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IL SILICA GLASS, il vetro di Tutankhamon

Introduzione

La notizia che tutto il corredo funebre della tomba di Tutankhamon, scoperta nel 1923 da Howard Carter, è stato portato nel realizzando Museo di Giza fornisce l’occasione per questa nuova storia dei materiali che vengono da lontano. Parleremo del Libyan Desert Silica Glass, un materiale che per noi, in questo specifico caso, viene da lontano per due motivi: la sua origine e la storia della sua identificazione.

La tomba di Tutankhamon ed il suo tesoro

La storia del Libyan Desert Silica Glass comincia in maniera del tutto inconscia e rimane nell’inesattezza per quasi 15 lustri.
Il prologo avviene il 23 novembre 1922 giorno dell’apertura ufficiale della porta ancora integra e completa degli intatti sigilli originali di una tomba egizia.
Si trattava quindi di una tomba intatta ed inviolata almeno dal XIV sec. a.C., che si rivelerà poi essere la tomba del faraone fanciullo Tutankhamon.
All’evento presenziarono l’egittologo inglese, ottimo disegnatore e sovrintendente al dipartimento di antichità del governo egiziano, Howard Carter in veste di scopritore della necropoli reale e l’aristocratico George Edward Stanhope Molyneux Herbert, V Conte di Carnarvon, mecenate e finanziatore dei molti anni di ricerca e di scavo.
All’interno della tomba il tesoro: una serie di sarcofagi, dei quali l’ultimo d’oro, i vasi canopi ed un paio di migliaia di altri reperti, molti dei quali ancora d’oro, che Carter porterà all’esterno ed inizierà a catalogare. Questo lavoro di inventariazione e di analisi durerà una decina d’anni, fino all’esposizione nel Museo Egizio del Cairo.
Del tesoro faceva parte anche un grosso pettorale policromo in oro con pietre semipreziose, smalti e paste vitree, che al centro portava uno scarabeo realizzato da una strana pietra traslucida, giallo-verdastra a lucentezza vitrea, diagnosticata genericamente come calcedonio.

La tomba di Tutankhamon: un errore durato 74 anni

L’epilogo della nostra storia avviene 74 anni dopo, nel febbraio 1996 quando, davanti alla teca che conserva il pettorale, si trovano i milanesi Giancarlo Negro, esploratore sahariano di lungo corso e specialista in arte rupestre preistorica, e il geologo e gemmologo Vincenzo De Michele, conservatore di mineralogia presso il Museo di Storia Naturale di Milano; ad occhi esperti quello scarabeo non sembra affatto di calcedonio, bensì forse di una materia assai ben più rara e unica, nota con il nome di silica glass o vetro del deserto.

La tomba di Tutankhamon: da dove provengono i frammenti di Lybian Desert Silica Glass

Questa lunga prolusione introduce alle motivazioni ed ai risultati delle analisi petrologiche eseguite su alcuni campioni silicei di uno strano materiale vitreo giallo verdastro, trasparente (talvolta opaco in superficie per la permanenza nel giacimento e/o per l’azione del vento desertico che ne ha creato le caratteristiche figure di abrasione), provenienti dal Great Sand Desert egiziano, il Grande Mare di Sabbia.
In particolare, la vasta area (di circa 80 x 25 Km) nella quale si trova la grande quantità di frammenti di Libyna Desert Silica Glass è stata particolareggiatamente descritta da Clayton e Spencer che ne tracciano anche una cartografia schematica: "nel dicembre del 1932 fu organizzata una spedizione di ricerca con a capo P.A. Clayton per lavorare nell’area inesplorata del Mare di Sabbia e Gilf Kebir, a ovest della rotta del maggiore R.A. Bagnold del 1930, e trovò il vetro il 29 dicembre 1932. I frammenti erano adagiati sulla superficie dell’arenaria nubiana, nei corridoi privi di sabbia tra le alte serie di dune orientate nord-sud, della porzione sud-occidentale del mare di sabbia. I frammenti più grandi sono stati trovati a circa 25° e 25′ di latitudine nord e 25° e 30′ di longitudine E. Il distretto non è facilmente accessibile, poiché il viaggio diretto da Abu Mungar o Dakhla è impraticabile in auto. L’acqua è disponibile solo ad Ain Dalla, raggiungibile con un percorso tortuoso di circa 500 km lungo il mare di sabbia oppure nell’oasi di Kufara a circa 300 km lungo la strada dalla Cirenaica italiana" (CLAYTON & SPENCER, 1934).

L’analisi petrologica

L’analisi petrologica è stata esperita su un paio dei numerosi campioni disponibili, i più significativi. Il primo per la rappresentatività delle sue caratteristiche morfologiche ed il secondo per la presenza, sulle superfici, di peculiari sfaldature e distacchi. Questi ultimi potevano essere stati causati da un impatto naturale, ma anche per sfaldatura antropica.
Il primo campione, quello di maggiori dimensioni, presenta spigoli arrotondati e superfici smerigliate per l’erosione prodotta dall’azione eolica del vento del deserto.
All’analisi il materiale è risultato completamente amorfo. Tuttavia presenta solo localizzati e rari piccolissimi inclusi millimetrici, allungati, scuri (marrone-rossicci o nerastri) probabilmente dovuti ad ossidi di ferro o di alluminio di origine siderale (come vedremo in seguito).
Il secondo campione rappresenta quella che gli archeologi definiscono una lista ottenuta per sfaldatura o, comunque, per distacco a seguito di impatto da un frammento di maggiori dimensioni. In realtà frammenti di forma simile sono noti in letteratura: "successivamente smistando la collezione di piccoli pezzi, è stato sorprendente scoprire quanti di essi (almeno il 10%) mostrassero vecchie fratture che potrebbero essere state prodotte da un colpo intenzionale" (CLAYTON & SPENCER, 1934, p. 504).
Questo secondo campione appare più sano e soprattutto per la sua sottigliezza evidenzia in maniera conclamata la traslucidità e la trasparenza. Anch’esso è del tutto amorfo differenziandosi dal precedente per il minor grado di usura superficiale e per la più spiccata frattura concoide (Figura 6).
Come nel campione precedente sono presenti micro-inclusi marrone-rossicci di ossidi di ferro o alluminio di origine siderale.

Conclusioni

In conclusione, le caratteristiche di colore, traslucidità, morfologia, composizione, frattura, etc. e le forme di abrasione eolica superficiali dei campioni studiati, provenienti dal deserto egiziano, consentono di classificarli come Libian Desert Silica Glass, ovvero vetro del deserto che, come abbiamo visto, era già noto in antichità e certamente ritenuto molto prezioso come lascerebbe supporre il grande scarabeo al centro del pettorale di Tutankhamon.

Di Marco del Soldato
28 luglio 2019

Fonte: archeominosapiens.it

[Modificato da Hotepibre 10/05/2023 10:24]