20/04/06
Tema: Il risveglio del traumatizzato cranico.
Ospite: Lia Rusca
Moderatore: Franco
franco:
stasera tra l'altro si parla...
di un argomento molto particolare...
lia:
recuperare la coscienza, tornare alla vita, recuperare le relazioni, queste sono le speranze che riguardano il progetto riabilitativo, ma sono un percorso lungo di sofferenza, impegno, cure, sostegno psicologico e umano
franco:
come professionista... oltretutto piuttosto complesso ed affascinante... cioè del risveglio... della persona in coma post trauma cranico
franco:
si
lia:
qualcuno ha parlato, per il risveglio, di sindrome di Lazzaro, ovvero di Near Death Syndrome in realtà le domande a cui dobbiamo rispondere sono quelle dei familiari "torneràa a parlare, a camminare, a mangiare? mi capisce se gli parlo?" e non è facile perchè ancora oggi non abbiamo strumenti per capire fino in fondo se ci sono contenuti di coscienza nello stato di coma. come sono state le vostre esperienze più significative?
serena:
scusi dottoressa
lia:
dimmi
serena:
cosa intende con contenuti di coscienza?
lia:
brava
a differenza degli aspetti di coscienza che hanno risvolti psicologici, religiosi morali filosofici i contenuti di coscienza sono la somma della funzioni mentali e affettive memoria, attenzione, consapevolezza di sè soprattutto
linguaggio, pensiero perciò il coma è un po' come quell'architrave che poggia sulle colonne di stato di vigilanza e contenuti di coscienza
quindi quello che noi cerchiamo nel pz in coma per definire il suo risveglio
è proprio il segno di una consapevolezza di sè che non è facile da cogliere, soprattutto se il trauma o il fatto atossico ha lasciato anche sequele di afasia, di paralisi o altre difficoltà in questo se vuoi drammatico contesto le scale di valutazione sono inadeguate a monitorare un risveglio la scala di Glasgow va bene in fase acuta le alter patiscono le interferenze delle difficoltà segnalate
per cui si intende come uno stato minimamente responsivo la capacità di
eseguire in modo ripetibile la risposta a una richiesta il problema è che il pz non è sempre nelle migliori condizioni perchè c'è l'effetto dei farmaci, perchè le cannule danno fastidio o dolore perchè è stanco ecc. allora i familiari, o gli infermieri
serena:
ma il monitoraggio può aiutare?
lia:
o chi gli sta accanto, può valutare nell’arco della giornata e dei giorni
le risposte. se per monitoraggio intendi questo sì
serena:
intendo monitorizzazione dell'attività celebrare ad esempio
lia:
no, non è utile nel senso che l'EEG dice solo se c'è una sofferenza
e di solito c'è ma non specifica
serena:
e la frequenza cardiaca?
lia:
ci hanno provato, ma è faticoso e finora non validato
inoltre ci possono essere le crisi vegetative (tachicardia, tachipnea
cion:
lo stato di coscienza è difficilmente oggettivabile a qs livello/
lia:
già, e l'unico strumento affidabile è ancora l'osservazione delle risposte
per cui bisogna addestrare i familiari a distinguere le risposte minimamente consapevoli da risposte riflesse però c'è tutta una ricerca di fattori prognostici
che sono diversi per il risveglio e per il recupero riabilitativo
ad esempio uno stato di coma post-anossico e non traumatico ha un recupero di coscienza dopo 6 mesi dall'evento solo nel 15% dei casi e dopo un anno questa percentuale non è cambiata nei bambini va ancora peggio perchè non avendo acquisito apprendimenti la prognosi di recupero è ancora più bassa
vi sto annoiando?
serena:
ma scherza?
cion:
accidenti, tempi lunghissimi
lia:
vi lascio un po' di spazio
cion:
sarà difficile far comprendere la situazione ai familiari
franco:
una domanda...
lia:
è sicuramente uno degli aspetti più drammatici dimmi franco
franco:
scusa, completa pure la risp a cion se devi
lia:
no vai
franco:
si dice che... per breve che sia il come... dopo un trauma cranico...
le persona non sarà più al cento per cento...
uguale a prima questo corrisponde a verità..?/ (coma, scusa)
lia:
in linea di massima è vero
~~ abis entra in chat. Benvenuto in infermierionline.
lia:
nel senso che il cervello non è un optional
e un trauma cranico implica sempre un danno alle strutture nervose
e nonostante la neuroplasticità se non nell'immediato, a distanza è probabile che vengano fuori problemi, legati a una sorta di invecchiamento precoce o di funzionamenti che dopo un po' perdono di efficacia. si salvano i traumi cranici a danno minimo però in positivo c'è che i comi da trauma cranico, a differenza dei post- anossici recuperano un contatto con l'ambiente nel 52% dei casi dopo 6 mesi e nel 58% dei casi a un anno. ciò però non toglie che persisterà uno stato di disabilità
serena:
parola
lia:
dimmi
franco:
prego serena/
serena:
ha ripetuto più volte sei mesi
è un tempo che è determinato da studi
lia:
sì perchè si cerca di capire che speranze si possono dare
nel senso che un post-anossico dopo 6 mesi o ha ripreso contatto
o è altamente improbabile che lo riprenda
mentre dopo un trauma cranico, possiamo darci tempi più lunghi, almeno un anno
serena:
quindi qualcosa
potrebbe accadere anche prima dei sei mesi
lia:
sicuramente anche se con molta minore probabilità nei post- anossici
il problema della diagnosi (è responsivo? lo diventerà)
serena:
posso una domanda?
lia:
vai
serena:
quanto influisce l'età del paziente
c'è correlazione con la ripresa?
armando e' uscito dalla chat.
lia:
l'età da sola no
anche se sembra influire sia sul risveglio che sul recupero
il dramma è che spesso si deve decidere che
abis:
parola
lia:
un paziente ha chance di riabilitazione o no
scusa
franco:
prego abis
abis:
quanto influisce l'approccio riabilitativo sulla guarigione del paziente? è determinante?
lia:
bella domanda si è studiato, con molta difficoltà, se un approccio
di stimolazioni intense, multisensoriali, es. musica, voci (da Berlusconi a Vasco Rossi ecc) potessero servire in realtà non c'è nessuna dimostrazione che un approccio chiamiamolo riabilitativo intenso sia più efficace di un corretto e continuativo nursing infermieristico e assistenziale
certo è che l'approccio riabilitativo può aiutare a prevenire alcuni danni secondari e serve a cogliere magari delle risposte
serena:
parola
abis:
posso altra domanda?
lia:
si
abis:
Quando il paziente entra nella fase di risveglio
puo' trarre giovamento da manipolazione e gesti affettivi?
in che misura?
lia:
mi dispiace dirti che non sappiamo in che misura
ma inizialmente è più opportuno pensare
che il paziente sia in fase di risveglio e quindi possa cogliere
il gesto di affetto come un segno di contatto (piacevole) con l'ambiente
ma di per sè la manipolazione d'affetto non influisce sulla velocità o sull'entità del risveglio almeno non è dimostrabile ma la componente affettiva dei familiari non va mai deprezzata
~~ Zuweila entra in chat. Benvenuto in infermierionline.
cion:
sono loro ad accorgersi per primi se vi è qualche miglioramento, oppure confondono movimenti involontari con quelli volontari?
lia:
il discorso a cui accennavo prima
è che i fami
lia:ri sono insostituibili perchè sempre a fianco del paziente ma vanno inglobati nell'équipe ma vanno inglobati nell'équipe e quindi vanno affiancati nell'interpretazione dei segni che sicuramente vengono caricati di speranza
abis:
non si corre il rischio che i familiari vogliano sostituirsi all'equipe
lia:
ma talvolta la loro osservazione è fondamentale
abis:
e che invadano troppo il campo?
lia:
anche perchè conoscendo il paziente da prima sanno orientare le richieste può darsi che siano invasivi per cui sarebbe indispensabile un psicologo in équipe
che riesca a dare supporto a persone e famiglie distrutte certo che almeno per noi in ospedale lo psicologo è un sogno perchè non ce l'abbiamo e tra tutti, infermieri, medici e personale riabilitativo dobbiamo affinare un minimo di strategie di relazione è dura
serena:
eh si
lia:
ance perchè poi la fase di risveglio di un trauma cranico
può proseguire
cion:
volevo sapere se è stato mai documentato, se chi conosce bene il soggetto si accorge prima del risveglio oppure è deviato proprio dall'affetto che prova?
lia:
mai documentato
ma si sta cercando sempre più di considerare i familiari
cion:
grazie lia
lia:
parte integrante e indispensabile dell'équipe riabilitativa
è poi vero che la famiglia può trovarsi di fronte a un risveglio che prosegue attraversando fasi di agitazione psicomotoria del paziente,
a cui si possono associare ipersessualità e iperfagia spesso transitorie, qualche volta persistenti e allora, forse è altrettanto difficile anche per gli infermieri oggetto di aggressività di parolacce, di toccamenti e per il familiare che non riconosce più il suo caro
cion:
già
lia:
vi è capitato?
cion:
beh non proprio dopo un risveglio, però magari dopo una meningite
lia:
anche
cion:
ho visto persone molto sconcertate, imbarazzate
non riconoscevano la persona che avevano davanti
serena:
i bambini dopo una meningite non recuperano molto
lei ad inizio chat faceva cenno a questo i bambini recuperano meno quindi
attenzione a non confondere la meningite, in sè un processo infettivo
diverso dal coma ho visto bambini non riprendersi
cion:
si è diverso
serena:
una meningite rianimazione e ripresa quasi zero
può dipendere dal grado di gravità della malattia?
lia:
il tipo di danno neurologico è diverso tra coma traumatico, coma anossico e fatti infettivi per la meningite dipende sicuramente dalla gravità dell'infezione
serena:
ecco
lia:
condizionata anche dalle difese immunitarie del soggetto
serena:
si
lia:
e dalla virulenza dell'agente causale io sono una miracolata che dopo una meningite a 11 mesi sono ancora qui a raccontarla
cion:
caspita, ha ricordi di quel periodo?
lia:
figurati, nessuno
cion:
qualcuno descrive uno stato di benessere
qualcuno la famosa luce infondo al tunnel
lia:
il vissuto emozionale e psicologico è difficilissimo da spiegare
cion:
le endorfine fanno il loro lavoro è
franco:
eh, qui mi sa che si va in un campo... ancora poco spiegabile
serena:
è mai successo che qualche paziente si sia ripreso a tal punto da raccontare le proprie emozioni?
lia:
in termini scientifici, probabilmente l'effetto "euforizzante" delle endorfine
ci difende egregiamente
cion:
si per fortuna
lia:
i pazienti che ho conosciuto io non hanno descritto la sensazione di luce
ma i giornali piace molto il più delle volte, essendo il ricovero in riabilitazione precoce non hanno ancora elaborato i sentimenti del risveglio
cion:
io ho conosciuto un medico, che dopo un incidente grave si è risvegliato rianimazione stupito di non trovare accanto a se l'amico e le vacanze di mare che stava facendo
lia:
ammesso che ne abbiano memoria
ma le vie della neuroplasticità se non sono infinite
cion:
aveva ed ha un ricordo del coma, come di una vacanza
lia:
possono trovare scorciatoie di tipo associativo
tra aree cerebrali di memorie ed emozioni rimaste integre
però è affascinante ascoltare queste esperienze-limite
cion:
si
serena:
quindi facendo un passetto indietro....
è sbagliato pensare che il risveglio sia un "fenomeno"
che avviene da se mi sembra di aver capito che è del tutto spontaneo affidato alle capacità intrinseche del paziente sbaglio??!!
lia:
no infatti, dopo la prima fase di "non responsività" anche se è sbagliato dire così con occhi chiusi e nessuna risposta se non va incontro morte il paziente
passa alla fase a occhi aperti (stato vegetativo) nella quale può rimanere
o può passare a responsività minime o via via più organizzate
cion:
il grosso dell'assistenza credo sia a qs livello, quando si devono mantenere integre tutte le funzioni
lia:
certo e credo che tu sappia meglio di me che oltre alle crisi vegetative di cui dicevamo prima bisogna garantire le funzioni vitali che comportano
la gestione di cannule tracheostomiche, spesso di PEG, di cateteri di ogni tipo
cion:
si, anche gli occhi e la mobilità degli arti
lia:
e le complicanze che vanno dall'ipertensione endocranica alle infezioni di ogni tipo che chiaramente fanno star peggio il pz e possono peggiorare le sue risposte
facendolo sembrare ancora fuori dal contatto quando magari è sulla via di riprenderlo
cion:
certo vivono molto disagio
lia:
già, ma leggevo ora una frase bellissima nella sua verità che dice "chi cerca la verità dell'uomo deve impadronirsi del suo dolore"
cion:
si, credo sia molto vera
lia:
e per noi che operiamo in queste situazioni è sempre più vera
serena:
si
quanti malati di questo tipo potete seguire nel vostro reparto
lia:
non più di 2-3 per volta
perchè abbiamo 3 camere singole (non è indispensabile,
ma quando arrivano dalla rianimazione sono soggetti
serena:
può restare sempre un parente?
lia:
a ogni tipo di infezione) e per il peso assistenziale
che a livello aziendale non è riconosciuto nel senso che siamo un secondo livello di riabilitazione
serena:
sub intensiva
lia:
mentre dovrebbe venire riconosciuto, almeno per questi 2-3 letti, un terzo livello
che garantisce quindi un supporto infermieristico numericamente meglio e
e la possibilità di lunghezze di degenza non condizionate dai DRG
serena:
già
lia:
ah serena
cion:
mmm piaga insanabile quella
serena:
dica...
lia:
il secondo livello è riabilitazione intensiva,
serena:
ok
lia:
il primo livello estensiva (o sub-intensiva) e il terzo livello è un'alta specializzazione ma va, tanto la riabilitazione è ancora un mondo a parte
tra miracoli attesi (che qualche volta arrivano e qualche volta no)
e necessità reali (sopravviviamo di più il 118 fa egregiamente la sua parte, ma poi?
serena:
eh già
cion:
avete molte complicanze di infezioni?
lia:
abbastanza, anche perché sistema nervoso, sistema immunitario e sistema endocrino sono una rete: ne salta uno e anche gli altri vanno a ramengo
e poi le solite infezioni ospedaliere e i parenti che cercano di arrivare a frotte
dopo l'esilio della rianimazione
cion:
è difficile con poco personale tenere a bada le infezioni?
lia:
il problema non è di personale (anzi forse se nei primi tempi si limita
il numero di portatori di germi va meglio)
ma di gestione del caso clinico (il pz va adeguatamente nutrito
perchè notoriamente è uno "stressato" dal trauma, dagli eventuali interventi, da alimentazioni alternative, da digiuni, da fasi ipercataboliche) eccetera
cion:
i fami
lia:ri vi aiutano nell'assistenza di base?
lia:
dipende, di solito abbastanza mi piacerebbe sentire anche il parere di franco
se c'è ancora
franco:
secondo me possiamo proseguire qualche minuto
lia:
ok
franco:
i famigliari...le situazioni sono fra le più varie, chiaramente l'approccio non sempre può essere lineare innanzi tutto occorre individuare
quello che è il care giver
lia:
vero
franco:
o comunque quello che è un nucleo di riferimento...e come ben sappiamo...
non sempre anche solo questo...è semplice...dopo di ciò...
importante è creare un ambiente terapeutico...evitare ammassi di persone in camera
lia:
verissimo
franco:
solamente dannose per la persona e per i care givers
introdurre le persone care poco alla volta
Zuweila e' uscito dalla chat.
franco:
in modo da non creare traumi
da ambo le parti
lia:
forse abbiamo avuto qualche difficoltà in più con situazioni un po' conflittuali
franco:
occorre evitare il burn out del care giver
si, sicuramente, lia
lia:
tipo genitori separati, fidanzati inaffidabili, famiglie monoparentali o precedentemente patologiche
franco:
a volte non è facile individuare i care givers
si
cion:
già, qs è veramente un fondamentale punto che poco viene considerato
la persona che accudisce spesso alla fine rischia di ammalarsi
essa stessa
franco:
si, proprio per questo occorre considerare il problema da subito
lia:
sentivo a un recente convegno che uno dei maggiori riabilitatori italiani
franco:
e cercare il supporto psicologico se necessario si, scusa lia
cion:
si, per dare una giusta intervallanza di aiuto e riposo
ops
lia:
delle gravi cerebrolesioni ammetteva che inizialmente
cercavano di spingere per un rientro al domicilio domicilio, ma ora si sta ricredendo perchè certe situazioni diventano patologiche per i familiari che non reggono più e si ammalano loro stessi. verissimo quello che avete detto
franco:
si, a lungo termine dannoso il care giver che si ferma 24 ore su 24
per settimane e settimane ma dannoso per se stesso e poi chiaramente ricade su tutta la situazione
cion:
certo è indispensabile avere un occhio esperto, per valiare qs cose
franco:
eh, si nulla deve essere casuale
cion:
l'abitudine ad osservare le situazioni
l'abitudine a trovare la soluzione dei problemi, l'abitudine a porseli i problemi
lia:
la forza e l'esito di un lavoro di gruppo
cion:
certo lia, condivido
franco:
in questo l'infermiere deve imparare e migliorare molto
trovare i problemi cercare le soluzioni migliori metterle in atto
verificarle sempre la stessa roba
cion:
secondo me non deve migliorare molto
franco:
ma bisogna farlo invece si non aspettare sempre la manna dal cielo
rendersi partecipe, attivamente
lia:
credo che valga per tutta l'équipe
franco:
certo
cion:
si
serena:
si può sempre meglio e di più!
cion:
se funziona il gruppo funziona l'assistenza i risultati sono migliori
lia:
e la famiglia si fida
franco:
e questo è un concetto importante... il gruppo
potremmo fare una chat su questo, se lia è disponibile...
lia:
che bello!
franco:
allora per stasera possiamo fermarci qui..?
cion:
ottima l'idea franco
lia:
se gli altri sono d'accordo per me sì
serena:
ok
cion:
non di fermarci è haha la prima che hai detto
serena:
grazie!! bella chat
franco:
grazie lia, davvero
lia:
se poi si vuole approfondire ... alla prossima!
buonanotte!
franco:
un saluto a tutti, allora...
[Modificato da infermierionline 19/06/2006 0.16]