Amnesty International accusa il governo del Vietnam di violare la libertà d’espressione dei cittadini vietnamiti nascondendosi dietro le leggi in materia di sicurezza nazionale. In un paese in cui circa 2,5 milioni di persone utilizzano internet e dove ci sono dai 4000 ai 5000 cybercafè, la rete è divenuta un luogo dove esprimere le proprie opinioni politiche, un mezzo per scambiare informazioni con chi si trova all’estero, una voce per opporsi pacificamente alle ingiustizie o alle scelte di governo. Posta elettronica, forum di discussione e siti internet, confrontando informazioni e proposte, potrebbero fungere da veicolo di una riforma politica pacifica. Purtroppo non la pensa così il governo vietnamita che, servendosi di una legislazione poco chiara in materia di sicurezza nazionale, oltre a bloccare alcuni siti, può rintracciare e seguire le tracce elettroniche degli internauti che magari hanno solo inviato una mail in cui esprimevano il proprio pensiero politico. Non solo, i gestori dei cybercafè sono costretti a vietare ai propri avventori la navigazione in determinati siti, accusati di propagare informazioni sovversive. Una legge lacunosa e imprecisa è l’arma grazie a cui il diritto alla libertà d’espressione, di riunione pacifica, d’informazione vengono sistematicamente negati. Se ad essere minacciata è la libertà nel mondo virtuale, le conseguenze sono molto reali. Un semplice appello a delle riforme politiche viene punito con lunghe detenzioni in carcere. Negli ultimi due anni sei dissidenti politici sono stati imprigionati e 4 sono tuttora in attesa di giudizio; l’accusa è quella di aver commesso dei reati legati alla diffusione in rete di punti di vista critici nei confronti della politica vietnamita. Un esempio per tutti: Le Chi Quang, professore d’informatica. Il giovane è stato arrestato nel febbraio 2002 con l’accusa di aver diffuso nella rete degli articoli in cui veniva criticata la politica del governo per ciò che riguarda diritti umani, democrazia e rapporti con l’estero. Nel novembre dello stesso anno è stato condannato a 4 anni di prigione e a 3 di arresti domiciliari. Ad aggravare la situazione di Le Chi Quang concorre anche una malattia renale cronica che è andata peggiorando dopo l’incarcerazione. Amensty International chiede la liberazione di tutti i detenuti per questo tipo di reato e la cancellazione delle restrizioni alla libertà d’espressione. Tutti possono sostenere quest’iniziativa inviando al Primo Ministro vietnamita la lettera che si trova all’indirizzo:
http://web.amnesty.org/pages/vnm-261103-action-eng