dunque, i cattolici italiani debbono "fronteggiare, con determinazione e chiarezza di intenti, il rischio di scelte politiche e legislative che contraddicano fondamentali valori e principi antropologici ed etici radicati nella natura dell'essere umano, in particolare riguardo alla tutela della vita umana in tutte le sue fasi, dal concepimento alla morte naturale, e alla promozione della famiglia fondata sul matrimonio, evitando di introdurre nell'ordinamento pubblico altre forme di unione che contribuirebbero a destabilizzarla, oscurando il suo carattere peculiare e il suo insostituibile ruolo sociale".

    Benedetto XVI precisa anche: "La testimonianza aperta e coraggiosa che la Chiesa e i cattolici italiani hanno dato e stanno dando a questo riguardo - ha detto - sono un servizio prezioso all'Italia, utile e stimolante anche per molte altre Nazioni. Questo impegno e questa testimonianza fanno certamente parte di quel grande sì che come credenti in Cristo diciamo all'uomo amato da Dio". Dalla sollecitudine della Chiesa "per la persona umana e la sua formazione - ha spiegato Benedetto XVI - vengono i nostri no a forme deboli e deviate di amore e alle contraffazioni della libertà, come anche alla riduzione della ragione soltanto a ciò che è calcolabile e manipolabile. In verità - ha aggiunto - questi no sono piuttosto dei sì all'amore autentico, alla realtà dell'uomo come è stato creato da Dio. Voglio esprimere qui tutto il mio apprezzamento per il grande lavoro formativo ed educativo che le singole Chiese non si stancano di svolgere in Italia, per la loro attenzione pastorale alle nuove generazioni e alle famiglie".
    cattolici italiani, però, dice il Papa, debbono "aprirsi con fiducia a nuovi rapporti, non trascurare alcuna delle energie che possono contribuire alla crescita culturale e morale dell'Italia".

    Per il Pontefice i credenti, "con povere risorse, ma con la forza che viene dallo Spirito Santo" debbono dare "risposte positive e convincenti alle attese e agli interrogativi della nostra gente: se sapremo farlo - ha affermato Ratzinger - la Chiesa in Italia renderà un grande servizio non solo a questa Nazione, ma anche all'Europa e al mondo, perché è presente ovunque l'insidia del secolarismo e altrettanto universale è la necessità di una fede vissuta in rapporto alle sfide del nostro tempo".

    Per Ratzinger è centrale l'impegno per le nuove generazioni: "una questione fondamentale e decisiva - ha affermato al Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona - è quella dell'educazione della persona". "Tra le molteplici forme di questo impegno - ha aggiunto - non posso non ricordare, in particolare, la scuola cattolica, perché nei suoi confronti sussistono ancora, in qualche misura, antichi pregiudizi, che generano ritardi dannosi, e ormai non piu' giustificabili, nel riconoscerne la funzione e nel permetterne in concreto l'attivita'".

    Questo perché "L'Italia di oggi si presenta a noi come un terreno profondamente bisognoso e al contempo molto favorevole per la testimonianza". Benedetto XVI che denuncia l'esistenza di "una nuova ondata di illuminismo e di laicismo, per la quale sarebbe razionalmente valido soltanto ciò che è sperimentabile e calcolabile, mentre sul piano della prassi la libertà individuale viene eretta a valore fondamentale al quale tutti gli altri dovrebbero sottostare".

    L'Italia infatti, ha continuato il Papa, "partecipa di quella cultura che predomina in Occidente e che vorrebbe porsi come universale e autosufficiente, generando un nuovo costume di vita". "Così - ha osservato Ratzinger - Dio rimane escluso dalla cultura e dalla vita pubblica, e la fede in Lui diventa piu' difficile, anche perché viviamo in un mondo che si presenta quasi sempre come opera nostra, nel quale, per così dire, Dio non compare più direttamente, sembra divenuto superfluo ed estraneo". "In stretto rapporto con tutto questo ha spiegato il Pontefice - ha luogo una radicale riduzione dell'uomo, considerato un semplice prodotto della natura, come tale non realmente libero e di per sé suscettibile di essere trattato come ogni altro animale. Si ha così un autentico capovolgimento del punto di partenza di questa cultura, che era una rivendicazione della centralita' dell'uomo e della sua libertà".

    Nella medesima linea, ha rilevato Papa Ratzinger, "l'etica viene ricondotta entro i confini del relativismo e dell'utilitarismo, con l'esclusione di ogni principio morale che sia valido e vincolante per se stesso". "Non è difficile - ha affermato Benedetto XVI - vedere come questo tipo di cultura rappresenti un taglio radicale e profondo non solo con il cristianesimo ma piu' in generale con le tradizioni religiose e morali dell'umanità: non sia quindi in grado di instaurare un vero dialogo con le altre culture, nelle quali la dimensione religiosa è fortemente presente, oltre a non poter rispondere alle domande fondamentali sul senso e sulla direzione della nostra vita. Perciò questa cultura - ha concluso - è contrassegnata da una profonda carenza, ma anche da un grande e inutilmente nascosto bisogno di speranza".

    Sempre a fianco di Benedetto XVI,
    Francesca





  • Francesca.Pisa
    00 19/10/2006 13:18
    Infine Alice news

    PAPA: CHIESA NON FA POLITICA, VUOLE IL BENE DELLA COMUNITA'
    19-10-2006 12:13

    Verona, 19 ott. (Apcom) - "La Chiesa non è e non intende essere un agente politico. Nello stesso tempo ha un interesse profondo per il bene della comunità politica, la cui anima è la giustizia, e le offre a un duplice livello il suo contributo specifico". E' quanto ha sottolineato il Papa intervenendo al IV Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona, entrando nel merito delle "Responsabilità civili e politiche dei cattolici".

    "La Chiesa - ha aggiunto il Pontefice - contribuisce a far sì che ciò che è giusto possa essere efficacemente riconosciuto e poi anche realizzato". Per questo, "sono chiaramente indispensabili le energie morali e spirituali che consentano di anteporre le esigenze della giustizia agli interessi personali, o di una categoria sociale, o anche di uno Stato: qui di nuovo c'è per la Chiesa uno spazio assai ampio - ha ribadito Benedetto XVI - per radicare queste energie nelle coscienze, alimentarle e irrobustirle".

    Ma il Papa, oggi, è voluto intervenire con forza anche sul versante della famiglia. Bisogna "fronteggiare" il "rischio di scelte politiche e legislative" che mettano in discussione la tutela della vita e della famiglia fondata sul matrimonio religioso, ha detto Benedetto XVI. "Occorre anche - ha aggiunto - fronteggiare, con pari determinazione e chiarezza di intenti, il rischio di scelte politiche e legislative che contraddicano fondamentali valori e principi antropologici ed etici radicati nella natura dell'essere umano, in particolare riguardo alla tutela della vita umana in tutte le sue fasi, dal concepimento alla morte naturale, e alla promozione della famiglia fondata sul matrimonio, evitando di introdurre nell'ordinamento pubblico altre forme di unione che contribuirebbero a destabilizzarla, oscurando il suo carattere peculiare e il suo insostituibile ruolo sociale".

    In questo, ha proseguito Papa Ratzinger "la testimonianza aperta e coraggiosa che la Chiesa e i cattolici italiani hanno dato e stanno dando a questo riguardo sono un servizio prezioso all'Italia, utile e stimolante anche per molte altre Nazioni". Benedetto XVI ha anche sottolineato che "la Chiesa non è e non intende essere un agente politico" ed ha sottolineato il ruolo dei "laici cristiani".

    Sempre a fianco di Benedetto XVI.
    Francesca

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    Ratzigirl
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    Utente Master
    00 19/10/2006 18:50
    Considerazioni sul convegno di Verona



    Oggi a Verona tornano a incontrarsi idealmente due tra i massimi teologi del '900: Romano Guardini e Joseph Ratzinger

    Nell'Arena dei destini incrociati

    Di Silvano Zucal

    Nel viaggio di Benedetto XVI a Verona c'è un aspetto particolare, anzi un «incontro» particolare. Non si può infatti dimenticare che Verona è la città che nel 1885 ha dato i natali a Romano Guardini. C'è - si potrebbe dire - un singolare incrocio di destini tra Guardini e Joseph Ratzinger. Guardini se ne andrà fin dalla primissima infanzia dall'Italia e diventerà «tedesco» per formazione intellettuale e spirituale. Dopo gli anni dell'insegnamento a Berlino dal 1923 al 1939, nel secondo dopoguerra, dopo i tre anni di docenza a Tubinga dal 1945 al 1948, egli insegnerà «visione cristiana del mondo» a Monaco di Baviera. La città elettiva di Guardini è quindi Monaco, dove morirà nel 1968. Ratzinger compirà il cammino inverso. Dopo l'insegnamento di dogmatica presso la Scuola superiore di Frisinga, egli continua l'attività a Bonn (1959-1969), città della formazione e degli esordi di Guardini, a Münster (1963-1966) e infine a Tubinga per un triennio (1966-1969), come lo stesso Guardini. Il 25 marzo 1977 Paolo VI lo nominerà arcivescovo di Monaco e Frisinga: come per Guardini, Monaco sembrava per Ratzinger la tappa definitiva. Ma le due strade si divaricano. Se il filosofo veronese sarà chiamato per sempre al Nord, il teologo tedesco vedrà invece il Sud come destino. Roma e l'Italia diventeranno la sua definitiva «patria» spirituale. Al di là di questi itinerari insieme incrociati e opposti, queste due figure straordinarie hanno modo di incontrarsi anche personalmente. Ratzinger è non solo lettore di Guardini ma anche in qualche occasione «uditore». Negli anni dal 1946 al 1951, proprio gli stessi in cui Ratzinger studiava filosofia e teologia a Frisinga, nelle vicinanze della capitale bavarese, e poi a Monaco, Guardini assume in quella stessa città e nella Chiesa locale il ruolo di leadership intellettuale e spirituale che tutti gli riconoscono. Per Ratzinger, allora poco più che ventenne, il fascino di una figura come quella di Guardini è indiscutibile e ne segnerà fortem ente il profilo intellettuale. Il rapporto tra il futuro Papa e il «maestro» Guardini è intenso. Sono infatti molteplici gli elementi che accomunano i due pensatori, figure decisive della Chiesa del Novecento. Anzitutto l'inserimento di entrambi, fin dagli esordi, nella tradizione agostiniana e in quella francescana e bonaventuriana. Se Guardini scriverà su Bonaventura la sua dissertazione e la tesi per l'abilitazione universitaria, Ratzinger nel 1957 proporrà per la libera docenza un lavoro su La teologia della storia di san Bonaventura. Guardini scriverà i suoi lavori magistrali su Agostino, mentre Ratzinger dedicherà ad Agostino nel 1953 la sua laurea in teologia Popolo e casa di Dio nella dottrina della Chiesa di sant'Agostino. Entrambi sono preoccupati di ritrovare l'essenziale del cristianesimo. Su questo Guardini scriverà nel 1938 la splendida L'essenza del cristianesimo, mentre Ratzinger dedicherà al tema la sua Introduzione al cristianesimo scritta nel 1968, indubbiamente la sua opera più celebre ed anche importante. Egualmente li accomuna la preoccupazione per la Chiesa, il suo senso e il suo destino. Se Guardini profetizzava il «ritorno della Chiesa nelle anime», in modo più drammatico Ratzinger pronuncia un accorato intervento all'Accademia cattolica bavarese su «Perché io sono ancora nella Chiesa?». Analoga anche la preoccupazione per il futuro dell'Europa che tende a ripudiare il suo passato. Basti pensare alle lezioni sull'Europa di Guardini e agli interventi anche recenti del Pontefice, che anche nel nome papale ha voluto ricordare il senso dell'Europa e delle sue radici. Non è questo lo spazio per illustrare più ampiamente la convergenza tra l'attuale papa e il pensatore Guardini che la sua biografa, Hanna Barbara Gerl, ama a ragione definire il grande «padre della Chiesa del XX secolo». Ci si può limitare a un solo aspetto, peraltro cruciale: la comune passione per la liturgia. Per chiarire il suo debit o nei confronti di Guardini, Ratzinger titolò il suo testo del 1999 Introduzione allo spirito della liturgia, proprio ricordando il celebre Lo spirito della liturgia di Guardini uscito nel 1918. Scrive lo stesso Ratzinger nella Premessa a quel testo: «Una delle mie prime letture dopo l'inizio degli studi teologici, al principio del 1946, fu l'opera prima di Romano Guardini. Quest'opera può a buon diritto essere ritenuta l'avvio del movimento liturgico in Germania. Essa contribuì in maniera decisiva a far sì che la liturgia, con la sua bellezza, la sua ricchezza nascosta e la sua grandezza che travalica il tempo, venisse nuovamente riscoperta come centro vitale della Chiesa e della vita cristiana. Essa diede il suo contributo perché si celebrasse la liturgia in maniera "essenziale" (termine assai caro a Guardini); la si voleva comprendere a partire dalla sua natura e dalla sua forma interiori, come preghiera ispirata e guidata dallo stesso Spirito Santo, in cui Cristo continua a divenire a noi contemporaneo, a fare irruzione nella nostra vita». E il confronto prosegue. Ratzinger paragona il proprio intento a quello di Guardini e lo ritiene del tutto coincidente nello spirito anche se in un contesto storico radicalmente diverso: «Vorrei arrischiare un paragone, che come tutti i paragoni è in gran parte inadeguato, ma che aiuta a capire. Si potrebbe dire che la liturgia era allora - nel 1918 - per certi aspetti, simile a un affresco che si era conservato intatto, ma che era quasi coperto da un intonaco successivo: nel messale, con cui il sacerdote la celebrava, la sua forma era pienamente presente, così come si era sviluppata dalle origini, ma per i credenti essa era ampiamente nascosta da istruzioni e forme di preghiera di carattere privato. Grazie al movimento liturgico e - in maniera definitiva - grazie al concilio Vaticano II, l'affresco fu riportato alla luce e per un momento restammo tutti affascinati dalla bellezza dei suoi colori e delle sue figure». In tale fecondo intreccio di rapporti intellettuali e di destini spirituali, non sorprende che l'allora cardinale Ratzinger abbia accettato di partecipare al Comitato d'onore dell'Opera Omnia di Guardini che l'editrice Morcelliana (in collaborazione scientifica con la Katholische Akademie di Monaco) sta pubblicando e di cui sono già usciti i primi due volumi.
  • ratzi.lella
    00 20/10/2006 08:17
    il caro politi...
    "Battere l´ondata di laicismo"

    Il Papa: la Chiesa non fa politica. Nuovo no ai Pacs

    A Verona oltre tre minuti di ovazione per Ratzinger, che chiama l´Italia cattolica ad un ruolo guida
    Sì all´alleanza con i teocon "per contribuire alla crescita morale". L´amore gay "debole e deviato"
    gli atei Anche tra chi non crede c´è chi avverte il rischio di staccarsi dalle radici cristiane della civiltà



    di MARCO POLITI

    VERONA - Tre minuti e mezzo di ovazione finale, più di quaranta applausi a punteggiare un discorso di un´ora e un quarto. Dall´incontro con i duemilasettecento partecipanti al convegno ecclesiale di Verona, papa Ratzinger esce col sigillo di una popolarità crescente. L´Italia e la sua Chiesa hanno nella visione del pontefice tedesco il ruolo di trincea contro le minacce del secolarismo e di riscossa per restituire alla fede cristiana «piena cittadinanza» nella società. Il cattolicesimo italiano così capillare e popolare, proclama il Papa, sia di esempio alle altre nazioni in Europa e nel mondo come segno di una Chiesa «forza mite», amica della ragione e capace di prendersi cura delle sofferenze materiali e spirituali degli uomini di oggi. Joseph Ratzinger lo vuole e lo ribadisce: il cattolicesimo deve continuare ad avere - secondo un´immagine di Wojtyla - un «ruolo-guida» nel cammino della nazione italiana.
    E´ vasto come un´enciclica il discorso di venti pagine, che Benedetto XVI rivolge in mattinata agli stati generali della Chiesa, riuniti in un capannone un po´ triste della Fiera di Verona. Gli applausi a scacchiera, di varia intensità e spesso espressioni di singole parti della platea, rivelano che ciascuna frazione del popolo cattolico si sceglie il boccone che piace di più. Parte con una descrizione cupa dell´Occidente in preda a una «nuova ondata di illuminismo e laicismo» la piccola enciclica di papa Ratzinger. Il panorama è negativo. Dio, così descrive il Papa, rimane «escluso dalla cultura e dalla vita pubblica», Dio sembra diventato superfluo ed estraneo. L´uomo - la colpa è ancora della mentalità dominante - è considerato un semplice prodotto della natura e quindi «non realmente libero e di per sé suscettibile di essere trattato come ogni altro animale». In campo etico prevalgono relativismo e utilitarismo. Di più, la cultura diffusa in Occidente non fornisce senso alla vita né può dialogare con le altre culture del pianeta, in cui la dimensione religiosa è assai presente.
    Nasce da qui una precisa indicazione politica, che il Papa cala sull´assemblea. Rafforzare i rapporti con l´area teocon. «Molti e importanti uomini di cultura - scandisce il pontefice - anche tra coloro che non condividono o almeno non praticano la nostra fede» avvertono il «rischio di staccarsi dalle radici cristiane della nostra civiltà». La Chiesa e i cattolici italiani sono chiamati a cogliere questa «grande opportunità». Nessuno si chiuda in un ripiegamento rinunciatario, al contrario «occorre aprirsi con fiducia a nuovi rapporti e non trascurare alcuna delle energie che possono contribuire alla crescita culturale e morale dell´Italia». L´importante è opporsi alle onnipresenti insidie del secolarismo. Su questo sfondo, intriso di pessimismo per la modernità, Benedetto XVI evoca tuttavia un´immagine di cristianesimo portatore di gioia, una fede di «amore, perdono, servizio e non-violenza», un cattolicesimo che apprezza sviluppo scientifico, diritti dell´uomo, libertà religiosa, democrazia. I «no» enunciati dalla Chiesa, afferma, vanno visti come «sì» nel segno di un amore verso l´uomo.
    Assiste radioso alla predica papale il presidente della Cei, cardinale Ruini, la cui linea viene riconfermata pubblicamente. Ascolta attento il cardinale Tettamanzi, presidente del convegno, che sui teocon la pensa in modo esattamente opposto. E viene il momento in cui Benedetto XVI affronta uno dei nodi del quarto convegno ecclesiale. La politica. «La Chiesa - dichiara - non è e non intende essere un agente politico», pur se interessata al bene comune della società. Costruire un giusto ordine sociale è invece compito dei «fedeli laici, che operano come cittadini sotto la propria responsabilità». Ratzinger invita i cattolici a impegnarsi in politica, ma traccia subito anche il solco: oltre a contrastare guerre, terrorismo, fame, sete, i cattolici italiani sono esortati a opporsi a «scelte politiche che contraddicono valori fondamentali» come quello della vita. I veti sono quelli soliti: no alle unioni di fatto, no al riconoscimento delle coppie omosessuali definite duramente «forme deboli e deviate di amore». E torna la richiesta perentoria di garantire la scuola cattolica: in parole povere finanziarla con i soldi dello Stato. Ratzinger chiude con un ultimo avvertimento: guardarsi dalla «secolarizzazione interna» che insidia la Chiesa. Un monito contro chi non condivide.

    (da "repubblica" del 20 ottobre 2006)


    strano che politi sia stato cosi' "tenero": sicuramente domani rimediera' con i suoi soli toni...
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    -danich-
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    Utente Junior
    00 20/10/2006 11:21
    Da Libero


    Bacchettata a Tettamanzi E non soltanto a lui di ANTONIO SOCCI



    Benedetto XVI giganteggia su un ceto clericale che fa letteralmente cadere le braccia (e non solo). Ieri, al convegno della Chiesa italiana che si svolge a Verona, con un altro splendido intervento il Pontefice ha riportato la Barca di Pietro sulla rotta giusta. Da buon padre non ha attaccato nessuno, ma le "correzioni" che ha fatto sono tante e poderose. Allora i nomi li faremo noi.

    La prima salutare correzione è verso l'incredibile cardinale Tettamanzi. Inaugurando il convegno di Verona, il prelato milanese ha fatto un intervento che il Corriere della Sera ha titolato così: "Tettamanzi ai teocon: basta con la fede a parole"". La sua frase centrale è questa: «È meglio essere cristiano senza dirlo che proclamarlo senza esserlo».
    Era, nelle sue intenzioni, una sciabolata contro tutti quei laici - da Giuliano Ferrara a Marcello Pera - che hanno il grave torto di stimare e difendere la Chiesa. I "cattoprogressisti"" evocano ogni due per tre l'apertura al mondo laico voluta dal Concilio, ma poi sparano a zero quando appaiono dei laici che sono interessati alla Chiesa.

    La frase di Tettamanzi («Meglio essere cristiani senza dirlo»), pronunciata in un momento in cui si rischia il licenziamento se si porta un crocifisso al collo, sarà considerata da certi cattolici come un elogio della propria viltà e del proprio opportunismo.
    L'incredibile gaffe di Tettamanzi conferma che il drammatico grido di don Giussani nella sua ultima intervista («La Chiesa si è vergognata di Cristo!») è l'istantanea di questo momento storico. Veniamo al "caso Ferrara".

    Sant' Agostino nel De Civitate Dei ha spiegato che Cristo ha suoi amici-alleati nella città degli uomini e ha suoi nemici dentro la città di Dio. Il Papa, che conosce bene Agostino, ha spiegato alla Chiesa italiana quale grande grazia sia il trovarci oggi un mondo laico che non ha più il volto anticattolico di Eugenio Scalfari e Paolo Flores d'Arcais, ma anche quello pieno di stima e interesse di Ferrara, Pera e tanti altri (non sempre teocon, come Ernesto Galli Della Loggia).

    Ecco le sue parole testuali: «Si avverte la gravità del rischio di staccarsi dalle radici cristiane della nostra civiltà. Questa sensazione, che è diffusa nel popolo italiano, viene formulata espressamente e con forza da parte di molti e importanti uomini di cultura, anche tra coloro che non condividono o almeno non praticano la nostra fede. La Chiesa e i cattolici italiani sono dunque chiamati a cogliere questa grande opportunità, e anzitutto ad esserne consapevoli.

    Il nostro atteggiamento non dovrà mai essere, pertanto, quello di un rinunciatario ripiegamento su noi stessi: occorre invece mantenere vivo e se possibile incrementare il nostro dinamismo, occorre aprirsi con fiducia a nuovi rapporti, non trascurare alcuna delle energie che possono contribuire alla crescita culturale e morale dell'Italia». Naturalmente il Papa - non essendone culturalmente subalterno (come qualche cattolico) - invita anche loro, questi provvidenziali alleati della Chiesa, a guardare in faccia Gesù. Li invita a riconoscere con la ragione l'evidente Intelligenza che ha fatto e regolato il cosmo.

    E li invita a riconoscere - con il loro connaturato «bisogno di amore» - la risposta totale a questo desiderio di felicità che è Cristo stesso. Ma qui non ho spazio per farvi gustare tutte le perle di questo intervento. Posso solo enucleare le altre "correzioni". A chi riduce la fede a crociata moralistica o ideologica il Papa spiega che «all'origine della nostra testimonianza di credenti non c'è una decisione etica o una grande idea, ma l'incontro con la Persona di Gesù Cristo». A chi trasforma la Chiesa in agenzia umanitaria ideologizzata dice che occorre «testimoniare la carità mantenendosi liberi da suggestioni ideologiche e simpatie partitiche» e «soprattutto misurando il proprio sguardo sullo sguardo di Cristo».

    Alla Civiltà Cattolica, che il mese scorso sparava sull'apologetica, spiega: «Dobbiamo essere sempre pronti a dare risposta (apo-logia) a chiunque ci domandi ragione (logos) della nostra speranza». A quei laicisti che, in nome del dialogo, lo hanno attaccato per il discorso di Ratisbona risponde che la moderna e laicista «riduzione dell'uomo», che viene «trattato come ogni altro animale» (ovvero «relativismo e utilitarismo»), rende impossibile dialogare «con le altre culture nelle quali la dimensione religiosa è fortemente presente». Infine il Papa proclama che la novità cristiana nasce dalla «Resurrezione di Cristo che è un fatto avvenuto nella storia».

    E con queste parole chiare liquida le tendenze dominanti nella teologia attuale secondo le quali bisognerebbe distinguere la «fattualità storica» della Resurrezione dalla sua «realtà». Sofismi heideggeriani con i quali certi teologi hanno fatto anche grandi carriere ecclesiastiche. Già Paolo VI sottolineava «il fatto empirico e sensibile» delle apparizioni di Gesù dopo la Resurrezione: «Se non manteniamo la fede in questo fatto empirico e sensibile», disse, «trasformiamo il cristianesimo in una gnosi». Che è il rischio di tanta teologia moderna.



  • Francesca.Pisa
    00 20/10/2006 11:44
    Politi

    Chia ha visto ieri sera su Sky TG24 " Controcorrente " avra' certamente notato come Politi abbia subito recuperato i suoi toni immediatamente..... una vergogna, e' stata una trasmissione da dimenticare vi basti che la cosa piu' gentile che e' stata detta per altro dal filosofo presente di cui non ricordo il nome e' che in sostanza questo signore credente e cattolico non ascolta ne' segue Benedetto XVI per non perdere la fede.... roba da pazzi furiosi nemmeno il povero Maria Paci ha avuto il tempo di replicare perche' l'inetto che presentava non gli dava spazio al punto che mi sono chiesta che ce lo ha chiamato a fare.... solo per ipotizzare i nomi dei probabili successori di Ruini???!!!! e pensare che sono anche colleghi....e' una vero schifezza!!!!

    Sempre a fianco di Benedetto XVI.
    Francesca
  • josie '86
    00 20/10/2006 12:07
    Re: Politi

    Scritto da: Francesca.Pisa 20/10/2006 11.44

    Chia ha visto ieri sera su Sky TG24 " Controcorrente " avra' certamente notato come Politi abbia subito recuperato i suoi toni immediatamente..... una vergogna, e' stata una trasmissione da dimenticare vi basti che la cosa piu' gentile che e' stata detta per altro dal filosofo presente di cui non ricordo il nome e' che in sostanza questo signore credente e cattolico non ascolta ne' segue Benedetto XVI per non perdere la fede.... roba da pazzi furiosi nemmeno il povero Maria Paci ha avuto il tempo di replicare perche' l'inetto che presentava non gli dava spazio al punto che mi sono chiesta che ce lo ha chiamato a fare.... solo per ipotizzare i nomi dei probabili successori di Ruini???!!!! e pensare che sono anche colleghi....e' una vero schifezza!!!!

    Sempre a fianco di Benedetto XVI.
    Francesca



    I cosiddetti impenitenti!!! [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812]
  • OFFLINE
    -danich-
    Post: 176
    Registrato il: 05/06/2006
    Utente Junior
    00 20/10/2006 12:26
    Re: Politi

    Scritto da: Francesca.Pisa 20/10/2006 11.44

    Chia ha visto ieri sera su Sky TG24 " Controcorrente " avra' certamente notato come Politi abbia subito recuperato i suoi toni immediatamente..... una vergogna, e' stata una trasmissione da dimenticare vi basti che la cosa piu' gentile che e' stata detta per altro dal filosofo presente di cui non ricordo il nome e' che in sostanza questo signore credente e cattolico non ascolta ne' segue Benedetto XVI per non perdere la fede.... roba da pazzi furiosi nemmeno il povero Maria Paci ha avuto il tempo di replicare perche' l'inetto che presentava non gli dava spazio al punto che mi sono chiesta che ce lo ha chiamato a fare.... solo per ipotizzare i nomi dei probabili successori di Ruini???!!!! e pensare che sono anche colleghi....e' una vero schifezza!!!!

    Sempre a fianco di Benedetto XVI.
    Francesca





    Una schifezza è ritenersi cattolici e non seguire le normative della Chiesa e del suo capo. O abbiamo tutti dimenticato cosa vuol dire la parola "obbedienza"? Puoi non esser d'accordo con ciò che il Papa dice ma se dà delle istruzioni e tu ti ritieni cattolico devi rispettarle sennò ti fai una chiesa autocefala, a modo tuo, di cui tu ovviamente sei papa, sacerdote e fedele, e ti segui le norme che più ti piacciono.

    La Chiesa cattolica è apostolica romana e quindi se non vuoi seguire il papa perchè ti dice cose che a te non calano non dirti cattolico. O lo dici solo quando ti conviene? Buffoni, staimo diventando un popolo senza spina dorsale!!

    La Chiesa vuole uomini forti e decisi, non rammolliti e mezze tacche, uomini disposti a seguire Cristo e il suo rappresentante in terra a qualunque costo.

    Il signore di cui hai dimenticato il nome (tanto era importante) non vuole sentire nè seguire Benedetto perchè teme che ciò che ascolterà scuoterà la sua coscienza? Perchè probabilmente lo metterebbe in crisi? Ma che tipo di fede ha questo signore?

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  • josie '86
    00 20/10/2006 13:38
    Re: Re: Politi

    Scritto da: -danich- 20/10/2006 12.26




    Una schifezza è ritenersi cattolici e non seguire le normative della Chiesa e del suo capo. O abbiamo tutti dimenticato cosa vuol dire la parola "obbedienza"? Puoi non esser d'accordo con ciò che il Papa dice ma se dà delle istruzioni e tu ti ritieni cattolico devi rispettarle sennò ti fai una chiesa autocefala, a modo tuo, di cui tu ovviamente sei papa, sacerdote e fedele, e ti segui le norme che più ti piacciono.

    La Chiesa cattolica è apostolica romana e quindi se non vuoi seguire il papa perchè ti dice cose che a te non calano non dirti cattolico. O lo dici solo quando ti conviene? Buffoni, staimo diventando un popolo senza spina dorsale!!

    La Chiesa vuole uomini forti e decisi, non rammolliti e mezze tacche, uomini disposti a seguire Cristo e il suo rappresentante in terra a qualunque costo.

    Il signore di cui hai dimenticato il nome (tanto era importante) non vuole sentire nè seguire Benedetto perchè teme che ciò che ascolterà scuoterà la sua coscienza? Perchè probabilmente lo metterebbe in crisi? Ma che tipo di fede ha questo signore?

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    Quoto danich-. Aveva ragione il Papa che l'Italia segue un'ondata di laicismo e illuminismo...Purtroppo queste sono le conseguenze del relativismo: si ascolta e si fa solo ciò che è meglio per tutti. Le cose che non si vogliono sentire vanno scartate... [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=g27812] [SM=x40796] [SM=x40796] [SM=x40796] [SM=x40796] [SM=x40796] [SM=x40796] [SM=x40796]
  • ratzi.lella
    00 20/10/2006 13:43
    socci
    mi e' piaciuto molto cio' che ha scritto oggi su "libero" e la sua denuncia sul fatto che tettamanzi potrebbe avere ricacciato nell'ignoranza e nella paura chi iniziava a provare un certo orgoglio nell'essere cattolico.
    che cosa significa "vale di piu' un cristiano che non si dichiara tale di uno che lo fa, pur non essendolo?".
    il compito di ogni cristiano e' di annunciare Cristo. non e' solo il compito del nostro coraggiosissimo papa ma di tutti noi.
    basta poco, basta un segno, una testimonianza per dare a chi ci circonda l'esempio.
    io non posso fare moltissimo ma una cosa si' e ne sono orgogliosa: da un anno e mezzo (guarda caso!!!) non porto piu' monili al collo ma un semplice crocifisso che testimonia a tutti la mia fede. lo tengo ben in vista e dove lavoro non solo e' presente il segno della croce ma anche la foto di papa benedetto.
    qualcuno ha qualcosa da dire? lo faccia pure e poi ne discutiamo.
    ferrara non e' credente ma che cosa significa? sant'agostino era un ateo dissoluto, eppure e' diventato un padre della chiesa.
    non mi si dica che tettamanzi e' piu' aperto del papa perche' e' esattamente il contrario: e' ratzi che apre le porte della chiesa a tutti, anche ai non credenti
  • euge65
    00 20/10/2006 19:02
    da " Il Tempo"
    Benedetto XVI a Verona: no ai Pacs, all’eutanasia e ai pregiudizi verso la scuola cattolica


    di PAOLO LUIGI RODARI È FINITA tra i fischi, ieri sera, la santa messa all'arena di Verona per il premier Romano Prodi. Il presidente del Consiglio è stato contestato e insultato da centinaia di persone che si sono affacciate dagli spalti mentre lasciava lo stadio Bentegodi, subito dopo la celebrazione della messa di Benedetto XVI al convegno ecclesiale. «Vattene a casa e vergognati», gli hanno gridato, fischiandolo e tirandogli anche delle monete. Quando è uscito Silvio Berlusconi, invece, gli stessi contestatori si sono rivolti all'ex presidente del Consiglio chiedendogli «liberaci tu». Applausi ha anche ricevuto il leader di Alleanza Nazionale, Gianfranco Fini. Un finale davvero poco esaltante, per il leader dell'Unione, venuto a Verona assieme a tanti altri politici - oltre a Silvio Berlusconi, anche Franco Marini, Francesco Rutelli, Pier Ferdinando Casini, Gianfranco Fini, Rocco Bottiglione, Rosi Bindi e altri - per partecipare devotamente alla messa del Papa. Un Benedetto XVI che, proprio ieri mattina, parlando alla fiera di Verona poco prima della celebrazione della messa, ha rivolto parole chiare e decise ai convenuti. Quanto alla politica, ha sottolineato come «la Chiesa» non sia «e non intenda essere un agente politico». «Nello stesso tempo - ha detto - ha un interesse profondo per il bene della comunità politica». Da qui la necessità che non tanto la Chiesa, quanto i laici cattolici, si impegnino nella politica contribuendo «a far sì che ciò che è giusto possa essere efficacemente riconosciuto e poi anche realizzato». Quanto alle necessità particolari da realizzare in una Italia macchiata da «una nuova ondata di illuminismo e di laicismo» che tende a escludere volutamente Dio, Ratzinger è stato piuttosto esplicito, con un «no» secco ai Pacs, all'eutanasia e all'aborto. «Sì», invece, alla famiglia fondata sul matrimonio e a una società che riconosca Dio al suo centro. «I cattolici italiani - ha detto - debbono fronteggiare, con determinazione e chiarezza di intenti, il rischio di scelte politiche e legislative che contraddicano fondamentali valori e principi antropologici ed etici radicati nella natura dell'essere umano, in particolare riguardo alla tutela della vita umana in tutte le sue fasi, dal concepimento alla morte naturale, e alla promozione della famiglia fondata sul matrimonio, evitando di introdurre nell'ordinamento pubblico altre forme di unione che contribuirebbero a destabilizzarla, oscurando il suo carattere peculiare e il suo insostituibile ruolo sociale». Il discorso, lungo ed articolato, ha avuto anche una sottolineatura interessante: una sorta di sconfessione delle istanze anti «teo con» pronunciate nella prolusione di lunedì dal cardinale Dionigi Tettamanzi: per il Papa, infatti, tutto l'impegno profuso da coloro che lavorano contro il rischio che la società si stacchi «dalle radici cristiane delle nostra civiltà» - si tratta spesso di «uomini di cultura che non condividono o almeno non praticano la nostra fede», ha detto il Papa - è ben visto. Ratzinger ha avuto parole chiare anche per la scuola cattolica. Parlando delle molteplici forme di impegno a cui sono chiamati i cattolici nella società, egli ha detto di non poter «non ricordare, in particolare, la scuola cattolica, perché nei suoi confronti sussistono ancora, in qualche misura, antichi pregiudizi, che generano ritardi dannosi, e ormai non più giustificabili, nel riconoscerne la funzione e nel permetterne in concreto l'attività». Alle parole del Papa, è poi seguito il saluto di Ruini, presidente della Cei: Il «legame» tra la Chiesa italiana e il Papa è come un cemento tenace che - ha detto il cardinale - ci tiene uniti tra noi, come una guida sicura e illuminante per la nostra testimonianza apostolica». [SM=g27811] [SM=g27811] [SM=g27811]

    PRODI TE LA SEI PROPRIO CERCATA!!!!!!!!!!!!! [SM=x40791] [SM=x40791] [SM=x40791]


  • euge65
    00 20/10/2006 19:06
    Re: Da Libero

    Scritto da: -danich- 20/10/2006 11.21


    Bacchettata a Tettamanzi E non soltanto a lui di ANTONIO SOCCI



    Benedetto XVI giganteggia su un ceto clericale che fa letteralmente cadere le braccia (e non solo). Ieri, al convegno della Chiesa italiana che si svolge a Verona, con un altro splendido intervento il Pontefice ha riportato la Barca di Pietro sulla rotta giusta. Da buon padre non ha attaccato nessuno, ma le "correzioni" che ha fatto sono tante e poderose. Allora i nomi li faremo noi.

    La prima salutare correzione è verso l'incredibile cardinale Tettamanzi. Inaugurando il convegno di Verona, il prelato milanese ha fatto un intervento che il Corriere della Sera ha titolato così: "Tettamanzi ai teocon: basta con la fede a parole"". La sua frase centrale è questa: «È meglio essere cristiano senza dirlo che proclamarlo senza esserlo».
    Era, nelle sue intenzioni, una sciabolata contro tutti quei laici - da Giuliano Ferrara a Marcello Pera - che hanno il grave torto di stimare e difendere la Chiesa. I "cattoprogressisti"" evocano ogni due per tre l'apertura al mondo laico voluta dal Concilio, ma poi sparano a zero quando appaiono dei laici che sono interessati alla Chiesa.

    La frase di Tettamanzi («Meglio essere cristiani senza dirlo»), pronunciata in un momento in cui si rischia il licenziamento se si porta un crocifisso al collo, sarà considerata da certi cattolici come un elogio della propria viltà e del proprio opportunismo.
    L'incredibile gaffe di Tettamanzi conferma che il drammatico grido di don Giussani nella sua ultima intervista («La Chiesa si è vergognata di Cristo!») è l'istantanea di questo momento storico. Veniamo al "caso Ferrara".

    Sant' Agostino nel De Civitate Dei ha spiegato che Cristo ha suoi amici-alleati nella città degli uomini e ha suoi nemici dentro la città di Dio. Il Papa, che conosce bene Agostino, ha spiegato alla Chiesa italiana quale grande grazia sia il trovarci oggi un mondo laico che non ha più il volto anticattolico di Eugenio Scalfari e Paolo Flores d'Arcais, ma anche quello pieno di stima e interesse di Ferrara, Pera e tanti altri (non sempre teocon, come Ernesto Galli Della Loggia).

    Ecco le sue parole testuali: «Si avverte la gravità del rischio di staccarsi dalle radici cristiane della nostra civiltà. Questa sensazione, che è diffusa nel popolo italiano, viene formulata espressamente e con forza da parte di molti e importanti uomini di cultura, anche tra coloro che non condividono o almeno non praticano la nostra fede. La Chiesa e i cattolici italiani sono dunque chiamati a cogliere questa grande opportunità, e anzitutto ad esserne consapevoli.

    Il nostro atteggiamento non dovrà mai essere, pertanto, quello di un rinunciatario ripiegamento su noi stessi: occorre invece mantenere vivo e se possibile incrementare il nostro dinamismo, occorre aprirsi con fiducia a nuovi rapporti, non trascurare alcuna delle energie che possono contribuire alla crescita culturale e morale dell'Italia». Naturalmente il Papa - non essendone culturalmente subalterno (come qualche cattolico) - invita anche loro, questi provvidenziali alleati della Chiesa, a guardare in faccia Gesù. Li invita a riconoscere con la ragione l'evidente Intelligenza che ha fatto e regolato il cosmo.

    E li invita a riconoscere - con il loro connaturato «bisogno di amore» - la risposta totale a questo desiderio di felicità che è Cristo stesso. Ma qui non ho spazio per farvi gustare tutte le perle di questo intervento. Posso solo enucleare le altre "correzioni". A chi riduce la fede a crociata moralistica o ideologica il Papa spiega che «all'origine della nostra testimonianza di credenti non c'è una decisione etica o una grande idea, ma l'incontro con la Persona di Gesù Cristo». A chi trasforma la Chiesa in agenzia umanitaria ideologizzata dice che occorre «testimoniare la carità mantenendosi liberi da suggestioni ideologiche e simpatie partitiche» e «soprattutto misurando il proprio sguardo sullo sguardo di Cristo».

    Alla Civiltà Cattolica, che il mese scorso sparava sull'apologetica, spiega: «Dobbiamo essere sempre pronti a dare risposta (apo-logia) a chiunque ci domandi ragione (logos) della nostra speranza». A quei laicisti che, in nome del dialogo, lo hanno attaccato per il discorso di Ratisbona risponde che la moderna e laicista «riduzione dell'uomo», che viene «trattato come ogni altro animale» (ovvero «relativismo e utilitarismo»), rende impossibile dialogare «con le altre culture nelle quali la dimensione religiosa è fortemente presente». Infine il Papa proclama che la novità cristiana nasce dalla «Resurrezione di Cristo che è un fatto avvenuto nella storia».

    E con queste parole chiare liquida le tendenze dominanti nella teologia attuale secondo le quali bisognerebbe distinguere la «fattualità storica» della Resurrezione dalla sua «realtà». Sofismi heideggeriani con i quali certi teologi hanno fatto anche grandi carriere ecclesiastiche. Già Paolo VI sottolineava «il fatto empirico e sensibile» delle apparizioni di Gesù dopo la Resurrezione: «Se non manteniamo la fede in questo fatto empirico e sensibile», disse, «trasformiamo il cristianesimo in una gnosi». Che è il rischio di tanta teologia moderna.






    ALTRO CHE BACCHETTATE CI VORREBBERO A TETTAMANZI!!!!!!!!! [SM=g27826]
  • ratzi.lella
    00 20/10/2006 20:44
    Ratzinger a Verona
    Fede e intelligenza sono amiche contro le insidie secolariste, dice il Papa
    Reazioni diverse al gran discorso che promuove la chiesa di Ruini e invita a una carità solidale “non ideologica”

    Verona. Nell’omelia del pomeriggio allo stadio di Verona, Papa Benedetto è tornato col suo noto puntiglio filologico sul titolo del Convegno ecclesiale, “Testimoni di Gesù risorto, speranza del mondo”, spiegando da professore che “di” Gesù significa “l’appartenenza a Lui”, a differenza della preposizione articolata “del” mondo, che non indica per nulla l’arrendevolezza al secolo. Giusto per ribadire che essere testimoni di “un fatto accaduto”, la resurrezione, come aveva detto al mattino in fiera, è “la più grande mutazione mai accaduta” e che “all’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, ma l’incontro con la persona di Gesù Cristo”. Insomma un’antropologia diversa, non una diversa visione antropologica. Perché “è opera di Dio e non nostra”, proprio come la “novità sconvolgente di questo Logos che sa amare”. Basterebbero questi spiccioli di una lunga giornata per segnare una discontinuità, come si suol dire, e liquidare le pesature col bilancino o un tanto al chilo sulla percentuale di conciliarismo e wojtylismo, sulla percentuale di lucidatura ruiniana applicata al rigore mentale ratzingeriano. Per il resto, basta l’evidenza di un convegno aperto con una prolusione nel segno di Paolo VI, e chiuso con un discorso ripartito da Giovanni Paolo II; un convegno che si era aperto sulla chiusura a doppia mandata verso coloro che “si dicono cristiani e non lo sono” e si è chiuso con un appello ai cattolici italiani a “cogliere questa grande opportunità” rappresentata “da molti e importanti uomini di cultura, anche tra coloro che non condividono o almeno non praticano la nostra fede”, che sentono la crisi del razionalismo occidentale. Una discontinuità fisicamente percepibile e capace di imporsi anche alle diverse sensibilità, tanto che “uno si sente quasi obbligato a cedere davanti a una forza convincente così”, come diceva un delegato milanese.
    Poi si applaude sempre a squadre . Chi applaude il passaggio sulla chiesa “che non intende essere un agente politico”, rilanciando in materia la responsabilità (ma non l’autonomia) dei laici; chi applaude i lunghi passaggi sulla famiglia e i pacs; chi come Savino Pezzotta dice che “in una situazione in cui tutto va al mercato e non ci sono più limiti, è importante aver detto che c’è qualcosa che non è vendibile, che fa parte della dignità umana”; e chi come la teologa Ina Siviglia, già relatrice a Palermo, ammette che “dieci anni fa c’era il vangelo della carità per l’Italia, oggi c’è l’annuncio della fede pura in Cristo”.

    Quanti lo seguiranno?

    L’impatto reale sulla chiesa italiana della giornata di Benedetto XVI sarà ovviamente da valutare, mentre tornano anche i commenti già sentiti sul suo predecessore, sul “Papa molto applaudito ma poco ascoltato”. Per il leader di Cl, Giancarlo Cesana, Ratzinger ha comunque “dettato il programma della chiesa. Dal punto di vista concettuale, richiamandosi a Ratisbona e ancor più mirabilmente indicando la ‘fede amica dell’intelligenza’ che ha contrassegnato il cristianesimo ai suoi inizi. E poi dal punto di vista operativo, non solo indicando con chiarezza i valori ‘non negoziabili’, ma anche l’opportunità di collaborare con tutti coloro che questi temi riconoscono come decisivi. Non è scontato, ha saltato l’ecclesialese. La domanda è: quanti lo seguiranno?”. Lo storico Alberto Melloni, esponente di spicco della “scuola bolognese” conciliar-giovannea, sottolinea piuttosto che quello di Ratzinger, “confrontato col discorso di Giovanni Paolo II a Loreto, è stato un discorso più da Papa che da Primate d’Italia, molto meno puntuale sul come e sul dove intervenire nella società. Ha insistito sui grandi temi del suo pontificato, forse più europei che italiani, con l’aggiunta di una novità, la battaglia sul darwinismo e l’apertura al disegno intelligente”.
    Meno politico del cardinal Ruini, distante dal livello politico ecclesiale italiano. E con il problema della futura guida ai vertici della Cei rimandato senza altri segnali (tranne il fatto che il predestinato, dopo la giornata di ieri, non sembra essere il cardinal Tettamanzi). Questi i rilievi critici di quanti hanno preferito ieri non notare il grande rilievo che invece Benedetto XVI ha dato al “ruolo speciale” che la chiesa italiana, un modello e una “presenza capillare”, può esercitare in tutta l’Europa. E chissà l’effetto che ha fatto quella staffilata finale, dopo tanti elogi, sul pericolo di una “secolarizzazione interna della chiesa”.

    (da "il foglio" del 20 ottobre 2006)
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    Ratzigirl
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    00 20/10/2006 20:56
    Da Avvenire



    L’abbraccio dei 2700 delegati al Convegno e dell’intera città a Benedetto XVI. Nel discorso alla Fiera e nell’omelia una «lettera» alla Chiesa e alla nazione



    Meno di dieci ore in tutto. Pare un tempo cronologicamente breve, di solito basta appena per iniziare a conoscersi meglio. Ma quello che Benedetto XVI ha lasciato ieri sera nelle mani dei 2700 partecipanti al Convegno ecclesiale di Verona è un concentrato di impegni e di sfide, diagnosi, mappe e proiezioni, un'intensa sessione d'insegnamenti che andranno assimilati col tempo. Ma che già hanno lasciato traccia nell'evento ecclesiale che si conclude oggi. E non solo in forza delle parole pronunciate in Fiera e allo stadio.
    Quello che meglio incide il ricordo personale - imprimendo ancor più forza ai discorsi e alle idee - è l'incontro ravvicinato del Papa con i delegati di tutta Italia, con la città che ospita sino a questa mattina il Convegno, con i veronesi che l'hanno accolto al Bentegodi con un affetto che ha fugato i timori di un'accoglienza tiepida. Le immagini si depositano tanto quanto le parole, cucite insieme le une alle altre. Ecco perché apriamo il racconto della giornata di ieri con questo album fotografico, che racconta la giornata veronese di Benedetto XVI dall'arrivo poco dopo le nove e mezza all'aeroporto di Villafranca alla partenza dallo stesso scalo appena prima delle sette di sera.
    È la documentazione di un incontro tutt'altro che fugace, organizzato necessariamente su due soli appuntamenti entrambi però di un'intensità che si è comunicata a tutti come una scossa, dalle frasi dei discorsi (li riportiamo integralmente nelle pagine che seguono) agli sguardi, ai sorrisi, ai saluti, ai gesti sobri secondo uno stile che gli italiani - e non solo - hanno già imparato ad apprezzare, quasi fosse un tramite naturale dell'affetto della gente per il Papa.
    Parole e immagini, appunto. Il cielo grigio e il colore della gente che ha atteso il Pontefice nei paesi lungo il percorso verso la città. E poi, fotogramma dopo fotogramma, l'incontro con le Chiese italiane che l'hanno accolto ieri mattina con il calore dell'attesa - palpabile nell'immediata v igilia - proprio di quella densità di riflessioni poi puntualmente ritrovata in ogni minuto della "lezione" di Benedetto XVI. Sembrava quasi che si chiedesse al Papa di sentirsi presi sul serio, per la preparazione e l'impegno che tutti i convegnisti hanno messo nella fase preparatoria e in questi giorni a Verona.
    E poi ancora, dopo le 16, la meditazione dell'omelia pomeridiana che ha intrecciato suggestioni scritturistiche («Ricostruite le antiche rovine, restaurate le città desolate») a squarci di luce che rincuorano («Soltanto Cristo può pienamente soddisfare le attese profonde del cuore umano»), dentro una liturgia accurata e solenne. Sono immagini che vanno scorse non solo come una doverosa cronaca di un appuntamento comunque di grande rilievo. Gli va accompagnato - da chi non ha avuto la grazia di esserci - un immaginario audio interiore, l'eco personale delle parole che riportiamo nel resto dell'ampia sezione del giornale anche oggi dedicata al Convegno. Con una sorpresa proprio nell'ultima pagina.
    Il Papa ha la capacità di scolpire i concetti in poche parole, con la chiarezza di una didascalia: si ascolta e si legge d'un fiato, e tutto è lì, chiaro e immediato come una foto ben riuscita. Restano piantate nell'anima espressioni simili a didascalie - «In un mondo che cambia il Vangelo non muta» - insieme a idee elaborate ma fitte di parole calibrate e precise che è bene ricordarsi di usare, mettere in circolo, fare proprie: per citarne una, la «piena cittadinanza» che i cattolici devono ottenere alla fede cristiana nella cultura del nostro tempo, «avventura affascinante nella quale merita spendersi». Ma è la qualità del testimone che si è potuto incontrare, per poche ore che ieri sono sembrate dilatarsi, a spingere perché non si resti come prima accettando l'invito a diventare «donne e uomini nuovi».
    Questa è la storia di una giornata dove le immagini e le parole, l'incontro con Benedetto XVI e la sua "lettera" per l'Italia, sono andate per la stessa stra da. È passato Pietro, e ha scavato un solco.
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    Paparatzifan
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    00 20/10/2006 22:18
    Il cappuccino...
    ... mi è rimasto di traverso stamattina dopo aver letto quest'articolo su "Il Gazzettino" di oggi... Ennesimo confronto con Wojtyla.

    Per le strade più transenne che veronesi

    Verona
    NOSTRO INVIATO

    L'Airbus dell'Aeronautica militare che atterra a Verona è quello usato dai nostri capi di Governo per i viaggi di Stato. Il Papa scende a passo svelto, sembra quasi che insegua il cameraman che si affretta davanti a lui. Ai piedi dell'aereo lo aspettano il cardinale Camillo Ruini, il ministro Giuseppe Fioroni, il governatore Giancarlo Galan e il sindaco di Verona Paolo Zanotto: strette di mano veloci, dieci metri a piedi e Benedetto XVI è già sulla "papamobile" (una Mercedes, ovviamente). Va di fretta, il Papa, nel gelo di Verona. L'autunno arrivato di colpo sembra aver raffreddato anche l'entusiasmo che molti si attendevano da parte di una città nella quale non è che i Pontefici scendano con particolare frequenza. Invece l'accoglienza per Ratzinger non è stata certamente travolgente. C'erano più transenne che veronesi lungo i chilometri di strada percorsa al mattino e al pomeriggio dal corteo vaticano. E i taxisti, da sempre uno degli osservatorii più attendibili per tastare il polso a una città, non nascondono che una giornata così si augurano di viverla spesso: «Strade deserte, auto private bloccate nei garage; un paradiso...». Ma è un paradiso che non può essere piaciuto al Papa.

    Certo, Ratzinger non è ancora (se mai lo sarà) un trascinatore di folle come Wojtyla; e il papa polacco divenne un'icona per folle oceaniche dopo un pontificato durato decenni. Ma era comunque lecito attendersi qualcosa in più di un cortese benvenuto, di battimani di circostanza elargiti da qualche centinaio di veronesi appoggiati alle transenne e concentrati soprattutto in piazza Bra. [SM=g27826] Verona non ha risposto alla mobilitazione organizzata dalla curia. I segnali erano già emersi lunedì, quando per la cerimonia di apertura l'Arena presentava molti vuoti sugli spalti, riempiti con evidente fretta da qualche centinaio di militari precettati nelle caserme cittadine. Non c'era traccia delle parrocchie, non si sentivano i cori e il clamore dei giovani. Ma quella - si era detto - non poteva essere l'occasione giusta per misurare l'entusiasmo: era una manifestazione "di curia", riservata a chi partecipava attivamente al convegno. Ieri, però, l'arrivo del Papa non ha migliorato la situazione.

    Strade deserte, lungo il percorso poche centinaia di persone in attesa di vedere la papamobile con il Pontefice che saluta per pochi secondi; e nel pomeriggio, allo stadio c'erano larghi settori semivuoti perfino sul prato di fronte al palco dove Benedetto XVI ha celebrato la messa. Gli organizzatori avevano predisposto anche tre maxischermi per far fronte all'afflusso di fedeli. Il primo al palasport, dove hanno trovato posto non più di 500 persone, perlopiù invalidi; il secondo nel parcheggio dello stadio, ma qui le persone che non avevano trovato il biglietto e hanno scelto di assistere ugualmente alla messa erano un migliaio scarso; un po' meglio è andata in piazza Bra, dove davanti allo schermo si sono radunate quasi 5mila persone. Ma ne erano attese il doppio.

    I motivi di questa accoglienza tiepida, secondo alcuni, sono da ricercare proprio nell'attesa "eccessiva" con la quale è stato caricato l'evento. Per settimane è stato lanciato l'allarme sul possibile arrivo di migliaia e migliaia di persone da tutto il Nord Italia; le scuole sono state chiuse per evitare di appesantire il traffico, e le misure di sicurezza straordinarie con tombini piombati e cecchini sui tetti hanno di fatto spaventato i veronesi. E non solo loro. Così molti hanno preferito guardarsi la diretta in Tv. Come se il Papa fosse stato a Roma.

    A. G.


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    Devo dire che, purtroppo, è vero che c'era poca gente. In quanto mi sia posibile farò il racconto sulla mia giornata veronese con il Papa.
    Papa Ratzi Superstar









    "CON IL CUORE SPEZZATO... SEMPRE CON TE!"
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