Atlantide non esiste nè è mai esistita.
Ogni tanto spunta qualcuno che dice che è sicuro di averla trovata, se ne parla qualche giorno, poi tutto sfuma. Chi la trova dice che resti sono in "tot punti" aderenti alla descrizione platonica, ecc.
Già il fatto che di Atlantide parli soltanto Platone, fra gli autori antichi, non dovrebbe far riflettere? Dopo di lui la leggenda venne liquidata sbrigativamente da Aristotele, quindi avvalorata da Strabone (I sec. d.C.) e garantita da Proclo (V sec.), in un crescendo che non si è più fermato. Tutti, bisogna sottolineare, si basavano su Platone. Il quale in due dialoghi, il Timeo e soprattutto il Crizia, sviluppa la storia mettendola in bocca appunto a Crizia, che dice di averla appresa da suo nonno, che l'aveva saputa da Solone, che a sua volta l'aveva appresa dai sacerdoti egizi a cui aveva fatto visita a Sais, sul delta del Nilo. C'è un modo più esplicito per prendere le distanze dalla veridicità di quanto si sta per riferire?
E del resto, se la catastrofe di cui qui si parla fosse realmente avvenuta (come altre sicuramente erano avvenute, che in qualche modo avranno fornito lo spunto a Platone), non ne sarebbe rimasta traccia almeno nell'abbondante documentazione papiracea egizia?
Anche in un altro senso Platone prende le distanze: situando l'isola scomparsa al di là delle Colonne d'Ercole, in un luogo remoto, oltre i confini del mondo conosciuto. Perché allora individuarla qua e là nel mare nostrum, dalle parti di Cipro, a Santorini com'era prima dell'esplosione vulcanica (1500 a.C.), e così via perforando (l'acqua)?
Bisogna peraltro sapere che la storia di Atlantide è evocata dal filosofo per contrapporre il modello ideale della Atene primigenia - ordinata, ben governata, rispettosa degli dèi - al nemico dell'isola ricchissima e progredita che volle attaccare la capitale dell'Attica, perse la guerra e per un sovrappiù di punizione venne sprofondata negli abissi. E non va trascurato che la vicenda è fatta risalire da Platone a novemila anni prima della sua era: ossia un'epoca in cui non esistevano ancora né l'agricoltura, né la domesticazione degli animali, né la metallurgia, né la scrittura, né tantomeno le città, e quindi neppure Atene.
Ora, delle due l'una. O si crede alla lettera del racconto platonico - ma allora si lascia Atlantide nell'Atlantico, e si ricusa tutto ciò che l'archeologia, la paletnologia e le altre discipline scientifiche ci hanno insegnato sulla preistoria dell'uomo, per aprirsi magari a ipotesi avventurose come quelle che chiamano in causa interventi extraterresti nel cammino della civilizzazione (niente di sconvolgente, per carità, in America c'è chi si fa eleggere presidente dando corda ai fanatismi creazionistici: ma in questo caso ogni discussione diventa inutile). Oppure si opta per un'interpretazione libera, in chiave simbolica, come (non da tutti) si fa per la Bibbia - ma allora non si invoca più la corrispondenza «perfetta» alla «descrizione dettagliata» di Platone.
E un po' di sensibilità per il significato dei miti nei dialoghi platonici. Se ne sono scritti volumi su volumi. Tutte le volte (e sono tantissime) che si appresta a introdurre un mito, Platone ha cura di avvertirci. Nel Protagora, per esempio, Socrate domanda ai suoi interlocutori se desiderino sentire una certa dimostrazione attraverso un
mythos, «come sogliono fare i vecchi con i giovani», oppure attraverso un
logos; e dal momento che quelli lo lasciano libero di scegliere, opta per la prima soluzione, perché «mi sembra più piacevole». Tutto qui: un modo per rendere meno indigesti certi passaggi del ragionamento, un puro espediente didascalico-esornativo, qualche cosa che vale come veicolo per la comprensione, non come enunciato di fatti reali. Bisogna tenerne conto, prima di avventurarsi in fatiche maldestre.
Altrimenti che succede? Prendiamo per esempio un altro celebre mito platonico, quello raccontato da Aristofane nel Simposio, sugli esseri umani primordiali composti di maschio e femmina - schiena e fianchi a cerchio, quattro braccia, quattro gambe, due teste - poi spaccati da Zeus in due opposte metà: c'è qualcuno che si candida a trovarne la prova paleoantropologica?
P.s. Il libri di Colin wilson hanno lo stesso valore scientifico dei famosi "10 piani di morbidezza".
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