00 26/02/2004 12:02
Nella notte la trattativa per la cessione alla società petrolifera Nafta Moska. Il costo dell'operazione è 400 milioni. Domani il consiglio d'amministrazione.

ROMA, 26 febbraio 2004 - I russi e la Roma, ormai è solo questione di ore. L’accordo c’è, resta solo da limare alcuni piccoli dettagli tecnici. La trattativa ufficialmente è ancora in corso, va avanti da martedì ed è proseguita anche nel corso di questa notte. Studi di prestigiosi avvocati sono scesi in campo, da una parte e dall’altra. L’ultimo atto, la firma ufficiale del fatidico accordo tra Franco Sensi e gli uomini che rappresentano la Nafta Moska, dovrebbe avvenire oggi o al più tardi domani, proprio in concomitanza col cda della società giallorossa e con le prime scadenze per le licenze Uefa.

Via Bocca di Leone. E’ questo il luogo, proprio nel cuore della capitale, a due passi da Piazza di Spagna, dove si stanno decidendo le sorti della Roma. Lo Studio legale Pavia e Ansaldo (un ufficio a Mosca aperto nel ’9[SM=g27989] è situato proprio di fronte alla boutique di Valentino dove il mediatore russo Valery Semenov fece shopping (senza badare a spese) in occasione dei diversi incontri con Franco Baldini e Rosella Sensi. Gian Roberto De Giovanni è il legale di questo studio che sta direttamente curando gli interessi della famiglia Sensi. L’avvocato siciliano Salvatore Trifirò, assai noto come giuslavorista, rappresenta invece la controparte, cioè i russi della Nafta Moska. Ad affiancarlo, nelle ultime 36 ore, sarebbero arrivati da Londra rinforzi legali inglesi. L’equazione Londra uguale Abramovich è fin troppo facile, ma prima di correre troppo bisogna considerare che qualsiasi magnate russo, e non solo Roman Abramovich, si appoggia e opera oggi attraverso finanziarie inglesi e relativi studi legali.

Quale sia la autentica composizione della formazione russa, dal presidente della Nafta Moskva Anatoly Kolotilin, all’azionista di maggioranza Suleiman Kerimov, al mediatore Valery Semenov, allo stesso Abramovich, indicato come azionista di minoranza, non si sa; i russi non sarebbero in queste ore decisive a Roma. C’è chi li vuole in attesa di notizie a St Moritz, pronti a piombare nella capitale. I dettagli tecnici di un’operazione così complicata, sono materia buona per i legali.

L’avvocato Trifirò, in tal senso, ha fama di essere un uomo che non si spaventa di fronte alle maratone. L'aneddotica lo vuole solito mettersi comodo quando si è alla stretta finale: via le scarpe, un’usanza cara anche al premier della vecchia Unione Sovietica Nikita Kruscev, che in realtà le scarpe le batteva pure sul tavolo. Pare che Trifirò non arrivi a tanto, e si limiti a trattare camminando scalzo nelle sale dove vengono condotte le estenuanti trattative. Ieri sera, il tam tam mediatico ha finito col far convergere in via Bocca di Leone tanta gente. Ma quando l’avvocato Trifirò, accompagnato dal suo staff, è uscito per un break culinario a base di spaghetti cacio e pepe, l’unica frase concessa agli interlocutori è stata, sorridendo, un molto siciliano "Ma noi non sappiamo nemmeno come ci chiamiamo"...

In realtà, tutto lascia credere che i giochi siano fatti e che i legali siano solo destinati a mettere nel modo più efficace nero su bianco, per dare una cornice ai 400 milioni di euro dell’offerta. "Mancano solo piccoli dettagli tecnici, il grosso è già fatto": questa frase, filtrata dagli studi legali, va interpretata. La Roma è quotata in Borsa, e prima di sbilanciarsi ufficialmente bisogna mettere a posto le virgole.

La sensazione che tutto stia ormai volgendo a una definizione, la danno anche circostanze collaterali. Proprio ieri, il sindaco Walter Veltroni avrebbe fatto un estremo tentativo per coagulare alcuni imprenditori romani e porre all’attenzione di Franco Sensi un’alternativa concreta. Ma non ha funzionato. E sul fronte delle vere o presunte cordate romane, le campane sono suonate a morto anche da parte di Capitalia. Sarebbe anzi partita proprio da lì, da quel via libera, l’accelerazione delle ultime 48 ore, pur nel perdurare di tutte le perplessità relative ai russi. "Finchè è in ballo la trattativa coi russi è perfino ovvio che tutto il resto sia fermo. Nessuno vuole infilarsi in un’asta...", l’affermazione è di fonte bancaria e ha una sua verità, che fa però da contrappeso al fatto che non uno tra i vari Toti, Angelini, Angelucci e Caltagirone si sia mai fatto davvero avanti. E di verità ce ne è anche un’altra: Capitalia in questo momento è in tutt’altre e ben più complicate faccende affacendata. Perdere un "cliente" come la pur indebitata Roma di Sensi (ma gli indebitati con un grande patrimonio per le banche hanno sempre un grosso appeal) può certo dispiacere. Ma può essere, di questi tempi, inevitabile.