00 12/09/2003 12:23



(di Andrey Zvyagintsev)



Ivan, piccolo, cocciuto, in fondo fragile e solo.
Andrej, più grande ma meno testardo.
I due sono fratelli.

Il loro padre torna a casa dopo tanti anni, e appena arrivato se li porta con se per un lungo viaggio. Non dice dove andranno, non dice perchè.
Ma partono.

I due ragazzi sono impauriti, curiosi, spesso riottosi; il padre è freddo, severo, non dice nulla.

Finiscono su un'isola deserta per via di alcuni loschi affari del padre; qualcuno troverà la morte, qualcuno avrà avuto una lezione di vita, a qualcuno resteranno solo rimorsi.



Film che dice poco, ma i silenzi valgono più di molte parole: il rapporto tra il genitore e i 2 figli(unici personaggi, praticam) è ben approfondito per tutta la durata della pellicola, con primi piani intensi, significative espressioni facciali(straordinari tutti e tre gli attori), silenzi -appunto- densi come nebbia.

La nebbia, già: gli spettrali paesaggi russi, le pioggie incessanti, la cupa oscurità, contribuiscono ad aumentare il senso d'angoscia di cui si è schiavi guardando il film.


Bellocchio s'è lagnato del mancato primo premio dicendo: "Non ho neanche visto il film che ha vinto".

Lo guardi, poi ci dirà.




Uno dei 2 ragazzi(non ho ancora capito quale ma credo il più grande) è scomparso poco dopo la fine delle irprese a causa di un incidente.




...for I'm a rain dog too...