Caro Cariatide
Provo a risponderti. “Provo” nel senso che cerchero’ di uscire dall’ambito della “triste cronaca famigliare” per ricondurre il tutto al “nocciolo” di questo topic, cioe’ Memoria Vs Storia.
Partiamo dalla cronaca di allora. Mio nonno dirigeva l’ufficio postale del mio (e del GF) paese natale. Un paese della Garfagnana che purtroppo si trovava in piena zona di guerra essendo compreso nella cosiddetta “Linea Gotica”. Una zona dove la guerra stagno’ a lungo fra il 1944 ed il 45. Una sera, come ho scritto, vennero i partigiani a prenderlo e da allora la moglie ed i 4 figli non lo rividero piu’ (almeno da vivo) Mio nonno conosceva quelli che lo vennero a prendere per cui ando’ con loro abbastanza serenamente dicendo ai famigliari che non si preoccupassero che certamente si sarebbero chiariti. Dopo pochi giorni mia madre (che allora aveva 21/22 anni)e sua madre, furono avvertite della morte e di dove potevano trovare il corpo.
Ed a questo punto esco dalla cronaca per effettuare un primo aggancio con il tema del topic. Nessuno si puo’ sorprendere se i famigliari hanno in seguito maturato un profondo odio per parole come partigiani, resistenza, comunisti ecc. Ad onor del vero va detto che mia madre riusci’, a differenza delle sorelle e del fratello, ad operare un’analisi assai piu’ approfondita e “storica”. Mia madre sosteneva infatti, che la resistenza era stata un fattore positivo, ma che al suo interno ci fossero stati anche dei cialtroni quali quelli che avevano ucciso suo padre (questa analasi la riservava unicamente a noi figli per non far soffrire i suoi fratelli che nel frattempo si erano tutti schierati con il MSI di Almirante, mentre mia madre nel segreto dell’urna votava per Nenni).
Col passare degli anni la situazione sembrava ormai “cristallizzata” ed in qualche modo raffreddata. A riaccendarla ed a farla deflagrare ci pensai io. Nel 1985 mi candidai alle elezioni comunali di Lucca nelle liste di Democrezia Proletaria. Fu la fine del mondo. Mia zia (che all’epoca della morte del padre aveva 14 anni) ando' in lacrime da mia madre a rimprovererle che suo figlio era assieme a quelli che avevano ucciso il loro padre. Non ti nascondo che questo mi fece male (soprattutto pensando al dolore di mia madre) per cui decisi di approfondire la cosa. Tramite conoscenze comuni (partito e istituto storico dela resistenza ) venni a sapere che nel dopoguerra c'era stato un processo in cui, sul banco degli imputati, sedeva la banda responsabile della morte di mio nonno e di un'altra assai simile. Dalla lettura dei documenti risulto' che la maggior parte dei partigiani era contraria all'idea di fucilare un compaesano (senz'altro consapevoli degli strascichi che ne sarebbero derivati in un posto tanto piccolo) ma a decidere era l’ufficiale di collegamento, un ufficiale inglese, il Maggiore Oldman. Il quale teoricamente doveva fungere da punto di colegamento fra la resistenza locale (nell’alta garfagnana) ed il comando alleato; in realta' la comunicazione era il piu’delle volte unidirezionale ed i partigiani si trovavano ad eseguire ordini del CNR e del comando alleto. Compito principale del maggiore era quello di smantellare la macchina statale repubblichina di cui mio nonno era, hailui, un ingranaggio abbastanza importante dato che da lui passavano le cartoline precetto per la chiamata alle armi.
Quindi mio nonno non fu ucciso in quanto fascista ma in quanto direttore dell'ufficio postale. Negli atti del processo, Oldman, cita un suo rapporto al comando in cui, a riprova della validita’ del suo operato, riferisce che per diverso tempo l’uffico postale rimase bloccato in quanto nessuno intendeva sostuire mio nonno consapevole della fine che avrebbe fatto.
Prima di concludere con alcune considerazioni sul tema del topic, mi permetto un ultimo postfatto.
Quanto sopra scritto lo appurai nel 1985 ma essendosi trattato di un processo pubblico ero convinto che ne fossero a conoscenza anche i miei zii ma che oramai l’odio per “il nemico” fosse cosi’ consolidato da non tener nemmeno conto di queste “attenuanti”
Invece non era cosi’, dato che la mia famiglia, in quegli anni, era sfollata altrove per cui non aveva potuto e forse neanche voluto seguire il processo. Per cui quando sul finire degli anni ‘90, un politico locale ritiro’ fuori la questione del nonno per fini propagandistici (il classico chi sa parli) e venne fuori la storia del maggiore ecc, i miei zii ed anche mia madre caddero davvero dalle nuvole. Fui particolarmente colpito dalla reazione di mia zia, che all’epoca aveva piu’ di 70 anni, la quale ebbe un tracollo nervoso (cosa tenuta nascosta all’interno della famiglia) con crisi di pianto intramezzate da frasi del tipo: “ho buttato via la mia vita, ho vissuto coltivando un odio immotivato”......per la cronaca poi si riprese e torno’ ad essere fascistissima ma il tracollo fu breve ma intenso.
In tutto quanto scritto finora possiamo trovare un’ulterirore conferma di quanto Barbero ha esposto nel video ossia che la memoria , soprattutto una memoria legata ad uno scontro si’ violento, non puo’ non essere fallace e soprattutto non puo’ essere condivisa. La memoria di chi tira un pugno non sara’ mai uguale aquella di chi quel pugno se l’e’ preso. Ed anzi con il passare del tempo la memoria del primo trarra vigore dalla convinzione della “giustizia” implicita nel suo atto mentre nel secondo si brafforzera’ la convizione del torto subito.
Questo e’ stato di fatto cio’ che e’ accaduto in Italia allora. Una parte considerevole di italiani ha “tirato un pugno” ad un’altra parte e col tempo le memorie di entrambe le parti hanno seguito l’evoluzione di cui sopra. L’ANPI ha talmente legato indissolubilmente i propri ideali a quelli di liberta’ ed uguaglianza al punto che in ogni battaglia per i diritti rivendica una continuita’ con i propri anche se si tratta, ad esempio,di diritti degli omosessuali. Mentre gli sconfitti, certi del torto subito, rivendicano pari dignita’ per i loro morti.
Insomma nel caso di mio nonno, come nel caso di tantissime altre vittime di guerra non possiamo prendere a testimonianza (testimonianza storica intendo)il dolore e le sofferenze provate dai congiunti. E’ come quando certi pessimi giornalisti vanno a chiedere ai genitori di bambino ucciso che cosa provano. Ma che c...o volete che provino? Dolore! Ed il dolore ho sempre creduto debba ritenersi cosa privata da rispettare.
[Modificato da ugo.p 06/07/2020 23:50]