00 03/11/2006 11:42

Chi ha avuto a che fare con il caso Calipari e con gli ostaggi italiani in Iraq, chi vi è stato testimone o ha messo mano in qualche modo in quel pasticcio è destinato a fare carriera o a conservare la propria al riparo da ogni guaio. Parlando di Calipari, non c’è solo il balzo in avanti nella carriera del diplomatico Ragaglini (vedi il nostro dossier Farnesina nella Velina Azzurra n.15 ) che partecipò alle indagini in Iraq, ascoltò i nastri delle telefonate e ispezionò l’auto crivellata del dirigente del Sismi. Non c’è solo lui. C’è anche l’anomala sistemazione della signora Rosa Villecco, vedova del dirigente del Sismi e pro tempore funzionaria anche lei dei “servizi” (Cesis), che non solo ha ereditato eccezionali riconoscimenti dello Stato alla figura del marito ucciso dal “fuoco amico” Usa, ma è stata anche eletta senatore alle ultime politiche sotto la protezione DS (Minniti), facendosi assegnare alla commissione Difesa: il suo doloroso periplo di visite nelle città italiane per commemorare la figura del marito, chiedendo verità su quell’ambigua vicenda, si è infine concluso.

E veniamo a Pollari. L’Italia è il Paese che, quando il Partito comunista era all’opposizione, ha arrestato un capo dei servizi segreti (generale Miceli); ne ha processati altri due (generali De Lorenzo e Santovito); e ha sottoposto quasi tutti altri a indagini umilianti (Henke, Casardi, etc). Non si conta poi il numero dei generali, colonnelli e prefetti sbattuti in carcere e di quelli che sono stati in vario modo trovati cadavere. Tutti costoro vennero spietatamente sacrificati dal potere politico. Ma Niccolò Pollari, che è accusato di averne fatte di tutti i colori, è riuscito sinora miracolosamente a restare in piedi tra le rovine della nostra intelligence. Anzi la sua resistenza tiene bloccata da mesi la rotazione ordinaria ai vertici dei servizi. E non c’è giornale che si chieda ragione di questo mistero. Persino in queste ore, il governo sta cercando una soluzione che in qualche modo salvi la faccia del generale, magari spedendolo nelle stanze dell’inutile Cesis. Ma perché? Che cosa sa Pollari? Che cosa sa del business dei sequestri in Iraq? Fu lui insieme al sottosegretario Gianni Letta a gestire la liberazione di Giuliana Sgrena (e di altri ostaggi italiani) trasmettendo gli ordini a Calipari con il telefonino. Che cosa accadde realmente quella sera a Bagdad. Che cosa ascoltarono gli americani dal satellite e cosa trovarono poi nella macchina crivellata del Sismi? Fatto è che da allora anche Letta è diventato intoccabile, insieme con il suo capo Silvio Berlusconi.

Questa impunità tiene misteriosamente chiusa la bocca delle forze politiche di maggioranza e opposizione ed ormai viene applicata automaticamente a tutte le sporche e stupide storie del Sismi che continuano a venire fuori: dallo sgangherato rapimento di Abu Omar allo spionaggio politico da strapaese di Pollari e dei suoi fiduciari. E non parliamo per ora della serie di presunti attentati abilmente “sventati” dai nostri 007 in Italia e all’estero. Un servizio segreto così cialtrone da farsi spiare dalla Questura (senza voler togliere nulla ai bravi brigadieri della Digos) non è un pericolo per la democrazia ma un’enorme finestra di vulnerabilità per il Paese. E quindi qualcuno dovrebbe liquidare in qualche modo questa sentina di imbecilli dove un semplice maresciallo dei carabinieri è potuto diventare capo della massima divisione di Forte Braschi, posizione da generale a due stelle, senza che nessuno fiatasse. Sarebbe utile conoscere i veri motivi per cui questa banda è stata sinora protetta sia dal centro-destra sia dai DS e persino da Rifondazione comunista. Sospettare che sia una questione di soldi e di ricatti è proprio il minimo.