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LA DAMA AZZURRA

Infestato il mare delle Antille di pirati, mostravano speciale predilezione per le coste di Cuba. Non contenti con attaccare le imbarcazioni di alto bordo e le affezionate al cabotaggio, atrevíanse a fare sbarchi nell'isola e saccheggiare le sue tenute e villaggi, arrivando nella sua audacia fino ad a penetrare, nei primi tempi coloniali, a L'Avana, Santiago di Cuba ed altre popolazioni di importanza.

L'epoca e lo stato indifeso dell'isola erano propizi per tali prepotenze. Il mestiere di bandito di mare era rimunerativo, ed i pericoli non tanti che lo facessero inapetecible. La Spagna non disponeva di navi sufficienti per perseguire di modo attivo ai pirati, e questi, d'altra parte, avevano buone tane in isole e caio.

Il porto di Jagua era molto visitato per i pirati caimaneros. La sua gran estensione, di più di 56 miglia quadrata e speciale natura, favorivano le visite, che niente avevano di gradevoli per gli stabiliti in quelli paraggi. I pirati potevano addentrarsi con impunità dentro la baia e rimanere nascosti nelle numerose insenature tutto il tempo che conveniva loro. A credito nel suo numero ed armi, andavano di escursione per i paraggi, rubando e saccheggiando capanne e tenute, e portandosi in ostaggi ai colonizzatori che cadevano in suo potere, e non li scioglievano senza previo ed a volte cresciuto riscatto.

Per evitare tanto pericolose incursioni, tratóse in 1682 di fortificare il porto di Jagua, progetto che non si portò alla pratica fino a 1742, erigendosi su una piccola altezza, nel parte Ovest del cannone di entrata, dove forma ansa, il "Castello di Nostra Sig.ra dell'Angeles" conosciuto oggi col breve nome di "Castello di Jagua". Diresse la sua costruzione l'ingegnere militare Don José Tantete e non si concluse fino a 1745. lo fu dotato di dieci cannoni di diverso calibro, supponendo erano abbastanza per scacciare i navi pirati. Ma non si raccontò che questi disponevano di piccole imbarcazioni, e che potevano introdursisi dentro l'estesa baia per una delle bocche dell'Arimao, fiume che ha due braccia, uno che prosciuga nel mare ed un altro, conosciuto per "Derramadero" delle Aure che si dirige alla Laguna di Guanaroca, e comunica per un estuario con la baia. E successe che nonostante il Castello e dei suoi cannoni, gli audaci pirati continuavano a fare delle sue con ogni impunità nella baia, continuando nelle sue malefatte senza correre grandi pericoli. Per chiuderli quella strada, dovette costruirsi una palizzata - della quale ancora rimangono vestigia - che copriva il "Derramadero" delle aure, riuscendo verta così finalmente liberi la baia delle periodica ed inconvenienti visite dei pirati.

Fué celebre il Castello di Jagua, nel suo tempo, come fortificazione abbastanza buona, occupando il terzo posto tra quelle dell'Isola, corrispondendo in primo luogo l'e secondo, rispettivamente, al Castello del Muso di L'Avana, ed a quello di Santiago di Cuba. Oggi il tre castelli assolo hanno valore come monumenti storici.

Posti a fare storia, prima di entrare nella leggenda, non starà di più dire che il primo Maggiore del Castello di Jagua, il fué Don Juan Castiglia Testa di Vacca, non sappiamo se discendente di quella famosa Testa di Vacca, esploratore e conquistatore, ma se che sua moglie Signora Leonor di Violacee fu sepolta nella Cappella del Castello e dieci anni più tardi il fué lì anche il Primo Cappellano dello stesso, Pbro. Don Martín Olivera. Castiglia oltre a militare, era uomo d'affari e di iniziativa. Fomentò il primo ingegno di zucchero in Jagua che stabilì in terreni della tenuta "Caunao", che era comproprietario, situata ad una lega della baia. Battezzò detto ingegno col nome di "Nostra Sig.ra della Candelaria"; col decorso degli anni passò alla successione di Signora Antonia Guerriero. Fué questa signora la moglie di Don Agustín Santa Croce chi donò i terreni dove è edificata la città di Cienfuegos.

E dando di mano alla storia, avida e noiosa, entreremo di nuovo nel campo della leggenda, pieno di ingannatori miraggi, ma sempre gradito e divertente.

Il Castello di Jagua, benché di costruzione relativamente recente, conserva le sue storie e leggende, che ebbero origine nei notturni cenacoli degli antichi vicini del posto e che furono trasmesse fedelmente di generazione in generazione. Come una di quelle tradizioni, nei primi anni di costruito il Castello di Jagua, ad ore avanzate della notte, quando la guarnizione stava poggiando ed i sentinella sonnecchiavano, resi per la veglia; quando nel vicino casale di marinai e pescatori tutto era silenzio; quando regnava la quiete e la solitudine più solenni, turbate unicamente per il monotono ritmo delle onde, e la luna nella cosa alta del firmamento brillava esplendente, avvolgendo col suo luce ténue la superficie tersa del mare e la ripida della terra, allora un uccello raro, sconosciuta, venuta di ignote regioni, di gran volume e bianco piumaggio, fendeva veloce lo spazio e dirigendosi al Castello descriveva su lui grandi spirali, insieme a lanciava acuti gracchi. Come se rispondesse ad un appello del misterioso uccello, usciva dalla cappella della forza, per meglio dire, si staccava dalle pareti, filtrandosi attraverso esse, un fantasma, od ombra di donna, dimissione, elegante, vestita di broccato azzurro guarnito di brillanti, perle e smeraldi, e coperta tutta ella, a capofitto a piedi, per un velo sottile, trasparente, che galleggiava nell'aria. E dopo avere passeggiato per sui muri e merli del Castello, spariva improvvisamente, come se si dissolvesse nello spazio.

La fantastica visione, si ripeteva varie notti, producendo la naturale paura tra i soldati che guarnivano il Castello, tutti essi conciati veterano che avevano litigato in molte e distinte occasioni e che non potevano essere tacciati di codardi; tuttavia, quegli uomini non osavano confrontarsi con la misteriosa apparizione, e per paura di lei arrivarono a rifiutarsi di coprire di notte le guardie che corrispondevano loro.

C'era nel Castello un giovane Alfiere, appena arrivato, arrogante e deciso che non credeva in fantasmi né apparizioni di oltretomba, stimandoli prodotti di immaginazioni febbricitanti o deviate. Rióse volentieri l'Alfiere della paura dei soldati e per provarli la cosa infondata che era, si disporsi una notte a sostituire il sentinella. Retiráronse i soldati alle sue camere da letto e rimase il giovane Alfiere passeggiando, tranquillo e sereno, nella spianata superiore del Castello, senza più arma che la sua spada.

Bella era la notte. Brillavano le stelle nel firmamento, impallidiva la sua luce per l'intensa della luna. Il mare in calma sussurrava dolcemente l'eterna canzone delle onde. Della terra addormentata né il più lieve rumore sorgeva. L'ambiente era di calma e di raccoglimento. Il temerario Alfiere, per distrarre le monotone ore, passeggiava e pensava a sua moglie assente in lontana terra...

All'improvviso sentì penetrante gracchio e gran battere di ali. Nel preciso momento, l'orologio del Castello dava il primo rintocco delle dodici. Alzò l'Alfiere la testa e vió l'estranea uccello di bianco piumaggio descrivendo grandi circoli sulla forza. E delle pareti della cappella, vió sorgere ed avanzare verso lui, alla misteriosa apparizione che i soldati avevano dato in chiamare la Dama Azzurra, per il colore del ricco abito che vestiva.

L'Alfiere sentì che il cuore gli dava un rovesciamento, ma per lo sforzo della sua ferrea volontà dominò i nervi, e fué deciso all'incontro del fantasma...

Che cosa passò tra la Dama Azzurra e l'Alfiere? non l'abbiamo potuto verificare.

Il momento più culminante di questa leggenda, rimane nel mistero. Ma, sé possiamo dire, per soddisfare la naturale curiosità del lettore che alla mattina seguente di quella notte molto male, i soldati trovarono il suo Alfiere teso nel suolo, senza conoscenza, ed al lato, una teschio, un ricco manto azzurro e la spada partita in due pezzi.

Don Gonzalo che tale era il nome del giovane militare, recobróse pronto del suo letargo, ma persa la ragione, e dovette essere recluso in un manicomio. Nella sua strana pazzia, vedeva sempre un fantasma, al quale assaliva in vano, perché al primo tentativo svaniva nello spazio, per aparecérsele di nuovo poco dopo.

Rispetto alla personalità dell'ipotesi o reale fantasma della Dama Azzurra, la leggenda sta in silenzio.

Non sappiamo se la tradizione ha per origine la punizione di alcuno dama che visse reclusa tra quelli muri e che la ricca fantasia tropicale rivestì il suo ricordo con soprannaturale colorito, o è la creazione poetica di un racconto adorno per il decorso degli anni, con gli abbigliamenti di notturne leggende, narrate vicino alla casa o nell'arenosa spiaggia.

Ed ancora è credenza del volgo superstizioso che la Dama Azzurra fa di tardi in tardi le sue apparizioni, passeggiando impavida sui muri dell'oggi abbandonata e quasi diroccata forza. Ai primi raggi dell'aurora, si lancia all'aria e gridando si perde nella boscaglia dell'immediato Caletón.