00 21/08/2003 10:32
La stanza è stracolma di giornalisti e fotografi in trepidante attesa, la tensione è altissima mentre il campione di colore entra per la sua conferenza stampa. La faccia da bravo ragazzo lo ha fatto ormai diventare un idolo, tanto quanto quella maglia gialloviola portata più volte al trionfo. E' accompagnato dalla moglie, una donna probabilmente ferita, ma pronta a recitare la propria parte, fino in fondo. La parte è quella della persona che perdona il campione che ha sbagliato, una parte che per tutti è semplice e logica, ma forse non lo è per lei. Il brusio degli addetti ai lavori si blocca quando il campione si avvicina al microfono, per dire quelle parole che tutti si aspettano che dica: < Sono disgustato da me stesso, sono furioso per avere commesso l'errore di tradire la persona che amo di più....> Parole belle, parole che un uomo vero dovrebbe avere il coraggio di dire. Ma un uomo vero avrebbe dovuto averle dette prima. Prima di essere scoperto apertamente e accusato, dovrebbero essere una presa di coscienza delle proprie debolezze e non un paravento o un'ancora di salvezza.

Probabilmente avrete immaginato il protagonista di questa storia, gli indizi sono chiari, un campione idolo dei tifosi, un personaggio pubblico additato come esempio e modello, la maglia gialloviola, il tradimento.

Kobe Bryant? Si e no.......

Si, perchè è ormai noto alla cronaca il recente fattaccio successo in quell'albergo del Colorado. No, perchè questa storia è un terribile deja vu. Questa storia gli amanti del basket (ed i fans dei Lakers in particolare) l'hanno già vissuta qualche anno fa, ed il protagonista era niente meno che il grande Magic Johnson.

E' curioso notare le analogie che si ripropongono a qualche anno di distanza. E' un salto indietro nel tempo, a quando la franchigia di Los Angeles dominava in lungo e in largo per i campi di basket degli States grazie al suo centro dominante (allora Kareem Abdul Jabbar, oggi Shaq) ed incantava con la classe pura e cristallina della propria guardia tuttofare (Magic, ora Kobe).

E proprio l'uomo più rappresentativo, quello che tutte le mamme d'America vorrebbero come figlio, quello elevato a modello e immagine del "come si deve essere" scopre, in un colpo solo tutte le proprie debolezze di essere umano.

-Sono un uomo come tutti. Piango, soffro come tutti. Vorrei tornare indietro nel tempo..- sono le parole di un Kobe Bryant piangente e disperato, di fronte alla accusa di violenza sessuale. Furono anche le parole di Magic, nell'ammettere di aver contratto il terribile virus dell'AIDS a causa di un aulterio.

Per il numero 32 fu la fine della propria carriera, non potè più tornare in campo finchè non si scoprì che essere sieropositivo non vuol dire essere un appestato. Ma in quegli anni si credeva di si, era una malattia nuova e sconosciuta. Nessuno voleva rischiare....

Per Kobe probabilmente non sarà così, lui tornerà, o forse non si fermerà neanche. I media ci sono andati giù pesante, ma l'America e il modo gli credono. Nessuno può pensare che un bravo ragazzo possa macchiarsi di un crimine tanto infame. Nessuno riesce ad immaginare che dietro a quel volto possa in realtà celarsi un essere che di umano ha ben poco (come tutti quelli che si macchiano di questa infamia). Dopotutto un adulterio si può perdonare, ed ecco che le parti si invertono, la vittima diventa carnefice e viceversa: probabilmente quella ragazza ha visto passare l'occasione della sua vita e l'ha colta al volo. Lasciamo alle cronache future l'evolversi degli eventi, lasciamo a schiere di avvocati decidere quale sarà quella verità che non sapremo mai.
Cogliamo quello che possiamo da queste vicende. Impariamo la lezione che ci impartisce: anche il più grande campione è come ognuno di noi, con le proprie debolezze e la propria forza d'animo che ci accompagna per tutta la vita. Dopotutto se sei fortunato, se hai un talento particolare essere campione non è difficile, lo è molto di più esserlo tutti i giorni per una persona normale, che si guadagna da vivere tutti i giorni e mantiene la propria dirittura morale in barba alle proprie sfortune!