(di Marco Bellocchio)
Bel titolo, faceva notare Ghezzi.
E bel film, più intenso de "L'ora di religione", meno criptico ma non per questo più banale. Anzi.
Cupo, claustrofobico, riverso su se stesso, onirico a tratti, coraggioso nella sua semplicità: non devastante come "I pugni in tasca", certo, ma la nouvelle vague italiana s'è dissolta nello spazio di pochi anni, forse non è mai esistita.
Resta questo delizioso ripiego, un Bellocchio diverso ma uguale, autore/interprete del suo tempo, di fronte a temi scottanti affrontati con durezza e disincanto.
Resta Lo Cascio, strappato alle grinfie di Giordana e finalmente valorizzato in tutto il suo(grande) talento.
Resta Herlitzka, perfetto
dead man walking, corpo morto recitante, maschera buffa e triste; a tratti m'ha fatto tornare in mente il Landau di
Ed Wood, a tratti M.Girotti in
La finestra di fronte(film insulso, ma lui era grande).
La storia del rapimento, da via Fani all'assassinio, è narrata "a domicilio", nell'appartamento-prigione, con i volti dei protagonisti della scena politica di allora a fare da squallido contorno televisivo. E intanto, nella casa, quattro ingenui ragazzotti "autocostituitisi unilateralmente giudici e carnefici"(Montini) decidono della vita e della morte, della giustizia e dell'ingiustizia, processano "non l'uomo, il padre di famiglia, ma ciò che rappresenta, il Presidente del Partito borghese, che è contro il popolo".
-Ma il mio Partito ha una base popolare, è un partito di massa, è fatto di operai, gente semplice...
-Lei parla di gente, noi parliamo di classi...
Il film si chiude con Moro bendato poco prima dell'omicidio, sulle note di "Shine on you crazy diamond", straziante ponte sonoro che sovrasta anche le immagini(documenti reali) del funerale, con la parata di caporioni catto-socio-comunisti in bell'evidenza.
Per noi che non c'eravamo andare a vederlo è pressochè un obbligo, per gli altri forse lo è ancora di più.
...for I'm a rain dog too...