Recensione:
Contraddistinti dall'inconfondibile voce di Greg Graffin i Bad Religion vanno avanti da più di vent'anni mantenendo il loro stile (l'hardcore melodico l'hanno inventato loro, ed è giusto che se lo tengano stretto): le melodie ed il cantato sono pienamente le stesse (da circa 15 anni) anche in “The Process Of Belief”, che ha segnato il ritorno di Brett Gurewitz (come terzo chitarrista) nella band ed il ritorno del gruppo alla Epitaph, casa dello stesso Brett.
Una cosa sola è cambiata: la velocità che fino a poco tempo fa caratterizzava ogni loro canzone è stata leggermente accantonata (come nel precedente “The New America”), ma bisogna pur sempre pensare che è gente che ha ormai passato i quarant'anni. Sembrano dei Bad Religion più maturi (a quarant'anni…), capaci comunque di sfornare pezzi da giovincelli (vedi “Supersonic”, “Prove It”, “Can't Stop It” e “Destined For Nothing”) insieme a brani più elaborati e meno aggressivi come la stupenda “Sorrow” ed “Epiphany” (caratterizzato dal giro di basso praticamente identico a quello di introduzione di “Stickin' In My Eye” dei NOFX).
Oltre alle canzoni già citate, dall'album emergono “Can't Stop It”, “Kyoto Now”, “Evangeline” e “Bored And Extremely Dang”.
Una nota a margine: sembra vada di moda (come hanno fatto anche i Goldfinger in “Open Your Eyes”) dividere l'album in due parti inserendo nella prima i brani più “estremi” e nella seconda quelli più soft (i pezzi che in precedenza ho definito più maturi appartengono infatti alla parte finale del cd, mentre quelli più da giovincelli - che assomigliano maggiormente ai vecchi Bad Religion - si trovano all'inizio). Piacerà alla maggioranza di quelli a cui piacciono i Bad Religion