K. R. Popper: Il criterio dello stato scientifico - significato - induzione - congettura - procedere per tentativi ed errori - atteggiamento dogmatico e critico
Cos'è il "criterio di falsificabilità" ?
Sarà meglio partire da come lo concepì Karl Raimund Popper.
Nel 1919, le teorie alla moda erano la teoria marxista della storia, la psicanalisi e la psicologia individuale. Popper cominciò a dubitare delle loro pretese di scientificità, chiedendosi perché queste dottrine erano così diverse dalle teorie fisiche, dalla teoria newtoniana, e soprattutto dalla teoria della relatività. Esse sembravano in grado di spiegare praticamente tutto ciò che accadeva nei campi cui si riferivano. Si scorgevano ovunque delle conferme: il mondo pullulava di verifiche della teoria. Qualunque cosa accadesse, la confermava sempre. Un marxista non poteva aprire un giornale senza trovarvi in ogni pagina una testimonianza in grado di confermare la sua interpretazione della storia. Gli analisti freudiani sottolineavano che le loro teorie erano costantemente verificate dalle “osservazioni cliniche”. Una volta, nel 1919, Popper riferì ad Adler un caso che non gli sembrava particolarmente adleriano, ma che egli non trovò difficoltà ad analizzare nei termini della propria teoria (sentimenti di inferiorità nei bambini). Un po' sconcertato, Popper gli chiese come poteva essere così sicuro. “A causa della mia esperienza di mille casi simili” gli rispose; al che Popper non poté trattenersi dal commentare: “E con questo ultimo, suppongo, la sua esperienza vanta milleuno casi”.
In effetti, Popper si riferiva al fatto che le precedenti osservazioni di Adler potevano essere state non molto più valide di quell'ultima; che ciascuna era stata a sua volta interpretata alla luce della “esperienza precedente”, essendo contemporaneamente considerata come ulteriore conferma. Conferma di che cosa?, si chiese dunque Popper.
Paradossalmente, ogni caso concepibile poteva essere interpretato alla luce della teoria di Adler, o parimenti di quella di Freud. Due esempi assai differenti di comportamento umano spiegano il paradosso: quello di un uomo che spinge un bambino nell'acqua con l'intenzione di affogarlo; e quello di un uomo che sacrifica la propria vita nel tentativo di salvare il bambino.
Ciascuno di questi casi può essere spiegato in termini freudiani e in termini adleriani. Per Freud, il primo uomo soffre di una repressione del suo complesso di Edipo, mentre il secondo uomo ha raggiunto la sublimazione. Per Adler, il primo soffre di sentimenti di inferiorità determinanti forse il bisogno di provare a se stesso che egli osava compiere un simile delitto, e lo stesso accade al secondo uomo, che ha bisogno di provare a se stesso di avere il coraggio di salvare il bambino.
Popper non riusciva a concepire alcun comportamento umano che non potesse interpretarsi nei termini dell’una o dell'altra teoria. Era proprio il fatto che dette teorie erano sempre adeguate e sempre confermate ciò che agli occhi dei sostenitori costituiva l'argomento più valido a loro favore. Ma Popper cominciò a intravedere che questa apparente forza era in realtà un elemento di debolezza.
La teoria della relatività faceva predizioni sul comportamento della natura che, se non fossero state confermate, avrebbero mostrato che la teoria era in tutto o in parte sbagliata; ebbene, nel corso dell'eclisse del 1919 si poté misurare la curvatura della luce di una stella per effetto della gravitazione del Sole, curvatura esattamente prevista da Einstein; se l’osservazione avesse dato risultati diversi, la teoria di Einstein avrebbe dovuto essere abbandonata.
La differenza è evidente: nel caso della teoria della relatività la cosa che impressiona è il rischio implicito nella previsione. Negli altri casi (Marx e Freud) impressiona la facilità con cui si ottengono conferme, a patto di interpretare i dati alla luce della teoria (la chiave in questo caso è il concetto di interpretazione di un fatto). Da qui la tesi: il criterio dello stato scientifico di una teoria è la sua falsificabilità, confutabilità, o controllabilità. Dunque la psicoanalisi e il marxismo non fanno parte della scienza, sono al di là della demarcazione. Il che non significa che non siano utili o che non contengano verità: significa solo che non rispettano un criterio necessario per essere definite scienze.
Naturalmente anche se una teoria è confutabile, ed è quindi scientifica, di fronte a dati che la confutano vi è chi tenta di salvarla: in questi casi c'è chi mette in atto una reinterpretazione ad hoc della teoria, in modo da sottrarla alla confutazione. Una procedura del genere è sempre possibile, ma essa può salvare la teoria solo al prezzo di pregiudicare il suo stato scientifico. Popper chiama tale operazione di salvataggio "mossa o stratagemma convenzionalistico".
Wittgenstein sostiene che le proposizioni filosofiche e metafisiche sono del tutto prive di significato. Infatti le proposizioni dotate di senso sono soltanto quelle che rimandano a fatti d'esperienza. Dunque appartengono alla scienza soltanto le proposizioni che possono essere dedotte da fatti osservati.
In discussione è che cosa significa che una proposizione ha o non ha un significato. Popper nota che all'interno del Circolo di Vienna (anni Venti e Trenta) la sua posizione viene interpretato come una proposta per sostituire al criterio del significato come verificabilità un criterio del significato come falsificabilità. In realtà, Popper dice di non essere affatto entrato nel merito del problema del significato, ma di avere proposto un problema diverso, quello della demarcazione. Anche i problemi filosofici e metafisici, a suo avviso, hanno pieno significato, ma non possono rientrare nel criterio di falsificabilità e quindi non sono problemi scientifici.
Popper passa poi ad esaminare il problema dell'induzione. E' il problema con cui si è confrontato Hume: come si passa da una molteplicità di osservazioni ad una teoria che permette di prevedere il comportamento della natura? E' corretto e scientificamente affidabile il procedimento induttivo che permette di passare da tanti casi particolari ad un enunciato generale?
L'esempio tipico di Hume era questo: come possiamo essere certi che domani sorgerà il Sole sulla base del fatto che ogni giorno l'esperienza passata ci ha insegnato che il Sole è sorto? C'è una ragione per cui il futuro debba necessariamente somigliare al passato? La risposta di Hume era scettica: l'induzione non è uno strumento affidabile per la ricerca della verità; tuttavia l'uomo è portato a "credere" nell'induzione, a credenze del tipo "domani sorgerà il Sole" perché guidato dall'abitudine. Ciò che ho visto molte volte accadere mi porta alla credenza che lo rivedrò ancora accadere.
Popper nota che si tratta di una spiegazione psicologica poco convincente. Come ammette lo stesso Hume, anche una singola osservazione rilevante può bastare a creare una credenza o un'aspettazione. E questo vale anche per gli animali. Racconta Popper: "Una sigaretta accesa fu avvicinata al naso dei cuccioli. Essi l'annusarono subito, ma scapparono e nulla li avrebbe più indotti ad riavvicinarsi alla sorgente dell'odore e ad annusarla ancora. Pochi giorni dopo reagirono alla sola vista di una sigaretta. O anche di un pezzo di carta bianca arrotolata, scappando via e starnutendo". In realtà Hume, secondo Popper, ha torto: l'idea centrale di Hume è che noi osserviamo delle similarità, notiamo la ripetizione e creiamo quindi una abitudine; ma la somiglianza è tale rispetto a un parametro, che deve essere precedente alle osservazioni: "assumiamo le situazioni come simili, le interpretiamo come ripetizioni. (…) Dunque si tratta di ripetizioni soltanto da un certo punto di vista. Ciò che è per me una ripetizione, può non apparire tale a un ragno. Ma ciò significa che deve esserci sempre un punto di vista prima che possa darsi una qualsiasi ripetizione."
Allora l'interpretazione dei fatti osservati con cui costruiamo una teoria non è il prodotto di una costruzione basata sull'esperienza (induzione) ma una vera e propria invenzione: una congettura, un lanciarsi in avanti a prevedere il futuro. Ed è anche una congettura rischiosa, nel senso che l'esperienza successiva si incaricherà di confutarla o convalidarla. Dunque congetture e confutazioni, o, più semplicemente, un procedere per tentativi ed errori.
C'è dunque qualcosa di creativo nella elaborazione di un teoria scientifica. Certo, a monte c'è ancora dell'esperienza a catena, nel senso che lo scienziato elabora la sua teoria come risposta creativa a problemi posti dalla realtà che osserva. Che cosa c'è all'origine prima delle prime esperienze?
Se risaliamo indietro nella storia troviamo i miti, anch'essi interpretabili come congetture nel senso che Popper dà a questo termine. E più indietro ancora? Troveremo idee innate che stanno a fondamento del pensiero dell'uomo?
Popper lo nega. Ma qualcosa di innato che spieghi l'origine del meccanismo della congettura e della confutazione deve pur esserci. Un regresso all'infinito non è accettabile. Questo qualcosa di innato sono le reazioni o risposte innate: il bambino appena nato si aspetta di essere nutrito e, potremmo sostenere, di essere protetto e amato. Siamo nati con delle aspettazioni, con una conoscenza psicologicamente o geneticamente a priori, precedente, cioè a qualsiasi esperienza osservativa. Una delle più importanti tra queste aspettazioni è quella per cui ci attendiamo di trovare [nella natura] una qualche regolarità. Essa è legata alla propensione innata a ricercare delle regolarità, o a un bisogno di trovare delle regolarità, come possiamo constatare dal piacere del bambino che soddisfa questa esigenza.
Su questo punto Popper richiama Kant e la sua concezione della causalità come forma a priori. Kant "volle dimostrare troppo. Nel tentativo di illustrare come è possibile la conoscenza, propose una teoria che aveva la conseguenza inevitabile di stabilire che la nostra esigenza di conoscere è sempre sicuramente soddisfatta, il che evidentemente non è esatto."
Popper propone quindi di distinguere due diversi atteggiamenti dell'uomo:
l'atteggiamento dogmatico, naturale nell'uomo e utile alla costruzione delle teorie: è proprio di chi ha credenze forti, di chi vede regolarità anche dove non ve ne sono;
l'atteggiamento critico, proprio di chi è disponibile a modificare le proprie convinzioni.
Naturalmente l'atteggiamento dello scienziato è il secondo. Ma quello dogmatico, non scientifico o pseudoscientifico, è anche in realtà semplicemente pre-scientifico, nel senso che è più antico. Secondo Popper, "l'atteggiamento critico non è tanto opposto a quello dogmatico, quanto sovrapposto ad esso: la critica deve essere diretta contro credenze esistenti e influenti, bisognose di revisione critica, in altre parole contro le credenze dogmatiche." La credenze dogmatiche sono la "materia prima" dell'atteggiamento critico. Nella scienza quindi le teorie non vengono trasmesse come dogmi, ma "piuttosto con la sfida a discuterle e migliorarle". E' la grande scoperta dei Greci, dei primi filosofi.
Naturalmente la logica ha un'importanza notevole per l'atteggiamento critico, perché i punti deboli di una teoria "si trovano generalmente solo nelle conseguenze logiche più remote che se ne possono derivare".
E' dunque razionale il procedimento per congetture e confutazioni (tentativi ed errori)?
Certo, perché la nostra accettazione delle congetture è sempre provvisoria: non abbiamo di meglio, al momento. E "neppure c'è alcunché di irrazionale nel fare affidamento, a scopi pratici, su teorie ben controllate, giacché non ci è consentita nessuna condotta più razionale (…) del procedimento per congetture e confutazioni, che consiste nell'audace formulazione di teorie, nel tentativo di mostrare che tali teorie sono erronee , nella loro provvisoria accettazione se i nostri sforzi critici non hanno successo."
Le ultime pagine del testo di una conferenza tenuta a Cambridge nell'estate del 1953, sono dedicate all'esame di problemi specifici legati alla teoria dell'induzione, ad esempio al tema della probabilità: c’è chi sostiene che, se anche l'induzione non ci permette di raggiungere conoscenze scientificamente certe, ci permette almeno conoscenze altamente probabili. Ma, rileva Popper, la probabilità di un asserto è tanto maggiore quanto minore è il contenuto da esso affermato: la probabilità è cioè inversamente proporzionale al contenuto o al potere deduttivo, e quindi al potere di spiegazione. Pertanto ogni enunciato interessante e potente deve avere una bassa probabilità; e, viceversa, un'asserzione con un'elevata probabilità sarà scientificamente priva d'interesse, perché dice poco e non ha alcun potere di spiegazione".
Le opere di Popper sul tema in oggetto:
- Logica della scoperta scientifica [1934], Einaudi, Torino, 1970
- Congetture e confutazioni [1969], Il Mulino, Bologna, 1972
- Poscritto alla logica della scoperta scientifica [1981], Il Saggiatore, Milano, 1984, 3
- volumi: Il realismo e lo scopo della scienza, L'universo aperto, La teoria dei quanti e lo scisma in fisica.