Il problema dei 3 corpi: Attraverso continenti e decadi, cinque amici geniali fanno scoperte sconvolgenti mentre le leggi della scienza si sgretolano ed emerge una minaccia esistenziale. Vieni a parlarne su TopManga.

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infermiere factotum

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  • infermieresanatorizz
    00 26/07/2005 23:37
    ANSA) - ROMA, 24 AGO - Negli ospedali, nelle case di cura o nelle cliniche i dipendenti non possono contestare le disposizioni sulle cure e l'assistenza da fornire ai malati - impartitegli da dottori e caposala - se non dopo che le hanno eseguite. In pratica, i lavoratori di questo settore prima devono fornire la prestazione sanitaria richiesta e poi, se si trovano in disaccordo, possono esprimere le rimostranze al 'capo': in ogni caso non devono creare disagio ai ricoverati.

    Lo sottolinea la Cassazione.In particolare, la Suprema Corte - con la sentenza 15932 - ha accolto il ricorso di una clinica di Salerno contro una infermiera, Anna L.M., che si era rifiutata di accompagnare dei pazienti disabili in carrozzella a fare la fisioterapia perche' riteneva che quel compito spettasse ai portantini. Proprio l' assenza dei portantini dal reparto aveva fatto si' che la caposala - su indicazione del primario - chiedesse ad Anna di portare i malati non autosufficienti dalle loro camere alla palestra. A causa della disobbedienza dell'infermiera, i pazienti aspettarono l'arrivo di altro personale che si occupasse di loro e si sentirono mortificati.Per la sua insubordinazione, che aveva creato disagio e umiliazione ai ricoverati, Anna ricevette una sanzione disciplinare di dieci giorni di sospensione dal lavoro e dallo stipendio. Contro la 'punizione' ricevuta, l'infermiera fece ricorso al Tribunale di Salerno che annullo' la sanzione dichiarandola illegittima. Invano il 'Campolongo Hospital' - questo il nome della clinica datrice di lavoro - si rivolse alla Corte di Appello per ottenere il ripristino della sospensione di Anna. Secondo i giudici salernitani, infatti, l'infermiera non meritava di essere 'punita' perche' ''non aveva prodotto disservizi e aveva manifestato in modo civile la sua protesta''.Adesso, pero, la Cassazione ha finalmente dato ragione alla clinica enunciando il principio di diritto per cui ''nell' impresa ospedaliera, l'interesse dei lavoratori deve essere bilanciato con quello degli ammalati protetto dall'articolo 32 della Costituzione: ne consegue che in una casa di cura la contestazione di disposizioni concernenti il trattamento del malato deve avvenire dopo che esse sono state eseguite, ne' influisce sulla gravita' della disobbedienza la forma civile in cui essa viene manifestata''. Inoltre, gli 'ermellini' ricordano che bisogna tenere sempre presente e tutelare ''gli interessi non solo di natura economica, ma anche morale'' di chi e' malato ed e' ''cliente dell'impresa ospedaliera''.Adesso sara' la Corte di Appello di Napoli - alla quale e' stato assegnato il caso di Anna - che dovra' uniformarsi alla sentenza di Piazza Cavour e giudicare con maggior severita' il suo rifiuto di spingere le carrozzelle. (ANSA).
    parafrando una celebre frase.......SIAMO SOLO CHIACCHERE E DISTINTINTIVO[SM=g27807] [SM=g27807] [SM=g27807]


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    Dookie®
    Post: 81
    Registrato il: 10/05/2005
    Utente Junior
    00 27/07/2005 00:43
    Sono perfettamente d'accordo con te.

    E' quello che cerco di far capire da tanto tempo, e che sarebbe anche bene capissero un pò questi ultimi arrivati, pieni di boria e di sufficienza.

    Ragazzi, inutile sprecare tempo e sudore a discutere dell'autonomia dell'Infermiere e del suo operato.

    La professione infermieristica è per sua natura meramente esecutiva, ed inoltre molto di quello che facciamo dipende direttamente da ordini più o meno perentori, su quanto dobbiamo fare.

    A differenza di altre professioni sanitarie (come i dietisti, fisioterapisti, logopedisti, etc.), la nostra nn ha un'identità ben precisa.

    Raramente le nostre pratiche hanno valore terapeutico quanto quelle eseguite da altri professionisti sanitari, anche se nn certo per questo sono meno importanti.

    I "compiti" dell'Infermiere sono però "uno, nessuno, centomila", per dirla alla Pirandello, ma a ben guardare pochi di questi sono di esclusiva pertinenza nostra.
    Facciamo un pò di tutto, e di tutto un pò.

    La grande "fregatura" della nostra professione, è l'enunciato secondo cui "l'Infermiere è il responsabile dell'assistenza".
    E in questa frasetta di poche parole e lettere è scritto il nostro destino.

    "Assistenza" è una parola troppo generica per poter spesso definire limiti, ma soprattutto le possibilità dell'Infermiere.

    Evidentemente il trasporto dei pz. in carrozzina allo scopo che su di essi vengano eseguite terapie (perchè la fisioterapia è terapia), rientra nell'ambito dell'assistenza;
    ed anche se ciò nn richiede capacità eccelse o una preparazione specifica, è sicuramente eseguibile anche dall'Infermiere, poichè rientra nelle sue attribuzioni assicurare cha il pz. riceva tutte le cure necessarie.

    Sarebbe cmq interessante sapere perchè il fisioterapista nn è venuto a prendersi il pz. da solo, forse questo nn rientra nei suoi compiti?
    o gli pesava il culetto?

    Se l'Infermiera in questione avesse telefonato in fisioterapia dicendo al fisioterapista di venirsi a prendere il pz. in reaprto, potete immaginare il putiferio che ne sarebbe scaturito?

    Perchè dobbiamo essere sempre il capro espiatorio di tutto e di tutti?
    Perchè all'Infermiere si può sempre chiedere di tutto e questo nn può (almeno così sembra) rifiutare di eseguire mansioni nn sue?

    Inutile però mettere la testa sottoterra come gli struzzi e fare finta di niente: molte delle cose che facciamo nn ci fa piacere farle.

    Portare un pz. in carrozzina in fisioterapia è certamente squalificante per un professionista (laureato o meno).
    Imboccare un pz., sia pure disfagico, nn gratifica certo nessuno.
    Pulire il pz. che si è sporcato o rifare i letti nn credo sia mai stato il sogno di nessuno.
    Idem per quanto riguarda lavare le padelle, svuotare i sacchi del sudicio, o fare un clistere.

    Inutile anche continuare a negarlo: moltissime di queste pratiche sono attuabili da chiunque.

    Ovviamente ci sono anche tecniche più specialistiche, anche solo per es. inserire un catetere vescicale o un SNG, o incannulare una vena.

    Ma in un turno lavorativo, queste rappresentano la minoranza: per la maggior parte del tempo siamo impegnati in attività generiche.

    Molto diversa è la situazione di altri professionisti come quelli che ho citato sopra.
    Pur avendo essi una formazione specifica, ed anche limitata (nn certo ampia come quella dell'Infermiere), essi svolgono esclusivamente le mansioni previste dal loro profilo, e guai a chiedergli di fare qualcosa che nn sia di loro competenza!

    Però sono molto più gratificati di noi, perchè è l'essenza del loro stesso lavoro a dare maggior soddisfazione.

    Un dietista che elabora una particolare dieta (sia pur prescritta dal medico) e grazie a questa si raggiungono i risultati attesi, è certamente molto più gratificato di un Infermiere che ha eseguito alla perfezione la terapia prescritta sempre per quel pz.
    Ed è anche molto più visibile e considerato, sia dai pazienti che dai medici.

    Questo perchè?
    Perchè il Dietista ha svolto un lavoro preciso e ben idenitificabile, del quale è responsabile (come noi del resto), ma segue e valuta i risultati nel tempo, cambiando quello che c'è da cambiare ed adattando l'intervento a seconda della compliance del pz. e cmq di molte altre variabili.
    E nemmeno sempre discutendone col medico, ma magari solo informandolo che è stato cambiato qualcosa, perchè così avevano ritenuto di dover fare.

    Questo approccio al lavoro svolto, rarissimamente accade nell'infermieristica.

    Ricordiamoci che quello che viene eseguito dai professionisti che ho citato prima, ha valore terapeutico, ed è molto più visibile ed anche ritenuto più importante sia dai medici sia dai pazienti, di una buona assitenza infermiriestica, che fa sì parte del momento terapeutico, ma rimane sempre a lato di tale processo.

    L'assistenza assume quasi il sapore di qualcosa di scontato, che deve essere fatto affinchè altri si occupino della cura della malattia, che è poi quella che è l'essenza del ricovero o meno in ospedale.

    Per cui... l'autonomia degli infermieri nn esisterà mai: è l'essenza stessa della professione a richiedere che noi si faccia "di tutto", almeno fino a che nn sarà ben definito in sede legislativa, quali siano le attribuzioni professionali proprie dell'Infermiere e vi siano figure professionali o meno deputate a svolgere mansioni sgradite.

    Ma a nessuno (fra coloro che muovono i fili) conviene che questo accada.

    Naturalmente evito di proseguire oltre; la trattazione di tutti questi aspetti richiederebbe qualche migliaio di pagine per essere esaustiva, ma dobbiamo cmq riflettere su quelle che sono le reali differenze fra quanto facciamo e quanto vogliono farci credere che possiamo fare.[SM=g27806]

  • beppemn
    00 27/07/2005 05:21
    sproloquio notturno
    Non posso dar torto alla tua analisi caro Dookie e questa assurda sentenza ne è la conferma e ci ricaccia indietro di secoli.
    In effetti avere come campo d'autonomia un concetto così ampio, ambiguo e astratto come è quello dell'ASSISTENZA è come esser padroni del nulla e potremmo parlare per secoli di assistenza senza cavarci un ragno dal buco poichè un avvocato assiste, uno psicologo assiste, un prete assiste, un tifoso assiste, una colf assiste... per assurdo tutti assistono tutti e NOI ci ritroviamo a scavare nel mare con una forchetta.
    In sintesi ci è stato dato un campo di competenza ma nessuno sa cosa sia di preciso così ci si chiede di far di tutto perchè tutto è assistenza e quindi di nostra competenza....della serie come rimpiangere un mansionario.... di questi tempi trovare una giustificazione sul piano dell’esistenza è dura assai.

    Però vorrei porre una riflessione notturna che mi frulla nel cervello sul quesito ontologico
    di CHI E’ L’INFERMIERE e cos'è l'ASSISTENZA

    Per capire il clima di grande incertezza serve ripercorrere a ritroso le origini ed a tutti quei quesiti correlati sul chi è l’infermiere ed è inutile negare che sono gli stessi infermieri quelli maggiormente esposti all'impellente necessità di chiedersi chi è l’infermiere.

    Stando alle varie teorie del nursing, da sempre si è cercato di correlare l'infermiere con il concetto di l'assistenza sperando in questo modo di dare una connotazione precisa a questa figura ed un ruolo a questa "strana" attività sociale.

    In sostanza l'assunto è sempre stato quello che l'infermiere non ha motivo di esistere se non perchè esiste l’assistenza e non potrà trovare risposta se non indagando a fondo la sua ragione di esistenza: l’assistenza stessa.
    e da qui nasce il caos...che per assurdo potrebbe essere che l’infermiere e l’infermieristica siano semplicemente una categoria temporanea, che serve in quest'epoca e domani non serve più per cui la sostituiremo con un’altra. Assurdo mica tanto visto OSS, OTA, ecc...

    Sebbene la stessa Nitghintal(?), che poveraccia non ha colpe, fondasse il concetto di assistenza su una visione religiosa per prima ha cercato di dare un’impostazione scientifica metodologica, attraverso l'individuazione e l'analisi dei bisogni, gettando le prime basi su alcuni lati oscuri ancora oggi irrisolti: perchè io vengo preparato per fare l’infermiere?.
    In pratica essa stessa cercava di autoconvicersi sviluppando la consapevolezza del CHI SONO e di cosa vuol dire ESSERE IN QUESTO RUOLO.

    Da una prima sommaria analisi ciò che maggiormente ci balza all'occhio dato la "giovane età" e le "umili" origini (le scuole prevedevano 50 ore e risalgono al secolo scorso) è: se la consapevolezza di ESSERE ha dietro di sè poco retroterra culturale chiederci CHI E' L'INFERMIERE è chiaramente senza risposta poichè essa ci proviene dagli altri:"NOI siamo quello che ti dicono di essere" pare essere l’unica risposta che si può dare.
    Per cui l'INFERMIERE è quella figura che la società o quella data nazione ha deciso che sia. (ndr: operai FIAT alla berluska).

    Anche se come risposta poco ci gratifica non è che si possano fare tanti altri discorsi filosofici attorno anche perchè l’assistenza non è un’evento naturale come la malattia (che giustifica la cura quindi l'attività medica) ma deriva da un bisogno della società e quindi deve risponde alle norme di quella società.
    Bisogna trovare altre risposte da dare e subito!

    Ora le scuole sono universitarie ma il concetto di fondo resta uguale poiche, in mancanza di cervelloni teorici nostrani, gli stessi insegnanti si limitano alle attivtà cliniche basate unicamente sul "saper fare" (daltra parte siamo NOI stessi che lo richiediamo accusando gli studenti di essere TROOOPPO teorici) mantenendo questo status quo a partire dal fatto che nelle nostre scuole ci sono più medici che infermieri.

    Non avendo altri sbocchi in ambito sanitario perchè occupati tutti dai medici capite bene che l'operazione che da sempre si è tentato di fare è stata quella di accapararrarsi un pezzetto d'orto correlando l’infermiere = all’assistenza che è diventata pian piano assistenza infermieristica.
    Questa operazione di correlare una figura con un’attivita che è un’esigenza dell’uomo è un’operazione innaturale e non regge dato che presupporrebbe l’esclusività di questa figura sul fenomeno, il bisogno di assistenza. Cosa che non ci potrà mai essere.

    E qui si aggiunge un problema sull'altro a rendere ancor più drammatica la situazione e che si ricollegano alla crisi d'identità, cioè: che la professione infermieristica avendo scelto il mondo dei bisogni di salute si colloca in un’ambito, quello sanitario, srettamente governato dalla medicina ed ora non è ben chiaro se ci sia ancora lo spazio, in questo ambito, per una nuova cultura professionale: quella infermieristica.
    Inoltre, NOI, non avendo una gran storia antica professionale alle spalle siam da sempre stati costretti a riprendere il concetto di salute degli altri sostituendo quello di malattia con il termine bisogno, identificando in questo una alterazione d'organo o dei processi fisiologici.
    Quello che per noi è il bisogno di respirare per la medicina è dispnea o difficoltà respiratoria.

    L'anomalia del nursing è che utilizzando i modelli, gli schemi e la cultura della medicina nel suo campo d'azione ha dimostrato solo una grande confusione teorica per finire ad allinearsi alla filosofia di fondo medica che il bisogno è un’alterazione che produce segni e sintomi e che come tali debbano essere diagnosticati e trattati.
    Un approccio di fondo esattamente uguale a quello medico che vanifica il tentativo di differenziazione.

    C’è l’esigenza di differenziasi ma mancano ancora gli strumenti culturali per farlo per cui non si è trovato di meglio che cambiare le parole o i termini ma la sostanza resta quella.

    In questi spazi angusti per l’infermiere trovare il suo spazio di esistenza (al sole) è una deve riuscire a dimostrare di non essere dipendente ed avere un suo valore aggiunto: esistere sul piano tecnico per il fatto che serve e su quello culturale, in maniera autonoma, nella misura in cui è originale e si differenzia prendendosi uno spazio; cioè non essere il piccolo psicologo, il piccolo psichiatra, il piccolo medico deve essere solo l’infermiere.

    Ma... esistono ambiti dove ritagliarsi uno spazio di esistenza?

    Tornando al quesito esistenziale infermiere=assistenza esso rivela un’altra ingenuita quella di non differenziare l'ambito disciplinare da quello professionale che ha fatto si che la tecnica sia diventata scienza o addirittura teoria stravolgendo l’agire professionale.
    Ciò significa confondere uno status culturale di riflessioni teoriche con quello che è un’insieme di conoscenze tecniche che possono essere acquisite con l’addestramento o l’esperienza.
    In tal modo l'atto infermieristico viene preso come riferimento per dire chi è l’infermiere cioè fa le punture, porta le padelle, ecc... a volte prepara il caffè al primario.
    Assunto: l’infermiere è ciò che fa quindi ciò che fa l’infermiere lo identifica, volenti o nolenti.
    Questo è, secondo me, il punto d’inizio della riflessione da cui è necessario ed indispensabile partire, cioè definire come viene fatta l’assistenza intendola come un "servizio" che viene fornito al soggetto che ha bisogno.
    Normale che anche il legislatore sia schiavo di questi concetti... il ruolo dei collegi

    E qui faccio un appello ai collegi:
    - se l’assistenza infermieristica non è altro che la risposta ad un bisogno allora questa è utile nella misura in cui è efficace, cioè nella misura in cui soddisfa il bisogno, se non fa nulla al bisogno non serve a nulla.
    Questo è il concetto che dovrebbe rendere l’assistenza infermieristica importante, ma quale assistenza fa l’infermiere? se questa è veramente importante possiamo, sulla base di questa importanza, identificarla una volta per tutte?
    Allora on è meglio quantificarla anzichè vedere infermieri che portare in giro carrozzine, pappagalli o padelle o quant'altro?

    Il collegio deve riscrivere il concetto d'assistenza e chiarire qual'è la partecipazione tecnica dell'infermiere alle attività e non basta dire "autonomia in base a conoscenze, competenze e capacità" se poi alla fine il legislatore ti obbliga a fare tutto ciò che, a parer del singolo professionista, non è assistenza infermieristica. GIUSTAMENTE!!!

    Solo chiarendo questo nodo anche la società potrebbe riconoscere che l'infermiere gli serve perchè questo è il bisogno e questa è la tipologia dell’assistenza che serve.

    spero siate arrivati fin qui... ciauzzzzzzz

  • felix
    00 27/07/2005 09:53
    vorrei aggiungere poche parole a quanto esaurientemente espresso dai colleghi in precedenza:
    innanzi tutto il concetto di assistenza al giorno d'oggi non può bene essere definito.
    assistere prevede essere pronti a soddisfare i bisogni del paziente ma la maggior parte delle mansioni che svolgiamo sono di carattere tecnico-operativo (venipunture, ECG, SNG ecc...) che tendono sempre al raggiungimento dello stato di salute del paziente, ma non sono la stessa cosa che rispondere al campanello per raccogliere il fazzoletto che è caduto.
    è pur vero che prevalentemente non venipungiamo ma vi ricordo che dovremmo utilizzare la maggior parte del nostro tempo a portare avanti quel famoso processo di nursing di cui tanto si parla ma che sentenze come quella che ha suscitato questa discussione mortificano alla grande.
    la verità vera è che la nostra professione si è talmente evoluta, insieme a quella medica che tutto quello che un tempo era prettamente un atto medico, oggi è infermieristico.
    nel mio reparto, la dialisi, venti anni fa si discuteva se e come pungere le fistole oppure no, se praticare terapia d'urgenza o aspettare l'intervento del medico, l'ecografo portatile per monitorare i vasi sanguinei era fantascenza: oggi noi facciamo tutto questo; se io non capisco quale sia l'andamento dei vasi per la puntura di una fistola, pratico una ecografia e....non sbaglio un colpo!!!
    noi ci stiamo ritagliando uno spazio cui il medico oggi non può più accedere e dobbiamo convincerci che abbiamo la cultura, le conoscenze e le capacità per svolgere al meglio questi compiti.
    e quì viene il problema perchè a fronte di questa grande evoluzione, la classe medica fatica molto a riconoscerci questo importante ruolo nella sanità italiana, cosa che in altri paesi non esiste, e noi rimaniamo in quel limbo che genera tutte le contraddizioni di cui tanto si discute in tutti i forums infermieristici.
    la naturale evoluzione del nostro lavoro ci spinge verso l'alto, l'introduzione di figure ausiliarie come OTA e OSS ne sono la dimostrazione, ma sopra di noi troviamo un muro ben solido e allora rischiamo di rimanere schiacciati.
    in definitiva la classe medica è l'esclusiva figura di riferimento della sanità italiana e non vuole che gli infermieri si ritaglino i loro spazi anche se in pratica ci hanno delegato molte loro mansioni.
    tutto questo per le altre figure come fisioterapisti, dietisti e ortottolgi non esiste perchè il loro lavoro ha limiti ben precisi e non in evoluzione come il nostro.
    quindi cari colleghi, solo un ordine di servizio può farmi svolgere una mansione inferiore (solo alcune, non tutte sia chiaro) ma a questo seguirà sicuramente una mia denuncia agli organi competenti.
    ciao a tutti e buon lavoro
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    Cabrach71
    Post: 190
    Registrato il: 22/05/2005
    Utente Junior
    00 27/07/2005 11:32
    Ragazzi, parlare con voi sta diventando un piacere quotidiano a cui non riesco a rinunciare. Ridendo e scherzando, a volte menandoci, tiriamo fuori sentimenti professionali intimi e profondi.
    Voglio solo aggiungere un pensiero mio a tanti bellissimi espressi.
    "Ciò che per un bruco è la fine del mondo, per il resto del mondo è una bella farfalla" (Lao Tzu).
    Siamo gli unici professionisti presenti nelle unità operative a tutte le ore. Mi piace immaginare che la gente pensi all'infermiere come a colui che "c'è". Non un factotum, ma un eclettico; che sa fare cose umili con professionalità e manovre di grande competenza con umiltà.
    Forse basta riportare la professione su di un piano umanistico (di "dialogo" mi viene da dire), usando la perizia tecnica come mezzo di comunicazione e non di distinzione. Siamo i "manager" delle debolezze e dei sentimenti negativi dei nostri pazienti; questo fa di noi una professione unica. Siamo lontani dalla metamorfosi (vedi la sentenza della Cassazione), ma per uscire dalla crisalide dobbiamo riuscirci con le nostre forze.
    Cabrach.
  • Conte Mascetti
    00 27/07/2005 13:54
    Credo che tutto ciò che è stato sopra scritto divrebbe entrare a far parte dei testi di nursing. Qualcuno si rammenta il tristo momento della trasmissione di Lerner? Poco più di un'accozaglia di luoghi comuni dove emergevoano preponderanti le divisioni all'interno della categoria, magari ci fosse stato modo di approfondire il tema del senso della professione come è stato fatto nelle righe che precedono le mie.
    Faccio mie molte delle affermazioni già fatte, non tutte, vorrei aggiungere solo un concetto.
    Noi non abbiamo l'eslusività della "Relazione", ma siamo i portatori ed i depositari, forse in modo implicito, della miglior "Tecnica Relazionale". Tutte le altre figure sanitarie, in modo particolare OSS, OTA, medici ed Educatori, hanno nel loro DNA, o meglio dovrebbero avere una spiccata attitudine alla relazione, l'esperienza induce ad escludere il medico da queste categorie e ad elevare l'infermiere al ruolo di autentico depositario della "Relazione", ovviamente non in modo esclusivo. Questo perché in noi c'è un "sincretismo" di capacità tecnica e capacità relazionale che non ha uguali nel panorama sanitario. Questo almeno è ciò che io credo. Detto questo quella sentenza potrebbe pesare come una montagna.

    Cortesemente
    Conte Mascetti
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    Dookie®
    Post: 82
    Registrato il: 10/05/2005
    Utente Junior
    00 27/07/2005 14:44
    Esimi colleghi,

    è un vero piacere trovare cori unanimi su queste nostre ultime affermazioni.

    Significa che i sentimenti che proviamo verso il nostro lavoro ma soprattutto su come è gestito dalle "eminenze grige", sono gli stessi in molte realtà.

    Sono quindi però veramente dilaniato dal dubbio se esserne contento o rammaricarmene...

    Mi preme inoltre sottolineare un fatto che implicitamente emerge dalle discussioni sia di questo thread sia di altri.

    Quello su cui noi in primis dovremmo batterci, contestualmente ad altri impegni sacrosanti come quello sulle divise e/o i cartellini, è la difesa della dignità della professione.

    La vergognosa sentenza della Cassazione di cui sopra, ha tolto ogni parvenza di dignità, peraltro più virtuale che reale, che credevamo avessimo acquisito a fronte di tante battaglie portate avanti con coraggio e vinte.

    Ed è proprio su questo fronte che dovremmo batterci duramente, senza esclusione di colpi, lasciando perdere aspetti marginali su cui attualmente ci impegnamo, magari solo perchè ci appaiono più facilmente raggiungibili di altri obiettivi.

    Una volta raggiunta (???) la dignità della professione, sta a noi mantenerla e confermarla nel tempo.

    Quando arriverà quel giorno, se mai arriverà, nn avremo più bisogno di cartellini fosforescenti con GPS incorporato, o divise a propulsione ionica a trazione integrale[SM=g27790]

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    monik.G
    Post: 195
    Registrato il: 05/06/2004
    Utente Junior
    00 27/07/2005 21:29
    La mia riflessione mi porta a cercare di capire se questa mancanza d'identità e questa ricerca di dignità professionale, sia un problema tipicamente italiano e quindi ripercorrere il cammino che ci ha portati a questa confusione di ruoli, mansioni e comprendere perchè la concezione dell'infermiere, nell'immaginario collettivo, rimanga ferma a secoli fa.

    Si diceva in post precedenti (un anno fa circa) di come un'infermiera albanese fosse stupita del perchè i suoi colleghi italiani si "perdessero" ancora a fare gli angoli alle lenzuola dei letti del paziente...(e questo è solo un esempio) e quindi del ruolo completamente diverso che l'infermiere riveste nel loro paese.

    Parlo di Albania, non di Svezia o di Stati Uniti (nulla ho contro l'albania, sia ben chiaro!).

    Quindi l'idea di iniziare un confronto costruttivo con altre realtà non italiane magari traducendo alcuni post del forum in inglese (lo so può essere considerato utopico per il momento!) non è una proposta così campata per aria, ma ci permetterebbe di conoscere altre situazioni e comprendere come altri abbiano raggiunto traguardi che per noi sono ancora lontani e irraggiungibili.

    Mi sembra un buon inizio per dipanare la nebbia che ancora ci avvolge e comprendere quale sia stato il loro percorso nel corso del tempo, nei loro paesi, per cogliere e recepire ciò che di positivo caratterizzi lo svolgere della loro professione.

    Con questo non voglio dire che tutto ciò che è fuori dall'Italia brilli di più, ma mi pare d'intuire che in alcuni paesi l'infermiere abbia un ruolo più chiaro e definito. Mi piacerebbe sapere perchè e come sono giunti a questo...

    Con questo forum abbiamo allargato i nostri orizzonti dai nostri piccoli contesti provinciali a quelli nazionali e abbiamo constatato che i problemi sono cmq i medesimi ovunque.

    Allarghiamoci ancora di più, andiamo oltre i confini nazionali... io credo fermamente che questo rappresenti un'opportunità di crescita, ma spt di comprensione.

    Se qualcuno conosce bene l'inglese...anche per andare a conversare nei loro forum, che ci sono eh...

    Ciao a tutti
    Monik [SM=g27789]
  • beppemn
    00 27/07/2005 22:18
    Non ho intenzione di fare ore piccole anche stanotte per cui cercherò di essere sintetico al massimo... impossibile dirà qualcuno.
    la questione proposta nel thread (io l'inglese non lo soi e lo odio) si deve affrontare su due diversi piani: uno strettamente tecnico chiedendo e richiedendo, pressando e triturando i maroni al collegio nazionale di prendere una posizione ed uno sul piano culturale-filosofico che cerchi di rispondere al quesito ontologico professionale del CHI SIAMO.

    Nel primo caso mi associo a dookie-pensiero che "noi in primis dovremmo batterci, contestualmente ad altri impegni sacrosanti come quello sulle divise e/o i cartellini, è la difesa della dignità della professione...".

    La prima cosa che mi viene in mente è quella di costituirci parte civile contro la sentenza per danno all'immagine morale e sociale ed aspettare che la sentenza di cassazione ci dia finalmente ragione.
    Io credo che questa sia una battaglia percorribile e che si possa vincere se verranno addotte le giuste motivazioni.
    In tal senso ricordiamo che in assenza di leggi specifiche sull'argomento il legislatore si rifà agli usi e consuetudini che alla luce della nuova normativa e del nuovo status di PROFESSIONE INTELLETTUALE risultano essere ormai obsoleti.
    Come già espresso, in assenza di regole, anche il giudice è "schiavo" della sua opinione di infermiere che gli deriva dall'immagine sociale che abbiamo accumulato in tutti questi anni.

    Cara annalisa silvestro se veramente vuoi cambiare lo stato delle cose prendi foglio e penna e impugna la sentenza altrimenti lo dovremo fare ancora una volta noi.
    Demanderei a chi maggior dialettica e capacità "grafiche" di stimolare, a nome di tutti gli infermieri, la silvestro. FACCIAMOLO oppure autotassiamoci per pagare il legale.
    la partita va giocata fino in fondo per vincere o per perdere ma alla fine almeno sapremo CHI SIAMO veramente.

    Il secondo punto, quello filosofico-teorico, per affrontare la questione alla prossima puntata... per non appesantire troppo.
    ciauzzzzzzzz



  • adele
    00 27/07/2005 22:30
    Sopperire al bisogno!
    Dai post precedenti mi sembra sia venuto fuori che il nostro problema è proprio questo: la generalità del concetto bisogno. Tutto è bisogno, per il paziente allettato che non si muove diventa bisogno anche"raccogliere il fazzoletto", diventa bisogno perchè lui non è in grado di farlo.
    Voi dite:"benissimo, non è l'infermiere che deve raccogliere il fazzoletto, creiamo altre figure che siano abilitate a farlo! subito dopo, però qualcuno di voi aggiunge che :"gli infermieri sono coloro sempre presenti!"
    Creare un rapporto con il paziente, un rapporto di fiducia e costruttivo è basilare per 'accettazione della cura ed, a volte, dell'ineluttabilità della malattia. Per cui, nel momento in cui sono presente ed il paziente, proprio perchè sono lì, mi chiede di raccogliere il fazzoletto, io lo faccio e lo faccio perchè sono un professionista che valuta il bisogno e ritiene suo preciso dovere che questo venga soddisfatto!
    Non mi rifiuterò mai di portare un pappagallo, se il risultato del mio rifiuto deve essere il disagio di una persona, non mi rifiuterò mai di accompagnare un paziente a fare la fisioterapia se valuto che rinunciare ad una "seduta" possa inficiare i progressi raggiunti.
    Il professionista è riconoscibile non solo per la divisa, ma per come si pone di fronte ai problemi e per come li affronta.
    Certo non abbiamo una tutela giuridica, mi è piaciuto ciò che ha detto qualcuno più sopra:" cosa sarebbe successo se l'infermiera avesse telefonato in fisioterapia, chiedendo che da lì venissero a prendere il paziente?" Infatti, cosa sarebbe successo? Ma almeno la cosa è stata pensata? O noi per primi diamo per scontato che "tutto ci spetta"?
    Nessuno è andato ad indagare su come quella clinica gestisce il personale, sul perchè mancavano i barellieri, si è solamente pensato a "punire" La florence della situazione.
    E i sindacati dove sono? Infine chi è che ci tutela? I collegi? Ecco un'altra domanda che potremmo fare alla signora Silvestro, ma mi piacerebbe anche contattare il collegio dell'infermiera in questione per sapere se è in qualche modo intervenuto.
    E qui mi fermo.
    ade [SM=g27790]
  • Pierluigi
    00 28/07/2005 00:33
    Io lo farei
    Io lo farei, cara Monique, io tradurrei i punti essenziali del nostro dialogare alemno in inglese per dar modo anche ad altri infermieri di altri stati di essere informati sul come siamo, perché siamo e soprattutto quanto siamo, e non solo capaci. Mi sembra veramente un peccato chiuderci a catenaccio in noi stessi senza dar modo a nessuno di scambiare con noi il valore delle esperienze migliori. Non credo che noi si sia inferiori agli americani od ai tedeschi per non parlare degli inglesi, che ci divide c'è solo la lingua, per questo eleverei il nostro forum traducendo le parti migliori proprio in ingese. Seguo da tempo le diverse angolazioni del forum e credo che una buona visione prospettica come quella di Monique non possa che far bene all'interesse ed alla partecipazione del dibattito fin qui avviato. Ciao a tutti a dopo le ferie, per chi le farà fuori dal repartom Pier.
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    Dookie®
    Post: 83
    Registrato il: 10/05/2005
    Utente Junior
    00 28/07/2005 12:09
    Sono contento che finalmente stiamo affrontando la questione che secondo me è la più importante di tutte.
    Sebbene tutto sia scaturito da un semplice post che ha scatenato una certa indignazione in noi, e continuo a pensare che forse avremmo dovuto affrontarla fin dall'inizio del percorso professionale di ognuno di noi, perchè questo è il vero problema della professione infermieristica, il nocciolo a cui nn riusciamo ad arrivare, è cmq importante che finalmente ne stiamo discutendo.

    Nn è semplice parlare di questo argomento.
    Spesso, per introdurre l'argomento, dobbiamo riportare dei casi specifici, che nn costituiscono una regola, ma che purtroppo, essendo questi molto frequenti, fanno sì che lo diventi.
    Mentre invece dovremmo riuscire a concettualizzare il problema per descriverlo con chiarezza in modo che chiunque possa sovrapporre il concetto espresso con le sue esperienze sia dirette sia indirette.

    Beppemn ha introdotto una domanda importantissima, che potrebbe portare anche alla scoperta dell'acqua calda: chi siamo?
    ecco, su questo argomento si potrebbero scrivere migliaia di pagine senza arrivare a definire la questione.
    Il problema deve essere affrontato da più parti.

    La nostra categoria nn è affatto unita, anche se lo si sapeva già:
    una parte vorrebbe che la professione assumesse una valenza quasi esclusivamente tecnica;
    un'altra è invece ancora legata ad una certa "tradizione".

    Il punto nn è sapere chi ha ragione, il problema è sapere cosa dobbiamo fare o nn fare.

    Può sembrare una domanda di stampo riduzionistico, ma così nn è.

    Le istituzioni, sia statali sia di categoria, nn hanno fatto un'accidente per chiarire questo aspetto, ma hanno solo contribuito a creare ulteriore confusione fra gli operatori in servizio attivo ed anche fra coloro che si sono avvicinati in seguito, magari abbagliati da chissà quali prospettive eda spettative professionali.

    Concordo fino ad un certo punto con quanto afferma adele nel suo post precedente.
    Il problema nn è raccogliere o meno il fazzoletto o porgere il pappagallo.
    Il punto è se dobbiamo farlo noi o meno, e se nn tocca a noi chi lo deve fare, e se questi manca chi lo deve fare.

    Cominciamo a chiarire qualche punto:

    Porgere un pappagallo o il fazzoletto caduto, o spingere una carrozzina nn ha valenza terapeutica.
    Nn piace a nessuno, inutile negarlo, nn c'è niente di male.
    Ed è indubbiamente squalificante per un professionista che si è sbarbato 3 anni di Università ed ha sostenuto 30 esami.
    Compiere gli atti suddetti ha sempre molto il sapore di "assistenza misericordiosa", la solita vecchia storia della "missione".

    Ma tocca cmq a noi farlo o no?

    E se no, se lo facciamo in un momento in cui altro personale nn è disponibile tutto ok, ma se questo diventa la regola nn và più bene.
    Attenzione: questi "atti", hanno ben poco della "professione intellettuale" come vogliono farci credere che sia la nostra.
    Sono atti che possono essere compiuti da chiunque.
    Nn c'è assolutamente bisogno di una laurea per fare ciò.
    Nn meravigliamoci poi se nn siamo considerati professionisti e nn abbiamo prestigio sociale.
    La gente comune continua a vederci come dei factotum, perchè tali siamo.


    Se un giorno mancano gli ausiliari, e nessuno pulisce la stanza dei medici o il corridoio delle sale operatorie, sono forse i medici stessi a pulirle?
    No, restano sudice fino a che qualcuno nn và a pulirle.
    Perchè nn lo fanno loro?
    Perchè quasi tutti gli altri profesionisti sanitari si limitano ad eseguire le proprie mansioni senza mai "sforare" e noi dobbiamo essere sempre i tappabuchi di tutto e tutti?

    Qui ritorna il problema precedente: chi siamo?
    Cosa vuol dire "assistenza"?
    Cosa c'è dietro questo termine che ci spaventa così tanto?
    Quali sono gli ambiti ed i limiti dell'assistenza?

    Anche uno spazzino (oops... operatore ecologico[SM=g27790] ) può a suo modo avere un ruolo nell'assistenza.
    Se per es. uno spazzino un giorno nn passa a ritirare i sacchi del sudicio e questi generano cattivo odore che và a complicare la dispnea di qualche paziente, allora diventa assistenza anche il fatto di venire a portarli via e migliorare la qualità dell'aria respirata dai pazienti.

    E' troppo generico il termine "assistenza", e lo hanno fatto rimanere tale perchè così conviene a tutto e a tutti.

    Nn abbiamo identità, questo è il fatto, e se qualcuno crede di averla è solo perchè si trova ad esercitare in una qualche realtà "privilegiata".
    Stranamente però, ho avuto modo di osservare che i "compiti" svolti dai medici e da quasi tutte le altre figure sanitarie, sono uguali in ogni struttura pubblica o privata ed in ogni parte d'Italia: fanno solo quello che gli compete.
    E nn è bello, ma per nulla per nulla per nulla.
    La vittima sacrificale, è sempre l'Infermiere.
    Quello a cui tutti chiedono tutto.
    E che deve sempre soddisfare le richieste.

    Mi fremo qui perchè sennò nn finirei più

    Un'ultima cosa: beppemn ha perfettamente ragione.
    Dobbiamo fare in modo che la Federazione prenda una chiara posizione verso questo episodio di stampo medievale.
    Anzi, sarebbe proprio necessario, obbligatorio direi, che scrivessimo alla Silvestro per sollecitare tutto ciò.
    Se la Sig.ra Silvestro nn impugnerà la sentenza, a tutela dell'immagine morale e sociale degli Infermieri, sarà solo l'ennesima dimostrazione dello scarso interesse, di cui abiamo già purtroppo sentore, verso i veri interessi della categoria.[SM=g27806]

  • felix
    00 28/07/2005 13:08
    hai perfettamente ragione Dookie, la nostra partita si gioca proprio sulle mansioni da svolgere.
    ripeto sempre che il nostro male è il campanello: il dover rispondere comporta una sorta di servilismo che non prevede il rifiuto alla richiesta; in pratica l'essere arrivati fino al letto del malato non presuppone il rifiuto a raccogliere il fazzoletto.
    domanda: e se effettivamente la richiesta fosse per un intervento prettamente infermieristico?
    risposta: esattamente come prima l'infermiere correva a chiamare il medico, oggi l'OSS correrebbe a chiamare l'infermiere: cosa c'è di strano?
    quante figure addette all'assistenza tra medici, infermieri, fisioterapisti, dietisti, caposala ecc... si aggirano giornalmente in un reparto? se suona un campanello chi si preoccupa di vedere dove suona?
    perchè un infermiere non si può chiudere nella guardiola ad aggiornarsi o semplicemente a scrivere una terapia ma deve sempre farlo con la porta aperta? e perchè se suona un campanello deve alzarsi e rispondere anzichè teminare in santa pace e in completa concentrazione il suo lavoro?
    infine un'ultima domanda: perchè l'infermiere deve essere sempre presente mentre se manca l'OSS il problema non si pone? abbozzo una risposta: perchè tanto c'è sempre l'infermiere?
    cara Annalisa è veramente giunta l'ora di far vedere a tutti chi ci siamo anche noi!!!
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    serenaorlando
    Post: 622
    Registrato il: 28/08/2004
    Utente Senior
    00 28/07/2005 14:46
    .....O forse perchè è necessario, unico ed insostituibile!:o
    ....no eh!!!


    ____________________________________

    [Modificato da infermierionline 28/07/2005 14.49]

    Ama....e fà ciò che vuoi!
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    Dookie®
    Post: 84
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    Utente Junior
    00 28/07/2005 15:13
    Sì cara serena, sono d'accordo.

    Però sarebbe ora di sapere sul serio cosa dobbiamo e possiamo fare, di preciso.

    Se le nostre attribuzioni professionali reali saranno riconosciute, così come la dignità dell'intera categoria professionale, e andranno verso la direzione che (quasi) tutti ci aspettiamo, tutto è ok.
    Nn c'è altro da aggiungere

    Se invece continueranno ad essere quelle attuali, che nn piacciono a nessuno, motivo di malcontento fra gli operatori effettivi e motivo per il quale le Università restano vuote, almeno ci si smetterà di illudere:
    coloro che già lavorano si metteranno l'animo in pace e quelli che sono intenzionati a frequentare l'Università saranno però informati con chiarezza su cosa li aspetta e potranno prendere una decisione consapevole.
    Cosa che fino ad oggi nn accade.
    Ma almeno sapremo chi siamo e cosa fare.
    Con certezza.

    Il problema nn è portare o meno il pappagallo e magari abboccargli l'u****** al paziente, che cmq nn è certo una cosa simpatica.
    Il punto è se un professionista laureato debba farlo o meno.
    O almeno se, alla luce dei nuovi percorsi formativi e del nuovo "status" dell'Infermiere, spetti ancora a lui essere il factotum della situazione.

    Quì occorre chiarezza.

    Dopo che avremo chiarito se si debba fare o meno, ognuno deciderà in piena autonomia e consapevolezza se continuare a fare questo lavoro o no.
    Quantomeno nessuno si illuderà più di essere il professionista autonomo e responsabile che invece vogliono farci credere che siamo[SM=g27806]

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    serenaorlando
    Post: 623
    Registrato il: 28/08/2004
    Utente Senior
    00 28/07/2005 16:32
    Sono d'accordo Dookie! Allora vediamo cosa salvare...cosa è sicuramente di nostra competenza? Quello che non dovremmo più fare lo abbiamo capito.
    Diciamoci quello che d'istinto diciamo:"no quello dobbiamo farlo noi!"
    Io ho soltanto una risposta:la terapia
    Poi ho il vuoto....aiutatemi!:o


    _______________________________
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    Cabrach71
    Post: 191
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    Utente Junior
    00 28/07/2005 16:42
    Credo che anche questo possa essere un argomento che interessa alla Silvestro. L'ho sentita parlare a tal riguardo a Mantova a Bergamo ed a Carate Brianza (MI). Sottolineava la necessità di distinguere quello che può essere fatto da chiunque e quello che può fare un professionista (l'infermiere) preparato alla gestione di problemi assistenziali complessi. Senza dilungarmi troppo, si parlava di rapporto con le figure di supporto e con i medici. Spero che l'argomento divisa attiri l'attenzione anche su questo nodo bollente, perchè potrebbe essere un bellissimo argomento di confronto costruttivo.
    Cabrach.
  • Son Dino
    00 28/07/2005 16:51


    Allora vediamo cosa salvare...Io ho soltanto una risposta:la terapia ...........


    .........io propongo anche di salvare la mariapia......salviamo anche la mariapia......
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    serenaorlando
    Post: 624
    Registrato il: 28/08/2004
    Utente Senior
    00 28/07/2005 16:54
    Eh che cavolo!!!!Son Dino....ma sarai davvero tuuuu!!!UHMMMM quella mariapia...mah!

    __________________________________
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  • Son Dino
    00 28/07/2005 17:17
    ........eddai Serena son io....... Son Dino........qualche perplessità sul sorriso della mariapia???????.......forse.......nessuna perplessità.......su quel che è al di sotto del collo........agevoliamo la visione????????????.......dai facciamo che la terapia rimane di tua competenza.......io approfondisco le mie conoscenze sulla mariapia.......che sia ben chiaro rimane di mia competenza........ribadisco......nessuna delega..........
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