06/10/2021 08:25
dal blog "poesia di Luigia Sorrentino"- maggio 2021



di fronte a un quadro di Rembrandt

solo di spalle
mi ricordo di me
alla National Gallery

non toccatemi la testa
non fingete di apprezzare
la bambina che disegna per ore
a terra
mentre il padre la vuole
fotografare.

Non sono io il quadro
del vostro passaggio
ho occhi solo per il contorno
della figura vedo il suo “stare
nel mondo”, la linea
che divide la pelle
dall’aria di un paesaggio
liminare che non è dentro
e non è fuori
da tutto il resto
ma tocca
la linea
di fondo.

***

afrodite

l’arabo che ti insegue
da giorni ha studiato tutto
di te i dintorni
l’ora in cui scendi
a prendere la frutta
nel mercato di Porta Palazzo
dove tocchi la stessa
frutta che toccano tutti
e che quasi sempre
è merce che proviene
già matura, senza bisogno
di usare altre mani
per disfarla.

Oggi leggo che dal Kansas
hanno portato una mostra
per esporre i vestiti
sopra alla domanda ricorrente
che ingenera il pregiudizio
a danno dello scandalo “What
were you wearing?”

Se sei venuta qui
è per stare solo tra noi
a vedere che i corpi
che non si compenetrano
si assomigliano, come il mio
corpo che a vent’anni
non è stato piú puro del tuo
piú impuro del prima
e del dopo quando a Ostia
siamo scese dall’auto,
con i vestiti da parte
per superare i cancelli
e rientrare a ritroso nel mare

***

la spatriata

te lo ricordi Nora
il 25 aprile del 1994
quando a quindici anni
abbiamo preso il treno
e la pioggia scendeva
sul Duomo di Milano?
te lo ricordi che eri vestita
tutta di nero mentre la folla
sventolava bandiera rossa
quando regnava su noi due
la pace adolescente
di fronte a quel 61 per cento
al 61 per cento incosciente
del trionfo che sarebbe stato
il marzo tracollare?

Per quindici anni avremmo difeso liti costruito pali ricucito altre separazioni, mentre sceglievi tra Parigi e Berlino il luogo della sosta. Non so se hai fatto bene tu a partire ho fatto bene io a restare, se partire restare a vent’anni sono la stessa cosa. Ora che non piove piú su Milano ma un’arsura piú secca invade la città e Roma non è piú quella degli amori inconfessati sui nostri prati dove un bitume artificiale molesta le ville degli appuntamenti, anch’io sono libera su questo treno e non occorre che qualcuno nasca qualcuno muoia cambi qualcosa in questo paese.

Frecciabianca Roma-Pisa



***

cartolina per A. Moravia

è l’ultima la casa che hai scelto
per stare dove l’Arrone di lago
entra nel mare ritrovo la notizia
delle alluvioni – colpita
mai distrutta nelle fondamenta
per via dei pilastri che hai eretto
sulla lingua di sabbia,
nella stagione d’oro del villaggio
in cui come te altrove bambino
consumo la malattia.

Fregene, Villaggio dei Pescatori

***

sonetto per Hevrin

per un altro inverno vedremo scorrere
video-sequenze in paesaggi sonori
sotto il tuo viso ritratto a mezzobusto sul web
e sarà un’idea condivisa della guerra
in suono aspirato e coesistenza pacifica.
Ma oggi che apro l’immagine alla notizia
ancora ti vedo al mattino bronzea Nefertiti
stringere alta sul capo l’acconciatura,
di tremila anni sorella mostrare e punire
la minaccia alla troppa bellezza.
E cercarti vicina nel nome, allo specchio
riflesso della mia piú asciutta lingua
dove per variante potresti chiamarti Eva
mentre in curdo alla radice vuoi dire amica.




Elisa Donzelli è nata a Torino nel 1979 e da piú di trent’anni vive a Roma. È autrice e curatrice di saggi e opere letterarie, tra cui Come lenta cometa(Aragno, 2009), Giorgio Caproni e gli altri (Marsilio, 2016), Poesie di René Char (Einaudi, 2018), Tra due città di Attilio Bertolucci e Roberto Tassi (il Mulino, 2019). Per l’editore Donzelli traduce e dirige la collana di poesia. Dal 2018 ricopre la cattedra di Letteratura italiana contemporanea alla Scuola Normale Superiore di Pisa.


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Continuerò a disarticolare ogni cosa, nella vita degli universi, perché il tempo sono io.
(Antonin Artaud)