PAPA RATZINGER FORUM Forum, News, Immagini,Video e Curiosità sul nuovo Papa Benedetto XVI

Quel che è stato è stato....ovvero i retroscena nel Pontificato di Giovanni Paolo II e del Conclave

  • Messaggi
  • OFFLINE
    Ratzigirl
    Post: 68
    Registrato il: 10/05/2005
    Utente Junior
    00 17/05/2005 01:17
    Curiosità e indiscrezioni che spuntano fuori dalla rete e da vecchi giornali che ripropongo fedelmente in questa sezione citandone, come sempre la fonte^___^


    I RETROSCENA DEL CONCLAVE [SM=g27823] [SM=g27823] [SM=g27823]


    Omelia di apertura Conclave:


    Joseph Ratzinger ha un gesto con la mano sinistra verso il chierico, che tira fuori dalla tasca i suoi occhiali cerchiati d’oro e glieli porge. Per celebrare, il cardinale decano non ne ha bisogno; recita a memoria. Gli occhiali servono per leggere l’omelia, scritta in un italiano che pare tradotto dal latino. Sono le ultime parole pubbliche di un cardinale prima del Conclave. D’ora in poi i porporati parleranno solo per segni: litanie, giuramenti, fumate, campane.

    Ma le parole di Ratzinger non sono da decano. Neppure da candidato alla successione di Wojtyla, come pure è, sia pure non per sua volontà. Non è un’omelia generica in cui tutti possano riconoscersi, né una concessione a temi vicini alla sensibilità dei suoi avversari (la collegialità, il Terzo Mondo, le istanze sociali, la pace). E’ una sintesi di ventitré anni di lavoro al fianco di Wojtyla come custode del deposito della fede, una dichiarazione di identità, una denuncia di pericoli imminenti, un manifesto per il prossimo Papa, chiunque sia. Qualcosa che neanche gli altri cardinali, che pure lo conoscono bene e ne riconoscono la primazia intellettuale, si attendevano.

    E infatti quando Ratzinger mette in guardia dalla «dittatura del relativismo» e pronuncia una serie di condanne, nessuna delle quali rappresenta in sé uno sconvolgimento ma che tutte insieme fanno di un discorso di rito un intervento storico, i colleghi che lo ascoltano seduti hanno come un sobbalzo. Sostenitori, avversari, indecisi: nessuno resta indifferente. No al marxismo e al liberalismo spinto al libertinismo, dice il decano, e Ruini si curva ancora di più. No al collettivismo e all’individualismo radicale, e Martini afferra il pomo del bastone. No ai «venti di dottrina» e alle «mode del pensiero», e l’indiano Dias si passa una mano sulla fronte.

    No alle nuove sette, no all’ateismo e all’agnosticismo, no al sincretismo e al «vago misticismo religioso» dell’era new age. «Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e lascia come ultima misura solo il proprio io e le proprie voglie!». Gli stessi collaboratori antichi e nuovi di Ratzinger appaiono sorpresi: Lopez Trujillo, accreditato come il suo ambasciatore tra gli ispanici, aggrotta le sopracciglia cespugliose, gonfia le gote Schönborn allievo dissenziente, resta impassibile Bertone, già suo segretario presso la Congregazione per la dottrina della fede, mentre l’ex segretario privato Clemens guadagna la prima fila tra i vescovi. L’unico a sorridere largo è Biffi, che non ha mai nascosto di trovarsi in sintonia con Ratzinger più ancora che con Wojtyla e nelle riunioni preconclave ha detto chiaramente: «Voi sapete a chi andrà il mio voto».

    Lui stesso, mentre parla con il suo italiano dall’accento tedesco (kvando, cioia, morte di croce) eppure dolce, avverte la tensione e l’emozione: «Avere una fede chiara secondo il Credo della Chiesa viene spesso etichettato come fondamentalismo», un colpo di tosse, «noi abbiamo un’altra misura, il Figlio di Dio, il vero uomo», un rivolo di sudore. Alla fine il pubblico che gremisce la basilica (e aveva accolto i cardinali in un turbine di flash, videocamere e telefonini) ha applaudito a lungo; e quando Ratzinger, deterso il sudore e restituiti gli occhiali al chierico, ha fatto cenno di voler proseguire, è riecheggiato sotto la volta il battimano della piazza. All’ingresso erano stati molto applauditi anche l’honduregno Rodriguez Maradiaga, il più sorridente e portato al contatto con le folle, che non a caso ha risposto con ampi gesti delle braccia, e Martini, imperturbabile.

    L’arcivescovo emerito di Milano non gradisce che il suo immenso prestigio diventi una leva per fermare Ratzinger, cui è legato, oltre che da consuetudine di colleghi, da stima e sintonia di studiosi. L’edizione delle lettere di San Pietro che Wojtyla regalò ai porporati per il suo venticinquesimo anno di pontificato è curata da Martini e prefata da Ratzinger. Hannah Arendt, di cui anche ieri il decano - come già celebrando la Via Crucis con gli stessi toni allarmati - ha citato la «banalità del male», è cara a entrambi. Ma erano stati proprio Ratzinger e Martini i protagonisti dello storico Sinodo per l’Europa convocato da Giovanni Paolo II alla fine del ’91; e mentre Martini parlò di evangelizzazione, di alleanza con le altre confessioni cristiane, di unificazione dell’Europa, Ratzinger obiettò che «abbiamo parlato troppo di problemi economici, sociali, politici, troppo di noi, e troppo poco di Dio».

    Quell’antico confronto si ripropone oggi, contro la volontà dei protagonisti. Sorridono come sollevati Silvestrini ed Etchegaray: sono tra i cardinali che per aver superato gli ottant’anni non entreranno in Conclave, oggi portano un peso minore. A Ratzinger invece, che fu grande elettore e primo sostegno di Wojtyla, è toccato ora seppellirlo e guidare il rito che porterà alla successione. Dopo il pranzo in Santa Marta e il riposo, alle 16 i cardinali si incamminano a gruppetti verso l’aula delle benedizioni, da cui partirà il corteo solenne. Ma qualcuno si sbaglia, attratto forse dalla magnificenza di Michelangelo (o dallo scrupolo del cardinale Nicora, primo per statura ma ultimo per gerarchia, che per paura di sbagliare sta provando la chiusura della porta), gira a destra anziché a sinistra e si affaccia nella Sistina. Ratzinger lo richiama: dove andate? Per di qui! Nella Sistina il decano entra per ultimo e giura per primo. «Giuriamo di osservare con la massima fedeltà e con tutti, sia chierici che laici, il segreto su tutto ciò che in qualsiasi modo riguarda l’elezione del romano Pontefice...».

    E’ l’apoteosi della segretezza e della sacralità del più antico rito elettivo d’Europa, che la novità delle telecamere non svela ma enfatizza. «Promettiamo di non violare in alcun modo questo segreto sia durante sia dopo l’elezione del nuovo Pontefice, a meno che non ne sia stata concessa esplicita autorizzazione dallo stesso Pontefice...». L’«extra omnes» di monsignor Marini più che un imperio è un sussurro. Escono gli uomini della comunicazione vaticana: Agnes, Scelso, Navarro. Poi, non ripreso dalle telecamere, esce lo stesso Marini insieme con il cardinale anziano Spidlik, che ha tenuto la meditazione. Nicora chiude il portone, meglio che nelle prove. Le agenzie diffondono le foto della casa natale di Ratzinger: Marktl am Inn, 16 aprile 1927.

    In piazza i fedeli, tra cui il governatore della Banca d’Italia, aguzzano gli occhi ma è difficile scorgere il fumo sullo sfondo del sole al tramonto, poi delle nuvole scure; la fumata pare grigia, al cronista del Tg1 quasi bianca, invece è nera. Probabilmente il decano non sarà il prossimo Papa; certo farà in modo che un po’ assomigli a lui. Al Celio si inaugura l’installazione di un artista napoletano dedicata al conclave: 115 pastorali con un volto di cardinale, tutti uguali, ispirati, pare, a San Gennaro; ma il mecenate cardinale Law li ha trovati precisi a Ratzinger.



    Fonte: Corriere della Sera 19 aprile 2005

    [Modificato da Ratzigirl 17/05/2005 1.31]

  • OFFLINE
    Ratzigirl
    Post: 74
    Registrato il: 10/05/2005
    Utente Junior
    00 17/05/2005 12:13
    Anche i Cardinali piangono....
    Riporto qui una notizia che per certi versi passò inosservata perchè subito rientrata, ma che dà chiarezza su che tipo sia Joseph Ratzinger nel privato..


    Riassunto: Il Cardinale Ratzinger nell'Ottobre 2003, quando il Papa dava già segni di decadimento fisico evidenti, e il portavoce continuava a smentire, mentre tutto il mondo vedeva la realtà delle cose,parlando con dei birrai bavaresi, li esorta a pregare per il Papa che sta male, il tutto viene riportato, un po' rimaneggiato dalla rivista tedesca "Bunte" che vi aggiunge l'aggettivo "molto[male]" e da qui scoppia il putiferio sulla testa del povero Benedetto XVI con un epilogo tenerissimo....



    ROMA - L´ultimo Karol Wojtyla sembra che voglia non rallentare ma accelerare il suo corso. A un´agenda che era già mozzafiato ha aggiunto in extremis un´altra infornata di nuovi cardinali, trenta più uno "in pectore", cioè segreto, anticipando di quattro mesi un concistoro che tutti prevedevano per febbraio. Sono i cardinali al di sotto degli 80 anni, oggi 135, quelli che eleggeranno il suo successore. Ma chi credesse di scorgere nelle ultime nomine fatte da Giovanni Paolo II un disegno mirato a favorire un suo delfino resterebbe deluso. Sia dalle nomine papali che dai comportamenti dei maggiorenti della Chiesa balza evidente, piuttosto, un grande disordine. Tipico delle stagioni di fine impero.

    La salute di Wojtyla è il primo dei fattori di incertezza. La sua infermità è sotto gli occhi del mondo e lui la offre come parola essenziale del suo predicare. Ma attorno alla sua persona, in Vaticano e fuori, il disagio è palpabile. Le battute sfuggite il 22 settembre al cardinale Joseph Ratzinger con dei birrai bavaresi ("Il papa sta male. Pregate per lui"), rilanciate dieci giorni dopo dal settimanale "Bünte", hanno provocato la risentita reazione del più intimo fiduciario del papa, il suo segretario personale Stanislaw Dziwisz, che ha preteso e ottenuto riparazione dal pur autorevolissimo cardinale. "Vi posso dire che Ratzinger piangeva come un bambino, mentre spiegava d´essere stato frainteso", ha detto Dziwisz a dei giornalisti, ad allarme rientrato.

    Col papa indebolito dalla malattia, i poteri del suo segretario sono cresciuti a dismisura. Ma altrettanto sono cresciute in curia e fuori le ostilità contro di lui e contro il ristrettissimo inner circle che attornia Wojtyla. Per mettere al riparo i suoi fedelissimi dal repulisti che succede inesorabile a ogni cambio di papa, Giovanni Paolo II ha elevato la scorsa settimana Dziwisz e il proprio maestro di cerimonie Piero Marini alla dignità di arcivescovi.
  • OFFLINE
    Ratzigirl
    Post: 156
    Registrato il: 10/05/2005
    Utente Junior
    00 21/05/2005 02:52
    Papa Giovanni Paolo e i suoi consoli...così diversi...
    Dai giorni di Pasqua, di fatto, una nuova modalità di governo presiede alla Chiesa universale. E le grandi liturgie della Settimana Santa in San Pietro ne sono state lo svelamento, ciascuna affidata a un cardinale di primissimo ordine: al cardinale Angelo Sodano, segretario di stato, la messa e la benedizione “urbi et orbi” congiuntamente col papa; al cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della congregazione per la dottrina della fede, la veglia pasquale; al cardinale Camillo Ruini, vicario del papa in quanto vescovo di Roma e primate della Chiesa italiana, la processione e la messa della domenica delle Palme.




    E poi la Via Crucis al Colosseo, con la croce portata da Ruini e le meditazioni scritte da Ratzinger. Gli altri cardinali che hanno officiato gli altri riti della settimana sono anch’essi importanti, ma appartengono a una cerchia minore.

    Sodano, Ratzinger, Ruini: è questo l’autorevolissimo trio che col pieno consenso di Giovanni Paolo II regge oggi la Chiesa.

    Ma anche all’interno di questo trio si è stabilita, di fatto, una gerarchia. Sodano, la mattina di Pasqua, ha fatto semplicemente da alter ego del papa. Ha letto il messaggio papale al mondo mentre Giovanni Paolo II, dalla finestra su Piazza San Pietro, a sua volta seguiva sui fogli quel discorso che voleva apparisse come suo. E la benedizione “urbi et orbi” è stato il papa a impartirla, sia pure con l’imprevisto e doloroso venir meno della parola.

    SODANO

    Come segretario di stato, Sodano governa la macchina della Chiesa, le sue istituzioni gerarchiche, la sua politica internazionale. Ma né ieri né oggi è mai andato oltre questi limiti. Non ha mai elaborato né esposto una sua complessiva visione di geopolitica religiosa. Non ha mai lasciato di sé un’impronta come quella, ad esempio, del suo predecessore Agostino Casaroli, l’artefice della controversa Ostpolitik vaticana, dagli anni di Giovanni XXIII fino a quelli di Mikhail Gorbaciov.

    A Ratzinger e Ruini, invece, non solo il papa ha affidato i due riti che a lui sono i più cari: le Palme e la Via Crucis. In essi egli ha sempre visto le due menti più acute presenti ai vertici della Chiesa. Nelle loro analisi, nelle loro decisioni, ha sempre riposto una enorme fiducia, che tuttora tiene viva.

    La novità di questi ultimi tempi è che sia Ratzinger sia Ruini non hanno diminuito ma accresciuto la mole e l’intensità dei loro atti pubblici. Mentre il papa declina e tace, loro parlano e agiscono più che mai. Con accenti molto più proiettati sul futuro che ancorati al passato. Quasi da programma di un nuovo pontificato. I loro recenti interventi sono già diventati lettura obbligatoria per i grandi elettori del futuro papa.


    RATZINGER

    Per Ratzinger, l’ultimo di questi interventi-chiave è il testo da lui scritto per la Via Crucis al Colosseo.

    Già è una novità che il papa gliene abbia affidato la stesura, rispetto agli ultimi anni in cui tale compito veniva dato, più modestamente, a poeti, monaci e giornalisti. Ma non meno sorprendente è stato che tre giorni prima del rito, sul sito web del Vaticano, il testo di Ratzinger era già disponibile in più lingue, e cominciò subito a essere ripreso e discusso in tutto il mondo. Impossibile pensare che Giovanni Paolo II non abbia autorizzato questa insolita diffusione anticipata del testo. Lo stesso Ratzinger, prima della Via Crucis, ha tenuto a ribadire pubblicamente che papa Wojtyla continua a guidare la Chiesa “in assoluta lucidità, con mente viva e discernimento forse ancora più forte, capace di governare, soffrendo, con poche ma essenziali decisioni”.

    Eppure, nelle meditazioni per la Via Crucis scritte da Ratzinger, non tutto collima con i capisaldi del pontificato di Giovanni Paolo II.

    Di questo papa sono passate alla storia le richieste di perdono al mondo per gli errori dei figli della Chiesa nella storia. Nella Via Crucis di Ratzinger, invece, c’è una Chiesa che chiede perdono non per le sue colpe del passato, ma per quelle del presente. E il perdono non lo chiede al mondo, ma a Dio:

    “Signore, spesso la tua Chiesa ci sembra una barca che sta per affondare, una barca che fa acqua da tutte le parti. E anche nel tuo campo di grano vediamo più zizzania che grano. La veste e il volto così sporchi della tua Chiesa ci sgomentano. Ma siamo noi stessi a sporcarli! Siamo noi stessi a tradirti ogni volta, dopo tutte le nostre grandi parole, i nostri grandi gesti. Abbi pietà della tua Chiesa”.

    La colpa fondamentale riconosciuta dal prefetto della dottrina è quella di una cristianità che “stancatasi della fede ha abbandonato il Signore”, come i discepoli che tradirono e abbandonarono Gesù sulla croce. Ma ad essa si aggiunge tutta una declinazione di colpe particolari: la “sporcizia” di tanti sacerdoti, le “parole vuote” e la “poca fede di tante teorie” teologiche, l’abuso del sacramento dell’eucaristia, le messe in cui “celebriamo soltanto noi stessi” invece che Cristo, l’abbandono della confessione sacramentale...

    Per Ratzinger questi sono tutti punti obbligati, sull’agenda del futuro pontefice.

    RUINI

    Quanto al cardinale Ruini, proprio il martedì dopo Pasqua è uscito per i tipi di Mondadori un suo libro che pubblica alcuni suoi recenti discorsi, raccolti sotto un titolo che ne dice da subito l’intento programmatico: “Nuovi segni dei tempi. Le sorti della fede nell’età dei mutamenti”. Come teologo, Ruini è grande estimatore di Ratzinger e Kasper. Ma in più, rispetto al primo, ha sempre avuto una vocazione aggiuntiva, oltre a quella di uomo di Chiesa: la grande politica.

    E chi legge questo suo ultimo libro scopre che anche la visione di Ruini, nonostante la straordinaria fiducia che Giovanni Paolo II ha sempre riposto in lui, si distacca su alcuni punti da quella dell’attuale papa, e su altri anche da quella di Ratzinger.

    Rispetto ad entrambi, ad esempio, Ruini ha un giudizio più positivo sulla modernità. Non vede nella centralità dell’uomo l’origine dei mali del mondo moderno a discapito del primato di Dio, perché al centro della fede cristiana c’è Gesù che è vero Dio e vero uomo, e di lui la Chiesa deve dare testimonianza e rendere ragione. Anch’egli vede dei rischi nella democrazia, ma non così angoscianti, da “totalitarismo subdolo”, come quelli che Wojtyla ha denunciato nel suo libro testamento. Le libertà civili, per Ruini, non vanno più fondate sulla “verità” contro l’errore, come la Chiesa ha predicato per secoli fino al Concilio Vaticano II, ma sulla “persona”, tra i cui diritti va naturalmente garantito quello di ricercare e professare la verità.

    Anche nell’offensiva islamista contro l’Occidente Ruini vede molte opportunità positive, a cominciare dal risveglio dell’identità cristiana. Ritiene più insidioso per la cristianità d’Occidente il confronto con le civiltà dell’India e soprattutto della Cina.

    Ma ancor più pericoloso è, a suo giudizio, il nemico interno: la deriva verso una concezione dell’uomo come pura “particella della natura”, manipolabile dalle biotecnologie. Su questo terreno, Ruini sta combattendo in Italia una battaglia culturale e politica, a difesa della vita nascente, che sia in Vaticano, sia nel collegio cardinalizio mondiale è seguita con estrema attenzione e partecipazione.

    È inedita anche la forma di governo che il cardinale vicario propone per la Chiesa cattolica del terzo millennio: una “sintesi tra la prospettiva incentrata sul collegio dei vescovi, prevalente nel primo millennio, e quella che fa capo al primato papale, che ha contrassegnato il secondo millennio”.
  • OFFLINE
    Ratzigirl
    Post: 229
    Registrato il: 10/05/2005
    Utente Junior
    00 25/05/2005 13:50
    Tettamanzi voleva il papato...(ma come sappiamo non così è stato...)
    ARTICOLO del 13. 4 .2000



    Il miracolo Tettamanzi. Habemus papabilem
    Professore di teologia. Poi, in pochi anni, cardinale. Ora favorito nella corsa alla successione di Wojtyla. Ecco i segreti del suo successo


    di Sandro Magister





    «Sta scrivendo l'enciclica al papa», dicevano di lui i suoi studenti, quando lo vedevano all'improvviso sparire per giorni di fila. Lui era don Dionigi Tettamanzi, amabile professore di teologia morale a Venegono Inferiore, il seminario in collina dell'arcidiocesi di Milano. E puntualmente, pochi mesi dopo, il papa promulgava un'enciclica che qua e là somigliava tanto agli appunti di certe sue lezioni.

    È dai primi anni 80 che Tettamanzi studia da papa. E, cammina cammina, eccolo divenuto prima arcivescovo e poi cardinale, a Genova, e infine candidato numero uno al traguardo massimo. Se un conclave dovesse svolgersi a breve, gli intenditori non hanno dubbi. Nuovo papa sarà lui, alla prima fumata. Non importa che sui media i bookmaker non gli abbiano mai dato troppe chance. Non importa che la lista corrente dei papabili continui a ripetere i soliti noti: a cominciare dal cardinale di Milano, Carlo Maria Martini. In conclave non votano i giornali ma i cardinali.

    Una stagione fa, c'è stato persino un assaggio di voto, in Vaticano, dal quale Tettamanzi è uscito ultravittorioso. Era ottobre e si teneva il sinodo dei vescovi d'Europa. Al momento d'eleggere i loro dieci rappresentanti presso il papa, i padri sinodali hanno riversato il massimo dei consensi, 100 su 160, proprio sul cardinale di Genova. Nessun altro italiano è uscito eletto. I cardinali Martini e Camillo Ruini, anch'essi in lizza, hanno rimediato solo una manciata di voti. Non solo. Il 22 ottobre, alla conferenza stampa conclusiva del sinodo, il cardinale Tettamanzi ha riservato al suo collega di Milano una battuta tagliente: «L'intervento del cardinale Martini non ha avuto nessuna eco nell'aula». Come dire: niente nuovo Concilio, niente democrazia nella Chiesa, niente ordini sacri alle donne, niente preti sposati, niente nuova morale sessuale, niente insomma di quella rivoluzione invocata dal cardinale Martini in un suo intervento al sinodo. Non sarà questa l'agenda della Chiesa del XXI secolo. Sottinteso: se avrete me come papa.

    C'è una vecchia ruggine tra Tettamanzi e Martini. Quando quest'ultimo divenne arcivescovo di Milano, nel 1980, Tettamanzi era da vent'anni semplice professore di seminario. E lì Martini lo lasciò confinato. Non se lo portò da Venegono a Milano. Non lo promosse a una cattedra di prestigio nella facoltà teologica. Non lo valorizzò come esperto. Eppure l'uomo aveva talento. Brianzolo puro, nato a Renate, carattere mite e simpatico, studioso solido, s'era specializzato in teologia morale e prediligeva i temi del matrimonio, della sessualità, della bioetica. Proprio i temi che appassionavano il nuovo papa Giovanni Paolo II. Il risultato fu che Tettamanzi, sacrificato a Milano, si rivolse a Roma. Dove trovò subito appoggi. Ai massimi gradi. Papa Karol Wojtyla lo elesse suo ghostwriter nelle materie a lui care, nelle quali la consonanza tra i due era perfetta. Il cardinale Joseph Ratzinger, il teologo tedesco divenuto prefetto della congregazione per la dottrina della fede, lo prese tra i suoi consulenti più ascoltati. Un altro cardinale di peso, Jozef Tomko, slovacco, dal 1985 prefetto di Propaganda Fide, legò con lui e premette perché lasciasse Milano alla volta di Roma.

    Inoltre a Roma c'era la Cei, la Conferenza episcopale italiana, retta dal 1986 da un segretario di grande avvenire, Camillo Ruini, anche lui nelle grazie del papa. Un anno dopo, nel 1987, il gran passo è compiuto. Tettamanzi si trasferisce a Roma, ufficialmente come rettore del Pontificio seminario lombardo di piazza Santa Maria Maggiore, in realtà per lavorare sodo al servizio del papa, del Sant'Uffizio e della Cei.

    E da lì la sua carriera è un crescendo con fuoco. Nel 1989 eccolo promosso vescovo, ad Ancona. Dove resta poco, perché Ruini, divenuto nel frattempo cardinale vicario del papa e presidente della Cei, lo richiama a Roma nel 1991 come segretario della conferenza dei vescovi. Nel 1995 eccolo ritornare al nord, non a Milano, però, ma a Genova, fatto arcivescovo della diocesi che fu del cardinale Giuseppe Siri, altro papabile giunto a un soffio dall'essere eletto nel conclave del 1978 da cui poi uscì papa Karol Wojtyla. Lo stesso anno è anche nominato vicepresidente della Cei, sempre retta dal suo patrono e amico Ruini. Nel 1998 è fatto cardinale, nomina che lo abilita a entrare in conclave.

    Il seguito è la storia della sua candidatura a successore di Giovanni Paolo II. Nessun lancio roboante, ma una tessitura sapiente e paziente. Ad esempio legando con la comunità di Sant'Egidio e con l'Opus Dei, che sono le due più efficienti macchine da voto in vista del conclave. Di Sant'Egidio ha ospitato a Genova lo scorso novembre l'annuale meeting interreligioso. Quanto all'Opus, non perde occasione per scriverne bene (l'ha fatto due volte negli ultimi mesi sul quotidiano "La Stampa") o per duettare con qualche suo esponente di spicco. Ha fatto scrivere la prefazione a uno dei suoi ultimi libri ad Antonio Fazio, governatore della Banca d'Italia e cooperatore dell'Opus. E il 15 febbraio di quest'anno è comparso a Segrate al fianco di Leonardo Mondadori, editore opusdeista, a lanciare la nuova collana di libri "Uomini e religioni".

    A Genova dà buona prova di sé, come uomo di governo. Tipi opposti come don Andrea Gallo, il prete dell'angiporto, e don Gianni Baget Bozzo, il consigliere di Silvio Berlusconi, lo stimano entrambi. Anche in politica ha fama d'imparziale. E come papa? Di certo non sposerà la linea d'un Martini. L'ha detto. Ma nemmeno vuole ripetere l'irripetibile Giovanni Paolo II. Cosa farà di suo è un mistero.
  • OFFLINE
    Ratzigirl
    Post: 237
    Registrato il: 10/05/2005
    Utente Junior
    00 25/05/2005 23:06
    Le spettacolari liturgie di mons. Marini e l'ostacolo tv.
    Nuove liturgie. A monsignor Marini non piace la tv
    È il potente regista delle cerimonie papali. C´è chi lo critica, ma lui dà la colpa alla televisione. Lo fa in un articolo su "La Civiltà Cattolica"

    di Sandro Magister




    ROMA -È stato definito "il liturgista del secolo". Ma monsignor Piero Marini (a destra nella foto) non è affatto contento di come vanno le cose di cui è maestro: le celebrazioni liturgiche pontificie.

    La regia di queste celebrazioni è tutta sua e ne va fiero. Ma c´è un´altra regia che gli sfugge, quella televisiva. E siccome le liturgie papali sono viste molto più in tv che dal vivo, il guaio gli appare serio.


    Il maestro delle celebrazioni pontificie definisce il suo lavoro "come una regia liturgica con la quale la regia televisiva è obbligata a mettersi in sintonia".

    Non sempre però questo avviene, osserva "La Civiltà Cattolica":

    "Alcuni inconvenienti sono stati individuati e neutralizzati già da tempo; altri ancora persistono. Una volta, per esempio, nelle messe teletrasmesse dal Vaticano, al momento della consacrazione l´attenzione della telecamera cadeva inevitabilmente sulla guardia svizzera che, in alta uniforme, alabarda in pugno, piegava il ginocchio a terra. Ora non accade più. Qualcuno ha spiegato ai tecnici della televisione che, nel momento centrale della celebrazione, non è giusto sviare l´attenzione da ciò che fa il celebrante per concentrarla su un particolare molto vivace per quanto riguarda il colore, ma di scarso rilievo sul piano del significato. Era una cosa facile da capire e, alla fine, la si è capita".

    Il peggio è ravvisato nelle colonne sonore:

    "Commenti e ´servizi riempitivi´ dilagano sempre più nel corso di trasmissioni televisive dedicate alle celebrazioni del papa. Si salvano a malapena il canto del Gloria, quello del Credo e la preghiera eucaristica. Dei canti che accompagnano la presentazione delle offerte e la comunione non si riesce a sentire una sola nota. Una trasmissione che, qualora fosse fatta a regola d´arte, potrebbe comunicare emozioni estetiche e religiose di elevata intensità, viene così ridotta alla stregua non già di un servizio giornalistico formalmente corretto, ma di un programma di intrattenimento che si colloca parassitariamente a ridosso di un evento liturgico presieduto dal pontefice".

    Dalla lettura dell´articolo risulta che l´unica imputata è la televisione con la sua "accanita ricerca di audience". "Una certa sciatteria, un po´ di chiacchiere gettate là alla rinfusa, un girovagare senza meta della telecamera sospesa a mezz´aria": tutto per solleticare un pubblico dai gusti facili.

    Ma la regia liturgica? Non una riga di autocritica, non un dubbio. Eppure questo è uno dei punti più controversi dell´intero dopoconcilio.

    In un precedente articolo di Fantuzzi su "La Civiltà Cattolica" (1999 III 168-180, "Celebrazioni liturgiche pontificie, radio e tv"), monsignor Marini diceva:

    "Nella vecchia liturgia, in vigore prima del Concilio Vaticano II, il ruolo del cerimoniere consisteva nell´applicare una serie di norme rigide, che non potevano essere cambiate. Oggi non si può organizzare una celebrazione senza prima aver pensato: chi celebra, cosa si celebra, dove si celebra... La celebrazione è il punto verso il quale convergono elementi diversi reciprocamente coordinati sotto la guida di quello spirito di adattamento che è l´anima della riforma postconciliare. Si tratta dunque di prevedere e progettare la celebrazione in vista del risultato che si vuole ottenere. Non si può pensare, per esempio, a un´azione liturgica senza tenere conto degli spazi entro i quali si svolgerà, dei canti che verranno eseguiti... Tutto ciò che si pensa e che si predispone in vista di una celebrazione può essere considerato come una vera e propria regia. Ci si trova ad agire, in qualche modo su un palcoscenico. La liturgia è anche spettacolo".

    E gli "spettacoli" di maggiore successo, talora con più di un miliardo di spettatori in mondovisione, sono proprio le liturgie papali a Roma e nel mondo. Nell´intervista che ha dato lo scorso 20 giugno a John L. Allen del "National Catholic Reporter", Marini sottolinea che da sempre le liturgie papali "sono punto di riferimento per l´intera Chiesa", modello universale.

    E Allen fa notare che, in effetti, "più gente ha visto le messe pianificate da Marini che da qualsiasi altro liturgista al mondo; il che gli dà un enorme potere nel modellare l´idea pubblica di ciò che è la liturgia cattolica".


    I suoi criteri di lavoro, dice, sono due: "un lavoro di ripulitura della liturgia dalle incrostazioni che le si sono sovrapposte nei secoli", e "l´inculturazione".

    Quanto alla ripulitura, però, alcuni gli contestano d´aver eliminato anche autentici tesori come il canto gregoriano e la polifonia. Per sua volontà il coro della Cappella Sistina è stato ridotto a un´ombra della gloria che fu. Ad accompagnare le liturgie papali si avvicendano oggi cori forestieri e improvvisati, pronti a versare cospicue offerte pur di comparire in tv. In Vaticano, il più forte critico di questa metamorfosi liturgico-musicale è il cardinale Joseph Ratzinger.

    Quanto all´"inculturazione", obiettivo di Marini è "aprire la liturgia ai nuovi popoli dell´America Latina, dell´Africa e dell´Asia", riprendendo dalle loro tradizioni "musica, linguaggio e movimento fisico".

    Sta di fatto che numerose volte le scelte adottate da Marini sono state criticate. Specie quando ha introdotto dei riti d´origine pagana nelle cerimonie papali. Anche l´inedito rituale di apertura della porta santa nell´ultimo giubileo - con danzatrici orientali attorno al papa ammantato di colori rutilanti - è stato oggetto di critica.

    Eppure quella cerimonia è stata una delle più riuscite integrazioni tra regia liturgica e regia televisiva. Quella volta, almeno, Marini non poteva dar la colpa alla tv.
  • OFFLINE
    Ratzigirl
    Post: 275
    Registrato il: 10/05/2005
    Utente Junior
    00 27/05/2005 02:51
    Quando Papa Ratzinger (allora Cardinale) alzò la voce
    La protesta di Ratzinger: "Questa messa è uno spettacolo"
    Chitarre, battimani, altari posticci. Nuove liturgie alla deriva. In un libro, il cardinale Ratzinger lancia l'allarme: l'intrattenimento ha preso il posto di Dio


    di Sandro Magister




    È universalmente conosciuto come il più grosso cambiamento introdotto nella Chiesa cattolica dal Concilio Vaticano II. La nuova liturgia. Ovvero la messa in lingua moderna. Gli altari girati verso il popolo. I canti con la chitarra. Per una Chiesa più creativa, partecipata, dal volto umano...

    Alt. C'è un cardinale, di nome Joseph Ratzinger, che a proposito di liturgia sta facendo come Mosé. È sceso giù dal monte. Ha visto lo sconquasso. E adesso ha deciso di denunciare l'inganno. Credevate di creare la nuova liturgia. In realtà vi siete costruito il vostro vitello d'oro. Invece che adorare Dio, idoleggiate voi stessi.

    Ratzinger non è un signor nessuno. È il supremo custode della retta dottrina, il maestro di teologia che Giovanni Paolo II ha messo a capo del Sant'Uffizio. Affida la sua requisitoria a un libro di 240 pagine pubblicato in più lingue, in Italia stampato dalla San Paolo e in vendita in questi giorni, dal titolo: "Introduzione allo spirito della liturgia".

    Già da diversi anni Ratzinger covava tempesta. Quella volta che il papa, in viaggio in Nicaragua, ebbe la messa sconvolta dai cori rivoluzionari dei sandinisti, concluse che s'era passato il segno. Sbottò: «La "missa nicaraguensis" non ha più nulla del mistero di fede. È milizia terrena, arbitrio, artificio, falsità». Nel libro l'invettiva cede il passo all'argomentazione colta. E prende di mira non le punte estreme, ma il mood diffuso, generalizzato, delle liturgie postconciliari.




    La furia iconoclasta della nuova liturgia, scrive Ratzinger, «ha sì spazzato via dalle chiese tanto Kitsch e molte opere indegne, ma si è anche lasciata dietro un vuoto di cui ormai si percepisce la miseria». Per la musica sacra idem: il Gregoriano, Palestrina e Bach sono finiti in un ghetto. Mentre dilagano anche nelle chiese gli stili pop e rock, «eco di un controculto che si oppone al culto cristiano».

    Anche l'architettura delle chiese, che in antico fu sapientemente modellata sulle radici del Vecchio e Nuovo Testamento, è stata stravolta. Alla messa si danno nomi nuovi: la si chiama semplicemente cena, o assemblea. E la si celebra su tavoli improvvisati, col «presidente dell'assemblea» che si rivolge ai fedeli, invece che umilmente a Oriente, alla luce adorata del Cristo che è venuto, viene e verrà.

    Un risultato di questo sconvolgimento, sostiene Ratzinger, è tutto l'opposto della tanto decantata partecipazione collettiva al rito. «È una clericalizzazione della Chiesa quale non si era mai data in precedenza». Col sacerdote a far da perno di questa frenesia attivistica. E tutti che dimenticano il vero «attore» centrale della liturgia cristiana: Dio.

    Quando poi durante la messa si danza e si applaude, Ratzinger taglia corto: «Questa non è più liturgia. È intrattenimento».
  • OFFLINE
    Ratzigirl
    Post: 302
    Registrato il: 10/05/2005
    Utente Senior
    00 28/05/2005 02:10
    Il giallo del testamento di Karol
    Il testamento del Papa resta un giallo
    Navarro Valls: «Nessuna disposizione scritta per le esequie».

    di Marco Moussanet





    Forse oggi. Dovrebbe essere svelato questa mattina, durante la terza Congregazione generale del Collegio cardinalizio, il " giallo" del testamento di Giovanni Paolo II.
    Ed « eventualmente di altri documenti lasciati dal Papa » , per usare le parole del direttore della sala stampa vaticana, Joaquin Navarro Valls. Testi che a qualcuno, almeno in parte, dovrebbero in realtà essere noti ( l'agenzia Adnkronos citava ieri sera il segretario personale del Pontefice, il polacco Stanislaw Dziwisz, il sostituto della Segreteria di Stato, l'argentino Leonardo Sandri, e il camerlengo, lo spagnolo Martinez Sòmalo). Tanto da poter garantire che il Pontefice « non ha lasciato disposizioni testamentarie » sul luogo della sepoltura. Ma che non sono stati " letti" davanti ai cardinali.
    « Non so se ci sono altri documenti oltre al testamento » , ha spiegato ieri Navarro.
    Aggiungendo che « lo sapremo solo quando questi documenti entreranno in possesso del decano, il cardinale Joseph Ratzinger, e quindi della Congregazione generale » . Perché il testamento e gli « altri eventuali documenti » non sono ancora stati " aperti" non è dato sapere. Evidenti sono invece le ragioni che giustificano l'interesse per questi testi. D'un lato per il messaggio che potrebbero contenere. Dall'altro perché potrebbe finalmente essere chiarita la questione del cardinale in pectore, annunciato da Giovanni Paolo II dopo il Concistoro dell'ottobre 2003. Il suo nome non è mai stato rivelato e al riguardo si sono moltiplicate le supposizioni.
    L'ipotesi più probabile è che si tratti di un alto prelato di una Chiesa " perseguitata", di una Chiesa " del silenzio". Si è parlato in particolare di Cina o forse Vietnam.
    L'intento, in questo caso, sarebbe quello di tutelare il prelato, di evitargli ritorsioni. Ma forse anche di non mettere la Chiesa in una situazione imbarazzante dal punto di vista dei rapporti diplomatici. In attesa, magari, di tempi migliori, più opportuni.
    In questi mesi c'è però chi ha rilanciato la possibilità che il cardinale in pectore sia proprio Dziwisz.
    Già nominato vescovo e arcivescovo tra le perplessità e i malumori di parte della Curia romana. « È possibile che su questo punto — ha detto ieri Navarro — ci sia qualcosa nel testamento, o in altri documenti eventualmente lasciati, che potrebbero essere letti domani mattina ( oggi per chi legge) in Congregazione generale. Per il momento al riguardo non si sa ancora nulla » . Si tratta di una vicenda ininfluente dal punto di vista del Conclave, ma intrigante per capire quanto avviene nelle felpate sale dei palazzi di Città del Vaticano. E sul versante delle regole. È infatti controverso che basti uno scritto, sia pure di pugno del Pontefice, a ufficializzare la nomina del cardinale in pectore.
    Per questa mattina è attesa anche la decisione della Congregazione ( che si riunisce nell'aula del Sinodo e che ieri era composta da 88 dei 91 cardinali già arrivati a Roma da tutto il mondo) sulla data d'inizio del Conclave. Al quale non parteciperà il cardinale filippino Jaime Sin, malato.
    Si succedono, intanto, le prese di posizione degli elettori ( e candidati). I quali — pur rimettendosi allo Spirito Santo, cui spetta guidare le decisioni del Conclave — non disdegnano esprimere opinioni e auspici. Il dominicano Nicolas de Jesus Lopez Rodriguez è ritornato all'attacco sull'ipotesi latinoamericana: « Non è certo un caso che il primo viaggio internazionale di Giovanni Paolo II, nel 1979, sia stato nella Repubblica Dominicana e in Messico. E che Papa Wojtyla abbia definito l'America latina " continente della speranza". Si vede che aveva chiara coscienza dell'importanza di questa Chiesa » .
    « Un indimenticabile amico » , ha scritto Fidel Castro sul libro esposto nella Nunziatura apostolica dell'Avana, prima di partecipare alla messa in ricordo del Pontefice scomparso. E non è certo un caso che dal Brasile arrivino per i funerali, insieme a Lula, anche i due ex presidenti Cardoso e Sarney. L'offensiva diplomatica continua.
    Mentre il cardinale ivoriano Bernard Agré ha provveduto a escludere la peraltro improbabilissima ipotesi di un Pontefice africano. « Psicologicamente e spiritualmente — ha detto il settantanovenne Agré — l'Occidente non è ancora pronto per un Papa nero » . Nella lista dei " papabili" rispunta invece il nome di Carlo Maria Martini, seppure il suo stato di salute non sia dei migliori. L'ex arcivescovo di Milano, che da settembre del 2002 si divide tra Gerusalemme e Galloro ( nei pressi di Ariccia, dove la " sua" Compagnia di Gesù ha una casa per gli esercizi spirituali), potrebbe essere un ideale Papa di transizione.
    Ha la stessa età di Ratzinger ( 78 anni) e risponderebbe quindi all'esigenza di alternare un Pontefice anziano a uno " giovane". A suo tempo ha fatto un passo indietro, come aveva più volte chiesto a Giovanni Paolo II, ritirandosi a « pregare e studiare » . Ed evitando così di trasformarsi in uomo di potere.
    Scelta che oggi potrebbe giovargli facendo convergere su di lui, qualora risultasse impraticabile la strada del candidato latino americano, molti voti delle Chiese giovani, extraeropee. Che in lui potrebbero vedere non il ritorno a un passato fatto di Papi italiani, ma il progressista, l'innovatore. Anche per quanto riguarda il tema della collegialità, di un maggiore coinvolgimento dei vescovi nelle decisioni della Santa Sede.
    Chiunque sarà il nuovo Pontefice, la sua elezione verrà annunciata anche dalle campane di San Pietro suonate a festa. Per evitare incertezze sul colore della fumata, come avvenne nel ' 78 con Giovanni Paolo I.


  • OFFLINE
    Ratzigirl
    Post: 346
    Registrato il: 10/05/2005
    Utente Senior
    00 29/05/2005 20:48
    Il segreto di Fatima - Secondo il cardinale Ratzinger
    Fatima. Il commento di Ratzinger



    Ecco il commento teologico alla “profezia” di Fatima scritto dal cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della congregazione vaticana per la dottrina della fede, e diffuso assieme al testo del terzo “segreto”:

    Il commento è fatto di una brevissima introduzione e di tre capitoli. Ecco l’introduzione:

    «Chi legge con attenzione il testo del cosiddetto terzo “segreto” di Fatima, che dopo lungo tempo per disposizione del Santo Padre viene pubblicato nella sua interezza, resterà presumibilmente deluso o meravigliato dopo tutte le speculazioni che sono state fatte. Nessun grande mistero viene svelato; il velo del futuro non viene squarciato. Vediamo la Chiesa dei martiri del secolo ora trascorso rappresentata mediante una scena descritta con un linguaggio simbolico di difficile decifrazione. E questo ciò che la Madre del Signore voleva comunicare alla cristianità, all'umanità in un tempo di grandi problemi e angustie? Ci è di aiuto all'inizio del nuovo millennio? Ovvero sono forse solamente proiezioni del mondo interiore di bambini, cresciuti in un ambiente di profonda pietà, ma allo stesso tempo sconvolti dalle bufere che minacciavano il loro tempo? Come dobbiamo intendere la visione, che cosa pensarne?».

    Segue il primo capitolo: “Rivelazione pubblica e rivelazioni private”. Il secondo: “La struttura antropologica delle rivelazioni private”. E infine il terzo, quello clou: “Un tentativo di interpretazione del ‘segreto’ di Fatima”. Eccolo, per intero:

    «La prima e la seconda parte del “segreto” di Fatima sono già state discusse così ampiamente dalla letteratura relativa, che non devono qui essere illustrate ancora una volta. Vorrei solo brevemente richiamare l'attenzione sul punto più significativo. I bambini hanno sperimentato per la durata di un terribile attimo una visione dell'inferno. Hanno veduto la caduta delle «anime dei poveri peccatori». Ed ora viene loro detto perché sono stati esposti a questo istante: per «salvarle» — per mostrare una via di salvezza. Viene in mente la frase della prima lettera di Pietro: «meta della vostra fede è la salvezza delle anime» (1, 9). Come via a questo scopo viene indicato — in modo sorprendente per persone provenienti dall'ambito culturale anglosassone e tedesco —: la devozione al Cuore Immacolato di Maria. Per capire questo può bastare qui una breve indicazione. «Cuore» significa nel linguaggio della Bibbia il centro dell'esistenza umana, la confluenza di ragione, volontà, temperamento e sensibilità, in cui la persona trova la sua unità ed il suo orientamento interiore. Il «cuore immacolato» è secondo Mt 5, 8 [«Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio», ndr] un cuore, che a partire da Dio è giunto ad una perfetta unità interiore e pertanto «vede Dio». «Devozione» al Cuore Immacolato di Maria pertanto è avvicinarsi a questo atteggiamento del cuore, nel quale il fiat — «sia fatta la tua volontà» — diviene il centro informante di tutta quanta l'esistenza. Se qualcuno volesse obiettare che non dovremmo però frapporre un essere umano fra noi e Cristo, allora si dovrebbe ricordare che Paolo non ha timore di dire alle sue comunità: imitatemi (1 Cor 4, 16; Fil 3, 17; 1 Tess 1, 6; 2 Tess 3, 7.9). Nell'apostolo esse possono verificare concretamente che cosa significa seguire Cristo. Da chi però noi potremmo in ogni tempo imparare meglio se non dalla Madre del Signore?

    Arriviamo così finalmente alla terza parte del “segreto” di Fatima qui per la prima volta pubblicato integralmente. Come emerge dalla documentazione precedente, l'interpretazione, che il Cardinale Sodano ha offerto nel suo testo del 13 maggio, è stata dapprima presentata personalmente a Suor Lucia. Suor Lucia al riguardo ha innanzitutto osservato che ad essa era stata data la visione, ma non la sua interpretazione. L'interpretazione, diceva, non compete al veggente, ma alla Chiesa. Essa però dopo la lettura del testo ha detto che questa interpretazione corrispondeva a quanto essa aveva sperimentato e che essa da parte sua riconosceva questa interpretazione come corretta. In quanto segue quindi si potrà solo cercare di dare un fondamento in maniera approfondita a questa interpretazione a partire dai criteri finora sviluppati.

    Come parola chiave della prima e della seconda parte del “segreto” abbiamo scoperto quella di «salvare le anime», così la parola chiave di questo “segreto” è il triplice grido: «Penitenza, Penitenza, Penitenza!». Ci ritorna alla mente l'inizio del Vangelo: «paenitemini et credite evangelio» (Mc 1, 15). Comprendere i segni del tempo significa: comprendere l'urgenza della penitenza - della conversione - della fede. Questa è la risposta giusta al momento storico, che è caratterizzato da grandi pericoli, i quali verranno delineati nelle immagini successive. Mi permetto di inserire qui un ricordo personale; in un colloquio con me Suor Lucia mi ha detto che le appariva sempre più chiaramente come lo scopo di tutte quante le apparizioni sia stato quello di far crescere sempre più nella fede, nella speranza e nella carità — tutto il resto intendeva solo portare a questo.

    Esaminiamo ora un poco più da vicino le singole immagini. L'angelo con la spada di fuoco a sinistra della Madre di Dio ricorda analoghe immagini dell'Apocalisse. Esso rappresenta la minaccia del giudizio, che incombe sul mondo. La prospettiva che il mondo potrebbe essere incenerito in un mare di fiamme, oggi non appare assolutamente più come pura fantasia: l'uomo stesso ha preparato con le sue invenzioni la spada di fuoco. La visione mostra poi la forza che si contrappone al potere della distruzione — lo splendore della Madre di Dio, e, proveniente in un certo modo da questo, l'appello alla penitenza. In tal modo viene sottolineata l'importanza della libertà dell'uomo: il futuro non è affatto determinato in modo immutabile, e l'immagine, che i bambini videro, non è affatto un film anticipato del futuro, del quale nulla potrebbe più essere cambiato. Tutta quanta la visione avviene in realtà solo per richiamare sullo scenario la libertà e per volgerla in una direzione positiva. Il senso della visione non è quindi quello di mostrare un film sul futuro irrimediabilmente fissato. Il suo senso è esattamente il contrario, quello di mobilitare le forze del cambiamento in bene. Perciò sono totalmente fuorvianti quelle spiegazioni fatalistiche del “segreto”, che ad esempio dicono che l'attentatore del 13 maggio 1981 sarebbe stato in definitiva uno strumento del piano divino guidato dalla Provvidenza e che pertanto non avrebbe potuto agire liberamente, o altre idee simili che circolano. La visione parla piuttosto di pericoli e della via per salvarsi da essi.

    Le frasi seguenti del testo mostrano ancora una volta molto chiaramente il carattere simbolico della visione: Dio rimane l'incommensurabile e la luce che supera ogni nostra visione. Le persone umane appaiono come in uno specchio. Dobbiamo tenere continuamente presente questa limitazione interna della visione, i cui confini vengono qui visivamente indicati. Il futuro si mostra solo «come in uno specchio, in maniera confusa» (cfr 1 Cor 13, 12). Prendiamo ora in considerazione le singole immagini, che seguono nel testo del “segreto”. Il luogo dell'azione viene descritto con tre simboli: una ripida montagna, una grande città mezza in rovina e finalmente una grande croce di tronchi grezzi. Montagna e città simboleggiano il luogo della storia umana: la storia come faticosa ascesa verso l'alto, la storia come luogo dell'umana creatività e convivenza, ma allo stesso tempo come luogo delle distruzioni, nelle quali l'uomo annienta l'opera del suo proprio lavoro. La città può essere luogo di comunione e di progresso, ma anche luogo del pericolo e della minaccia più estrema. Sulla montagna sta la croce — meta e punto di orientamento della storia. Nella croce la distruzione è trasformata in salvezza; si erge come segno della miseria della storia e come promessa per essa.

    Appaiono poi qui delle persone umane: il vescovo vestito di bianco («abbiamo avuto il presentimento che fosse il Santo Padre»), altri vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose e finalmente uomini e donne di tutte le classi e gli strati sociali. Il Papa sembra precedere gli altri, tremando e soffrendo per tutti gli orrori, che lo circondano. Non solo le case della città giacciono mezze in rovina — il suo cammino passa in mezzo ai cadaveri dei morti. La via della Chiesa viene così descritta come una Via Crucis, come un cammino in un tempo di violenza, di distruzioni e di persecuzioni. Si può trovare raffigurata in questa immagine la storia di un intero secolo. Come i luoghi della terra sono sinteticamente raffigurati nelle due immagini della montagna e della città e sono orientati alla croce, così anche i tempi sono presentati in modo contratto: nella visione noi possiamo riconoscere il secolo trascorso come secolo dei martiri, come secolo delle sofferenze e delle persecuzioni della Chiesa, come il secolo delle guerre mondiali e di molte guerre locali, che ne hanno riempito tutta la seconda metà ed hanno fatto sperimentare nuove forme di crudeltà. Nello « specchio » di questa visione vediamo passare i testimoni della fede di decenni. Al riguardo sembra opportuno menzionare una frase della lettera che Suor Lucia scrisse al Santo Padre il 12 maggio 1982: «La terza parte del “segreto” si riferisce alle parole di Nostra Signora: “Se no (la Russia) spargerà i suoi errori per il mondo, promuovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa. I buoni saranno martirizzati, il Santo Padre avrà molto da soffrire, varie nazioni saranno distrutte”».

    Nella Via Crucis di un secolo la figura del Papa ha un ruolo speciale. Nel suo faticoso salire sulla montagna possiamo senza dubbio trovare richiamati insieme diversi Papi, che cominciando da Pio X fino all'attuale Papa hanno condiviso le sofferenze di questo secolo e si sono sforzati di procedere in mezzo ad esse sulla via che porta alla croce. Nella visione anche il Papa viene ucciso sulla strada dei martiri. Non doveva il Santo Padre, quando dopo l'attentato del 13 maggio 1981 si fece portare il testo della terza parte del “segreto”, riconoscervi il suo proprio destino? Egli era stato molto vicino alla frontiera della morte ed egli stesso ha spiegato la sua salvezza con le seguenti parole: «... fu una mano materna a guidare la traiettoria della pallottola e il Papa agonizzante si fermò sulla soglia della morte» (13 maggio 1994). Che qui una «mano materna» abbia deviato la pallottola mortale, mostra solo ancora una volta che non esiste un destino immutabile, che fede e preghiera sono potenze, che possono influire nella storia e che alla fine la preghiera è più forte dei proiettili, la fede più potente delle divisioni.

    La conclusione del “segreto” ricorda immagini, che Lucia può avere visto in libri di pietà ed il cui contenuto deriva da antiche intuizioni di fede. E una visione consolante, che vuole rendere permeabile alla potenza risanatrice di Dio una storia di sangue e lacrime. Angeli raccolgono sotto i bracci della croce il sangue dei martiri e irrigano così le anime, che si avvicinano a Dio. Il sangue di Cristo ed il sangue dei martiri vengono qui considerati insieme: il sangue dei martiri scorre dalle braccia della croce. Il loro martirio si compie in solidarietà con la passione di Cristo, diventa una cosa sola con essa. Essi completano a favore del corpo di Cristo, ciò che ancora manca alle sue sofferenze (cfr Col 1, 24). La loro vita è divenuta essa stessa eucaristia, inserita nel mistero del chicco di grano che muore e diventa fecondo. Il sangue dei martiri è seme di cristiani, ha detto Tertulliano. Come dalla morte di Cristo, dal suo costato aperto, è nata la Chiesa, così la morte dei testimoni è feconda per la vita futura della Chiesa. La visione della terza parte del “segreto”, così angustiante al suo inizio, si conclude quindi con una immagine di speranza: nessuna sofferenza è vana, e proprio una Chiesa sofferente, una Chiesa dei martiri, diviene segno indicatore per la ricerca di Dio da parte dell'uomo. Nelle amorose mani di Dio non sono accolti soltanto i sofferenti come Lazzaro, che trovò la grande consolazione e misteriosamente rappresenta Cristo, che volle divenire per noi il povero Lazzaro; vi è qualcosa di più: dalla sofferenza dei testimoni deriva una forza di purificazione e di rinnovamento, perché essa è attualizzazione della stessa sofferenza di Cristo e trasmette nel presente la sua efficacia salvifica.

    Siamo così giunti ad un'ultima domanda: Che cosa significa nel suo insieme (nelle sue tre parti) il “segreto” di Fatima? Che cosa dice a noi? Innanzitutto dobbiamo affermare con il Cardinale Sodano: « ...Le vicende a cui fa riferimento la terza parte del “segreto” di Fatima sembrano ormai appartenere al passato». Nella misura in cui singoli eventi vengono rappresentati, essi ormai appartengono al passato. Chi aveva atteso eccitanti rivelazioni apocalittiche sulla fine del mondo o sul futuro corso della storia, deve rimanere deluso. Fatima non ci offre tali appagamenti della nostra curiosità, come del resto in generale la fede cristiana non vuole e non può essere pastura per la nostra curiosità. Ciò che rimane l'abbiamo visto subito all'inizio delle nostre riflessioni sul testo del “segreto”: l'esortazione alla preghiera come via per la «salvezza delle anime» e nello stesso senso il richiamo alla penitenza e alla conversione.

    Vorrei alla fine riprendere ancora un'altra parola chiave del “segreto” divenuta giustamente famosa: «il Mio Cuore Immacolato trionferà». Che cosa significa? Il Cuore aperto a Dio, purificato dalla contemplazione di Dio è più forte dei fucili e delle armi di ogni specie. Il fiat di Maria, la parola del suo cuore, ha cambiato la storia del mondo, perché essa ha introdotto in questo mondo il Salvatore — perché grazie a questo «Sì» Dio poteva diventare uomo nel nostro spazio e tale ora rimane per sempre. Il maligno ha potere in questo mondo, lo vediamo e lo sperimentiamo continuamente; egli ha potere, perché la nostra libertà si lascia continuamente distogliere da Dio. Ma da quando Dio stesso ha un cuore umano ed ha così rivolto la libertà dell'uomo verso il bene, verso Dio, la libertà per il male non ha più l'ultima parola. Da allora vale la parola: «Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo» (Gv 16, 33). Il messaggio di Fatima ci invita ad affidarci a questa promessa».
  • OFFLINE
    RATZGIRL
    Post: 46
    Registrato il: 14/05/2005
    Utente Junior
    00 29/05/2005 23:12
    Molto interessante l'articolo,e molto bella la foto.[SM=g27811]
    RATZI FOREVER

    Suor RATZGIRL
    Ordine Benedettino delle Suore delle Sante Coccole al Romano Pontefice
  • OFFLINE
    Ratzigirl
    Post: 358
    Registrato il: 10/05/2005
    Utente Senior
    00 30/05/2005 14:39
    Intervista a Padre Amorth, esorcista per eccellenza
    Dalle messe nere alla black metal: l´ultima tentazione di Satana
    Culti infernali, droga, delitti: il satanismo giovanile miete vittime in Italia. Le sue organizzazioni e la sua subcultura. Gli esorcismi del papa e l´opinione di un esorcista famoso, padre Gabriele Amorth






    ROMA - Fabio, 16 anni, si era messo con le Bestie di Satana, si imbucava a Milano nelle birrerie dark dietro Porta Romana, cantava black metal nel Circus of Satanis e sul suo diario scriveva che "risorgeranno gli antichi con a capo il signore delle tenebre".

    Invece, da una fossa nei boschi di Somma Lombardo, è uscito il suo corpo martoriato, accanto a quello di Chiara, 19 anni, anche lei del gruppo. Quando scomparvero era il 17 gennaio 1998. Ci sono voluti più di sei anni e un´altra ragazza, Mariangela, uccisa con una pistolettata e un badile lo scorso 24 gennaio, e altre quattro morti sospette, e la cattura di Andrea con la sua confessione, e poi quella di Nicola e Pietro e Mario ed Elisabetta, perché si scoperchiasse l´inferno.

    Satana è tornato. Ma a modo suo c´è sempre stato. Il 6 giugno 2000 è stata un´altra delle sue giornate più nere ed ambigue, in Italia. A Chiavenna tre ragazzine tra i 16 e i 17 anni, Ambra, Veronica e Milena, con tanta voglia di rompere la noia, infatuate dalle canzoni di Marilyn Manson e attratte da satanismi alla moda, tendono un agguato alla suora più benvoluta del paese, suor Maria Laura Mainetti, e l´uccidono con diciannove coltellate: per sbaglio una in più della regola che dice sei più sei più sei, il numero simbolo del principe delle tenebre.

    Lo stesso giorno, a Modena, il tribunale commina da due a quattordici anni di carcere a quindici uomini della Bassa Padana per riti satanici con violenze a bambini. Un prete, don Giorgio Govoni, amatissimo dai suoi parrocchiani, era anche lui tra gli accusati, ma era morto d´infarto poco dopo l´arringa del pubblico ministero. L´anno seguente, la corte d´appello di Bologna l´avrebbe totalmente scagionato. Caduta a pezzi la montatura dei riti satanici di gruppo, s´era accertato che il solo vero delitto erano le violenze ad alcuni bambini commesse da sette dei condannati, non nei cimiteri ma in casa e in famiglia.

    Satana è il principe dell´inganno. Anche quando compare, non sai mai se è autentico. Charles Manson, uno dei più celebri suoi adoratori, l´uomo che nel 1969 uccise l´attrice Sharon Tate, moglie del regista Roman Polanski, tirò in mezzo Satana solo dopo il delitto, per magnificare col suo marchio la strage. E in effetti il suo processo ottenne un memorabile trionfo sui media.

    Un altro caso d´intreccio tra verità e propaganda è quello di Marco Dimitri, fondatore e capo, a Bologna, dei Bambini di Satana. Richiamandosi come a proprio maestro al mago inglese Aleister Crowley, sedicente "uomo più perverso del mondo", Dimitri esalta un Satana simbolico più che personale: "denaro, orgasmo, musica, lesbismo e tradimento". I suoi riti si svolgono tra casolari diroccati e appartamenti di città, con tende nere, teschi e figure diaboliche. I suoi adepti ricevono il marchio di sangue, col 666 della Grande Bestia. Il sesso sfrenato è la regola, incesto compreso. Nel 1992 i carabinieri fanno irruzione nel pieno di un rito. Processo, assoluzione, pubblicità. Dimitri diventa ospite richiestissimo nei talk shaw televisivi: in Italia è l´unico satanista dichiarato e pubblico, i suoi adepti balzano da un paio di dozzine a duecento. Ma è anche più osservato di prima. Nel 1996 è denunciato per atti di violenza carnale su una donna e un bambino, e per sacrifici umani. È arrestato, processato e assolto per questi delitti, ma subisce una condanna per evasione fiscale: faceva pagare per assistere ai suoi riti, e intascava senza dare la ricevuta. Nel 1999 altra perquisizione poliziesca. Dimitri accusa i circoli cattolici attivi contro le sette di perseguitarlo ingiustamente, e scendono in campo in sua difesa gli anonimi libertari bolognesi che si firmano Luther Blisset. Oggi i suoi Bambini di Satana sono pur sempre il gruppo satanista più organizzato e folto d´Italia, ma gli adepti sono scesi a meno di cinquanta. La pubblicità ha giocato per lui a doppio taglio, più contro che a favore.

    C´è un satanismo alto e uno basso. Il primo è organizzato con sedi, pubblicazioni e giornali. In Italia, oltre alla setta di Dimitri, ci sono due Chiese di Satana tra loro scismatiche e un pugno di gruppuscoli minori. In tutto con poco più di duecento affiliati, che nel mondo intero diventano un migliaio. È il satanismo più elaborato, ma anche il più controllabile. È quello che passa nei libri di storia, a cominciare dai suoi esordi alla corte del Re Sole, a metà del Seicento. Fu un´aristocratica parigina, Catherine La Voisin, a inventare le messe nere, perversa parodia della messa cattolica, con esercizi di sesso e sacrifici di bambini sull´altare. Stroncò tutto il gelido capo di polizia di Luigi XIV, Nicholas de la Reynie.

    Un secolo dopo entrarono in scena i vampiri, con la Chiesa cattolica in testa agli scettici. A metà del Settecento, mentre tra i circoli illuminati facevano furore i reportage dalla diabolica Transilvania, a Roma Benedetto XIV, il colto papa Lambertini, denunciava il falso e metteva in guardia i vescovi dal cadere nella macchinazione. Oggi il vampirismo sopravvive in qualche ramo della Chiesa di Satana. Ma gli adepti non succhiano il sangue conficcando i canini nel collo della vittima designata: se lo prelevano e scambiano con poco romantiche siringhe da ospedale.

    Il satanismo odierno ha il suo antesignano in Aleister Crowley e il suo atto di nascita a San Francisco nel 1966, con fondatore il cineasta fallito Anton Szandor LaVey. A Hollywood va subito di moda, e tra i suoi primi aderenti ha l´attrice Jayne Mansfield. LaVey non crede nell´esistenza di Satana, il suo motto è "indulgenza in luogo dell´astinenza", trionfo dei piaceri sregolati, col diavolo come pura metafora. Ma proprio per questo il suo satanismo razionalista produce uno scisma ad opera dei credenti nel Satana vero, capeggiati da Michael Aquino. Questi nel 1975 fonda il Tempio di Set, che con i suoi circa trecento membri è oggi la più grossa setta satanista mondiale.

    Intanto però la fortuna è girata. Sui media del mondo il satanismo non va più nelle pagine delle bizzarrie innocue, ma nelle cronache del terrore planetario. Uno psichiatra cattolico canadese, Lawrence Pazder, porta in Vaticano una sua paziente, Michelle, che sotto terapia ha ripescato dalla propria memoria d´essere stata violentata, quand´era bambina, da satanisti di una setta di dimensione mondiale, d´aver assistito ad atti di cannibalismo e d´aver visto il diavolo comandare il tutto. La tesi di Pazder è che questi ricordi, ricorrenti sotto ipnosi in migliaia di casi analoghi, corrispondano tutti al vero. Il suo libro "Michelle Remembers", del 1980, diventa un best seller. Ma in Vaticano non gli danno retta. Per una volta danno ragione a Freud, che aveva liquidato simili ricordi come fantasie.

    Non è il satanismo alto, ma quello basso, che più preoccupa la Chiesa: il satanismo disordinato e selvaggio che non ha organizzazioni, né indirizzi, né ideologie, ma permea circuiti di pedofili, gang criminali, club sadomaso, soprattutto bande giovanili. Non è il satanismo di Charles Manson, ma piuttosto del suo quasi omonimo Marilyn Manson. Non delle messe nere, ma della musica black metal.

    Il satanismo selvaggio non sa nulla degli elaborati dell´occultismo. Naviga su internet, abita le discoteche, consuma droga, ascolta e riproduce una musica molto particolare. È la musica della Dark Wave: l´ondata tenebrosa, "gotica", partita negli anni Settanta dall´Inghilterra e dagli Stati Uniti con Alice Cooper e i Black Sabbath e presto divenuta una subcultura impastata di sangue, di morte, di macabro, con un suo gergo, un suo abbigliamento rigorosamente sul nero, le sue riviste tipo "Propaganda" e "Ghastly", i suoi scrittori horror tipo Anne Rice, le sue band. Una di quelle più di successo è la Venom, con la compilation "Welcome to Hell", del 1997: "Sono in lega con Satana / Sono cresciuto all´inferno / Cammino per Salem / Tra i morti viventi / Nessuno può dirmi / Cosa è giusto o sbagliato / Bevo sangue di bimbi / Faccio prede la notte".

    Oppure "Carnage" dei Mayhem, nel cd "Live in Leipzig" del 1990: "Magia, sangue, Satana / Faccia a faccia con la morte / Sangue / Fuoco / Tortura / Dolore / Uccidi! / Venti di guerra, venti di odio / Armageddon, voci dall´inferno / Voglia di massacro, voglia di peccato / Vieni e ascolta i canti di Lucifero".

    La black metal è nazistoide, antiebraica, sfrenatamente anticristiana. Un cd del 1995 dei Marduk, svedesi, ha per titolo "Fuck Me Jesus" e per immagine una giovane donna che si masturba con un crocifisso. Specie nell´Europa del nord i suoi fan bruciano chiese, scoperchiano tombe nei cimiteri. Nel 1992 un membro della band black metal Emperor uccide per strada un gay, a Lillehammer, semplicemente perché non sopporta di vederselo passare vicino.

    Giovanni Paolo II intravede questa nuvola tenebrosa, infernale, quando decide, quasi per istinto a metà del suo pontificato, di dedicarsi anima e corpo alle masse giovanili. Le giornate mondiali della gioventù sono la sua crociata contro il fumo di Satana a difesa della purezza delle nuove generazioni. Figli della luce contro figli delle tenebre. Nella Chiesa lo seguono freddi, il diavolo e l´inferno sono capitoli in disuso, gli esorcismi men che meno. Ma anche qui il papa tiene alta la fiaccola. Pratica lui stesso esorcismi, e non in segreto. Affinché il mondo sappia.

    Il primo è del 1978, su richiesta di un famoso esorcista romano che operava alla Scala Santa presso la basilica di San Giovanni in Laterano, padre Candido Amantini.

    Il secondo è del 27 marzo 1982. Il vescovo di Spoleto accompagna dal papa una giovane, Francesca, che al vederlo si agita e grida, ma si acquieta quando Giovanni Paolo II promette: "Domani dirò messa per te". Un anno dopo Francesca tornerà a trovarlo col marito, tranquilla e felice, in attesa di un bambino.

    Il terzo è del 6 settembre 2000. Una ragazza di 19 anni, già sottoposta a esorcismi, esplode come una furia al termine dell´udienza pubblica col papa. Giovanni Paolo II la vuole vicino a sé e le dedica una mezz´ora di preghiere e benedizioni. Anche per lei promette di dire una messa.

    L´indomani, con l´esorcista che l´ha in cura, padre Gabriele Amorth (vedi sotto), la ragazza darà voce cavernosa al demonio: "Nemmeno il papa è stato capace di vincermi". Tre mesi prima, nel segno di Satana, suor Maria Laura era stata accoltellata, a Chiavenna. E Chiara e Fabio erano già sotto terra, nel bosco di Somma Lombardo. La sfida continua.


    __________



    "Se nel diavolo non si crede più, lui è contentissimo"
    Intervista con padre Gabriele Amorth


    Gabriele Amorth (nella foto in alto), 80 anni, è l´esorcista ufficiale più famoso del mondo. Il suo libro "Un esorcista racconta" è stato tradotto in quattordici lingue. Opera a Roma dal 1986, ogni giorno alle prese con Satana. "All´inizio pregai la Madonna: avvolgimi nel tuo manto protettivo. Mi ha esaudito. Dal demonio ho avuto tante minacce, ma mai nessun danno".

    D. - Padre Amorth, prima le tre ragazze di Chiavenna, poi Erica e Omar, e adesso la banda giovanile di Somma Lombardo. È Satana che agisce in loro?

    R. - "Sicuramente sì, i due primi casi li ho studiati bene. Quei ragazzi erano dediti al demonio, leggevano libri satanici. E che ferocia inaudita nei loro atti! Quando una figlia dà novantasette coltellate alla propria madre non si può non vedere all´opera il principe delle tenebre".

    D. - Ci sono tempi in cui Satana è più attivo che in altri?
    R. - "In via ordinaria Satana è sempre attivo. È tentatore fin dal principio. Fa di tutto perché l´uomo pecchi e ogni volta che viene compiuto del male c´è sempre lui dietro, fermo restando che è l´uomo a decidere liberamente i suoi atti. Ma poi c´è anche un´azione straordinaria del maligno: e questa è il possesso diabolico".

    D. - Sono frequenti i casi di possessione?
    R. - "No, sono rari. Ma mi è impossibile dare cifre precise. I casi di vera possessione diabolica che ho in cura sono parecchi, ma è perché a me arrivano i casi più difficili, non risolti da altri esorcisti. Nei primi anni della mia attività, quando accoglievo tutti senza filtro, la stragrande maggioranza erano malati psichici, senza il demonio di mezzo".

    D. - Da che cosa capisce che uno è indemoniato?

    R. - "Lo capisco durante la cura, non prima. Un sintomo inequivocabile è la violentissima, viscerale avversione a tutto ciò che è sacro. Ricordo un padre che temeva d´avere un figlio posseduto dal demonio e un giorno, mentre erano assieme a tavola, disse mentalmente per lui un´Ave Maria. Il ragazzo proruppe in un grido: ´Papà, no, taci!´. Poi c´è il parlare in lingue sconosciute, c´è l´esplodere di una forza sovrumana, c´è la levitazione: tutte cose che avvengono durante gli esorcismi".

    D. - Tra una crisi e l´altra un indemoniato come vive?

    R. - "In un modo normale. Va al lavoro e nessuno lo sa. Tiene ben nascosto il suo stato. Quando sente arrivare una crisi si allontana, si chiude in bagno, smania, e poi torna impassibile al suo posto. Questo vale a maggior ragione per gli indemoniati in cura, ai quali l´esorcismo dà la forza per tornare pienamente a una vita normale. Una cosa va sottolineata: la possessione diabolica non è ereditaria, né contagiosa".

    D. - Che cosa lega gli indemoniati ai satanisti?

    R. - "Capita di frequente che un indemoniato diventi tale dopo esser entrato in una setta spiritica o satanista. Tra quelli che ho in cura ce ne sono pochi così, perché a chiedere l´esorcismo vengono solo i satanisti pentiti. Ma tra di loro penso che siano molti di più. Nelle sette sataniche è facile entrare ma è difficilissimo uscire. In certi casi si rischia la vita".

    D. - E i satanisti che legame hanno col demonio?

    R. - "Ce ne sono di due tipi: quelli che adorano il demonio, celebrano messe sataniche, hanno loro sacerdoti e una gerarchia; e quelli che nell´esistenza personale di Satana non credono affatto, ma si danno ad azioni turpi e contro natura. Quest´altro satanismo è il più pericoloso".

    D. - Giovanni Paolo II ha pronunciato esorcismi su tre indemoniate. Sono guarite?

    R. - "La terza no. L´ho in cura dal 1998 ed è un caso davvero doloroso".

    D. - A parte il papa, nella Chiesa com´è la credenza nel diavolo?

    R. - "Molto in ribasso. E il demonio ne è contentissimo, perché così ha mano libera per fare il suo lavoro. La Chiesa è andata da un eccesso all´altro. Per rimediare alla pazzia della caccia alle streghe, che invece d´essere esorcizzate venivano bruciate, ha cancellato tutto, diavolo ed esorcismi. Il risultato è che intere regioni cattoliche non hanno più un solo esorcista: Spagna, Portogallo, Germania, Austria, Svizzera. Io ammiro i vescovi italiani. Non ne capiscono niente, ma almeno li esorcisti li nominano. L´anno scorso noi italiani ci siamo riuniti: eravamo centosettanta".

    D. - Spieghi meglio, in che senso i vescovi non ne capiscono niente?

    R. - "Perché anche loro, come tutti i preti, hanno studiato in seminario. E da tempo in seminario non si insegna più niente degli angeli e dei demoni, più niente degli esorcismi, più niente dei peccati contro il primo comandamento, ´Non avrai altro Dio fuori che me´: magia, spiritismo e satanismo".

    D. - E la curia vaticana?

    R. - "Stessa incompetenza. Ha dato il via libera a un nuovo rituale che per noi esorcisti è un disastro. Vieta di operare in caso di maleficio, quando il 90 per cento dei casi di possessione derivano proprio da lì. Vieta di operare se non c´è la certezza previa dell´azione diabolica, quando lo si può capire solo esercitando. Per fortuna continua a valere anche il vecchio rituale. Io uso quello, altrimenti dovrei chiudere".


    Fonte : chiesa.com
  • OFFLINE
    Ratzigirl
    Post: 632
    Registrato il: 10/05/2005
    Utente Senior
    00 09/06/2005 14:53
    Austria in -felix: la strana vicenda del cardinale Groer
    E la chiamano Austria felix
    Un cardinale prima pensionato e poi degradato ed esiliato. Per sodomia comprovata. Un vescovo che accusa Wojtyla di deficit teologico e pastorale... Tutte le spine della visita a Vienna di Giovanni Paolo II

    di Sandro Magister

    Austria infelice, per Gio- vanni Paolo II. Invece di far festa al papa, che lì è in visita tra venerdì 19 e domenica 21 giugno, la più cattolica delle nazioni di lingua tedesca gli ha preparato un terreno minato.



    La prima mina ha nome Hans Hermann Groër. Papa Karol Wojtyla l'ha fatto arcivescovo di Vienna nel 1986, l'ha creato cardinale nel 1988. E tutti allora la presero come uno schiaffo al predecessore, il tuttora vivo e indomito (a 93 anni) cardinale Franz König, colonna dei progressisti al Concilio Vaticano II. Groër era un prediletto del papa. Che ne apprezzava anche le stranezze: il tratto ispido, la faccia quaresimale, il parlar corrucciato. Come quel giorno di marzo del 1995 quando dal pulpito della cattedrale di Santo Stefano tuonò contro le moderne Sodoma e Gomorra e i peccatori del sesso contro natura.



    Ma così facendo scoperchiò il suo passato. Punto sul vivo proprio da quella predica, un ex alunno di Groër, Josef Hartmann, raccontò per filo e per segno sul settimanale di Vienna "Profil" che tra i sodomiti bisognava mettere proprio il cardinale, che coi suoi allievi di seminario, tra il 1972 e il 1976, ne aveva fatte davvero di brutte. Altri ex maltrattati aggiunsero le loro testimonianze. E Groër? Zitto come una vittima immolata. Mentre gli altri vescovi d'Austria, volenti o nolenti, si pronunciavano in sua difesa. E il papa lo lasciava al suo posto, nonostante per età fosse già da pensionare.

    L'imbarazzante stallo durò cinque mesi, con le accuse che grandinavano, con Groër sempre saldo in cattedra e con gli altri vescovi che uno dopo l'altro si pentivano d'averlo difeso. Finché finalmente anche Roma l'obbligò a ritirarsi, col paravento dell'età. E nuovo arcivescovo di Vienna divenne Christoph Schönborn, teologo di fiducia del cardinale prefetto del Sant'Uffizio, Joseph Raztinger.



    Ma non finì lì. Nel convento dove s'era ritirato, a una quarantina di chilometri da Vienna, Groër continuava a tirar le fila dei suoi adepti. Ai .burocrati del Vaticano. rinfacciava d'averlo dimissionato a forza. E quando da Roma mandarono due commissari a indagare nel convento di Göttweig, teatro dei misfatti, il più agguerrito dei difensori di Groër, il vescovo di Sankt Pölten, Kurt Krenn, ribatté che in quanto cardinale egli non poteva essere inquisito. Solo il papa in persona poteva procedere contro di lui. Ma il papa si guardava bene dal farlo. Anzi. Non perdeva occasione di dare udienza al suo amato cardinale. L'ultima volta è accaduto nel febbraio di quest'anno. Il 21 Schönborn scese a Roma per essere fatto a sua volta cardinale. Ma lì scoprì che Groër era stato più lesto di lui, era già arrivato il giorno prima ed era già stato a colloquio con Giovanni Paolo II.

    Era troppo. Di ritorno a Vienna, il neocardinale Schönborn e gli altri tre vescovi che compongono con lui il direttivo della Chiesa austriaca emisero la sentenza: .Abbiamo la certezza morale che gli addebiti mossi all'arcivescovo emerito cardinal Hans Hermann Groër sono sostanzialmente veritieri.. Con relativa polemica motivazione: .Dobbiamo sopportare il suo silenzio ma non possiamo personalmente tacere. Il silenzio, infatti, genera il sospetto che il buon nome di un cardinale sia più importante per la Chiesa del bene di giovani uomini. Vorremmo inoltre proteggere anche il Santo Padre dall'affermazione già pubblicamente espressa secondo cui egli tollererebbe un simile ambiguo comportamento..

    A questo punto Giovanni Paolo II ha scaricato il suo protetto. Lo scorso 16 aprile, Schönborn ha finalmente potuto annunciare che .in osservanza alla chiara richiesta del papa Groër non si presenterà più come vescovo e cardinale e lascerà l'Austria.. Degradato ed esiliato, Groër è oggi in un convento femminile di Dresda, in Germania. Tra poco si trasferirà a Vadstena, in Svezia. Ma anche da lontano resta ingombrante. Col papa in Austria, la sua parte è quella del convitato di pietra.

    Poi c'è una seconda mina, sul cammino austriaco del papa. Anche questa col nome di un vescovo in pensione, Reinhold Stecher, di Innsbruck. All'opposto di Groër, Stecher è un superprogressista. Che lo scorso inverno, all'atto di ritirarsi, ha vuotato il sacco e ha scritto nudo e crudo che .la direzione attuale della Chiesa dà chiaramente prova di un deficit teologico e pastorale..

    Il guaio è che questo atto d'accusa Stecher l'ha argomentato con linguaggio moderno e suadente. I suoi scritti hanno avuto grande fortuna di pubblico. E puntano dritto su papa Wojtyla: è con lui regnante, ha scritto Stecher, che .la Chiesa di Roma ha perso il volto della misericordia e ha assunto quello del dominio ostentato e duro..

    Anche il vegliardo cardinal König s'è rifatto vivo, firmando una petizione di tono molto simile, sottoscritta da decine di migliaia di fedeli. Giovanni Paolo II credeva di mettere in riga i cattolici austriaci, col suo fidato Groër. Che poi andasse così, proprio non se l'aspettava.
  • OFFLINE
    Ratzigirl
    Post: 1.247
    Registrato il: 10/05/2005
    Utente Veteran
    00 27/06/2005 20:26
    La procedura esequiale di Wojtyla
    PAPA: FUNERALE; ECCO IL NUOVO RITO DELLA "STESURA DEL VELO BIANCO"




    «Dio Onnipotente, Signore della vita e della morte, noi crediamo che la vita del Santo Padre Giovanni Paolo II è ora nascosta in te…Il suo volto contempli la tua bellezza». Sono la frase iniziale e quella finale della formula che accompagna il nuovo rito della "stesura di un velo bianco sul volto del Pontefice defunto". A leggerla è stato mons. Piero Marini, maestro delle celebrazioni pontificie, durante la conferenza stampa sulla "sede apostolica vacante" svoltasi oggi presso la sala stampa della Santa Sede. La speciale preghiera è contenuta nel nuovo volume "De funeri Summi Pontefice", consegnato oggi agli 88 cardinali che hanno partecipato alla terza Congregazione dei cardinali, la prima nell’Aula nuova del Sinodo. Il rito del "velo bianco" precederà il rito di chiusura provvisoria della prima bara (quella di legno) in cui verrà racchiusa, nel corso dei funerali di venerdì prossimo, il corpo di Giovanni Paolo II. Sarà possibile per i capi di Stato vedere la salma del Papa prima del funerale? "Nella notte tra giovedì e venerdì – ha risposto Marini – si dovrà chiudere l’afflusso dei fedeli alla basilica per l’omaggio alla salma. Prima della Messa, ci sarà il rito di chiusura della bara di cipresso: fino alla notte, dunque, sarà possibile che quelli che vengono lo vedano, dopo non sarà più possibile. Naturalmente ci sarà un percorso preferenziale per i capi di Stato". Interrogato su alcuni particolari precedenti alla morte del Pontefice, Marini ha rivelato che Giovanni paolo II "ha ricevuto l’estrema unzione al Gemelli". "Il corpo del Papa non è stato imbalsamato, ma preparato", ha assicurato Navarro. I funerali del Papa, ha informato Marini, "dureranno fino alle 13, poi ci vorrà circa un’altra ora per l’ultima stazione alle Grotte Vaticane". La Messa esequiale, ha ricordato infatti il maestro delle celebrazioni pontificie, prevede "tre stazioni: la casa del defunto, la chiesa e il luogo della sepoltura". Oltre al velo bianco, al "suo rosario personale" che stringe tra le mani e alla mitria, verrà deposto nella bara di Giovanni Paolo II un sacchetto con le medaglie del pontificato. Prima di chiudere la bara di legno, verrà letto proprio dal maestro delle celebrazioni pontificie (e poi sigillato in un tubo di piombo, per poter essere messo nella bara) il "rogito", che contiene "brevemente" la vita del Sommo Pontefice.


    (Fonte Agi)
  • OFFLINE
    RATZGIRL
    Post: 410
    Registrato il: 14/05/2005
    Utente Senior
    00 27/06/2005 20:37
    La morte del Papa
    La morte del Papa(qualunque sia il suo nome)è un evento immenso e terribile,e la grandezza di Joseph Ratzinger è stata di essere riuscito a rendere sublime questo triste momento.[SM=g27829] [SM=g27821]
    RATZI FOREVER

    Suor RATZGIRL
    Ordine Benedettino delle Suore delle Sante Coccole al Romano Pontefice
  • OFFLINE
    Ratzigirl
    Post: 1.249
    Registrato il: 10/05/2005
    Utente Veteran
    00 27/06/2005 20:46
    Perfettamente d'accordo
    Se qualcuno si è perso l'omelia dell'allora (ma per poco) card. Ratzinger, consiglio vivamentedi guardarselo dal sito del vaticano,all'archivio filmati cioè Qui....ricordo ancora gli occhioni lucidi del nostro attuale Papa quando si rivolse al Palazzo apostolico...e tutto era travolto dal vento...il vento bellissimo che lo accompagna tutt'ora.....
  • OFFLINE
    RATZGIRL
    Post: 415
    Registrato il: 14/05/2005
    Utente Senior
    00 27/06/2005 23:59
    Che scena!
    Una scena bellissima e toccante,quasi irreale.Non la dimenticherò mai,ce l'ho stampata a lettere di fuoco nel mio cuore.[SM=g27836]
    RATZI FOREVER

    Suor RATZGIRL
    Ordine Benedettino delle Suore delle Sante Coccole al Romano Pontefice
  • OFFLINE
    Ratzigirl
    Post: 1.692
    Registrato il: 10/05/2005
    Utente Veteran
    00 08/07/2005 12:50
    LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II AD ALI' AGCA



    "Perche' mi hai sparato se crediamo entrambi in un unico Dio?". Questa domanda Giovanni Paolo II voleva farla al suo attentatore subito dopo il 13 maggio dell'1981 e, spiega oggi il segretario di papa Wojtyla, mons. Stanislao Dziwisz, "la scrisse in una lettera indirizzata ad Ali Agca', che pero' non fu mai spedita". Come e' noto papa Wojtyla pote' poi incontrare personalmente il suo attentatore nel 1983, nel carcere romano di Rebibbia. La lettera ad Agca, la cui esistenza e' stata rivelata dal quotidiano polacco "Rzescopolita", anche se non e' mai stata spedita, e' conservata nell'archivio custodito da mons. Stanislao, nominato da Benedetto XVI arcivescovo di Cracovia, e che sara' messo a disposizione, assicura il presule, della congregazione delle cause dei Santi. Per il momento, ha tenuto a precisare Dziwisz, "nessuno ha accesso all'archivio e ci vorra' qualche anno perche' sia consultabile, in quanto tutto dovra' essere catalogato".



    p.s. Ciò significa che la causa di Beatificazione sarà più lunga del previsto? Se ci vorrà un paio d'anni prima della consultazione......[SM=g27829] [SM=g27829] [SM=g27829]
  • OFFLINE
    Ratzigirl
    Post: 1.796
    Registrato il: 10/05/2005
    Utente Veteran
    00 10/07/2005 17:05
    In un video il Wojtyla segreto
    Anticipiamo alcune foto tratte dal video che andrà in onda a Pasqua
    Balla, telefona, si arrabbia: il Pontefice da una visuale insolita


    Papa Woityla dietro le quinte
    ecco le immagini mai viste






    ROMA - I backstage di Wojtyla, i fotogrammi degli archivi privati, i momenti inediti di una performance che va in onda da un quarto di secolo. E' quanto tra pochi giorni sarà possibile vedere in un film, di cui Repubblica anticipa le immagini salienti.

    Si potrà vedere il Wojtyla arrabbiato, che alza il pugno per martellare nelle teste dei fedeli i dieci comandamenti. Wojtyla che si copre gli occhi per immergersi in se stesso, in conversazione al telefono sorvolando i continenti, mentre si prepara a mettersi in posa come in un set televisivo, pregando, ridendo, cantando, inchiodato in poltrona dal Parkinson o trionfante su uno dei tanti veicoli che sono stati inventati nel mondo per esibirlo alle masse osannanti.
    Lo avremo di fronte che gioca con il bastone, fa il girotondo con i bambini, impappinato con la mantella che per un colpo di vento gli copre la testa, proteso in gesti teatrali per catturare l'uditorio o da pellegrino qualsiasi che regge umilmente un cero. Un'immagine del suo archivio privato riflette dall'interno dell'appartamento apostolico il momento quasi magico in cui si scostano le tende dello studio papale e Wojtyla si accinge ad affacciarsi su piazza San Pietro.

    In quello scatto c'è tutto il raccoglimento e la tensione del Grande Comunicatore capace di trasformare in evento anche l'Angelus di una domenica qualsiasi.
    "Qualche volta ci vuole l'eccesso". Karol Wojtyla, diventato Papa, ne è sempre stato convinto. E lo ha anche detto un giorno ai cardinali criticoni della Curia, che mugugnavano sui troppi spostamenti del capo della Chiesa. In effetti, sin da quando benedisse la folla impugnando il pastorale come uno spadone, Giovanni Paolo II ha rotto costantemente gli schemi di tutte le convenzioni, che volevano un pontefice imbozzolato nella più rigida solennità.
    Il Corpo, il Movimento, l'Emozione, la Sofferenza sono stati strumenti con cui Wojtyla ha parlato al mondo e ha governato - spargendo mediaticamente suggestioni, valori e idee - l'immensa comunità cattolica di oltre un miliardo di fedeli. Non esistono passi falsi in questa performance permanente. Ogni scherzo, ogni apparente bizzarria - come mettersi a ballare con il bastone durante l'ultima visita a Manila o fare la hola a Tor Vergata - ogni gesto di pura quotidianità appare miracolosamente calibrato per trasmettere il messaggio di una carnalità e di un'immediatezza che nulla tolgono all'uomo di fede. Anzi!

    Non esistono, si sarebbe tentati di dire, nemmeno momenti privati, dal momento che il Papa riesce a piegare al suo impulso missionario qualcosa di profondamente radicato nella società moderna: il bisogno di spettacolo (e la sete estrema di comunanza che anima chi vi partecipa seppur da spettatore). I suoi abbandoni vertiginosi alla preghiera, testimoniati dalle immagini ritrasmesse dalle televisioni, hanno spinto più d'uno - lo si apprende dalle migliaia di messaggi arrivati in Vaticano in queste settimane - a rimettere piede in chiesa e persino a credere che la "santità" sia possibile nel vivere quotidiano. Così Karol Wojtyla è stato e continua ad essere Attore nel senso più antico del termine: Colui che agisce.
    Le immagini seminate nella fantasia di milioni di contemporanei ne sono il segno. Chi potrà dimenticare il suo lento andare verso il Muro del Pianto a Gerusalemme? E la foto di famiglia di Giovanni Paolo II tra Gorbaciov e Raissa, vestita di porpora cardinalizia, non resterà come specchio fallace dell'illusione di vedere l'Urss mutarsi in socialdemocrazia?

    Wojtyla fuorionda sarà trasmesso il giorno di Pasqua dallo Speciale Tg1. "Giovanni Paolo II - Sine Die" si chiama il filmato, realizzato da Roberto Burchielli, Salvatore Mazza e Mauro Parissone con materiali del Centro televisivo vaticano e dell'H24 Tv Agency nonché con spezzoni di archivi privati.

    In quasi un'ora verranno rievocati ventisei anni di pontificato a partire dal viaggio-kolossal in Messico nel 1979, quando il mondo scoprì di colpo sia l'arte con cui Wojtyla stregava le folle sia il profondo bisogno cattolico di ritrovare un Padre, un Leader, un Profeta. Poi, assai rapidamente, l'impatto del fenomeno Wojtyla avrebbe segnato anche i seguaci di altre religioni e i non credenti. La scena, quasi sempre, è stata uno stadio più che il chiuso di una tempio. E gli aeroporti, il cui suolo il Papa pellegrino baciava religiosamente.
    C'è un'immagine folgorante in "Sine Die". Wojtyla in cammino solitario su una pista. Pronto per un volo sulle ali della Storia.
  • OFFLINE
    Ratzigirl
    Post: 1.900
    Registrato il: 10/05/2005
    Utente Veteran
    00 13/07/2005 02:18
    Navarro sotto accusa


    Anche in Vaticano c'è guerra, attizzata dal parcheggio scavato nel ventre del Gianicolo. Ma è una guerra ombra. In pubblico ha finora parlato uno solo: Joaquin Navarro Valls, professione portavoce. Prima il 27 e poi il 29 ottobre ha negato e stranegato: «Nessun reperto archeologico è stato trovato in territorio vaticano». E ha aggiunto: «L'Italia mandi pure i suoi ispettori». A ispezionare che? La voragine cementata del nuovo parcheggio? Se scavandola si sono cancellate le grotte con le sepolture dei Frisoni, che dalla vicina area dei gesuiti si inoltravano proprio dentro la collina dello scavo, nessuno potrà mai più riscontrare niente.

    Ma il perentorio diniego di Navarro non deve far pensare che in Vaticano tutti la pensino come lui. Lorenzo Bianchi, lo studioso che per primo ha documentato e denunciato lo scempio, ha ricevuto attestazioni di plauso da cardinali e prelati di gran peso: Joseph Ratzinger e Achille Silvestrini, Jan Schotte e Stanislaw Dziwisz, quest'ultimo braccio destro di Giovanni Paolo II in persona. Si sono complimentati con lui anche il potente ministro degli Interni della Santa Sede, Giovanni Battista Re, e il cardinale presidente della Commissione per lo Stato della Città del Vaticano, Edmund Szoka. E allora, se non sono questi ultimi i responsabili, chi possono esserlo? In Vaticano li additano a colpo sicuro: quelli "de Propaganda Fide".

    È infatti Propaganda, il dicastero delle missioni cattoliche, il titolare dell'area vaticana sul Gianicolo. E Propaganda è un'amministrazione a sé. Il motore dell'operazione parcheggio è il suo delegato, Aurelio Mottola, un monsignore che è manager di peso del Giubileo. Sopra di lui c'è solo il cardinale prefetto, lo slovacco Jozef Tomko, che non ha mai dato segno di brillare per sensibilità all'arte e alla storia. Proprio come altri suoi predecessori. Negli anni Settanta il cardinale Ronald Knox stava per smantellare la balaustra del Borromini nella chiesa di Santa Maria in Vallicella. E negli anni Sessanta il cardinale Pietro Fumasoni Biondi usava come un magazzino la cappella del palazzo di Propaganda, anch'essa gioiello del Borromini. In entrambi questi casi, anime buone seppero aggiustare le cose in extremis. Oggi, sotto il Gianicolo, al buco scavato nel luogo dove Nerone crocifisse i primi martiri cristiani non c'è più rimedio.
  • OFFLINE
    Ratzigirl
    Post: 2.928
    Registrato il: 10/05/2005
    Utente Veteran
    00 06/09/2005 15:33
    Papa Wojtyla "papà"
    Giovanni Paolo II, quattro giorni prima di morire, ha devoluto al Movimento per la vita la somma di 25mila euro. Grazie a quell’aiuto, dieci mamme daranno alla luce più serenamente i loro bambini. Due di essi sono polacchi.



    Dieci bambini nasceranno a breve, e il loro papà adottivo sarà Karol Wojtyla, Giovanni Paolo II. Dieci bambini che hanno rischiato di non nascere mai, ma che verranno al mondo grazie al grande coraggio delle loro mamme e all’aiuto del papa polacco. Aiuto morale, viste le parole profonde di speranza e fiducia che Karol Wojtyla ha sempre speso in proposito, ma aiuto anche materiale, concreto, immediato. Sotto forma di denaro, quello che serve ad una mamma per le prime impellenti necessità del suo bambino.

    La storia è molto semplice. E’ il 29 marzo scorso, un martedì, quello di Pasqua, quello immediatamente precedente all’ultima immagine pubblica di Giovanni Paolo II, che si sarebbe affacciato l’indomani dalla sua finestra, rimanendo in silenzio e benedicendo tutti, per l’ultima volta. Quel martedì papa Wojtyla, che periodicamente decideva di indirizzare una parte delle offerte giunte da tutta Italia e dal mondo ad opere di solidarietà e di beneficenza, indirizza al Movimento per la vita un assegno di 25mila euro. Quattro giorni dopo, sabato 2 aprile, muore.

    La scelta di indirizzare una somma di denaro proprio al Movimento per la vita non dovrebbe stupire. Karol Wojtyla ha sempre avuto una predilezione particolare per il volontariato al servizio della vita nascente. La sua enciclica Evangelium Vitae è una sorta di “antologia” per chi si impegna in materia, e più volte, in ogni occasione ne avesse la possibilità, Giovanni Paolo II spendeva parole per il diritto alla vita di tutti gli esseri umani, in particolare di quelli concepiti e non ancora nati. L'ultimo incontro ravvicinato del papa con i volontari del Movimento c’era stato il 22 maggio 2003, quando aveva incoraggiato tutti a continuare a lavorare per la vita e per la pace, obiettivi intimamente legati fra di loro.

    Giovanni Paolo II conosceva bene, in particolare, l’opera dei CAV, gli oltre 300 Centri di Aiuto alla Vita attivi in tutta Italia per portare aiuto a sostegno concreto a chiunque si trovi in difficoltà a causa di una gravidanza. In quello di Firenze, a metà degli anni ottanta, Giovanni Paolo II ci era anche stato. E questi centri, che è possibile contattare anche grazie ad un numero verde, SOS VITA (800-813000), offrono a quelle donne che hanno preso in considerazione l’aborto esclusivamente per cause economiche un aiuto materiale per sostenerle nella scelta di portare ugualmente a termine la gravidanza, dando alla luce il proprio bambino. I fondi per questi aiuti sono raccolti attraverso il Progetto Gemma: un servizio attraverso cui una persona, una famiglia, un qualsiasi gruppo può “adottare” una mamma in difficoltà offrendole un piccolo –ma decisivo- aiuto di 160 euro al mese per un anno e mezzo, gli ultimi sei di gravidanza e i primi dodici di vita del piccolo. L’esperienza dimostra che questo aiuto, anonimo e riservato, consente di contare su un sostegno concreto e inatteso, aprendo alla speranza e alla vita.

    Lo avrete ormai capito: quei 25mila euro donati da papa Wojtyla sono stati destinati proprio a Progetto Gemma: andranno dunque a dieci mamme che attendono dieci bambini. A deciderlo è stato il presidente del MpV, Carlo Casini, che rendendo nota la vicenda, durante l’assemblea nazionale svoltasi a Rimini, ha speso parole commosse per il “papa della vita” e per quell’aiuto, “del tutto imprevisto e assolutamente spontaneo giunto a quattro giorni dalla sua morte”. Un regalo che sarà di aiuto a dieci mamme e donerà la vita a dieci bambini.

    Dieci bambini che – non poteva essere diversamente, visto l’illustre adottante– appartengono a varie nazionalità, e rappresentano quasi un ultimo abbraccio di Karol Wojtyla al mondo intero. E fra di essi – pensate un po’ – ci sono anche due piccoli polacchi. L’ultimo regalo di Giovanni Paolo II alla sua terra natale.

  • OFFLINE
    Ratzigirl
    Post: 2.950
    Registrato il: 10/05/2005
    Utente Veteran
    00 07/09/2005 03:05
    Colonia. Il disastro delle telecronache

    Gragnuola di lettere indignate su "Avvenire" del 23 e 24 agosto contro la telecronaca RAI della veglia di Benedetto XVI a Colonia, la sera di sabato 20.



    Su "Europa" del 24 Vladimir, alias padre Filippo Di Giacomo, se la prende anche con l'ufficio di comunicazione della CEI, con la quale ha il dente sempre avvelenato. Ma l'imputato numero uno di tutti è Bruno Vespa, mattatore della trasmissione.

    In realtà, tutti i colossali difetti già dispiegati la scorsa primavera dalle telecronache RAI nelle giornate del cambio di pontificato - a suo tempo denunciati in questo blog - si sono riprodotti e persino aggravati nella telecronaca del 20 agosto.

    In essa, Vespa ha anche contravvenuto all'embargo cui era vincolato. Ha letto un passaggio del discorso del papa prima che fosse pronunciato.

    Ma il guaio è che anche senza Vespa le cose non cambiano un granché. Ad esempio, la telecronaca RAI della visita di Benedetto XVI alla sinagoga di Colonia, la mattina del 19 agosto, è stata semplicemente indecorosa.

    Il telespettatore poteva un po' rimediare sintonizzandosi su Sat 2000 o Telepace. Ma a patto di rassegnarsi anche lì a performance non sempre esemplari.

    Possibile che le tv non abbiano la volontà di lasciar parlare i fatti in se stessi: le immagini, i suoni, i colori, le parole, i gesti dei protagonisti veri?

    Possibile che le tv cattoliche, in particolare, non abbiano il coraggio di portare in primo piano le liturgie, gli incontri, gli eventi, e di lasciarli vivere di vita propria?

    Possibile che i conduttori non sappiano fare come Giovanni Battista: sparire per lasciar risplendere l'unica cosa che agli spettatori interessa?

    Possibile.

1