19) Il grande dittatore (1940), Charlie Chaplin
18) Fanny e Alexander (1982), Ingmar Bergman
17) I 400 colpi (1959), François Truffaut
16) Ladri di biciclette (1948), Vittorio De Sica
15) La ciociara (1960), Vittorio De Sica
14) Stalker (1979), Andrej Tarkovskij
13) Il processo (1962), Orson Welles
12) Gli amanti crocifissi (1954), Kenji Mizoguchi
11) Psyco (1960), Alfred Hitchcock
10) Rashomon (1950), Akira Kurosawa
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- Chaplin abbraccia il sonoro e dimostra di essere tutt'altro che finito. L'attore ha detto che se si fosse saputo della realtà dei campi di sterminio, non avrebbe fatto il film, in quanto non avrebbe trovato nulla da ridere nella follia omicida dei nazisti. Dobbiamo allora essere grati che all'epoca nulla si sapeva, dato che ci saremmo privati di un capolavoro di satira politica senza tempo, la parodia contemporanea più riuscita del nazifascismo.
- Truffaut al suo lungometraggio di debutto dipinge la psicologia di un ragazzino non amato dalla famiglia che non può far altro che attirare l'attenzione ribellandosi alla ferrea disciplina scolastica. Fa il suo debutto il personaggio di Antoine Doinel, che sarà presente in tre lungometraggi e un corto successivi di Truffaut, nessuno dei quali raggiunge i livelli dell'opera prima.
- Il vero e unico De Sica raggiunge l'apice del neorealismo con questi due film girati a distanza di un decennio. Ladri di biciclette è chiaramente il più iconico, al primo posto nella classifica di Sight & Sound già quattro anni dopo la sua uscita. Ho premiato però La ciociara, un dramma pieno di passione, che a mio parere rappresenta la quintessenza del cinema.
- Stalker è - in linea di principio - un film di fantascienza; ma, molto più che in Solaris, Tarkovskij riesce ad andare al di là delle ristrettezze di un genere e a partorire un vero film d'arte. Il film è visivamente straordinario, non ho mai visto in vita mia una fotografia cinematografica così suggestiva e affascinante. La storia riguarda tre personaggi che si avventurano nella Zona, un luogo misterioso e ufficialmente inaccessibile, per trovare la Stanza dove chiunque può realizzare i suoi desideri. Arrivati ad un passo dalla meta, però, i tre capiscono che la Stanza esaudirebbe i loro desideri inconsci e non ciò che consciamente vogliono. Nella Zona Tarkovskij usa il colore, ma al di fuori di essa vediamo che il film vira al bianco e nero o alla fotografia in seppia: il mondo al di fuori della Zona è grigio e piatto. Il film è effettivamente lento; ma quando gli si fece questa critica, Tarkovskij rispose: "The film needs to be slower and duller at the start so that the viewers who walked into the wrong theatre have time to leave before the main action starts".
- Il processo è il più grande capolavoro di Orson Welles, come hanno testimoniato lo stesso autore e alcuni critici. Racconta di un uomo che viene accusato di un crimine che non gli verrà mai rivelato, fino alla sua condanna a morte. Le ambientazioni sono gelide e meccaniche, il contrasto tra bianco e nero è perfetto e gli spazi si fanno sempre più claustrofobici man mano che la storia va avanti. Epic.
- Psyco è invece il capolavoro di Hitchcock. La trama la conosciamo tutti, quindi lascio la parola a Truffaut:
In Psyco del soggetto mi importa poco, dei personaggi anche: quello che mi importa è che il montaggio dei pezzi del film, la fotografia, la colonna sonora e tutto ciò che è puramente tecnico possano far urlare il pubblico. Credo sia una grande soddisfazione per noi utilizzare l'arte cinematografica per creare una emozione di massa. E con Psyco ci siamo riusciti. Non è un messaggio che ha incuriosito il pubblico. Non è una grande interpretazione che lo ha sconvolto. Non è un romanzo che ha molto apprezzato che l'ha avvinto. Quello che ha commosso il pubblico è stato il film puro.
- Rashomon è stato il film che ha attirato l'attenzione internazionale sul cinema giapponese. La storia narrata è relativamente semplice, ma con un intreccio geniale: viene raccontata da quattro personaggi diversi, ognuno col suo punto di vista, cosa che fa sì che lo spettatore assista di fatto a quattro storie diverse. La verità è inconoscibile, pare dirci l'autore. All'intreccio si unisce una fotografia meravigliosa, Kurosawa qui riesce - come diceva Fellini - a "fotografare l'aria". Curioso che, alla sua uscita, il film non piacque ai critici giapponesi. La vittoria del Leone d'Oro al Festival di Venezia li lasciò sconcertati e fu l'inizio di un cambio di paradigma all'interno della critica giapponese, che si aprì alle logiche occidentali. Non solo Rashomon fece scoprire l'Oriente all'Occidente; ma anche, in un certo senso, l'Occidente all'Oriente.
[Modificato da Karl.Gotch 25/04/2021 21:44]