Tra i pittori più indipendenti e innovatori del '900, Marc Chagall con la sua opera evidenzia il risultato di una complessa e articolata stratificazione di esperienze e di scelte ideologiche e culturali che determinano un intrecciarsi reciproco di influssi a partire dalle avanguardie 'storiche' fino alle correnti dell'arte contemporanea.
Il già citato titolo della mostra – il suggestivo “Chagall delle meraviglie" – trae spunto dal nome dato, in un famosissimo saggio, da Louis Argon, l'intransigente teorico del Dadaismo e del Surrealismo che, per descrivere la lieve e meravigliosa poetica chagalliana non trova altro termine di paragone che la felice atmosfera del "Sogno di una notte di mezza estate" di Shakespeare.
L'intendimento di questa importante retrospettiva – curata da Meret Meyer e Claudia
Beltramo Ceppi Zevi, e che si avvale di un prestigioso Comitato Scientifico, è coordinata da Alessandro Nicosia e realizzata da Comunicare Organizzando – che la città di Roma dedica a Chagall, è quella di rivisitare la sua intera opera ricca di rimandi, influssi e anticipazioni rispetto all'arte futura, analizzando nell’interessante percorso espositivo, ad esempio, l'influsso che la tradizione figurativa delle icone, tipica della cultura ortodossa, ha su tutto il mondo figurativo di Chagall.
Il mondo ebraico e l'arte tradizionale russa costituiscono uno dei nuclei originari della poetica dell'artista. Nelle opere del periodo russo ritroviamo la rappresentazione di quelle masse umane che popolano i funerali e le processioni di Repin e la grande scuola del Realismo russo; il ricordo dell'artigianato russo traspare, inoltre, in quel colorato senso della decorazione all'origine dei suoi famosi mazzi di fiori. Sorgente meno nota dell'ispirazione di Chagall è, invece, il mondo di vignette popolari russe denominate Lubok, ampiamente diffuse fra i ceti popolari durante tutto l'Ottocento, in cui viene rappresentato in modo realistico, ma paradossale, un mondo fatto di animali parlanti, di personaggi che volano, di galli
cavalcati da fieri cavalieri. Lo stesso mondo che anima, come un circo fatato, le opere di Chagall. Una ricca sezione della mostra, dedicata alla raffigurazione dei motivi religiosi, fa scoprire uno Chagall che passa senza evidenti distinzioni, dalla tradizionale iconografia ebraica – la rappresentazione di rabbini e sinagoghe – a quella biblica e a quella cristiana, avendo l'ardire di raffigurare, nel famosissimo trittico della Crocifissione, un Cristo vestito dei tradizionali abiti ebraici. Esposta per la prima volta la serie completa delle incisioni della Bibbia.
"Sfortunatamente il pubblico è lento ad accettare in pittura la stessa libertà che pure viene accettata, ad esempio, nel linguaggio tradizionale della poesia. Dovrà passare del tempo prima che l'opera di Chagall possa essere rivisitata con la piena maturità e profondità di giudizio di cui necessita. Molta della pittura che oggi viene esaltata sarà dimenticata quando le forme e i colori di Chagall daranno ancora gioia all'umanità. Allora si scoprirà
che Chagall ha dato uno dei maggiori contributi alla realizzazione della libertà nell'arte." Lionello Venturi, 1945.