00 06/04/2005 15:22
Nacqui in una gelida giornata di fine autunno. Quel giorno la pioggia ed il vento imperversavano con tutta la loro forza,quasi a sembrare un monito, un segnale da parte di Diira che, quel giorno,qualcosa di importante sarebbe accaduto, qualcosa sarebbe cambiato, qualcosa, o qualcuno, avrebbe fatto sì che la tranquilla città di Lèar, situata ai confini dell’impero di Elea, passasse alla storia.
Nessuno poteva sapere che quel qualcosa ero io.Nessuno, nemmeno io, sapeva che avrei votato a Diira la mia vita.
Quando venni alla luce,mia madre Hebel e mio padre Heron mi diedero Myzar come primo nome, che nella lingua degli uomini significa”nobile nebbia bianca”. Myzar Vi-en Seàin di Lèar, questo fu il mio nome completo.Crebbi circondata dall’affetto dei miei familiari e del mio popolo, e ricevetti la migliore delle istruzioni.
Sin dalla più tenera età, uno spirito assai curioso di imparare e di viaggiare, uno spirito indomito, orgoglioso, coraggioso, ed una eccellente abilità nelle arti belliche erano in me più che evidenti, e con il passare degli anni lo divennero sempre più. Tuttavia i miei genitori non assecondavano questi miei doni innati, cercavano piuttosto di indirizzarmi verso lo studio della poesia e della letteratura,della danza e del canto, attività che ritenevano più consone ad una damigella di nobile stirpe, quale ero.
A volte sembrava che avessero paura di qualcosa: raramente mi era consentito lasciare la mia dimora, se non per recarmi al tempio e pregare in nome di Diira, ed ancor più raramente potevo lasciare Lèar. C’era inoltre un’ala della mia dimora dove mi era espressamente proibito entrare, sebbene più volte, mossa da ardente curiosità, ne avessi chiesto il permesso.
Nonostante tutto questo, seguitavo ad esercitarmi nell’arte della spada, diventando sempre più abile.
Una notte, come solevo spesso, uscii di nascosto e mi recai nel bosco, e su di una radura incominciai ad esercitarmi. Quella notte la luna splendeva limpida in cielo,la sua pallida luce sulla mia lama. Era come se fosse la mano di Diira a guidare i miei movimenti, e fu allora che cominciai a capire quale fosse il mio destino, sebbene in cuor mio lo sapessi da sempre.
Uno strano sentimento si insinuava in me,il desiderio di conoscere la verità sul mio fato, di avere delle conferme. Decisi improvvisamente che era giunta l’ora di infrangere le regole impostemi dai miei genitori: decisi di entrare nell’ “ala proibita”, così la chiamavo, ma dovevo sbrigarmi, chè il sole stava per sorgere. Riposi la mia spada, Antares, donatami da mio zio Varion, fratello di mia madre, per il mio settimo compleanno, e mi incamminai furtivamente verso l’enorme porta rimasta serrata fin dal giorno della mia nascita. Approfittai di una momentanea assenza delle guardie che presidiavano il mio palazzo per entrare, ed i miei occhi rimasero abbagliati da uno spettacolo di rara e maestosa bellezza: si trattava di una immensa biblioteca, assai più grande di quella dove mi recavo per studiare e che, fino a quell’istante, credevo fosse la sola ed unica nel mio palazzo. Grande, silenziosa, buia, così mi apparve. File e file di tomi dalle copertine ricche di intarsi, gemme e rilievi. Con lo sguardo indugiavo avanzando tra i lunghi muri di libri; ad un tratto i miei occhi si posarono su di un altare al centro della grande stanza, sul quale giaceva un libro aperto, ed un pigro vento estivo ne muoveva le pagine, che con ritmo musicale si alzavano e si abbassavano.
I miei occhi indugiavano sulle parole che stavo per andare a scoprire, il mio cuore pulsava, il respiro testo e affannato come dopo una corsa. Quasi non riuscivo a toccare quel tomo dall’aurea rilegatura, ma presi coraggio e lo aprii dalla prima pagina.
Con stupore notai un grande disegno recante molti nomi su di esso; doveva essere l’albero genealogico della mia casata.
La passione cresceva sempre più intensa nel leggere ciò che era stato vergato sulle pagine pregiate. Lessi di grandi eroi e di grandi battaglie sotto la luce del sole e sotto quella della luna, di bestie immonde e di valorosi guerrieri .La prima guerra nera,l’evento che aveva frantumato la terra di Elea, la peggior guerra mai combattuta aveva visto un membro della mia casata come suo attore. Darthian, seguace di Diira, fu lui a rappresentare la nostra casata.
Mentre leggevo, le immagini delle battaglie passavano nella mia mente pur non avendole mai vissute…le urla, il rumore dei fendenti, il tintinnare delle armature. In un attimo tutto mi sembrò chiaro: c’era un motivo se Diira mi aveva dato l’ardore di leggere quelle pagine, di conoscere le gesta della mia famiglia!

Mi voltai di colpo,come rinvenuta da un lungo sonno, e con stupore, e grande timore, scoprii che i miei genitori mi stavano osservando, non avrei saputo dire da quanto. Prima che potessi proferire alcun verbo, Heron, mio padre, parlò:” Figlia mia, il tuo destino è ora compiuto, perdona me e tua madre per averti tenuta all’oscuro di tutto, ma credo sia ora giunto il momento di rivelarti la verità: poco prima che tua madre ti desse alla luce, ebbi un sogno. Sognai Darthian, tuo avo nonché fervente seguace di Diira, ed egli mi rivelò il tuo destino. Mi disse che saresti stata un’audace e valorosa guerriera,che avresti combattuto in onore della Dea, poiché saresti nata sotto la sua stella. Ma tu, nostra unica e adorata figlia…come potevamo, io e tua madre, non far nulla per proteggerti da tutto questo? Certo, abbiamo sbagliato, ma non biasimarci, ti prego”. Così io risposi:”Comprendo ed apprezzo le vostre buone intenzioni, tuttavia ora vi è stato ampiamente dimostrato che non potete far nulla perché il mio destino non si compia. Servirò Diira ed il mio popolo a costo della mia stessa vita. Mi arruolerò nell’esercito imperiale, e non intendo obbedirvi né esaudire le vostre preghiere. Non consideratela una punizione, semplicemente questo è il mio destino. Sapete bene quanto vi ami e quanto ami il mio popolo, ed è per voi, per loro, per Diira, che combatterò. An Diira, an Edhelrim”.
Appena ebbi finito di pronunciare queste parole,abbracciai i miei genitori, poi lasciai la biblioteca senza voltarmi indietro, per non cedere alle lacrime. Mi recai nelle mie stanze dove preparai l’occorrente per la partenza imminente: avrei lasciato Lèar quella sera stessa. Mi attendeva un viaggio lungo,costellato di pericoli e difficoltà. Avrei dovuto attraversare Elea da Est ad Ovest per raggiungere il più prossimo accampamento militare, ma ciò non mi spaventava, sapevo che Diira mi avrebbe protetta, mi avrebbe dato la forza di giungere sana e salva alla mia meta, ed in Lei credevo profondamente.

Quella sera, al calar del sole, salutai di nuovo i miei genitori. Avevo come l’impressione che sarebbe passato lungo tempo prima che potessi riabbracciarli. Mia madre mi donò un medaglione che le donne della mia famiglia usavano tramandare di madre in figlia; mio padre mi abbracciò e mi disse :” Abbi cura di te, figlia mia adorata”.
Mi voltai,di nuovo il chiarore della luna mi guidava, e si rifletteva sulla mia lama. Non sapevo cosa il mio destino avesse ancora in serbo per me, ma ero ansiosa di scoprirlo.
E fu così che la mia avventura ebbe inizio…