Role 23-11
20:32Jehrome[Fuori Dalen|Radura]{Animale/materiale, innate} Il primo atto può dirsi concluso con successo, il nero orsetto è riuscito, in qualche modo, ad attirare la mezzelfa fuori le porte della malfamata, in quel paese che di meraviglie ne ha poche, eppure così tante. La luna piena, coperta di tanto in tanto da una nuvoletta errante, rischiara la boscaglia, tirando ombre lunghe tra gli alberi. Alza le orecchie a punta, l'orsetto, mettendosi poi su due gambe "qui va bene" direbbe, ma quel che esce è un incomprensibile [*Squeak*] che decreta la meta raggiunta. E' tempo del primo atto di questa serata, la prima scoperta. Con la rossa alle spalle, si ferma in mezzo ad una raduretta, uno spiazzo tra gli alberi con un'apertura che permette alla luna di illuminare quanto basta perchè anche chi non può vedere nel buio possa godersi la scena. Sta lì, immobile, su due zampe. Perchè? beh, questo al sorcio rosso potrebbe non esser chiarissimo, ma lo è per tutti e venticinque i cari lettori: sta mutando, tornando ad una forma ben più familiare, e svelando un primo segreto. Il primo di molti. pare -pare- che già il corpo cominci a farsi più lungo, ora. Ma ancora qualche istante manca, prima che la vera identità del procione sia mostrata. Nel frattempo, noialtri ci godremo la luna.
21:12Asphodel[ Fuori Dalen ] | Radura | Dal fondo d’ogni bene e d’ogni male fu attinto il mistero che ancora mi lega, dal torrente o dalla fontana, dal pendio rosso del monte… – ‘Questa è la storia della notte in cui mi sposai. O almeno così credevo. Vedete, ecco: io non credevo…’ – Ha messo un abito bello, il primo abito bello che abbia mai posseduto. Non c’è altro rosso che nei suoi capelli, legati in una coda bassa e tenuti insieme da un nastro di raso dello stesso azzurro del completo da damerino che le regalò Zaran prima della partenza per Namsos. Ed è così, in effetti, che deve averla conosciuta il suo sposo: con indosso quell’abito. È più sbiadita, invece, la tinta del manto gualcito e liso dagli anni, tanti, che l’hanno vista portarlo. Al fianco, sotto la giacca, tiene nascosto un coltello brunito assicurato alla cintola; indossa un solo anello – e non è quello di Jehrome – all’indice sinistro. In tasca, invece, ha un fazzoletto che ha chiesto ad Arden prima di prepararsi a uscire. – Non è così che si dice? Qualcosa di vecchio, qualcosa di nuovo, qualcosa di prestato e qualcosa di blu. – Ha seguito il procione fino alla radura nel bosco. Perché, domandate? Lo riconoscerebbe fra mille, quel ratto gigante con gli occhi di brace! È lui, ne è sicura, il valletto che le è stato promesso… e aspetta! Cos’è che accade, là sotto la luna? A sopracciglia aggrottate Asphodel arresta il passo, a qualche metro dall’animale. Poi, con la meraviglia in volto e un lungo brivido sotto pelle, osserva. Indietreggia appena e s’arresta subito, fiato sospeso e sensi in allerta – …dal lampo del cielo che in volo mi passava e ripassava accanto, dal tuono e dalla tempesta…
21:36Jehrome[Fuori Dalen|Radura]{Materiale, innate} Non ha le stesse accortezze della mezzelfa il Drakul, no. Ma i numi hanno provveduto per lui. Di vecchio ha un libretto, nascosto in un taschino, puossi dire il primo pegno d'amore. Di nuovo? Un'insolitamente elegante tenuta cremisi, tutta inghirigorata e ben tenuta, regalo di un vecchio amico, che sfoggia oggi per la seconda volta. Ma tutto sommato, potremmo anche fare uno strappo alla regola con un oggetto -quasi- nuovo. In prestito il corpo morto d'un giovane cuoco, che si alza dalle zampe di procione, e come per magia è sulle gambe dell'ometto che tutti ben conosciamo, ma di cui ormai rimane solo il ricordo, che non-Jehrome usa ancora per farsi un giro tra i mortali. Ma di blu, niente, se non questa fredda notte di Samaris, che è oggi loro testimone assieme alla luna. Si volta lento, guardando oltre la propria spalla in cerca della sposa [Beh, è pur sempre quello di Namsos] soffia con illeggibili pieghe nelle labbra, le parole del Jeh di sempre, in bocca a qualcun altro, qualcuno che ancora, non conosciamo davvero. [Ahm... spe...] brontola di già, confuso e concentrato [Oh uomo bestia... hmngh... sorgi dal buio... Signore delle mosche, re delle api] Lo si potrebbe vedere, se si guardasse bene, contare i titoli sulle dita della dritta [...dio delle cimici, delle pulci, e dei pidocchi!] la voce si fa sempre più sicura, nel mentre che srotola la lunga lista di epiteti di colui che giungerà ad ufficiare questo matrimonio, che a un matrimonio non somiglia troppo. Ad ogni parola detta dalla bocca, se ne accompagna una sussurrata dalla mente, che raggiunga, ovunque egli si trovi, il maestro. O chiunque altro risponderà a questa sacrilega chiamata.
Jehrome ha usato Sensi del Predatore [Drakul]
21:39Izmailj[Fuori Dalen|Radura] {I; F. MALEBOLGE} E per la seconda volta nell'arco di un mese, Signori e Signore, benvenuti -e bentornato- al Sabba! Una platea di silhouette con lunghe dita danzanti nel vento -tali sono i rami dell'intricato rigoglio- è il consono pubblico dell'agognata tregenda; e s'abbina l'ovale di luna che tutto bacia alla frettolosa fuga d'una nube verso l'orizzonte. Si dice che accorrano spiriti maligni e fattucchiere cavalcando verri e pentoloni: poco male! Sul bitorzolo d'una fronda agitata se ne stanno cheti i gufi e qualche gracchio sfuggito all'alta quota; possiamo immaginare un procione sgusciare tra le radici nude e un rosso Ratto -mi hanno detto così- che gli corre dietro verso l'aprirsi di una radura. Ecco: attendiamo solo il Capro -e mancheranno allora i Gatti Mammoni. Pazienza. Ma l'Uomo Bestia è avvezzo all'evocazione: una formula rituale lo può destare dal sonno! E nell'alito incolore, un filamento vermiglio va spirando leggero, come un miracolo sotto agli occhi increduli delle civette: si scuotono la trame in un guazzabuglio, e compare tra le spire una Testa di Caprone. [Beeeh-], rantola fuori dalle labbra mostruose, [-eeenvenuti! Io sono Baal - zebù. Il mio nome non è detto invano. Tra voi, chi mi chiama?], biascica tra i molari ostentati -in un ghigno di Fiera- che paion tanto neri da esser stati imbevuti nel petrolio. Un cranio sporgente di capra svetta sul collo tozzo e massiccio: il manto di cenere, setoloso; iridi gialle di zolfo e pupilla trasversale; dalle cavicchie, tonde e rugose, un palco di corna torte all'indietro, lunghe e puntute, che si rilanciano all'esterno come sciabole; una mascella da schiaccianoci e il fiato fetido dall'odore ircino. [Siedo nella Tenebra e declamo la Legge]; enuncia dal linguaggio bleso il Mostro fuggito dall'isola di Moreau, sporco di un anatema scoccato in Demoniaco. Ha guanti neri e un completo da soldatino: il Ciondolo sotto al bavero irto di pelo e un bracciale e un Anello a sparire tra le vesti.
Izmailj ha usato Percezione Magica
Izmailj ha usato Sangue Corrotto [Mutaforma]
22:01Asphodel[ Fuori Dalen ] | Radura | …e dalla nube che in demone si trasformò sotto ai miei occhi. – Il cuore, via via che l’orso muta, accelera i suoi battiti. Lo sente in gola come un nodo mentre lo mette a fuoco e comincia a riconoscerlo. E se dapprima ha schiuso le labbra in una ‘o’ meravigliata, eccola che già stringe i denti e trattiene sottopelle l’impeto che la coglie. La destra diffidente va all’impugnatura del coltello e lo afferra, tenendola lì ferma mentre il volto pallido si impreziosisce di un’espressioncina torva e tuttavia – ma devi guardare bene, benissimo! – poco convinta. – Cos’è che giace, là sul fondo del rifiuto? – [ Jehrome…? ] lo chiama con un nome che non è suo, non gli appartiene né vorrebbe usare. Ma con quale altro titolo appellarsi a quel diavolo dal sembiante familiare? Socchiude le palpebre e di un passo, due, fa per avvicinarsi, guardinga. Si arresta però nel momento in cui lo sposo invoca l’ospite d’onore. Allora è un momento: un frullio nell’aria e il silenzio che si fa di piombo. Trema la trama, giunge il mostro fra spire vermiglie! E un colpo, il cuore mortale, lo manca. Quando lo vede, gli occhi si spalancano: prima è l’orrore, poi il turbamento. E che altro, alla nota di fondo, lo tacciamo. Le labbra si schiudono eppure l’”ave” si ricuce sulla sua bocca. – Ma io, no, non ho paura. – Le membra si tendono come fossero pronte allo scatto, immotivatamente o meno. Eppure, Asphodel non si muove né parla più. Lo sguardo è inchiodato sull’ibrido caprino, come rapito. – Ahi, mia povera musa, che cos’è che hai stamattina? Nei tuoi occhi infossati fan ressa le visioni notturne, a freddi lampi sul tuo viso passano taciturni l’orrore e la follia.
Asphodel ha usato Percezione Magica
Asphodel ha usato Riflessi superiori [Mezzelfi]
22:18Jehrome[Fuori Dalen|Radura] E se non fosse già pallido di suo impallidirebbe. Non è Izmailj a uscire dala nube , né tantomeno Anon, no. E' un nuovo, abominevole volto del maestro. [Oh-] Batte le palpebre un paio di volte, residuo di incredulità, senza poter far altro che... chiedere {...Maestro?} alla sua mente, in attesa di conferme. Quasi certo è, visti alcuni dei segnali inconfutabili, ma una cosa è un uomo con molti volti, un'altra una creatura che non è uomo nè animale, ma un ibrido aberrante - dalla voce familiare alquanto. [Sera a te, illustre Zebù] attacca pure bottone ora, recita -male, ma non troppo- una parte che non si era preparato, aiutato almeno in parte dall'immancabile aplomb che esperienze con strane creature e la sua stessa morte gli han fatto maturare. [...Forte, ti presento la mia promessa] verba con un sorrisetto allegro, manco avesse di fronte il compagno di merende di una vita. Cosa che in effetti non può dirsi errata. Certo, lui però è accostumato. La sposa sarà un terno al lotto. Si volta di nuovo verso di lei. Annuisce [L'unico e il solo] mastica tutto tranquillo, lasciando scivolare su di lei un'occhiata divertita [Che dici?] chiede dando fondo a tutto lo charme che suo padre gli ha donato e -finora fallendo- persino provato ad insegnargli. Gli occhi la percorrono da capo a piedi, da piedi a capo [...è normale] "avere paura"? di sicuro è la provocazione lanciata dagli occhi, mentre le orecchie colgono quei battiti mancati. Lenta, la manca, sale. Si alza verso la sposa, indietro di qualche passo ancora [Te lo avevo detto no?] "storie di mostri e di fantasmi". I pezzi di un'infinità di vaneggiamenti che tornano assieme. Storie su storie, ciance su ciance, una più assurda dell'altra. Tutte vere? [Se vuoi, posso fartelo dimenticare, sai?] La mano resta a mezz'aria, protesa mollemente in attesa della scelta della mezzelfa [Domani ti sveglierai e questo sarà un sogno confuso. Ma se vuoi entrare nella nostra tana...] "la devi prendere"
22:19Jehrome{Materiale, innate, S.P.}
22:26Izmailj[Fuori Dalen|Radura] {I; P. Mag; S. Corrotto; F. MALEBOLGE} S'è chiamato Baal -zebù ma, come ognuno lo può riconoscere -in un altro universo- assomiglia di gran lunga al Bafometto! Il celebrante all'altare del sacrilegio, con sguardo bieco di belva stolida, bela in un idioma da far spavento alle ombre e incede marziale seppur sciancato: sì, il soldatino di stagno, è vero, ma se zoppo alla gamba sinistra è perché Demonio! Con gli alamari ben allacciati per tanto sfarzoso uffizio -intriso d'una forza occulta ch'è tutto un dire, si sentano le trame sconvolte dal Redivivo- solleva un braccio nell'oscurità come una benedizione inarticolata: tre dita puntano blasfeme al cielo, inargentate dal chiarore lunare. Il mantello sanguigno gli scende sulle forme a tutto coprire, lasciando solo svelato il cranio maledetto dalle corna infilzate. Ulula il vento -e che siano le carole delle megere o il singulto di anime dannate, chi può saperlo? Dicevamo, inizino le danze! Il Gran Ballo non attende oltre: e che Asphodel abbia membra tese come corde di violino, impetrate per volontà sua -divina non credo, il Capro par non farsi cura. Ma lei tace, non l'ha invocato. Chi altro, dunque, se non le spoglie animate da una morte vinta? Le iridi raccapriccianti, come biglie dorate, s'infiggono sul volto di Jehrome, lo Sposo. L'una e l'altro li conosce, ma questa sera si omaggiano -con estro teatrale- le messe nere: e Oriokami finge com'è degno che sia. Il primo passo è compiuto dal Drakul; solleva la manca in un invito: [La mano sinistra mi piace. Vuoi baciare anche la mia?], chiede luciferino Malebolge, strozzando un grido di viscerale piacere. Forse il rito d'un folle; forse l'abitudine d'un Demone. {Sono io. Seducila come fece con me tuo padre. Nutriti. E se bisogna tramortirla, ah!}, rimbecca nella mente di Jehrome mediato dal Ciondolo. Si approssima claudicante, con studio certosino, lasciano il proscenio ai protagonisti. Dicono ci si possa sedere su di un nero trono, a certe cerimonie.
22:50Asphodel[ Fuori Dalen ] | Radura | È scossa sin troppo, confusa dall’orrore frammisto alla passione repressa che giace al fondo del petto, che stringe le viscere e impedisce loro di brontolare. Sciamano nella mente, come in un vespaio allarmato, i pensieri di chi una volta ancora si trova a dover realizzare una visione fuor d’ogni logica; il petto, poi, è uno sconquasso. Defluisce il sangue dalle guance per correre via al centro della voragine che le fa il respiro più leggero. E lo sguardo, inchiodato all’Ibrido luciferino, guizza di sottecchi a Jehrome per un solo istante, quando interviene presentandola. Là, proprio in quel momento, compie un passo indietro. Due. Tre? – E la forza del male in cui ti credi esperta non ti fa indietreggiare di spavento quando, grande nelle ascose sue trame, la natura si serve di te… di te, vile animale! perché un genio abbia vita? – No. Il terzo passo indietro non lo compirà mai. Si volta verso il Drakul – “…è normale” – e una stilettata le trafigge il cuore. Aggrotta le sopracciglia e ne incrocia lo sguardo, ancora tacendo mentre lui le snocciola l’ipotesi dell’oblio. Lo sguardo guizza istintivamente su Malebolge, è su di lui che resta quando le labbra vomitano una sola sillaba imperativa: [ No! ]. E come potrebbe volerlo? Come? Quella è un’immaginazione fatta carne – là sul fondo giace, in mezzo alla voragine… – [ Però… ] ed è qui che la voce ha un tremolio. Si volta verso Jehrome definitivamente, abbandonando la visione demoniaca e lasciando andare, al contempo, la mano dal coltello. Azzera quasi le distanze che la separano dal ragazzo e, per quanto impazzi il cuore allertato da un soverchiante senso di pericolo, la mente la spinge oltre. La lingua osa e la destra, pretenziosa, si leva innanzi a quella di lui. [ Mi avevi promesso un anello più brillante del primo ] gli dice con ostentata sfacciataggine, indossando una maschera che – non fosse che per il cuore! – non la tradirebbe più. Lei, mortale ladruncolo fra le fiere.
Asphodel ha usato Improvvisare
23:03Jehrome[Fuori Dalen|Radura] E' trattenendo qualche riso che torna a guardare il maestro, fattosi generale dei demòni e ufficiante del matrimonio meno sacrale nella storia dell'Aengard intero. Un'occhiata divertita va verso il capro [Oggi i miei baci sono solo per questa adorabile fanciulla, venerabile Zebù. Ma verrà il giorno in cui ti farò grazie di questa tua benedizione che ci offri, senza dubbio] che voglia dire, lo sa il cielo. Non che la logica e la chiarezza siano fondamentali in questa serata al chiaro di luna e all'odore di sangue. E non è l'ultimo accesso di riso che riesce a strappargli questo volto mostruoso e fuori d'ogni senno della creatura senza nome che chiama maestro {Non voglio tramortirla, e poi spero di aver pure imparato qualcosa da mio padre no?} sono occhiate sfuggevoli quelle che lancia alle pupille rettangolari del mostro. La sfida di detti e non detti con la mezzelfa continua. E certo che non ce la fa, quando si chiama al codardo, ad arretrare. Tachicardia rima con sinfonia, e in questo momento, nelle orecchie del drakul, questa scadentissima frase a effetto ha perfettamente senso. La paura, la trepidazione, un interno illeggibile tanto quanto lo è l'esterno, ma per il motivo opposto. Certo il nostro Jeh non è l'esperto del caso, ma non può che compiacersi dei risultati ottenuti finora sul battito della mezza, che già valgono il prezzo del biglietto. Ma c'è ancora altro da fare. soffia dal naso al suo ritorno, con ironica stizza [Tutte uguali voi donne, tsk. Noi vi diamo il nostro cuore, e voi pensate solo ai gioielli] la bocca ciancia, ma la mano è già nel taschino, da cui estrae un nuovo anelletto [Di un po', un diamante vero l'hai mai visto?] lo tiene tra due dita, in mezzo ad entrambi [Questo è per la sposa, però] rimbecca, e se proverà -cosa alquanto probabile nella testa del drakul] ad arraffarselo, la mano sarà spostata, ma per guardarlo ha tutto il tempo che vuole. Cerca gli occhi azzurro ghiaccio, un po' sornione [E ora, mastro Zebù?]
23:13Izmailj[F. Dalen|Radura] {I; P. M; S. C; F. MALEBOLGE} 'Storie di mostri e di fantasmi', sì. Ma certe fole i bimbi non se le raccontano mai -e se qualcuno le sogna, le tiene nel cassetto con un giro di chiave. Sul manto erboso della radura, inargentata, si allungano dinoccolate ombre di alberi irrequieti. Sembrano spettri ammattiti, danzanti sulle note di un valzer stridente. Certe scene grottesche si ritraggono solo sulle tele -giuro, non è un capriccio di Goya! Il Maestro -o chi ne fa le veci con Testa di Bestia- prima ancora di prender posto su di un ceppo o di intonare una litania glorificando i Congiunti, avanza storto e sghembo attorno a loro, tracciando -immaginariamente- un cerchio. Come certi pescecani, approssimandosi con fare discreto: e si spera che quel disegno, alla fin fine, non finisca con lo stringersi d'un cappio! Perché si sa -e chi non lo sa, pazienza- il genio d'un Demone sta tutto nel Dominio e nell'arte estrema della coercizione. Osserva l'uno e l'altra a singhiozzo, scostando iridi che non temono tenebre. Il Sangue zittisce ogni rischio: e se qualcosa minaccia la violenza, ecco, la si veda lì sulle punte aguzze delle corna. Le labbra hanno un tremito genuino: 'No!', dice lei, e vibra pure la barbetta a uncino. Si conficca lo sguardo torvo -ma è goduria quel velo umbratile che incupisce l'espressione idiota di Capro? [Peccato], riferisce con zelo -e la parola assumerebbe diverse tinte, in un altro mondo. [Sposa; dal diamante non nasce niente, ma...], insomma, si capisca -[...è d'altro che nascono i Fiori]. Un belato si leva dalla gola rotta: ma pare il rombo di un tuono al suo termine. S'impunta sulla sfacciata -la birba in abito di Gran Gala- e la voce di Jehrome s'intrufola due volte: alla prima risponde in silenzio; alla seconda si fa Sacerdote. [E ora lei accetti o meno il tuo Dono: cuore o diamante, fa lo stesso. Io mi preparo a celebrarvi]; e cosa voglia dire, lo scopriremo. Perché frattempo s'allontana di poco, spostandosi verso le fronde.
23:30Asphodel[ Fuori Dalen ] | Radura | Chiari come vetrine, fiammeggianti come luminarie di una festa, i tuoi occhi usano, insolenti d’un potere non loro, ignari della legge onde son belli. – E se prima osservava il diavolo, ora la sposa è tutta del suo promesso. Accenna addirittura un sorriso lieve, da Gioconda. [ Il cuore? ] ripete a voce bassa mentre inarca, dubbioso, un sopracciglio. L’ha mai guardata, Jehrome? L’ha mai per davvero veduta? Qual è la maschera che vuole – Asmodelle, Dandelion? – Eppure, ricordalo: lui è il solo che sa il tuo Nome. – Chissà perché la vedi scuotere impercettibilmente la zazzera rossa, come a scacciare un pensiero molesto. L’iridi fredde scorrono sul volto che è quello della pallida imitazione del suo innamorato – non potrebbe dire altrimenti, del resto – e lo accetta per quello che è: il ricordo distorto, il gemello deviato, l’allucinazione dei sensi. Per un attimo allora cede: qualcosa, come nella notte di pioggia, sembra farsi denso liquido al centro del lago scuro ch’è nel suo petto. Se è vero che tutto intorno a lei trema – e tribale, batte il suo cuore – è pur vero che sembra via via assuefarsi all’agitazione. E osa. E sfida. Perché sei un asfodelo e il fuoco non ti brucia. [ …niente? ] fa eco, stavolta, al Maestro – il mento levato e lo sguardo che si sposta momentaneamente dal drakul. [ Ma un fiore lo sono già… o no? ] e ancora è su Jehrome, chiedendo a lui. Intreccia le dita dietro la schiena quando l’anello le viene mostrato, forzandole così a chetare l’impulso – ché già una volta, con un simile tiro mancino, è stata tratta in inganno. Lo imita nell’espressione e reclina di lato il capo, dicendogli solo: [ E sia ]. Si sposta quindi su Malebolge, osservandolo allontanarsi – pronta a seguirlo, facesse altrettanto lo sposo.
23:45Jehrome[Fuori Dalen|Radura]{Materiale, innate, S.P.} Il tempo scorre, le parole di Malebolge, vicario di un mondo altro, giungono con piacere al Drakul, mentre i suoi occhi si riempiono d'una brama che si fa un po' meno umana di secondo in secondo, ma più forte, più vivida. [...Lo accetti?] chiede alla rossa, riprendendo le parole del maestro, e tenendo in mostra l'anello, e concedendosi ad un sorrisetto deliziato alla risposta. Leste le parole volano dalla sua mente a quella del Maestro, seppur gli occhi, dalla sposa, non si staccano più. {Oh, sarebbe così felice, piangerebbe secondo te?} certo che no, non ne sarete mai più in grado, ne te ne lui {Solo se lo vorrà. Fosse solo per la sete le avrei dato una botta in testa mezz'ora fa} come più volte ha già fatto. Ma questo è un matrimonio, non di certo uno dei macelli che ha fatto nelle segrete, non visto. E un matrimonio prevede delle promesse, alle quali no, non era pronto [Venerabile Zebù. Sii mio testimone] esordisce, lanciando verso di lui il gingillo in un'ampia parabola, che con i suoi occhi e nonostante il corpo indebolito, sarà ben in grado di acchiappare. Dicevamo, la sposa, nelle vesti del ragazzino perbene. Gli occhi sono affamati, ma non di quella fame bieca che più volte il maestro ci ha visto. Un desiderio pur sempre ancestrale e mostruoso, addolcito dal ricordo di qualcosa di più umano. Le promesse, sì, divaghiamo fin troppo [Sii mia] le mani fredde avanzano, in cerca dei fianchi della rossa [E sarò tuo.] piuttosto scontata come apertura, ma giuro -come si suol dire di fronte ad una lirica poco convincente- ora arriva il bello [Il mio sangue] due zannette bianche e appuntite che escono dagli angoli della bocca [Per il tuo] cerca di avvicinarsela, senza forzare, senza obblighi, resistendo con una certa prodezza ancora, ma prossimo al cedimento [Il mio mondo, per il tuo. E se mi porgerai il collo...] tenterebbe d'avvicinarsi all'orecchio un po' a punta e un po' no, per concludere la frase, gli fosse concesso.
23:54Izmailj[Fuori Dalen|Radura] {Innate; P. Magica; S. Corrotto; F. MALEBOLGE} Ha quasi dato le spalle, il Maestro-Capra, che le parole di Asphodel -inattese di certo- raccolgono di nuovo l'attenzione al centro della scena. Gira sui tacchi di tre quarti, osservandola nel buio fitto. Vola su di lei lo sguardo. E, in particolare, s'impegola sulle ciocche di fiamma della Mezzelfa. Chissà perché, ogni donna che ha rubato il cuore a Izmailj -lui ch'era vivo- possedeva il fuoco tra i boccoli. E al ritmo tribale del battito di lei, s'aggiunge una tinta selvaggia sul muso di lui. Siamo agli istinti primordiali. In qualche maniera, lo ricordano pure i canini del Drakul. [Rimanete comodi], si affretta a soggiungere, storpiando qualche suono tra lingua e labbra. [Devo solo fare gli onori di casa. Ma per questo mi serve...]. Attende meditabondo. [Un Fiore, dici? Tu? Beeeh-ne. Vediamo cosa ha in serbo la sorte!], ride ferino; e nel frattempo ha ghermito l'anello tra le mani. [Sì, sì, testimonio], dice dissacrando, vittima di un'indifferenza superba. Avanza stentando nella bruma che sale. I passi strascicati dello zoppo; s'inumidisce la punta di stivale. Un'organza rossa, sbucata tra le falde del mantello, si trascina come una coda. L'Uomo Bestia, a cui manca solo il talare, zigzaga pacato tra i tronchi più prossimi. Sbircia tra gli steli d'erba, mentre altrove si compie il desiderio degli Sposini. Laggiù, nella loro alcova segreta. Chissà cosa si mormorano: Malebolge può solo, di tanto in tanto, guizzare con lo sguardo caprino da sopra la spalla. Ma è tempo di svolgere il matrimonio e, come ufficiante d'onore, deve pure adempiere ai compiti devoti. Si rannicchia, di quando in quando, strappa tra i guanti neri qualche fiorellino vittima dei suoi occhi d'abominio. Di quale pianticella si tratti, lo diremo poi, solo al finale, che si spera un trionfo d'amore. Perlomeno, un trionfo color sangue: e dato ch'è tutta una farsa, la sia alla Grand Guignol!
00:06Asphodel[ Fuori Dalen ] | Radura | [ Lo voglio ] risponde, ha quasi il tono della correzione. E per quanto i brividi sottopelle non smettano mai di percorrerle le membra, lo sguardo è fermo in quello di lui. È diverso, vedete, un “lo accetto” da un “lo voglio”. – Non sto chinando il capo, ma levando alto il mento. E se la mia bocca giura non è mai bugia; il capo si piega, non è mai per schiavitù meschina. Io, la mia gloria e la mia condanna, la scelgo. – ‘Venerabile’, lo chiama lui, e a fior di labbra lei sussurra alla propria immaginazione: [ Sublime infamia, Altezza verminosa… ] non è che un soffio sovrappensiero, una sequela di titoli immaginari che rivolgerebbe, reverenziale, a Zebù, il Maestro, il cerimoniere. È chiaro come a questo punto la protegga il suo cervello: se i sensi restano in allarme, è pur vero che all’orecchio arriva una bugia dolce come miele: non è che una fiaba, uno dei tuoi sogni di zucchero. Così pare che abbia scelto… fino a un certo punto. Il giuramento, là nel cervello, risveglia un’eco che non si spiega. Una fitta – sii mia, e sarò tuo. – Dov’è che ho sentito una cosa del genere? – Il mio sangue per il tuo. – ‘Se tu tradisci, tradisco io. Se tu uccidi, io uccido’ …Laurier! – [ Jehrome ] batte le palpebre, aggrotta le sopracciglia, scuote impercettibilmente il capo. Il respiro si è fatto poco più pesante e il cuore ha accelerato. Se si è lasciata avvicinare, se si è fatta cingere docilmente e se pure con accondiscendenza si è fatta avvicinare, le labbra che sfiorano le orecchie puntute solo a metà, a un tratto ha un esitazione, e si fa più indietro. Cercando di sgusciare via dall’abbraccio.
00:33Jehrome[Fuori Dalen|Radura]Cala la nebbia sul matrimonio sacrilego, come se di mistero ed inquietudine non ve ne fossero già a sufficienza. Malebolge zompetta via tra i cespugli in cerca di solo i sette sanno cosa. Non più d'un'occhiata di sghimbescio è quel che gli viene lanciato, cerca la figura del capro ma ben non intende cosa vada a cercare, in mezzo agli arbusti. Meglio non curarsi delle stramberie di una creatura d'altro mondo, nel cuore della notte, dopotutto. "Lo voglio" sgrana appena gli occhi, è fatta? son forse finite le tribolazioni? no, certo che no. Sarebbe fin troppo facile. Accetta, ma si scosta. E' sì, ma è no al contempo. La vede scivolare indietro, rimanendo un po' interdetto. I denti estratti, gli occhietti di fiera che si fan confusi. [...L'unico e il solo] soffia, ripetendo quello scambio di parole [...Vorrei rivederlo anch'io] languida ammissione, che suona quasi come una richiesta. Difficile dire cosa ci sia nei suoi occhi, se delusione, impazienza, o mera malinconia. Forse tutte? L'orecchio ascolta attento, ma il cuore della mezza non può parlare, solo dare un qualche messaggio alieno e parziale in una lingua fatta di ticchettii, che il Drakul non può comprendere [Te l'ho detto all'inizio. Se vuoi dimenticare me, il venerabile Zebù... questa sera, basta chiedere] i denti sono ancora lì, comicamente sbordano da una bocca in cui non riescono a stare [Ma se davvero vuoi "tutto"...] "tutto", già fu menzionata questa parola che non ha significato, pur avendoli... tutti. Lo sguardo resta fisso, non batte ciglio, il respiro è ormai fermo da fin troppo tempo, e l'espressione non aiuta per nulla, indecifrabile [...Dovrai fare un salto nel vuoto] certo non sa le angustie che animano la mezza, e forse è pure meglio così, ma quanto ha da dire, pare lo abbia detto. Muto, con una ben celata trepidanza nel fondo degli occhi, attende, cercando risposte che lui non può dare. Le mani però, nonostante s'allontani, la cercano ancora, morbide e "fuggibili" nella pres
00:42Izmailj[Fuori Dalen|Radura] {Innate; P. Magica; S. Corrotto; F. MALEBOLGE} Li raccoglie, uno per uno, strappandoli e recidendoli alla bell'e meglio. Riempie i palmi -o meglio, il palmo, ché nell'altro sta un gioiellino che si screziava al barlume ubriaco delle stelle, presto cancellate- e, sollevatosi infine dalla perquisizione certosina, volge nuovamente in direzione dell'apertura. Quel che ha trovato, lo sa la fortuna. Qui e lì, tra gli spiazzi ombreggiati -si fa per dire- dalle chiome, qualche virgulto è cresciuto spontaneo. Ne ha una gran scorta, Malebolge; ed è già tempo di far rientro al convegno di streghe e dannati. Uno di questi, scendendo nel dettaglio, è in quella posizione di limbo tra l'essere e il non-essere: carnefice pronto a far di Asphodel un boccone. E che Parmenide dica quel che vuole! Qui il Maestro si fa beffa, com'è dei Demoni, e scaglia eresie a destra e a manca, gorgogliando con l'eco dei marosi. Asphodel sì -lei è davvero sincera. Irriverente, ma autentica. I titoli che imbellettano il Mostro, solo li avesse sentiti, avrebbero destato in lui un orgoglio nero. Ferma il passo a buona distanza dai due. Come un voyeur impenitente. Strappa loro, per quanto gli è concesso, un piccolo strascico d'intimità. Sosta nei pressi d'un fusto ritorto, con il pubblico di bestie in platea. Banchi di nebbia corrono col ventre contro il suolo. E prima dell'orazione liturgica, v'è la litania del vento a incalzare furente. Scatta la trappola: ma il topo è furbo, questa volta. Si concede a metà. Occhieggia un Jehrome -confuso?- ma tace, il Maestro, sprofondando nel silenzio liquido. Spesso come una cortina. Avrebbe tartagliato qualche bizzarra salmodia, venerando il bacio al sapor di ferro. Ma cuce la bocca immonda. Nemmeno un verbo veicolato dal Ciondolo, per non spezzare l'incanto. Le delicatezze, Izmailj, le conosceva bene. Oriokami è solo il Vertice assistente. Sarà per questo che, mormorando, si lascia fuggire solo un sommesso: [Smancerie. Io l'avrei tramortita].
00:54Asphodel[ Fuori Dalen ] | Radura | ‘Ma tu? Tu. Tu. Tu. Rovello color Incubo. Con te passeggerei nel bosco, di notte, fra le fiere.’ […] ‘Perché se tradisci, tradisco io. E se uccidi, uccido anch’io.’ […] ‘Resta vivo, non tornare cambiato’ […] ‘Di tutte le parole che mi hai elencato anche me ne fa sorridere una’. – …cos’è, dunque quel film all’inverso? Chi sono loro e cos’è lei, qual è la sua parte in quella storia? ‘L’unico e il solo’, va dicendole, sì approfondendo il cipiglio che sosta grave, a un tratto, sulla fronte bianca. Lo ascolta senza capirlo davvero – e come potrebbe? – perduta nella sua ignoranza. ‘Se vuoi dimenticare me’ – le mani pallide si levano caute, d’istinto proverebbero a toccargli il volto sfiorandone le guance. Così da vicino – perché, appunto, si riavvicina – ne percorrerebbe i tratti con lo sguardo per finire dritta ai suoi occhi. Sembra che stia cercando chissà che cosa – il pizzicorio olfattivo delle spezie per il vino, un piede pestato, una colazione offerta – e chissà perché a un certo punto è come se vibrasse fra le sue braccia. – ‘Il tuo sposo è morto.’ – Le altre parole di Jehrome, quelle sul salto di fede, non sono che un’eco indistinta fra il chiacchiericcio che sta nella sua testa. La presenza del Maestro non è che l’ombra di uno spettro che, pur incombendo, si tiene a distanza. – ‘Vuoi sapere perché?’ – Lo guarda, rabbrividisce. – È per il vento che ho così freddo? – Gli si avvicina e proverebbe finanche ad abbracciarlo. Prima di distogliere lo sguardo – se vorrà potrà notarlo – gli occhi saranno come gonfi di una stilla che non vede la luce. [ E sia ] dice di nuovo. [ Lo voglio ], termina la preghiera. Voleva che le porgesse il collo? Ecco: lei reclina il capo. – Questo è il mio corpo, offerto in sacrificio per voi.
01:09Jehrome[Fuori Dalen|Radura] Non riesce più a curarsi degli zompettii del bafometto, ahinoi, poiché siamo al momento più critico di questo travagliato matrimonio. L'ultima promessa, che sa più di richiesta. E tu, Jehrome, sei andato a chiedere a chi nemmeno ti ha mai detto il suo nome di fidarsi di te. Forse avresti dovuto tramortirla. Eppur del famoso aplomb ch'andavamo vantando ora c'è poco più di una traccia. Ed è in qualche modo, non per merito della propria raffazzonata dialettica, chiaramente, riuscito a far breccia nei dubbi del sorcio, infine. Al punto di farle porgere il collo, chiedendolo come si conviene. L'ultimo atto, parte prima. Si avvicina, riprende a respirare, la dritta su un lato del capo, la manca stretta al fianco opposto. Mani fredde come il marmo. [E sia] fa da eco, e arriva fino a un dito nemmeno da quella giugulare viva e pulsante, ne sente l'odore, come il padre gli ha insegnato. E se fosse vero che ogni persona ha il suo, questa vena potrebbe dirsi al profumo d'erba e gazzella. Schiude le fauci, ed è un ultimo impaziente scatto dentro quelle carni a concludere la prima parte di questo ultimo atto. Affondano i denti, con un piacere della carne che è solo il condimento di una cosa altra, che alla sua stirpe è ancora concessa. Aspetta a ritrarre i denti, come se ogni singolo momento di quel morso fosse unico ed irripetibile -cosa non del tutto errata- stringe, un po', fino al ritrarsi dei canini, ed al passaggio più gustoso. Probabilmente imbottito di dolcetti dell'aquila rossa ed altrettanto dolce, forse addirittura ammorbidito dalla componente elfica, difficile a dirsi. Una passata di lingua che richiuda le ferite, ed infine si toglie, liberandola da quella presa ed abbandonando il suo collo carico di vita nuova. Un po' più caldo, un po' più rosa, un po' più vivo. Sembra quasi quello di una volta ora. Ma non può, non deve finire qui. I denti escono nuovamente, e con forza li spinge sugli angoli della bocca, che cominciano a sanguinare [...Ora tu]
Jehrome ha usato Bere il Sangue [Drakul]
Jehrome tira 20/95
01:15Izmailj[F. Dalen|Radura] {I; P. M; S. C; F. MALEBOLGE} Chi è smaliziato e s'incuriosisce di certe oscure faccende, sa bene che si termina in due modi, un Sabba come si deve: al rintocco della mezzanotte o con il canto del gallo. E poiché le fattorie son lontane e la notte s'è inoltrata di qualche tempo, ci faremo bastare il verso della civetta. Gira che ti rigira, il Drakul è un predatore fresco: ma il Bello, si sa, matura dapprima nel desiderio. Tempo al tempo: Demoni e Non-Morti conoscono solo l'asse diritto, privo di fine. [Buon pro vi faccia, Sposi scettici], spezza d'un colpo con un suono cavernoso, vibrato dalle corde vocali di Bestio. Ha presenziato, ha assistito. Certo, avrebbe lanciato sermoni e preghiere profane, inni con orrido canto, parlato con gran prosopopea e arte retorica: ché tanto qualcuno ha già definito il Maestro 'un barocco', e Malebolge vive solo di fraseggi senz'anima. Un attore brutto, bruttissimo. Ma la celebrazione, diversamente, gode di un percorso proprio: i due protagonisti sono lì, e lei, oramai -l'ha detto o l'ho solo immaginato?- si offre col corpo in sacrificio. Anche questo, si sa, è cosa da riti esoterici. Oh, è sfuggita. Il capo si reclina. Un gesto visto e consumato tra le lenzuola dell'Araldo, innumerevoli volte. Testa di Capra decide ch'è il momento di onorare: alla maniera sua. Compie dei passi, felpati, avvicinandosi loro. Izmailj avrebbe taciuto. Ma i Demoni sfondano le porte dell'insolenza: [*Vi dichiaro Marito e Moglie! Si bacino gli Sposi!*], è l'urlo disumano, gettato nel linguaggio sconcio dei Demoni. E qui si leva -adesso sì- un mantra tremendo, biascicato da labbra che scongiurano. [*Lunga vita!*], è l'augurio più roseo: e per chi non ne ha, sia lunga lo stesso! Con la mano -sinistra- scaglia in aria i fiori: sì, è tarassaco. Dente di Leone. Cos'altro? Pioggia di petali gialli; pianta infestante! Tu sia maledetta! E ora cali pure la notte, gli amanti si stringano tra loro! Malebolge ha ufficiato: se ne andrà tra le ombre.
01:34Asphodel[ Fuori Dalen ] | Radura | Non piangerebbe mai, l’asfodelo. Ed è semplice: non ne ha motivo. Si lascia dunque stringere di nuovo e… no! È lei che, fin che può, ghermisce. Si aggrappa al petto dello sposo come fosse vestita di bianco – e certo, se si fosse aspettata davvero un evento tanto grande si sarebbe meglio vestita. Ma tant’è. Pan stringe Wendy, che rabbrividisce al di lui sfiorarla. È il vento, è la tua pelle – è ciò che dentro bolle. Quando la morde – come una coltellata tu che a me entrasti nel pavido cuore; che forte come una mandria di diavoli, folle e agghindata, del mio spirito umiliato hai fatto il tuo letto e il tuo regno – stringe forte le palpebre e lascia cadere la stilla imprigionata. – Non piangerebbe mai l’asfodelo, ma il fiore più detestato di tutti… oh, quello sì. – È un singulto di dolore quello che precede la confusione che solo il più intenso piacere sa dare. Vibra la carne, trascende la mente. Un gemito osceno s’abbandona contro l’orecchio dello sposo cui s’aggrappa – e se la presa all’inizio è quasi violenta, col deliquio e l’abbandono si fa via via più debole. Ascolta il demone rivolgersi loro in un idioma che non conosce, ma lo ripeto: non è che un sogno. Quando piove su di loro il tarassaco, eccola Dandelion: socchiude le palpebre, le batte lentamente – labbra schiuse e petto affranto. È un attimo di sospensione prima della promessa: lascia scivolare ambo le braccia oltre il collo di Jehrome e lo guarda – le labbra, i suoi occhi e la bocca ancora. Così gli si avvicina. Lambisce il suo sangue con la propria lingua. Lo assaggia, le basta quello – ‘Sai spiegarmi perché ho sempre, sempre, sempre fame…’. E freme. E avida, bacia lo sposo.
01:52Jehrome[Fuori Dalen|Radura]{Materiale, innate} Eccola infine, la benedizione di Malebolge. Prima nella lingua corrente, poi in quella dei demoni, versi orrendi ed incomprensibili, che ancora a malapena rimanda alla lingua che le creature della palustre parlano tra loro. Scappa poi via, l'uomo bestia, signore di api, cimici, sorci e pidocchi, lasciando agli sposi l'atto conclusivo. Il non-Jehrome-che-sembra-più-Jehrome-del-solito non si avvede quasi della cascata di tarassaco, o della fuga del bafometto, no. Tutto preso dal suo bacio insanguinato non ha molto di che guardarsi attorno. Sarà per il giorno, sarà per la compagnia, sarà per la luna... questa notte un sorrisino sottile sottile, ma vero vero, gli resta in volto, anche se con qualche rivo di sangue -suo- a fare un po' di impiastri qui e là. Il suo fiore, suo infine. Certo ci saranno sicuramente delle disquisizioni di possesso, su chi sia di chi. Fa parte del contratto. Ma non oggi, no. tiene salda la manca sulla sposa, vestita da damerino, mica che cada, la dritta ne cerca il volto per una carezza che si possa ancora dire tale, data da una mano che sarà calda per qualche ora ancora. [Domani ti racconto tutto bene, o dopodomani, o tra un po'... non oggi ecco] mormora morbido, con due occhietti che ci si potrebbe giurare, hanno sempre brillato, ma qui ed ora brillano un pochino di più. E dovesse la foresta farsi talamo, non direbbe di no, ma quel che davvero importa è che ovunque sarà, qualsiasi cosa sia da farsi, non si allontanerà dalla sposa se non quando sarà il sole ad obbligarlo. Il sole o qualche oste, cuoco o malandrino che la reclami.