Etimologia
Il termine mafia ha diverse possibili origini etimologiche, più o meno verificabili o realistiche:
* Derivazione dalla parola araba Ma-Hias spacconeria, che sta in relazione con la spavalderia mostrata dagli appartenenti a tale organizzazione.
* Derivazione dall'espressione dell'arabo parlato, e non di quello letterario, ma fi ah significante "non c'è" o "non esiste".
* Derivazione della parola dalla araba mu'afak, "protezione dei deboli", o maha, "cava di pietra".
* Derivazione della parola dialettale toscana maffia significante "miseria" oppure "ostentazione vistosa, spocchia".
* Derivazione dai Vespri Siciliani ed adottato come sigla per Morte Ai Francesi(Angioini) Indipendenza Anela. Tradizionalmente si narra che un soldato francese chiamato Droetto violentò una giovane. La madre terrorizzata per quanto accaduto alla figlia corse per le strade, urlando «Ma - ffia, Ma - ffia!» ovvero «mia figlia, mia figlia». Il grido della madre fu ripetuto da altri, e da Palermo il termine si diffuse in tutta la Sicilia. Il termine mafia che diventò così parola d’ordine del movimento di resistenza, ebbe quindi genesi dalla nobile lotta dei siciliani.
Il lemma toscano entrò nell'uso popolare in Sicilia subito dopo l'Unità d'Italia nel 1862,dove subì il fenomeno dell'affievolimento fonetico, come altre parole toscane entrate nell'uso siciliano, per cui "macchina" diventa màchina, "malattia" màlatia, e "mattino" matinu; e servì ad indicare sia l'organizzazione segreta delle classi popolari, che proprio nella "mafia" di allora trovavano la difesa contro lo strapotere delle classi dominanti; sia la braveria e l'ostentazione vistosa, tipica dei "mafiosi" di allora. Ed ancor oggi, in Sicilia, l'aggettivo qualificativo "mafiusu" viene utilizzato anche per indicare qualcosa di incredibilmente vistoso o costoso: un vestito elegante o un'auto prestigiosa sono "un vistitu mafiusu, 'na màchina mafiusa", perché anticamente il popolo vedeva nel mafioso d'allora il suo difensore poichè accomunava l'idea di giustizia sociale con quella dell'avvenenza e della prestanza fisica.
Secondo lo storico delle tradizioni popolari Giuseppe Pitrè il termine era in uso nel gergo di un rione popolare di Palermo ed era sinonimo di bellezza e di audacia.
L'espressione mafia diviene un termine corrente a partire dal 1863, con il dramma I mafiusi di la Vicaria di Giuseppe Rizzotto e Gaetano Mosca, che ebbe grande successo e venne tradotto in italiano, napoletano e meneghino, diffondendo il termine su tutto il territorio nazionale.
In questo dramma il mafiuso è il camorrista, il guappo, l'"uomo d'onore", l'individuo cioè che aderisce a un sodalizio che si contrappone alle istituzioni e che ostenta coraggio e superiorità. Di "Mafia, o associazione malandrinesca" fa menzione un documento riservato firmato dall'allora prefetto di Palermo Filippo Gualtiero, nell'aprile del 1865.
Negli anni Sessanta dell'Ottocento inizia comunque la fortuna del termine, che anche in documenti ufficiali, ad esempio nelle comunicazioni di funzionari dello stato, indica, oltre che un'associazione a delinquere, un comportamento estesamente diffuso nella società siciliana.
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Analisi
La mafia adotta comportamenti basati su un modello di economia statale, ma è parallela e sotterranea. L'organizzazione mafiosa trae profitti da numerosi tipi di attività criminali:
* traffico d'armi
* contraffazione
* contrabbando di sigarette, tabacchi e altre merci
* traffico di stupefacenti, droghe pesanti e leggere (principalmente)
* traffico di profughi clandestini
* gioco d'azzardo
* prostituzione
* sequestri di persona
* racket delle estorsioni (pizzo)
* furti
* appalti
* traffico di scafi
* frodi agricole ai danni della UE e dell'AIMA
* usura
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Antimafia
Non sarebbe possibile comprendere pienamente il fenomeno mafioso se si omettesse di ricordare il movimento che fin dalle origini si è contrapposto al fenomeno mafioso. È possibile suddividere il movimento antimafia secondo tre criteri.
* Spontaneo. Quando nasce da una iniziativa individuale; è l'esempio di Peppino Impastato, Libero Grassi o Pino Puglisi.
* Organizzato. In riferimento alla nascita di associazioni o enti che hanno lo scopo di combattere direttamente il fenomeno mafioso preoccupandosi di costruire una cultura civile della legalità. Basti pensare al movimento contadino dei Fasci siciliani nato verso la fine del '800, o al Centro di Documentazione Peppino Impastato, o alle numerose associazioni tra le quali SOS impresa e Libera.
* Istituzionale. È la risposta organizzata dello Stato. Ne sono esempi le leggi sui pentiti, l'legge 41 bis sul carcere duro, la nascita della Direzione investigativa antimafia (DIA), della Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) e legge 512/99 riguardante il fondo si solidarietà da stanziare alle vittime dei reati di tipo mafioso.
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La mafia in Italia
* Cosa nostra - Sicilia
* Camorra - Napoli
* 'Ndrangheta - Calabria
* Sacra Corona Unita - Puglia
* Stidda - Sicilia
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La mafia all'estero
* Cosa nostra americana - USA
* Organizatsya - Ex. Urss
* Yakuza - Giappone
* Triadi - Cina
* Mafia turca - Turchia
* Mafia nigeriana - Nigeria
* Mafia bulgara - Bulgaria
* Mafia messicana - Messico
* Mafia albanese - Albania
* Narcos - Colombia
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Bibliografia
Essendo la bibliografia sull'argomento immensa, vengono presentati in questo elenco solo i testi più famosi, di facile reperibilità, con l'anno dell'ultima edizione.
* Cosa Nostra
o Intellettuali e potere in Sicilia (1983) Giuseppe Casarrubea - Editore Sellerio
o L'educazione mafiosa (1991) Giuseppe Casarrubea - Editore Sellerio
o Gabbie strette (1996) Giuseppe Casarrubea - Editore Sellerio
o Portella delle Ginestre (1997) Giuseppe Casarrubea - Franco Angeli
o Fra' Diavolo e il governo nero (2000) Giuseppe Casarrubea - Franco Angeli
o Salvatore Giuliano (2001) Giuseppe Casarrubea - Franco Angeli
o Come nasce la Repubblica (2004) Giuseppe Casarrubea - Bompiani
o Storia segreta della Sicilia - Dallo sbarco alleato a Portella delle Ginestre (2005) Giuseppe Casarrubea - Bompiani
o Storia del movimento antimafia. Dalla lotta di classe all'impegno civile (2000) , Umberto Santino - Editori Riuniti
o La mafia durante il Fascismo (1987) - Christopher Duggan - Rubbettino
o La mafia siciliana. Un' industria della protezione privata (1992) - Gambetta Diego - Einaudi
o La Giustizia è Cosa Nostra (1995) - Bolzoni A.; D'Avanzo G. - Mondadori
o L' intoccabile. Berlusconi e cosa nostra (1997) - Sisti Leo; Gomez Peter - Kaos
o Leoluca Orlando. Un sindaco contro la mafia (1999) - Oschwald Hanspeter - De Ferrari & Devega
o Mafia e fascismo. Il prefetto Mori in Sicilia (2001) - Porto Salvatore - Siciliano
o Provenzano. Il re di Cosa Nostra. La vera storia dell'ultimo padrino (2001) - Zingales Leone - Pellegrini
o Padrini. Alla ricerca del Dna di Cosa Nostra (2003) - Olla Roberto - Mondadori
o La mafia negli anni '60 in Sicilia. Dagli affari nell'edilizia alla prima guerra tra clan, fino al processo di Catanzaro (2003) - Zingales Leone - TEV Registri Vaccaro
o Amici come prima. Storie di mafia e politica nella Seconda Repubblica (2004) - Forgione Francesco - Editori Riuniti
o Baroni e briganti. Classi dirigenti e mafia nella Sicilia del latifondo (1861-1950) (2004) - Siragusa Mario - Franco Angeli
o Il prefetto di ferro (2004) - Petacco Arrigo - Mondadori
o Storia della mafia. Dalle origini ai nostri giorni (2004) - Lupo Salvatore - Donzelli
o Venticinque anni di mafia. C'era una volta la lotta alla mafia (2004) - Lodato Saverio - Rizzoli
o Cose di Cosa Nostra (2004) - Falcone Giovanni; Padovani Marcelle - Rizzoli
o Cosa nostra. Storia della mafia siciliana (2005) - Dickie John - Laterza
o L' amico degli amici. Perché Marcello Dell'Utri è stato condannato a nove anni in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa (2005) - Peter Gomez; Travaglio Marco - Rizzoli (ISBN 88-17-00707-2)
o Voglia di mafia. La metamorfosi di Cosa nostra da Capaci ad oggi (2005) - Bellavia Enrico; Palazzolo Salvo - Carocci
o Intoccabili. Perché la mafia è al potere (2005) - Lodato Saverio; Travaglio Marco - Rizzoli
* Camorra
o Camorra e criminalità organizzata in Campania (1988) - Barbagallo Francesco; Marmo Marcella; Calise Mauro - Liquori
o La camorra e i bambini. Un'indagine nel contesto scolastico napoletano (1997) - Aleni Sestito Laura - Unicopli
o La camorra. Notizie storiche raccolte e documentate (1998) - Monnier Marco - Argo
o I grandi camorristi del passato (1998) - Di Majo Edoardo - Edizioni Scientifiche Italiane
o Il potere della camorra (1973-1998) (1999) - Barbagallo Francesco . Einaudi
o I carabinieri reali contro la camorra. Una missione speciale negli anni Venti (2003) - Anceschi Enzo - Laurus Robuffo
o Uomini di camorra. La costruzione-sociale dell'identità deviante (2004) - Esposito Maurizio - Franco Angeli
o Storia della camorra. Dal '500 ai nostri giorni (2004) - Paliotti Vittorio - Newton & Compton
o La camorra e le sue storie. La criminalità organizzata a Napoli dalle origini alle ultime «guerre» (2005) - Di Fiore Gigi - UTET
o La camorra a Napoli (2005) - Consiglio Alberto - Guida
* 'Ndrangheta
o La 'Ndrangheta (1986) - Malafarina Luigi - Gangemi
o Alle origini della 'ndrangheta la picciotteria (1990) - Nicaso Antonio - Rubbettino
o Poteri segreti e criminalità. L'intreccio inconfessabile tra 'ndrangheta, massoneria e apparati dello Stato (2004) - Guarino Mario - Dedalo
o Processo alla 'Ndrangheta (1996) - Enzo Ciconte - Laterza
* Sacra Corona Unita
o La quarta mafia. Storie di mafia in Puglia (1994) - Ruotolo Guido - Pironti
o La sacra Corona Unita. Potere e segreto (1998) - Massari Monica - Laterza
* Stidda
o Stidda. La quinta mafia, i boss, gli affari, i rapporti con la politica (2005) - Bascietto Giuseppe - Pitti
* Cosa Nostra Americana
o Joe Petrosino - Petacco Arrigo (2002) - Mondadori
o Al Capone. La vita e il mondo del re dei gangster (2004) - Kobler John - Mondadori
* Yakuza
o Yakuza: la Mafia Giapponese - Kaplan David e Dubro Alec - Edizioni Comunità
* Triadi
o Le triadi (1999) - Tosches Nick - TEA
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Film sulla mafia
* Scarface - Lo sfregiato (1932) regia di Howard Hawks
* In nome della legge (1949) regia di Pietro Germi
* Il Magistrato (1959) regia di Luigi Zampa
* Il caso Pisciotta (1961) regia di E. Visconti
* L'onorata società (1961) regia di Riccardo Pazzaglia
* Salvatore Giuliano (1961) regia di Francesco Rosi
* Mafioso (1962) regia di Alberto Lattuada
* Il Gattopardo (1963) regia di Luchino Visconti
* Le mani sulla città (1963) regia di Francesco Rosi
* I due mafiosi (1964) regia di Giorgio Simonelli
* A ciascuno il suo (1966) regia di Elio Petri
* Il giorno della civetta (1967) regia di Damiano Damiani
* Il sasso in bocca (1970) regia di Giuseppe Ferrara
* Il Padrino (1972) regia di Francis Ford Coppola
* Il caso Mattei (1972) regia di Francesco Rosi
* Camorra (1972) regia di Pasquale Squitieri
* Il boss (1973) regia di Fernando Di Leo
* Il Padrino parte II (1974) regia di Francis Ford Coppola
* Yakuza (1975) regia di Sydney Pollack
* Assassinio di un allibratore cinese (1976) regia di John Cassavetes
* Il prefetto di ferro (1977) regia di Pasquale Squitieri
* Corleone (1978) regia di Pasquale Squitieri
* Mi manda Picone (1983) regia di Nanni Loy
* Scarface (1983) regia di Brian De Palma
* Cento giorni a Palermo (1984) regia di Giuseppe Ferrara
* Pizza Connection (1985) regia di Damiano Damiani
* Prizzi’s Honor (1985) regia di John Huston
* Il pentito (1985) regia di Pasquale Squitieri
* Il camorrista (1986) regia di Giuseppe Tornatore
* Gli Intoccabili (1987) regia di Brian De Palma
* La posta in gioco (1988) regia di Sergio Nasca
* Black Rain - Pioggia sporca (1989) regia di Ridley Scott
* Mery per sempre (1989) regia di Marco Risi
* Il Padrino parte III (1990) regia di Francis Ford Coppola
* King of New York (1990) regia di Abel Ferrara
* Dimenticare Palermo (1990) regia di Francesco Rosi
* Goodfellas - Quei bravi ragazzi (1990) regia di Martin Scorsese
* Johnny Stecchino (1991) regia di Roberto Benigni
* Narcos (1992) regia di Giuseppe Ferrara
* La donna contro il racket dell'estorsione (1992) regia di Minbo No Onna
* La scorta (1993) regia di Ricky Tognazzi
* Giovanni Falcone (1993) regia di Giuseppe Ferrara
* Carlito's Way (1993) regia di Brian De Palma
* Il giudice ragazzino (1993) regia di Alessandro di Robilant
* Il lungo silenzio (1993) regia di Margarethe Von Trotta
* Un eroe borghese (1995) regia di Michele Placido
* Casino (1995) regia di Martin Scorsese
* Vite strozzate (1996) regia di Ricky Tognazzi
* Lo zio di Brooklyn (1996) regia di Daniele Ciprì e Franco Maresco
* Hana-bi - Fiori di fuoco (1997) regia di Takeshi Kitano
* Tano da morire (1997) regia di Roberta Torre
* Testimone a rischio (1997) regia di Pasquale Pozzessere
* Donnie Brasco (1997) regia di Mike Newell
* Teatro di guerra (1998) regia di Mario Martone
* Lansky (1999) regia di John McNaughton
* Terapia e pallottole (1999) regia di Harold Ramis
* Brother (2000) regia di Takeshi Kitano
* Placido Rizzotto (2000) regia di Pasquale Scimeca
* I cento passi (2000) regia di Marco Tullio Giordana
* Luna Rossa (2001) regia di Antonio Capuano
* Angela (2002) regia di Roberta Torre
* Un boss sotto stress (2002) regia di Harold Ramis
* E io ti seguo (2003) regia di Maurizio Fiume
* Segreti di stato (2003) regia di Paolo Benvenuti
* Alla luce del sole (2005) regia di Roberto Faenza
* Il fantasma di Corleone (2006) regia di Marco Amenta
Cosa nostra è la mafia siciliana per eccellenza.
Indice
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* 1 Storia
o 1.1 Le origini
o 1.2 L'epoca fascista
o 1.3 Il dopoguerra
o 1.4 Prima guerra di mafia
o 1.5 Pizza Connection
o 1.6 Seconda guerra di mafia
o 1.7 La stagione dei maxiprocessi
o 1.8 L'attacco allo Stato
o 1.9 La risposta dello Stato
o 1.10 Situazione odierna
o 1.11 Provenzano e Post Provenzano
* 2 Struttura
* 3 Economia
* 4 Voci correlate
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Storia
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Le origini
' Cosa nostra ' nacque nei primi anni del XIX secolo dal ceto sociale dei massari, dei fattori e dei gabellotti che gestivano quotidianamente i terreni della nobiltà siciliana e i braccianti che vi lavoravano. Era gente violenta, che faceva da intermediario fra gli ultimi proprietari feudali e gli ultimi servi della gleba d'Europa: e per meglio esercitare il loro mestiere si circondavano di scagnozzi prezzolati. Questi gruppi divennero rapidamente permanenti assumendo il nome di sette, confraternite, cosche: il primo documento storico in cui viene nominata una cosca mafiosa è del 1837, dove il procuratore generale di Trapani, Pietro Calà Ulloa, riferisce ai suoi superiori a Napoli dell'attività di strane sette dedite ad imprese criminose che corrompevano anche impiegati pubblici. Nel 1863 Giuseppe Rizzotto scrive, con la collaborazione del maestro elementare Gaetano Mosca, I mafiusi de la Vicaria, un'opera teatrale dialettale ambientata nelle Grandi Prigioni del capoluogo siciliano. In origine, non si trattava di un lavoro organico, ma di una serie di scene destinate ad essere rappresentate nelle strade e nei teatrini popolari di Palermo. Scene che in un secondo tempo vennero trasformate in una commedia in tre atti che ebbe notevole fortuna. Nel 1875 se ne registrarono oltre trecento repliche nella sola Palermo, dopo che l'opera venne rappresentata con discreto successo in quasi tutte le maggiori città italiane. Alla rappresentazione nella città di Napoli partecipò anche Umberto I, re d'Italia.1 I personaggi sono semplici, genuini, senza nessuna complicazione psicologica. Gioacchino Funciazza, modellato sulla figura del famoso camorrista Gioacchino D'Angelo, realmente esistito, è il capo, colui che domina sugli altri detenuti e camorristi. Sin dalla prima uscita in scena mostra il suo peso gerarchico e impone le sue regole: farsi pagare “'u pizzu” (un tributo per consentirgli di accovacciarsi su di un giaciglio). Malgrado tutto è un personaggio positivo: difende gli oppressi e quelli che invocano la sua protezione; ha rispetto per i morti; “battezza” i nuovi affiliati accettandoli come compagni e sudditi iniziandoli alle regole dell'associazione; promuove i più scaltri e abili che meritano di far carriera nella consorteria. Assolve nel piccolo contesto del carcere buona parte dei compiti che, all'interno della compagine statale, ogni cittadino vorrebbe che fossero assolti da istituzioni corrette e democratiche. Non sorprende, quindi, che gli spetti l'appellativo di “mafioso”, termine che nel gergo popolare rappresentava la massima sintesi di tutte le migliori qualità umane.2 Rizzotto non coniò ex novo il termine mafia, che veniva adoperato nei quartieri popolari di Palermo. L'etnologo Giuseppe Pitrè, che nacque nel 1841 nel borgo palermitano di Santa Lucia, precisò che il vocabolo veniva usato correntemente durante la sua fanciullezza. La voce mafia valse, e vale sempre bellezza, grandiosità, perfezione, eccellenza nel suo genere. Alla idea di bellezza la voce mafia unisce quella di superiorità e valentia nel miglior specificato della parola, e discorrendo di uomo, sicurtà d'animo ed in eccesso di questa, baldezza, ma non mai braveria in cattivo senso, non mai arroganza, non mai tracotanza. L'uomo di mafia o mafioso, intesi in questo senso naturale e proprio, non dovrebbe metter paura a nessuno perché pochi quanto lui sono creanzati e rispettosi. Che, poi i veri detentori del termine cioè i mafiosi, suggestionati coi loro amici forse dalla fortuna della commedia del Rizzotto in tutta Italia, l'abbiano guastato e deviato, indottivi dall'orgoglio, dalla prestanza, dalla spavalderia, che erano loro propri e che son tutti cattivi consiglieri, è altra cosa.3
Lo scienziato indicò nelle rappresentazioni della commedia del Rizzotto la prima degenerazione popolare della parola, concludendo con un certo cruccio che “la voce fino ad ieri espressione di una cosa buona ed innocente, ora è obbligata a rappresentare cose cattive”.4 Il successo dell'opera non fu casuale. Rizzotto mostrò di conoscere bene le regole ed i valori di un mondo popolare, al quale l'arte non aveva ancora guardato con la dovuta attenzione. Seppe individuare l'intreccio complesso ed ambivalente che legava questo mondo a quello della malavita. Rizzotto era un attore popolare, ma non privo di una certa cultura, avendo intrapreso, anche se non portato a termine, gli studi giuridici; Mosca era stato informato circa gli usi e costumi della Vicaria di Palermo dal camorrista Gioacchino D'Angelo. I personaggi della commedia sono ritenuti abbastanza credibili, anche se, i fatti di cui appaiono protagonisti sono frutto della fantasia degli autori.5 Nell'opera si parla sempre di mafiusi, o meglio di camorristi e mai della mafia, la quale non doveva essere ancora una realtà ben precisa e conosciuta. Il mafioso appare delineato come un malandrino appartenente ad una consorteria modellata su quella camorristica napoletana. Rizzotto ne descrive le forme e le modalità di vita, il gergo e le abitudini, la mentalità ed il costume nel vestirsi e nell'atteggiarsi. Considerata l'epoca e le finalità che lo spinsero ad occuparsi del fenomeno, il capocomico non colse la reale portata di ciò che definiva mafia. Egli si limitò a considerare l'aspetto popolare, più appariscente e teatrale di quanto cadeva sotto la sua osservazione, senza indulgere in particolari approfondimenti. Rizzotto scelse il termine “mafia” per indicare un prodotto criminale, nato nelle viscere più profonde di una Sicilia feudale ostile alla democrazia e allo stato unitario. Il capocomico non immaginava minimamente quale importanza avrebbe assunto il titolo imposto alle “scene” nell'ambito di future vicende, non solo siciliane. Il nome ebbe un successo talmente grande da risultare deleterio ai fini di un'univoca interpretazione e comprensione dei fenomeni eterogenei e molteplici cui lo si è riferito nel corso degli oltre 140 anni seguenti. Quando l'opera del Rizzotto divenne molto conosciuta, sorsero problemi, perché alcuni la interpretarono come una semi apologia della mafia, nel frattempo rivelatasi un fenomeno associativo, con finalità più o meno criminali. Dietro la sollecitazione di alcuni notabili palermitani, l'autore aggiunse con finalità moralizzante, il terzo atto, il più scialbo e incolore.6 Il rinnovato finale della commedia contemplò il pentimento di Gioacchino Funciazza che, uscito di galera, rinnega i propri trascorsi di mafioso ed invita i vecchi accoliti alla redenzione. L'opera fotografa una fase storica nella quale l'ingresso nella malavita non era ancora senza ritorno.
L'espressione Mafia diviene un termine corrente a partire dal 1863, con il dramma I mafiusi di la Vicaria di Giuseppe Rizzotto e Gaetano Mosca, che ebbe grande successo e venne tradotto in italiano, napoletano e meneghino, diffondendo il termine su tutto il territorio nazionale. Fin da allora la mafia si caratterizzava come una struttura al di fuori dello stato, ma strettamente legata ad esso.
Con l'Unità d'Italia nella Sicilia della seconda metà del XIX secolo si accelerò il processo, già iniziato in precedenza, di smantellamento della struttura feudale ancora esistente nelle zone rurali e nelle campagne. Questo avvenne quando l'economia siciliana fu integrata in quella del resto del paese. Il governo piemontese inoltre si sostituì alla struttura sociale siciliana, fino a quel momento rigidamente divisa, senza però riuscire ad instaurare con essa un rapporto positivo. Se a questo si somma la necessità dei grossi latifondisti dell'interno dell'isola di affidarsi all'aiuto di qualcuno che garantisse loro un controllo effettivo e totale sulle proprietà, ecco che si spiega come mai la Mafia fu involontariamente favorita dal Risorgimento italiano.
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L'epoca fascista
I primi attacchi al potere mafioso furono sferrati da Benito Mussolini, che nel 1925 inviò in Sicilia Cesare Mori (insediatosi a Palermo il 22 ottobre dello stesso anno), il Prefetto di ferro, con l'incarico di sradicare la mafia con qualsiasi mezzo: l'azione del Mori fu ciecamente brutale e si accanì soprattutto contro i pesci piccoli e medi di Cosa Nostra, avvalendosi della collaborazione dei grandi latifondisti e dei proprietari terrieri siciliani: senza alcun riguardo per il fenomeno nel suo insieme, l'azione di Mori mirava soprattutto a ottenere una cifra consistente di condanne da riportare al Duce come prova del successo dell'operazione. Centinaia e centinaia furono gli uomini arrestati e condannati con processi sommari, come il boss Don Vito Cascio Ferro che fu messo in carcere anche in completa assenza di prove. Dopo alcuni arresti eclatanti di capimafia anche i vertici di Cosa Nostra non si sentivano più al sicuro e scelsero tra due vie per salvarsi: una parte emigrò negli USA, un'altra entrò nel partito fascista. Quando il "prefetto di ferro" scoprì numerosi agganci e collegamenti tra personalità di spicco del fascio e famiglie mafiose fu promosso e rimosso dalla carica. I limiti però della sua azione fu lui stesso a riconoscerli in tempi successivi, quando era stato nominato senatore del regno per la sua opera contro la mafia, che l'accusa di mafia veniva spesso avanzata per compiere vendette o colpire individui che nulla c'entravano con la mafia stessa. Inoltre, i mezzi brutali, ben oltre la legalità, usati dalla polizia nelle numerose azioni condotte per sgominare il fenomeno mafioso (giusto per citarne una "L'assedio di Gangi") portarono ad un aumento della sfiducia della popolazione nei confronti dello stato, fomentando una delle principali causa della Mafia stessa. Fatto sta che Mori fu il primo investigatore italiano a dimostrare che la mafia può essere sconfitta con una lotta senza quartiere, come sosterrà successivamente anche Giovanni Falcone.
=== La seconda guerra mondiale === Durante la seconda guerra mondiale numerosi boss italoamericani, in carcere negli USA (Lucky Luciano e Vito Genovese, per citare i più noti), furono contattati dalla CIA, per essere impiegati con la promessa della libertà al fine di assicurare agli alleati il controllo sull'isola. Non furono contattati solo boss americani ma anche italiani, come Vincenzo Di Carlo, Calogero Vizzini e Giuseppe Genco Russo. Questi contatti avevano lo scopo di facilitare lo sbarco alleato sulle coste siciliane. Per questo motivo alcuni ritengono che la ripresa del fenomeno mafioso si debba in parte anche all'attività degli alleati nell'isola.
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Il dopoguerra
Dopo la seconda guerra mondiale, la società siciliana subì una profonda trasformazione, con una riduzione del peso economico dell'agricoltura a favore di altri settori come il commercio o il terziario pubblico. In questo periodo l'amministrazione pubblica in Sicilia divenne l'ente più importante in fatto di economia. Cosa Nostra naturalmente seppe sfruttare adeguatamente questo cambio di tendenze, catapultando se stessa verso i nuovi campi socialmente ed economicamente predominanti. Per riuscirci dovette stringere maggiormente, più di quanto aveva fatto in passato, i rapporti con la politica e i politici del partito maggiore in Italia e in Sicilia, la Democrazia Cristiana. Da questo patto la mafia traeva guadagni nella gestione, data grazie ad appalti truccati, dello sviluppo edilizio di infrastrutture e di nuovi quartieri delle maggiori città, della riscossione delle tasse per conto dello stato, dell'assunzione di personale per gli enti statali e in più poteva godere della più totale immunità. La DC come partito ci guadagnava perché Cosa Nostra, per via del controllo sul territorio, era in grado di indirizzare grandi quantità di voti dove voleva, i politici della DC come singoli invece ci guadagnavano in quanto venivano corrotti con grandi somme di denaro.
Sono gli anni del sacco di Palermo, gli anni in cui Salvo Lima era sindaco e Vito Ciancimino assessore ai lavori pubblici. In 4 anni vennero concesse 4205 licenze edilizie, di cui 3011 intestate alla stesse 5 persone, dei muratori che risultavano nullatenenti. Sono stati scoperti successivamente essere dei prestanome. In questi anni vennero rase al suolo, le splendide ville liberty del centro della città, per essere sostituite con palazzi giganteschi. La stessa sorte toccò alle periferie e a molte zone verdi. Tutto questo avvenne anche grazie alla compiacenza di alcuni grandi istituti di credito siciliani che finanziavano imprenditori mafiosi a scapito di quelli onesti.
Un classico esempio dell'immunità raggiunta dalla mafia è il processo di Bari istruito dal PM Cesare Terranova, concluso in prima sessione l'11 giugno del 1969, nel quale erano sotto accusa di associazione a delinquere, 64 persone del clan mafioso di Corleone, tra cui Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Leoluca Bagarella e Luciano Liggio, con la totale assoluzione di tutti gli imputati per insufficienza di prove.
È ovvio quindi che di mafia fino alla fine degli anni '70, quando questa situazione iniziò a cambiare, lo stato non voleva che si parlasse.
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Prima guerra di mafia
La prima guerra di mafia fu scatenata da una truffa a proposito di una partita di eroina. Nel febbraio 1962 i fratelli La Barbera e i Greco erano tutti membri di un consorzio che finanziò una spedizione di eroina dall’Egitto. Fu inviato un uomo d’onore, Calcedonio Di Pisa, a controllare che venisse inoltrata senza intoppi verso New York sul transatlantico Saturnia. Ma i mafiosi di Brooklyn che ricevettero la droga scoprirono che i pacchetti non contenevano la quantità pattuita. In una riunione della Commissione convocata per decidere sul caso, Di Pisa fu assolto dall’accusa di aver sottratto una parte dell’eroina. Ma questa decisione non soddisfece i La Barbera, che non celarono il loro malcontento. Il 26 dicembre del 1962 Di Pisa fu ammazzato in piazza Principe di Camporeale. Quindi nel gennaio 1963, cominciò la rappresaglia: Salvatore La Barbera rimase vittima della Lupara Bianca. Dopo la morte del fratello Angelo La Barbera era deciso a continuare la guerra. Il 13 febbraio una Giulietta imbottita di esplosivo distrusse la casa di "Cicchiteddu" Greco a Ciaculli. "Cicchiteddu" rispose il 19 aprile, in una fiat color crema si fermò davanti alla pescheria impero in via Empedocle Restivo. Due killer si levarono in piedi sui sedili e innaffiarono di mitraglia la bottega.La vittima successiva fu un alleato di Greco. Il boss di Cinisi fu ucciso vicino al cancello di ferro della sua piantagione di limoni. Il 25 maggio del 1963 La Barbera fu trivellato di colpi. Se la prima guerra di mafia fosse stata realmente una di quelle vicende in cui il sangue chiama sangue, ambientata in una Chicago modellata sugli stereotipi delle storie vere della malavita, sarebbe finita quando Angelo La Barbera venne arrestato in un ospedale milanese. La coda brutale della guerra rivale che si trattava di una faccenda più sofisticata. E nella maggior parte delle complicazioni troviamo coinvolto Tommaso Buscetta.
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Pizza Connection
Con pizza connection si intende il traffico di droga fra gli Stati Uniti e le cosche mafiose di Cosa nostra. Si arricchirono molto le cosche di Palermo precedenti al sacco di Palermo ed alla seconda guerra di mafia.
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Seconda guerra di mafia
L'avvenimento che provocò un cambiamento nella struttura e nei metodi di Cosa Nostra fu il passaggio dal contrabbando di sigarette al traffico di stupefacenti, di gran lunga più redditizio. La struttura di comando tradizionale si indebolì e nel 1978 scoppiò una guerra interna alla mafia, tra la vecchia mafia storica, composta principalmente dalle famiglie affiliate ai Bontade, ai Badalamenti e ai Buscetta, e quella Corleonese,(i cui esponenti di spicco erano Luciano Leggio detto Liggio, allora in carcere, Bernardo Provenzano e Salvatore Riina). Quest'ultimi furono un gruppo dirigente estremamente feroce, che per dimostrare il suo potere compì una serie di omicidi eccellenti eliminando tutte le personalità dello stato che potevano costituire un ostacolo: morì così il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, eroe della lotta al terrorismo, ucciso dalla mafia a Palermo esattamente cento giorni dopo il suo insediamento; morirono Pio La Torre, Rocco Chinnici, Piersanti Mattarella, Ninni Cassarà ed altri ancora. Risalgono a questo periodo anche le filiazioni (nuclei locali) mafiose in Lombardia, Lazio, Marche. Una campagna di sterminio si è detto, e non si potrebbe chiamarla altrimenti perché in appena due anni, morirono in questa guerra più di mille uomini e tutti appartenenti ad uno schieramento, quello dei gruppi che si erano arricchiti con la pizza connection. Si può quindi parlare di due schieramenti, uno palermitano che deteneva il potere finanziario ed economico ed uno corleonese che deteneva quello militare, vinse la guerra quest'ultimo.
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La stagione dei maxiprocessi
Le efferatezze commesse durante la guerra di mafia di quegli anni, però, spinsero anche alcuni mafiosi a consegnarsi allo stato. Fra questi c'era il boss Tommaso Buscetta, che nel 1984 incontrò per la prima volta Giovanni Falcone. Buscetta scelse di fidarsi di quel magistrato e cominciò a parlare: sulle sue rivelazioni Falcone, Borsellino e il suo team, il famoso Pool antimafia ideato da Antonino Caponnetto, istruirono contro Cosa Nostra i famosi maxiprocessi di Palermo, con oltre 1.400 imputati, sferrando il primo vero, duro colpo a Cosa Nostra. Il maxiprocesso era iniziato il 10 febbraio 1986 e si era concluso in primo grado il 16 dicembre 1987 con 342 condanne, 2665 anni di carcere e 19 ergastoli (tra cui Luciano Liggio, Bernardo Provenzano e Salvatore Riina), la sentenza d'appello ridimensionò il 30 luglio 1991 le condanne ma la cassazione il 30 gennaio 1992 riconfermò tutte le condanne del primo grado che divennero realtà giudiziarie.
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L'attacco allo Stato
Dopo questo primo processo ne seguirono altri, vi fu una stagione di veleni interni alla magistratura e alla politica italiana mentre la mafia cercava di riprendersi: nei primi anni Novanta il clan dei Corleonesi, che si era imposto nella guerra di mafia dei primi anni Ottanta, riorganizzò ciò che restava di Cosa Nostra e iniziò una stagione di ritorsioni terroristiche con la strage di via dei Georgofili a Firenze e la bomba alla pinacoteca di Milano. I più famosi e terribili attentati restano però le stragi di Capaci, 23 maggio 1992, e di via d'Amelio, 19 luglio 1992, nelle quali hanno perso la vita Giovanni Falcone e Paolo Borsellino insieme alle loro scorte.
Manifesto raffigurante Falcone e Borsellino
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Manifesto raffigurante Falcone e Borsellino
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La risposta dello Stato
All'indomani delle stragi in Sicilia come in tutta Italia c'è stato un risveglio della società civile che ha portato ad una durissima presa di posizione nei confronti della mafia. La paura, l'omertà e la tradizionale veste di Cosa Nostra sembravano essere scomparsi per la maggior parte della gente, stanca di tutto questo sangue. Migliaia di persone scesero in piazza e nelle strade a manifestare, moltissime finestre e terrazze furono coperte da lenzoli e cartelli contro la mafia, la così detta rivolta dei lenzuoli. Quasi ogni giorno, e quasi in ogni luogo, c'erano lezioni sulla legalità e di educazione civica, nelle quali il posto da insegnante era preso da Magistrati e Giudici antimafia o da parenti delle vittime. A questo va aggiuta la risposta militare dello stato che con l'operazione "Vespri Siciliani" inviò nell'isola ben 20.000 soldati (dal 25 luglio 1992 all'8 luglio 1998) per presidiare gli obiettivi sensibili come tribunali, case di magistrati, aeroporti, porti ecc.; per citare le parole di Francesco Forgione: "la Sicilia del dopo stragi somiglia più alla Colombia che non all'isola libera, aperta, gioiosamente mediterranea che abbiamo conosciuto da secoli". Il ruolo svolto dall'esercito, nonostante le numerose critiche di aver "militarizzato l'isola", fu ampiamente positivo nel campo della sicurezza urbana. Ci fu una riduzione dei crimini e anche alcuni arresti eccellenti come Toto Riina e Leoluca Bagarella. Inoltre la presenza dell'esercito liberava la polizia da compiti di sorveglianza in modo che tutte le unità fossero usate per le indagini. A tutto questo va aggiunto l'arrivo a Palermo, di Gian Carlo Caselli, come procuratore della Repubblica, lo stesso giorno dell'arresto di Riina, il 15 gennaio 1993. L'azione della procura venne rilanciata, oltre che per i motivi già citati (sostegno popolare e presenza dell'esercito) anche grazie all'azione di questo magistrato esperto. In questo modo fu spezzato il sistema grazie al quale la Mafia poteva svolgere le sue attività indisturbata.
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Situazione odierna
Sembrano passati secoli da quegli anni, in realtà sono passate solo poche dozzine di mesi, ma il panorama Siciliano sembra essere brutalmente cambiato. Anche se "Cosa Nostra" non è più visibile come una volta questo non significa che essa sia scomparsa, infatti ha preferito allontanarsi dal clamore per continuare ad agire più efficacemente sottotraccia (strategia dell'inabissamento). Questo non significa che la mafia sia meno pericolosa, essa continua infatti ad avere contatti (poiché "crocianamente" si potrebbe dire che per la sua stessa strutturazione non potrebbe non continuare ad averne) con il mondo politico. Senza più il sostegno della società civile anche le attività di indagine delle forze dell'ordine e della magistratura non producono rilevanti risultati, come se Cosa Nostra fosse stata finalmente debellata; sebbene negli ultimi anni la lotta alla mafia sia ripresa con una certa incisività delle forze dell'ordine, nessuno può sostenere che la mafia sia stata debellata definitivamente. Non c'è più neanche la volontà politica di dare la caccia alla mafia e ai mafiosi, un punto questo che non è priorità né nei programmi di destra né in quelli di sinistra. Una volontà emersa ed espressa dalle parole scioccanti del ministro Lunardi nel maggio 2002 nelle quali si dichiarava la necessità di convivere con la mafia. Tutto questo unito al discorso del Commissario dell'ONU per la lotta al crimine e alla droga, Pino Arlacchi, al vertice delle Nazioni Unite sulla criminalità e narcotraffico, nel quale egli afferma che nel 2010 la mafia sarà definitivamente sconfitta.
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Provenzano e Post Provenzano
Dagli anni '90 Bernardo Provenzano con l'arresto di Totò Riina e Leoluca Bagarella diviene il capo di Cosanostra (Era il braccio destro fin dagli anni '80). Cambia radicalmente la politica e il modus operandi negli affari della mafia siciliana. I mandamenti (divisioni mafiose delle zone di influenza in Sicilia) più ricchi cedono i loro guadagni a quelli meno redditizi in modo di accontentare tutti (Una sorta di Wellfare state), evitando inutili guerre. Tutto controllato da un boss con la carisma di Provenzano che gestisce in modo impeccabile l'organizzazione. La mafia ora non è più ricca come ai tempi dei grandi traffici internazionali ed è per questo che è in Sicilia è diventata più oppressiva e più capillare.
L'11 Aprile del 2006 dopo 43 anni di latitanza (dal 1963) Provenzano viene catturato in un casolare a 2km da Corleone. Le strade che potrebbe intraprendere Cosanostra sono due. La prima è l'elezione di un nuovo capo del livello e bravura di Provenzano e continuare allo stesso modo la gestione dell'organizzazione. Si pensa così a Matteo Messina Denaro 43 anni (latitante dal 1993) boss di Trapani come suo padre Francesco. Oppure Salvatore Lo Piccolo latitante da 25 anni, capo indiscusso di Palermo. Quindi un passaggio di poteri, che potrebbe far ritornare al vertice di Cosanostra a un palermitano o a un trapanese. La seconda è una sorta di calabresizzazione della mafia. Cioè nessun supercapo ma ognuno per sè: I soldi che prendi dal tuo territorio li tieni per te. Anche se questo potrebbe portare a nuove guerre di mafia (Difatti l'Ndrangheta di recente ha una sorta di commissione, la quale composta dai capi più influenti di ogni 'ndrina decidono i grandi affari e sedano le faide).
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Struttura
Le conoscenze sull'organizzazione interna della mafia siciliana si debbono all'opera di Giovanni Falcone, il primo magistrato italiano che ha affrontato sul serio e con successo la mafia.
L'organizzazione di Cosa Nostra è formata da mafiosi che si definiscono uomini d'onore, la sua struttura è verticistica e piramidale. Alla base dell'organizzazione ci sono le famiglie in cui tutti gli affiliati si conoscono fra loro, governate da un capo-famiglia, di nomina elettiva; altre figure importanti sono il sottocapo e i consiglieri, in numero non superiore a 3. Le famiglie si dividono in gruppi di 10 uomini detti decine comandate da un capo-decina. Tre famiglie dal territorio contiguo formano un mandamento, il capo-mandamento è un loro rappresentante, che almeno fino a un certo punto, non fu capo di una delle famiglie, per evitare che favorisse la famiglia di appartenenza. I vari capi-mandamento si riuniscono in una commissione o cupola provinciale, di cui la più importante è quella di Palermo. Questa commissione provinciale è presieduta da un capo-mandamento che, per sottolineare il suo ruolo di "primus inter pares", si chiamava in origine segretario, ma sembra che ora abbia preso il titolo di capo. Per lungo tempo non c'è stato bisogno di un organismo superiore alla commissione provinciale poiché quasi tutte le famiglie risiedevano in quella di Palermo. Quando però l'organizzazione ha messo radici in tutta l'isola si è dovuta creare una cupola regionale detta interprovinciale, alla quale partecipavano tutti i rappresentati delle varie provincie e dove il titolo di capo era tenuto dal capo della cupola provinciale più potente e quindi di Palermo.
Negli ultimi anni, dopo la riorganizzazione seguita ai colpi inferti dalle forze dell'ordine, la struttura che era già molto semplice si è fatta ancora meno verticistica e meno localizzata: si ipotizza (non ci sono dati certi) che le nuove famiglie di Cosa Nostra siano costituite per funzione piuttosto che per territorio.
La strategia criminosa di Cosa nostra è duplice: da una parte cerca di garantirsi il controllo del territorio in cui risiede, attraverso una imposizione fiscale alle attività commerciali e industriali della zona (il pizzo o racket) e la feroce e immediata punizione di chiunque osi contravvenire alle disposizioni che essa dirama, mentre dall'altra cerca di corrompere il potere politico ed i funzionari dello Stato attraverso l'offerta di denaro e voti, per ottenere l'impunità e una sponda all'interno del sistema, da poter usare a proprio vantaggio. Questo connubio di impunità e controllo garantisce ai mafiosi la possibilità di affrontare qualunque nemico, sia esso malavitoso o istituzionale, da una posizione di forza, sicuri di avere in ogni caso un rifugio protetto e degli amici a cui ricorrere: a volte sfruttando perfino le forze dello Stato stesso.
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Economia
Secondo recenti dati forniti dall'Eurispes sembra che Cosa Nostra guadagni ben 8.005 milioni di euro l'anno dal traffico di droga, 2.841 milioni da crimini legati ad imprese (appalti truccati, aziende pulite per il ricliclaggio del denaro sporco ecc.), 176 milioni dalla prostituzione, 1.549 milioni dal traffico di armi e 351 milioni dall'estorsione e dall'usura. Tutto sommato un giro d'affari di quasi 13 miliardi di euro.
La camorra è un'organizzazione criminale nata a Napoli e diffusasi in tutta la Campania, con interessi anche all'estero.
Indice
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* 1 Etimologia
* 2 Storia
o 2.1 Dalle Origini al 1945
o 2.2 Dal 1945 ad oggi
o 2.3 Operazione "Partenope"
* 3 Situazione attuale
* 4 Struttura
* 5 Economia
* 6 Voci correlate
* 7 Collegamenti esterni
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Etimologia
Varie sono le ipotesi sull'etimologia del termine camorra ma 3 sono le più probabili:
* La parola deriva da una giacca corta indossata da banditi spagnoli detta "gamurri".
* La parola sarebbe connessa a "morra" che significa "raggruppamento di malfattori" inteso come "frotta" ma può significare anche "rissa".
* La parola significa tassa sul gioco che bisognava pagare a chi proteggeva i locali per il gioco d'azzardo, dal rischio di liti e di risse. Con questo significato compare in un documento ufficiale del Regno di Napoli nel 1735.
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Storia
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Dalle Origini al 1945
La Camorra nasce a Napoli nel XVI secolo durante la dominazione spagnola. A differenza delle altre organizzazioni criminali, diffuse soprattutto in campagna, la camorra nasce e si sviluppa in città, nei quartieri più popolosi. In origine il sodalizio si occupa principalmente della riscossione del pizzo dai numerosi biscazzieri che affollano le strade di Napoli. Ben presto, però, il fenomeno dilaga e le estorsioni iniziano a danneggiare la quasi totalità dei commercianti. Nonostante le violenze ed i crimini perpetrati, i camorristi godono della benevolenza del popolo al quale, in una situazione di totale disinteresse delle istituzioni per i problemi sociali, garantiscono un minimo di "giustizia".
Nel 1860 il prefetto Liborio Romano ricevuto dal governo provvisorio unitario l'incarico di mantenere l'ordine pubblico, affida alla Camorra l'organizzazione della guardia cittadina, per allontanare dalla città il pericolo di rivolte popolari. Facendo questo Don Liborio riconobbe alla Camorra quella dignità e autorità istituzionale che ancora le mancava durante il regno borbonico. Solo nei primi del '900 lo Stato riuscirà a reagire allo strapotere della cosiddetta Bella Società Riformata, la quale tra i politici dell'Italia unita vanta solide amicizie.
Nel 1911, nel processo celebrato a Viterbo per l'omicidio dei coniugi Cuocolo, grazie alle confessioni del camorrista pentito Abbatemaggio, vengono inflitte severe pene ai maggiori esponenti dell'organizzazione. La sera del 25 maggio 1915, nelle Caverne delle Fontanelle, nel popolare rione Sanità, i camorristi, presieduti da Gaetano Del Giudice, decretano lo scioglimento della Bella Società Riformata; in realtà la setta era già stata debellata nel processo Cuocolo.
Nel periodo fascista si assiste ad una quiescenza del fenomeno camorristico; lo stesso Mussolini, forte dei risultati ottenuti dal prefetto Moro nella lotta alla mafia siciliana, concede la grazia a molti dei camorristi condannati a Viterbo, sicuro che nel nuovo assetto istituzionale non costituissero più un pericolo.
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Dal 1945 ad oggi
È nel secondo dopoguerra che la camorra inizia ad assumere le caratteristiche riscontrabili attualmente. Il soggiorno obbligato a Napoli, imposto dal governo degli U.S.A. al boss Lucky Luciano, contribuì al superamento della dimensione locale del fenomeno ed all'inserimento dei camorristi campani nei grandi traffici illeciti internazionali. Tuttavia, in questa fase, la camorra non ha la struttura verticistica che la caratterizzava nei secoli precedenti, ma si presenta come una pluralità di famiglie più o meno legate tra loro.
Negli anni '70, dal carcere di Poggioreale nel quale è rinchiuso per omicidio, Raffaele Cutolo (detto O' Professore) inizia a realizzare il suo progetto: riorganizzare la camorra come organizzazione gerarchica; nasce così la N.C.O. (Nuova Camorra Organizzata). Lo strapotere raggiunto dalla NCO inizia a preoccupare le vecchie famiglie che si riuniscono sotto il nome di Nuova Famiglia (NF), per portare guerra alla camorra cutoliana. La guerra tra le due organizzazioni criminali è spietata e si conclude nei primi anni ottanta con la sconfitta della NCO. Le vittime sono molte centinaia, tra esse anche molti innocenti. Ben presto anche la NF smette di esistere, per il venir meno della ragione che aveva spinto le famiglie all'alleanza.
Nel 1992 ci prova il boss Alfieri a dare alla malavita organizzata campana una struttura verticistica creando la Nuova Mafia Campana (NMC), anch'essa scomparsa dopo poco tempo.
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Operazione "Partenope"
L'operazione "Partenope" nella quale vennero impiegati 500 soldati dell'esercito italiano iniziò il 18 febbraio 1994 e fu interrotta il 15 dicembre 1995.Ripresa il 14 luglio 1997 cessò definitivamente il 30 giugno 1998. L'operazione ebbe risvolti positivi ma, essendo di minor portata rispetto ad altre missioni simili (missioni dei "Vespri Siciliani", "Riace", "Salento"), non riuscì a debellare il fenomeno camorristico, avendo comunque ottimi risultati nel ridurre la microcriminalità nella città partenopea.
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Situazione attuale
Stubby
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La camorra è attualmente considerata una delle maggiori piaghe del meridione d'Italia, al tempo stesso causa ed effetto di gran parte dei problemi socio-economici della Campania. Il suo potere, dovuto anche ad appoggi di tipo politico, le consente il controllo delle più rilevanti attività economiche locali, in particolare modo nella provincia di Napoli. Oggi la Camorra conta oltre 6700 affiliati divisi in circa 111 famiglie attive in tutta la Campania. Sono segnalati insediamenti della Camorra anche all'estero, come in Olanda, Spagna, Portogallo, Romania, Francia e Santo Domingo.
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Struttura
La Camorra, attualmente, è organizzata in modo pulviscolare con un insieme di famiglie, pare siano 236 tra città e provincia, che si uniscono e si dividono con grande facilità. Questa struttura, caratteristica della Camorra fin dal dopoguerra, fu sostituita solo in 2 occasioni e solo temporaneamente: durante la lotta tra NCO e NF e durante la riorganizzazione della mafia napoletana in NMC. Tutte le volte che si è tentato di riorganizzare la camorra con una struttura gerarchica verticale si è preso come modello Cosa Nostra. Questi tentativi sono sempre falliti per la tendenza dei capi delle varie famiglie a non ricevere ordini dall'alto.
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Economia
Secondo recenti dati forniti dall'Eurispes sembra che la Camorra guadagni ben 7.230 milioni di euro l'anno dal traffico di droga, 2.582 milioni da crimini legati all'imprenditoria (appalti truccati, ricliclaggio del denaro sporco ecc.), 258 milioni dalla prostituzione, 2.066 milioni dal traffico di armi (il primato in questo campo va alla camorra) e 362 milioni dall'estorsione e dall'usura. Il giro d'affari complessivo è di circa 12 miliardi e mezzo di euro.
A questo elenco va ora aggiunto lo smaltimento illegale dei rifiuti, sia industriali che urbani, attività estremamente lucrosa che alcuni ritengono stia conducendo verso il progressivo degrado ambientale vaste zone di campagna nelle provincie di Napoli e Caserta, in primo luogo. A titolo di esempio, che la campagna far i comuni di Acerra, Marigliano e Nola, una volta rinomata in tutta la penisola come fra le più verdi e fertili, è da taluni ora indicata con il termine di "triangolo della morte".
Camorra è anche un film del 1972, diretto da Pasquale Squitieri, con protagonisti Fabio Testi e Jean Seberg.
(continua...)