I Cavalier, l'Arme e l'Amore Gruppo di discussione improntato al rispetto reciproco, al piacere del dialogo, con libertà di spaziare dove ci porta il pensiero, in maniera leggera e in un'atmosfera gioviale

Cézanne sull'Arno

  • Messaggi
  • OFFLINE
    Alimede
    Post: 2.562
    Post: 1.373
    Registrato il: 20/03/2005
    Città: BARI
    Età: 48
    Sesso: Femminile
    Abitante della Corte
    Condottiero/Dama
    00 01/03/2007 12:16
    A Firenze, a Palazzo Strozzi, una grande mostra celebra Paul Cézanne nel centenario della morte. Tornano le opere dei due collezionisti, Loeser e Fabbri, oggi sparse in tutto il mondo, che per primi intuirono la grandezza del pittore di Aix-en-Provence



    Firenze - A sir Winston Churchill non piacque l'arte di Paul Cézanne. Fu uno di quelli che rimase tutt'altro che conquistato dal pennello del maestro di Aix-en-Provence, turbato da quelle forme e quei colori così insoliti che di lì a poco, nel primo decennio del Novecento, avrebbero spianato la strada alla rivoluzione del cubismo di Picasso. Pittore dilettante, nonché politico di razza, Churchill vide Cézanne a Firenze, nella collezione di Alexander Loeser giovane e ricchissimo rampollo di una famiglia tedesca emigrata negli Stati Uniti dove aveva fatto fortuna (1864 - 1928), che aveva intuito la grandezza del pittore francese, scoprendo primi paesaggi nel 1896 a Parigi, presso la bottega dell'illuminato mercante d'arte Ambroise Vollard, arrivando ad acquistarne nel tempo ben quindici che portò tutti con sè in Toscana, dove si era trasferito dal 1890, e dove non mancò di mostrarli a molte importanti personalità della comunità internazionale, dal cenacolo di artisti capitanato dal critico Bernard Berenson suo ex compagno di Harvard, alla scrittrice Edith Wharton con i suoi ospiti illustri, come i fratelli Leo e Gertrud Stein, che a differenza di Churchill invece rimasero folgorati da quella tavolozza audace e da quelle forme robuste ma visionarie. In quegli anni a Firenze viveva anche un altro estimatore convinto di Cézanne, Egisto Paolo Fabbri (1866 - 1933) giovane americano di origini italiane, erede di una straordinaria ricchezza, grazie alle capacità imprenditoriali dello zio Egisto Paolo Senior, talmente abile da divenire socio del banchiere John Pierpont Morgan.

    Spinto da un carattere inquieto e ricco di interessi, soggiornò più volte a Parigi acquistò i primi dipinti di Cézanne nel 1896 dal suo gallerista e mercante parigino Vollard. A quell'epoca il pittore era ancora vivo, disprezzato da quasi tutti i critici. Fabbri fu però da subito un suo convinto sostenitore e nel 1899 gli scrisse una lettera, manifestando il desiderio di recarsi ad Aix per conoscerlo. Il pittore però rifiutò, con la ritrosia che riservava anche ai pochi ammiratori, ma non nascose una sincera meraviglia nell'apprendere che, a quella data, il giovane collezionista possedeva già 16 suoi quadri. Che poi diventeranno 32, formando una collezione per lo più di altissima qualità, e che nei primi decenni del Novecento non ebbe uguali né Europa né in America, e che arrivò in Toscana dopo essere stata esposta alla Biennale di Venezia del 1920. Gli amati Cézanne, anche i più belli, che Fabry, come lo chiamavano gli Stein, fu costretto a vendere nel 1928 ai mercanti parigini Rosenberg e Wildenstein per una cifra all'epoca non indifferente, per far fronte alle spese, da filantropico incallito qual era, affrontate per la ricostruzione della Chiesa di Serravalle nel Casentino, per aver fatto venire dall'America dei professionisti qualificati, come Justine Ward, che aveva elaborato un nuovo metodo di insegnamento del canto gregoriano ai bambini, e che lui voleva impartire all'umile popolazione del villaggio, oltre all'acquisto del monumentale Palazzo Capponi a Firenze.

    Quanto a Loeser, dispose per testamento che i suoi Cézanne passassero alla figlia Matilda Sophia con la clausola che, alla morte di lei, "quelli di maggior valore" fossero dati in legato al "Presidente degli Stati Uniti d'America e ai suoi successori in carica, per l'adornamento della Casa Bianca di Washington". Loeser non risparmiò consigli sull'allestimento: "Questi quadri saranno posti in una o più stanze della Casa Bianca nelle quali non vi siano altre pitture. Il lato inferiore della tela deve essere ad una altezza di circa m 1,70 dal pavimento". Posti a debita distanza l'uno dall'altro e messi in relazione con la mobilia sembreranno "finestre che offrano vedute dal di fuori". "Apparirà così" che possiedono "un valore decorativo del più alto grado". E i quadri di Cézanne, che un tempo erano l'attrazione fiorentina per stranieri e residenti, appesi alle pareti della sala da pranzo nel palazzo di via Cavour, dove Fabbri viveva con la famiglia, o quelli conservati a Villa Gattaia da Loeser, finiti nelle collezioni dei più grandi musei del mondo, tra cui la Casa Bianca, ritornano per la prima volta tutti insieme nella mostra "Cézanne a Firenze" ospitata a Palazzo Strozzi dal 2 marzo al 29 luglio, ideata e curata da Carlo Sisi già direttore a Palazzo Pitti della Galleria d'Arte Moderna, uno dei massimi esperti del periodo, e Francesca Bardazzi, nota studiosa del collezionismo di Cézanne in Italia, per celebrare il genio enigmatico di Paul Cézanne nel centenario della morte, ma soprattutto la straordinaria epopea intellettuale di due giovani e lungimiranti collezionisti americani residenti a Firenze, Loeser e Fabbri appunto, per i quali Cèzanne rappresentò "la grande avventura della vita" e il loro merito fu proprio nell'averne riconosciuto la bellezza e la modernità quando Cézanne viveva incompreso da gran parte degli artisti e dei critici.

    Una grande esposizione che in tutto raccoglie oltre 100 opere, dove sfilano anche quelle di Cézanne provenienti dalle collezioni Morozov e Schukin, che presentano relazioni stilistiche, cronologiche e storiche assai precise con alcuni quadri acquistati da Fabbri e Loeser, oltre ad alcuni dipinti giovanili di Cézanne provenienti da musei italiani e stranieri poste a fianco di opere precoci del grande maestro di Aix, che si trovavano nelle raccolte dei due collezionisti a Firenze. Dove spicca una chicca, un Cézanne scomparso da 60 anni , copia della grande "Cena in casa di Simone" di Paolo Veronese, che risale agli anni giovanili appartenuto a Egisto Paolo Fabbri, recentemente scoperto in una collezione privata italiana dalla Bardazzi, realizzato probabilmente tra il 1860 e il 1870. "Opera che risale cioè al periodo giovanile - racconta la storica - quando Cézanne frequentava il museo del Louvre per copiare i capolavori del passato, in particolare quelli della pittura italiana e veneta". Il quadro è un olio su tela di piccole dimensioni, esposto da Bernard Berenson nel 1945 a Palazzo Pitti alla mostra "La peinture française a' Florence".

    "Da allora se ne erano perdute le tracce - dice la Bardazzi - anche perché, non essendo illustrato nel catalogo della mostra né nei classici repertori cézanniani di Lionello Venturi e John Rewald, mancava ogni riferimento iconografico. Insieme al dipinto sono stati ritrovati due importanti documenti che saranno anch'essi esposti a Palazzo Strozzi: si tratta della lettera originale che Paul Cézanne scrisse al giovane Egisto Paolo Fabbri nel 1899 e di una foto, anche questa appartenuta al collezionista, che ritrae Cézanne con il pittore impressionista Camille Pissarro. Come noto, Pissarro fu amico di Cézanne oltre che maestro di Fabbri". Una rassegna che vuole anche indagare effetti che la presenza a Firenze di queste importanti collezioni ebbe sugli artisti fiorentini e toscani. Primo fra tutti Ardengo Soffici, che soggiornò a Parigi all'inizio del Novecento e nel 1908 su La Voce pubblicò un fondamentale saggio su Cézanne, Soffici che nel 1910 organizzò la prima mostra degli impressionisti in Italia. A lui si affiancano Giovanni Fattori, Amedeo Modigliani, Oscar Ghiglia, Eduardo Gordigiani, Alfredo Muller, alcuni pittori livornesi, Felice Carena, e gli scultori Libero Andreotti, Antonio Maraini e Romano Romanelli. Senza dimenticare la figura del critico di Ugo Ometti che portò i Cézanne di Fabbri alla Biennale del '20, dove vennero ammirati da Margherita Sarfatti. E dove fanno capolino anche alcune tele di Pissarro, Van Gogh, Sargent, Denis, Cassatt, Weir, La Farge, artisti con i quali soprattutto Fabbri era in contatto.

    Dunque, sono oltre venti i Cézanne in mostra delle due originarie collezioni,, tra cui i celebri "La signora Cézanne sulla poltrona rossa", la sua Hortense Fiquet protagonista di tanti ritratti, di undici anni più giovane, conosciuta a Parigi quando posava come modella, una relazione tenuta nascosta al padre per otto anni, con tanto di figlio Paul, e ufficializzata solo nel 1886 col matrimonio. Ancora, "Casa sulla Marna" (eccezionalmente prestata dalla Casa Bianca), "Frutteto", e "Le Bagnanti", lavori che hanno il pregio di rievocare l'intera parabola artistica di Cézanne, dalle irrequiete ricerche giovanili, alle sperimentazioni ardite dell'en plein air, alla tensione costruttiva, alle libertà visionarie degli ultimi anni. Picasso, Braque, Léger, Matisse, Mondrian, ma anche i nostri Morandi, Carrà, Sironi, sono tanti gli illustri discepoli che hanno riconosciuto in Cézanne "il padre della modernità", per l'originale approccio di Cézanne ai problemi spaziali, un approccio che ha prontamente superato il disfacimento della forma sotto i colpi della luce, secondo la formulazione impressionista, per approntare un rigoroso processo mentale dove "l'occhio deve inglobare, concentrare e il cervello formulare", per dirla con Cézanne stesso. Sarà proprio lui nel 1904 a scrivere che bisogna "trattare la natura secondo il cilindro, la sfera, il cono, il tutto messo in prospettiva", definendo artisticamente lo spazio attraverso forme geometriche. Opere che di Cézanne, dell'"eremita di Aix", raccontano un concentrato di tematiche predilette. Il bucolico ed evocativo ancora infarcito di romanticismo fantastico, il passaggio legato all'osservazione diretta della natura, a quella natura che vorrà vivisezionare attraverso l'intuizione della forma geometrica, dove lo sguardo dell'artista si concentra su scenari di cime rocciose, segnate dall'erosione e coperte da vegetazione rada e stentata, la cui "selvaggia maestosità delle gole scavate tra le colline" veniva cantata da Emile Zola. I ritratti che puntualmente assumono un carattere monumentale, con la Madame Cézanne dove la regolarità formale dei lineamenti, l'inserzione dell'ovale del volto nella zona concava dei capelli tendono a ribadire un astratto ideale geometrico.

    E le nature morte, nate sotto l'euforia febbrile di voler stupire "Parigi con una mela", come disse l'artista. Saggi di un modo completamente nuovo di dipingere gli oggetti nello spazio, reinventando le nature morte partendo dalla loro bidimensionalità e conferendo loro una profondità inedita. Le forme si fanno essenziali, arrotondate, disadorne, mele e pesche, i frutti più facili per definire il volume attraverso colori tenui. "Senza Cézanne mi domando talvolta che cosa sarebbe la pittura attuale". Dirà di lui Léger.



    Io mi cibo solo di ciò che mi brucia dentro e mi infiamma, poichè mi si confà il fatto di vivere di ciò di cui gli altri muoiono...
  • OFFLINE
    Alimede
    Post: 2.562
    Post: 1.373
    Registrato il: 20/03/2005
    Città: BARI
    Età: 48
    Sesso: Femminile
    Abitante della Corte
    Condottiero/Dama
    00 01/03/2007 12:18
    Notizie utili - "Cézanne a Firenze", dal 2 marzo al 29 luglio 2007, Palazzo Strozzi. La mostra è curata da Carlo Sisis e Francesca Bardazzi.
    Orario: tutti i giorni, 9-20, giovedì 9-23.
    Ingresso: intero €10, ridotto €8,50.
    Informazioni: tel. 055-2645155, www. cezanneafirenze. it
    Catalogo: Electa.



    Io mi cibo solo di ciò che mi brucia dentro e mi infiamma, poichè mi si confà il fatto di vivere di ciò di cui gli altri muoiono...