La moda delle magliette della salute decorate con foto o messaggi più o meno eleganti, di cui il brizzolato si fece precursore, è destinata a uscire dal mercato. Non che non piaccia, anzi. Solo una settimana fa Francesco Totti, il capitano della Roma, dopo il pallonetto alla Lazio ha mostrato ombelico e addominali fasciati da una t-shirts bianca con su scritto "6 unica", per poi spiegare che era per la curva (in realtà i più informati giurano che è per la letterina Ilary, ultima amica del cuore del capitano di Capello). Il giorno prima, nell'anticipo con la Juve, si era esibito a S.Siro Clarence Seedorf, l'olandese dell'Inter, in canottiera con la firma "Pantera n. 10". Ebbene, dal prossimo Mondiale non si potrà più.
L'International Board ha detto basta. Sabato, in un vertice a Ginevra, l'organismo composto da membri della Fifa e delle federazioni britanniche, l'unico abilitato a cambiare le regole del gioco, ha deciso di censurare "la maglia dell'esultanza", qualsiasi sia il messaggio contenuto, da quello amoroso a quello politico o religioso. Dal primo luglio 2002 sotto la divisa i calciatori indosseranno una maglia "pulita" e dovrà essere di un unico colore. Questo per evitare, si capisce bene, messaggi di natura politico-sociali che possano ledere altri e scatenare inutili polemiche e pericolosi atti di violenza. Un discorso vecchio, vecchissimo nel calcio italiano. Indimenticabile il "Vi ho purgato ancora" di Totti nel derby dell'11 aprile '99 che fece imbestialire il popolo laziale e storcere il muso a mezza Italia. E a nulla servirono le scuse, "era solo uno scherzo".
Ancor prima, nel '96, aveva fatto discutere dopo Italia-Moldavia under 21, il Che Guevara di Lucarelli che era - disse - una dedica al popolo livornese che quell'icona ha preso come simbolo. La prima censura arrivò dalla Figc il 30 luglio '99: sono vietate scritte di ogni genere sulle maglie della salute, pena una multa di almeno 5 milioni, sentenziò Nizzola. Qualcuno obiettò: ma che male fanno i nipotini o la figlia stampati sulla maglia di Crespo, e il "grazie a Dio" del religioso Amoroso, o quel "130, che spettacolo" (erano i gol) esibito da Signori, o il "Buon Natale" di Piovani? Poi si ricredette qualche mese più avanti, ad ottobre, quando Buffon si stampò un bel "Boia chi molla", innocente nelle intenzioni del portiere (allora del Parma, oggi della Juve) e invece secondo alcuni inequivocabile richiamo al motto di rivolta di Reggio Calabria (anni '70); si scatenò una bagarre alla Camera mentre Buffon tentava di spiegare "di politica non capisco niente", ma senza evitare il deferimento alla Disciplinare (che poi non portò a nulla).
A marzo scorso, mentre in campo continuava la sfilata di dediche e dichiarazioni, la Figc italiana, dopo che l'International Board ammorbidì le leggi sull'esultanza (abolita l'ammonizione per chi festeggia un gol togliendosi la maglia, resta per chi esce dal campo), decise di ammettere le maglie della salute con dedica, purché non offensive o fomentatrici di violenza. Ma l'International Board questa volta colpisce duro: niente dediche e chi si spoglia rischia comunque il giallo. Addio moda, il calcio questa volta dovrà ubbidire.
Non guardare l'orizzonte,cerca l'infinito.
-Moderatore del Forum-
La fondazione.