Beh, Rosario ci ha pure messo del suo, ma quel lavoro in origine era mio...
Eccone un assaggio:
- Capitolo I -
SOLO CASCO E MANGANELLO?
L’Amministrazione della Sicurezza Pubblica fu istituita col R.D. n. 798 del 30 settembre 1848, su proposta dell’allora Ministro per gli Affari Interni, Pinelli, che volle fortemente tale inedita denominazione “a giusta soddisfazione dell’opinione pubblica, cui suonava ingrato l’antico nome di polizia e con l’intendimento di rendere meglio palesi i nuovi più vasti e più nobili compiti di questo istituto che veniva innalzato a vera e propria amministrazione”.
In seguito si alternarono varie altre denominazioni , ciascuna sintomatica di profondi riassetti, a volte epocali, come quelli in cui da Amministrazione Civile divenne Corpo Militare, o viceversa. L’ultima militarizzazione fu uno dei primi atti del governo Badoglio (R.D. Luogotenenziale n. 687 del 31 luglio 1943), per espressa volontà del Re, che intendeva “vincolare maggiormente la P.S. alla Monarchia e pretendere assoluta dedizione nel momento in cui potevano rendersi necessarie misure gravi per il mantenimento dell’ordine in un caos di rovine materiali, morali e sociali”.
Il provvedimento fu preceduto da un significativo proclama, emesso il 25 luglio, decisamente rivelatore delle “illuminate” concezioni allora dominanti sulle strategie di tutela dell’Ordine Pubblico: “Qualunque perturbamento dell’ordine pubblico, anche minimo, o di qualsiasi tinta, costituisce tradimento…poco sangue versato inizialmente risparmia fiumi di sangue in seguito; perciò ogni movimento dev’essere inesorabilmente stroncato all’origine. Siano assolutamente abbandonati i sistemi antidiluviani quali i cordoni, gli squilli, le intimidazioni e la persuasione… non è ammesso il tiro in aria… si proceda in formazione da combattimento e si apra il fuoco a distanza, anche con mortai e artiglieria, senza preavviso di sorta”. Il proclama, fortunatamente, restò lettera morta, grazie al senso dello Stato (e della realtà) del Capo della Polizia, Carmine Senise, nonché di Prefetti e Questori, Autorità di estrazione e formazione civile. Come si vede, c’erano tutte le premesse per replicare le performances del Gen. Bava Beccaris che, quarantacinque anni prima (5 maggio 189
, ottenne dal Capo del Governo il permesso di (esautorare Prefetto e Questore di Milano per) ristabilire, a modo suo, l’ordine pubblico, turbato dalle agitazioni per l’aumento del pane e il cannone decise di usarlo davvero.
Ebbe così origine il Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza, istituito con D. Lgs. Luogotenenziale n. 365 del 2.11.1944, sotto il governo Bonomi che, all’indomani della liberazione di Roma, avviò un febbrile ripristino delle strutture e della macchina amministrativa dello Stato, dedicandosi con particolare zelo alla “rifondazione della polizia che, secondo le intenzioni dei partiti antifascisti, doveva diventare cardine della sicurezza del nuovo Stato” , con l’immutato compito di “Vegliare al mantenimento dell’Ordine Pubblico, alla sicurezza delle persone, alla loro incolumità ed al rispetto della proprietà, prevenire i reati, raccogliere le prove dei medesimi, assicurare alla giustizia i responsabili, portare soccorso in caso di pubblici e privati infortuni.”
Nell’immediato dopoguerra, la neonata democrazia si ritrovò alle prese con problemi enormi, non solo sotto il profilo dell’ordine pubblico: città da ricostruire, disoccupazione dilagante, intere popolazioni alla fame, borsa nera, stato di bisogno e di emergenza dell’intera classe contadina,
incidenti nelle campagne, tanto del Mezzogiorno quanto del Nord Italia, banda Giuliano già in piena attività, elezioni alle porte…
Le forze dell’ordine apparivano sottodimensionate rispetto alle accresciute esigenze ed ai molteplici compiti che si dovevano affidar loro. Un primo rafforzamento dei ranghi della P.S. (6.300 unità) nel luglio del ’47 servì ad avvicendare i troppi irregolari, ex partigiani che speravano nel definitivo arruolamento, ma decisamente malvisti dal Ministro Scelba, che dedicò la prima parte della sua reggenza del Dicastero a fare piazza pulita, come egli stesso soleva ripetere. Contemporaneamente si modernizzarono armamento e mezzi di trasporto e si deliberò un significativo aumento dell’indennità di O.P.
Frattanto il potere politico aveva più volte avvertito l’indefettibile esigenza di disporre costantemente di una congrua aliquota di personale specificamente addestrato per compiti operativi di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, nonché per attività di pubblico soccorso.
Infatti si doveva, spesso e malvolentieri, constatare che le forze territoriali non erano sufficientemente preparate a fronteggiare i gravissimi disordini sociali del particolare momento storico: in pochi casi il loro intervento riusciva a prevenire incidenti e spargimenti di sangue. Anzi, fioccavano le interpellanze parlamentari, per lo più di area comunista, che accusavano apertamente Polizia e Carabinieri di scarsa sensibilità e comportamenti inumani o, addirittura, di aver dato origine ai disordini, avendo fatto uso delle armi in assenza dei presupposti di legge o di espresso ordine. Già nel 1945, presso alcune Questure della Repubblica, erano state create altrettante Compagnie Mobili di Polizia, contraddistinte da un elevato livello di addestramento ed efficienza, oltre che da una struttura essenziale, che ne consentiva l’agile ed immediato impiego, secondo moduli operativi predeterminati e di comprovata efficacia.
Tali strutture sperimentali funsero da base per i più famosi Reparti Celeri, ufficialmente istituiti nel luglio del 1948, allorquando vennero reclutati oltre ventimila uomini (18.000 Guardie, 2000 Sottufficiali, 300 Ufficiali, oltre a 90 Vice Commissari e ad alcuni Ufficiali Medici dell’E.I., prima in servizio temporaneo, poi inquadrati fra gli Ufficiali del Servizio Medico del Corpo); furono ulteriormente potenziati l’armamento (il M.A.B., dopo la breve parentesi del residuato americano Thompson cal. .45, sostituì definitivamente il moschetto ’91) e la motorizzazione, con l’assegnazione di 200 autoblindo inglesi Stoghand & Hemset. Buona parte di queste risorse andò a costituire la dotazione della neonata Celere, strumento assai flessibile, adatto ad operazioni antiguerriglia, ma anche e soprattutto ad interventi di mantenimento dell’ordine pubblico.
Le cronache dell’epoca, purtroppo, furono funestate da numerosi episodi cruenti, per i quali quel nome venne irrimediabilmente associato ad una visione bieca e repressiva del Potere contro le libertà democratiche dei cittadini, seppellite a suon di sfollagente tra il fumo acre dei lacrimogeni, i getti degli autoidranti e i caroselli delle Campagnole.
Una seconda, memorabile stagione di disordini ed incidenti si ebbe, com’è noto, nel ‘68, allorquando i vari comitati studenteschi rivendicarono, con mezzi spesso non ortodossi, il loro diritto all’utopia. Il Governo cercò di ristabilire l’ordine e lo slogan
"Celerino assassino" fu scandito in ogni piazza della Penisola .
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Gli attuali Reparti Mobili, oggetto di profonda rivisitazione nel 1986, hanno pienamente riscattato questa pesante eredità e, con essa, la logora e preconcetta immagine di casco e manganello. La loro elevatissima professionalità, conquistata con un serio e costante addestramento, viene dimostrata giornalmente nelle attività di mantenimento dell’ordine pubblico, loro impiego elettivo. I Reparti si sono distinti più volte nelle operazioni di Soccorso Pubblico nelle zone colpite da calamità naturali, guadagnandosi la stima e la gratitudine di quelle popolazioni.
Degno di menzione, infine, il contributo prestato durante varie missioni multinazionali di pace all’estero in Paesi duramente provati da devastanti vicende politiche interne, come ad esempio Albania e Kosovo.
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Ah: