Ecco la parte conclusiva, questa mi sa che non l'hai letta...
Sarebbe stato il duello del secolo. Il più grande maestro di spada contro il più forte duellante di tutti i tempi. Quel mattino di primavera ad assistere al duello del secolo c’era una vera folla. Centinaia e centinaia di persone, venute da città anche lontane pur di non perdersi quell’evento. C’era tutta la nobiltà più in vista, c’erano i più famosi maestri d’arme, c’era la gente comune, nessuno, ma proprio nessuno voleva mancare. Persino l’imperatore Claner in persona aveva voluto assistere con i suoi occhi al duello. Era arrivato con tutto il suo seguito di guardie del corpo, paggi e servitori. Era presente anche l’erede al trono, il giovane principe Malakay, un bambino di appena cinque anni.
Il conte aveva deciso che suo figlio, Sinclair, gli avrebbe fatto da padrino per quel duello. Sinclair aveva quindici anni allora, ormai erano più di tre anni che aveva smesso di allenarsi con suo padre, anzi, in quei tre anni non aveva mai neppure impugnato una spada.
Forse quel gesto era l’ultimo disperato tentativo del conte di riportare suo figlio sulla via delle armi, forse era per un preciso disegno del destino che Sinclair si trovasse ad assistere a quel duello, o forse tutto quel che accadde quel mattino di primavera fu soltanto il frutto della casualità. Fatto sta che quando il duello tra il conte e Raoul De La Roche finì, la vita di Sinclair Savage cambiò per sempre.
“Pronti? A Voi!” Era iniziato. La folla ammutolì. I due spadaccini si studiavano, ognuno con gli occhi fissi nello sguardo dell’altro. Nessuno dei due si muoveva. Non per paura, era una pura questione di strategia. Nella scherma spesso tutto si decide in base a quanto sei riuscito a capire del tuo avversario solo con uno sguardo. È un’arte che implica una grande capacità di valutazione delle persone, e a fronteggiarsi in quel duello erano due veri maestri. In quegli attimi di assoluta immobilità loro avevano già cominciato a combattere.
Poi De La Roche partì con un coupè così veloce da essere invisibile agli occhi, il maestro lo parò come se lo avesse aspettato da sempre e rispose fulmineo con un affondo al fianco, che venne parato dal suo avversario con una naturalezza disarmante. Risposta di mulinello alla spalla sinistra del conte. Parata di prima e affondo al ventre col pugno in prima, parata di contro di seconda e passata all’indietro per svincolare. Ritorno in guardia, sempre guardandosi negli occhi. Le presentazioni erano fatte. Attacco del conte con doppia finta circolata sulla parata di contro di quarta di De La Roche, che svincola e chiude l’attacco avversario rientrando in terza e risponde con filo direttamente al petto dell’avversario. Inquartata di lato del conte per schivare l’affondo e riparte con una battuta di passaggio di prima per ingannare l’avversario fintando un colpo basso per poi mulinare verso il petto. De La Roche si accorge dell’errore appena in tempo per parare e contrattaccare con piccoli colpi di fuetto veloci e precisi, tutti parati dal conte. E così via. Non sembrava nemmeno scherma, c’era qualcosa di magico, di innaturale nei loro movimenti, quasi come degli acrobati, o dei giocolieri. Era una danza, entrambi i ballerini eseguivano i passi alla perfezione, ad una velocità mostruosa, senza sbagliare una mossa, senza cambiare minimamente l’espressione dei loro volti, apparentemente senza la minima emozione. Danzavano sul filo di un equilibrio sottilissimo, il primo che avesse commesso anche il più piccolo errore si sarebbe sicuramente giocato la vita.
Il conte si stava divertendo. Non aveva mai incontrato un avversario simile. Stava combattendo al massimo delle sue possibilità, aveva usato ogni trucco che conosceva, e anche qualcuno che non conosceva, e non era riuscito a metterlo in difficoltà, sembrava una macchina. Mentre danzava, il conte capì che avrebbe perso. Raoul De La Roche era veramente il più grande spadaccino di tutti i tempi.
Eppure il vecchio maestro continuava a duellare, a duettare con quell’avversario fantastico,a combattere ad un livello oltre l’immaginabile, oltre il sogno, al di là del corpo e della mente, entrambi in stato di grazia, ballerini folli e perfetti in un oceano di nulla.
Niente aveva importanza adesso, in quel limbo in cui le percezioni, i movimenti e la maestria arrivavano ad un punto in cui si superano le soglie delle umane facoltà e i limiti della mortalità, più niente aveva senso se non il duello stesso, il confronto, lo scontro, ma anche l’unione di due essenze in un'unica forma di inimitabile ed ispirata arte…
In quegli attimi entrambi i duellanti erano immortali, sfioravano quasi la perfezione, quasi…
Solo di fronte ad un avversario del genere, capì il conte, avrebbe potuto forse trovare il suo unico sogno, il suo unico rimpianto, quell’illusione sempre inseguita…
Ma era troppo tardi, i suoi sensi portati all’estremo potevano vedere soltanto una possibile conclusione, un unico modo in cui poteva finire quel duello.
Come un giocatore di scacchi prevede con anticipo anche di quindici o venti mosse uno scacco matto inevitabile, così il conte avvertì, esattamente tra ventitrè movimenti inevitabili e consequenziali, quell’affondo, più veloce del lampo, che avrebbe decretato la sua sconfitta, e probabilmente anche la sua morte. Poteva solo rassegnarsi, ormai. Cominciò a contare.
-ventitrè movimenti-
-ventidue movimenti-
Fu al terzo movimento che la vide. Era lì, proprio davanti a lui, ma vedere non è il verbo esatto. Più che altro la percepì, un sussurro ai margini della sua coscienza, ma era lì. La stoccata perfetta. In tutta la sua semplicità, così evidente da fargli pensare di essere stato un’idiota a non averci pensato prima.
Quindi era possibile una soluzione diversa! Aveva sempre avuto ragione, dunque, e adesso poteva dimostrarlo di fronte a tutti eseguendo il più completo dei colpi, la stoccata perfetta. Era alla sua portata, raggiungibile,vicina, poteva quasi vederla, ma era ancora poco più che un miraggio …
-ancora diciannove movimenti…-
Più si avvicinava l’ultimo movimento, meglio il maestro riusciva a percepire l’esecuzione e le implicazioni di quel colpo infallibile. Non soltanto la stoccata perfetta era diretta conseguenza di ogni singola mossa di quel duello, ma discendeva da ogni singolo gesto della sua intera vita. Probabilmente vibrare quella stoccata avrebbe concluso ugualmente la sua vita. Una volta raggiunta la perfezione continuare una vita imperfetta non avrebbe avuto senso. Il conte già immaginava di vibrare quell’ultimo colpo e poi dissolversi nel nulla, ma non importava.
-ancora tredici movimenti-
De la Roche continuava a eseguire quei movimenti inevitabili e consequenziali più che convinto ormai di raggiungere la vittoria alla fine di quello scambio, il suo affondo era più veloce del lampo, e avrebbe raggiunto il petto del conte, era l’unica soluzione possibile.
-ancora sette movimenti-
Il conte sapeva che il suo avversario non si era accorto di nulla, non poteva. Soltanto lui poteva sentirla, solo lui che aveva dedicato la sua intera vita e tutta la sua passione per quel singolo istante.
Ancora poco e l’avrebbe vista in tutta la sua abbagliante completezza. Sapeva con certezza come eseguirla, eppure non aveva idea di come sarebbe stata, era ancora un sussurro ai margini della coscienza, ma adesso avrebbe preso forma…
-ancora tre movimenti-
Il mondo rallentò. Tutto sembrava immerso sott’acqua, il vecchio maestro era consapevole di tutto ciò che succedeva intorno a lui. Il suo avversario, il suo sudore e il suo respiro, il vibrare delle lame, gli uccelli tra i rami, il rumore dell’erba che cresce…
Tutto era perfetto, il luogo, il momento, la posizione, il soffiare del vento, il muoversi di ogni cosa. Solo adesso, ora o mai più…
-ancora due movimenti-
-ora uno soltanto-
È strano, a volte i sogni sorprendono anche se li si è inseguiti per tutta la vita. Lasciano del tutto sconcertati, forse perché nemmeno noi credevamo di poterli realizzare. E quando ce li troviamo davanti, veri, concreti e reali, la nostra prima reazione è pura incredulità, forse è un meccanismo del nostro cervello per non farci impazzire di fronte a tanta gioia e tristezza insieme. La realizzazione di un sogno in fondo, non è altro che la sua fine, la sua morte…
Il conte restò perduto nella sua meraviglia soltanto per un attimo, ma fu sufficiente. Se stai combattendo contro il miglior duellante del mondo non puoi distrarti. Nemmeno un istante. L’affondo, più veloce del lampo, arrivò dritto al petto del maestro, trafiggendolo.
Quando una lama ti trapassa il cuore hai soltanto pochi secondi prima che la morte sopraggiunga, ma quei secondi, gli ultimi, possono essere un tempo lunghissimo. In quel tempo lunghissimo il vecchio maestro vide tante cose. Allora era vero che quando muori tutta la tua vita ti passa davanti in un attimo. Non era stata una brutta vita, in fin dei conti, bella ed emozionante fino alla fine. Peccato non essere riuscito a vibrare la stoccata perfetta, ma era già tanto averla finalmente trovata, averla sentita come si sente il vento sulla pelle. Era già tanto aver combattuto il più spettacolare duello mai visto, ne avrebbero parlato per decenni, ne era certo. Del resto forse il destino non avrebbe mai permesso che si realizzasse una cosa veramente perfetta in questo mondo fatto di imperfezioni, era già tanto aver potuto vederla, la perfezione, essercisi avvicinato a tal punto da crederla raggiungibile . Mica è una cosa che capita a tutti.
L’ultima immagine che il conte vide fu quella di suo figlio. Il volto sconvolto, le lacrime agli occhi. Fin troppo sensibile, come aveva potuto renderlo tanto infelice? Ma c’era qualcos’altro nel suo sguardo, oltre al dolore, anche stupore, comprensione, come una specie di rivelazione e lo guardava come se volesse dirgli qualcosa, ma senza trovare le parole. Forse… Forse l’aveva vista anche lui? Forse… no, era impossibile, come avrebbe potuto? Eppure…
Il vecchio maestro non poté porsi altra domande, scivolò a terra e morì.
La stoccata perfetta non esiste, o meglio, ce ne sono tante. Ogni colpo che raggiunge il suo scopo è perfetto. Ma con la mossa opportuna lo si potrebbe parare. Quindi un assalto tra spadaccini esperti in teoria potrebbe durare in eterno. Ma il Destino, che spesso si serve dell'imprevisto, pone fine alla lotta, inducendo in errore uno degli avversari. Perciò il segreto è questo: occorre concentrarsi e tenere a bada il Destino, anche solo il tempo necessario perchè l'errore lo commetta l'altro. Tutto il resto è illusione.
Lucien De Montespan (maestro di scherma dell'800)