LA SPEZIA —
«Non sopporto di esser stato preso a calci da una donna». E' stato lapidario Nicola F., il parà del 186.mo reggimento di Siena, nel ribadire ieri, davanti al tribunale militare della Spezia, le accuse che avevano portato all' incriminazione per «violenza ad inferiore» di Roberta Savoia, la caporalmaggiore leccese, di 24 anni, in forza allo stesso reggimento, prima «nonna» nella storia delle caserme d’Italia. Con lei, delle stesse accuse, deve rispondere il parigrado Francesco Valentini, 27 anni di Firenze.
Nicola F., interrogato dal pm Davide Ercolani che ha diretto l’inchiesta, ha ricostruito quanto successe il 18 marzo del 2004, all' interno della fureria della caserma senese, quando aveva il grado di caporale (ora è caporalmaggiore).
«Mi avevano chiesto di procurarmi dei dati che servivano per le truppe che erano andate in Kossovo. Chiesi a Valentini, che era al telefono, se poteva farmi usare l'apparecchio ma lui rispose che dovevo rilassarmi. Dopo qualche minuto glielo chiesi di nuovo; a quel punto mi ordinò di pompare». «Pompare» in gergo militare significa fare flessioni; l’intimazione ad eseguire le stesse, se rivolta ad un inferiore, è considerara un’ingiuria. Ma, per Nicola F, in quel momento, è un ordine: esegue senza battere ciglio ma mentre fa le flessioni continua a chiedere la possibilità di usare il telefono, quasi implorando. «In quell’istante — aggiunge la vittima — è entrata Roberta Savoia. Valentini le ordinò di darmi dei calci, per farmi stare zitto, aggiungendo così il telefono non gli servirà piu». Savoia, secondo la testimonianza della parte offesa, esegue senza discutere e tira tre quattro calci nel costato al caporale impegnato nelle flessioni. «Mi mancò il fiato e mi accasciai a terra — ha detto ancora Nicola F. — poi mi rialzai e andai nel bagno a vedere cosa era successo». Di notte, l'allora caporale ha forti dolori e si lamenta. «Due commilitoni che erano in camerata con me si preoccuparono. A loro non dissi nulla, ma il giorno dopo andai dall'ufficiale di picchetto al quale raccontai tutto. Lui mi consigliò di andare al pronto soccorso e qui i medici mi fecero un referto di cinque giorni e mi dettero degli antidolorifici». Una testimonianza chiara, senza esitazioni, ascoltata dai due imputati. Valentini, in un completo blu scuro e la caporalessa Savoia, in versione casual, con un paio di scarpe a punta di serpente color rosa pallido. Una testimonianza che ha ingenerato qualche tensione, come testimonia il fatto che, durante il controinterrogatorio dell'avvocato Savoia (congiunto dell’imputata) il presidente Marco Bacci si è trovato costretto a chiedergli di non intimorire il teste.
Concludendo la propria testimonianza, Nicola F. ha detto di «voler fare carriera militare, magari — ha aggiunto — all'Accademia di Modena» e di rinunciare a qualsiasi eventuale risarcimento.
«Non sono qui per avere soldi, solo per avere giustizia: non mi va di esser preso a calci da una donna». Il processo, con l' audizione dei testi a difesa, riprenderà il 21 settembre.
da. Congedati Folgore
Come sospettavo... (vedere parte sottolineata)
Se erano due uomini quindi non li avrebbe mai denunciati?!?