Biografia da Wikipedia (II Parte)
1998: la doppietta Giro-Tour
Durante la primavera del nuovo anno, in preparazione alla corsa rosa, il Pirata mostrò un discreto smalto, rivaleggiando con i migliori sia al Giro del Trentino, sia alla Vuelta a Murcia 1998, nella quale dominò in volata l'arrivo in salita a Collado Bermejo e colse un terzo posto in classifica generale, dietro Aleksandr Vinokurov e Alberto Elli.
Ai nastri di partenza del Giro d'Italia, il suo principale rivale era considerato Alex Zülle, passista esperto, nonché specialista delle gare a cronometro. Per evitare di attardarsi lungo le tappe di un percorso che poco esaltava le sue caratteristiche da scalatore, Pantani decise di approcciare all'attacco qualsiasi gara presentasse delle minime variazioni altimetriche, in modo da arrivare sulle Alpi con distacchi più contenuti e gestibili. Tuttavia, in assenza di pendenze rilevanti, i primi affondi si rivelarono spesso infruttuosi quando non controproducenti: è il caso della salita dell'Argentario o dell'arrivo a Lago Laceno, quando il Pirata (che aveva tentato un allungo in compagnia della maglia rosa Michele Bartoli) fu raggiunto e staccato da Zülle. In una successiva occasione, sul Passo dello Zovo, cadde ripetutamente in discesa mentre duellava per la vittoria di tappa proprio con Alex Zülle e Pavel Tonkov, senza riuscire a staccarli. In definitiva, pur movimentando molto la corsa, Pantani finì per guadagnare qualche secondo sul suo principale avversario soltanto nell'arrivo in salita dell'undicesima frazione, Macerata-San Marino (quando fu 2°, dietro ad Andrea Noè) e nell'arrivo a Piancavallo, dove vinse la tappa e raggiunse la seconda piazza in classifica generale.
«Sono l'unico a dare battaglia, [...] non possiamo portare Zülle in carrozza fino a Milano»
(Marco Pantani, il 27 maggio 1998)
Tuttavia, nella frazione a cronometro del 31 maggio attraverso la città di Trieste, Pantani, partito prima del suo rivale in maglia rosa, fu da questi raggiunto e superato, riportando al traguardo un distacco prossimo ai tre minuti e mezzo.[24] Con ormai poche occasioni a disposizione per riscrivere la classifica, il Pirata andò all'attacco sin dalla prima delle tre tappe alpine previste dal programma: il 2 giugno, in occasione della frazione di Selva di Val Gardena (che prevedeva l'ascesa della Marmolada), arrivò secondo al traguardo dopo una lunga fuga con lo scalatore Giuseppe Guerini, scalzò Zülle dalla testa della classifica e indossò la prima maglia rosa della sua carriera. All'indomani, Pantani controllò il più diretto rivale, Pavel Tonkov, nella tappa vinta da quest'ultimo allo sprint sotto il traguardo dell'Alpe di Pampeago. Decisiva si sarebbe rivelata la frazione di Plan di Montecampione, il 4 giugno: nell'occasione Pantani, con Zülle ormai alla deriva (quel giorno lo svizzero perse più di mezz'ora), attaccò ripetutamente Tonkov. Il russo, che gli era rimasto a ruota nonostante i suoi continui scatti, finì per staccarsi a due chilometri dall'arrivo, accusando al traguardo un passivo di circa un minuto. Con un'ottima prova nella cronometro finale Mendrisio-Lugano (nella quale colse il 3º posto), Pantani mantenne la maglia rosa e concluse il suo primo vittorioso Giro d'Italia, portando a casa anche la maglia verde, simbolo del primato nella classifica degli scalatori (nell'occasione, superò José Jaime González).
Deciso inizialmente a non partecipare al Tour de France e godersi il successo del Giro, Pantani cambiò idea a due settimane dall'inizio della corsa, quando venne a mancare Luciano Pezzi, suo mentore e direttore sportivo alla Mercatone Uno.
Il corridore romagnolo, però, aveva interrotto totalmente gli allenamenti. Fu così che nelle prime sette tappe della Grand Boucle accumulò un ritardo di quasi 5' dalla maglia gialla Jan Ullrich, che aveva invece preparato il Tour in modo più sistematico[29]. Con il passare dei giorni, però, Pantani recuperò la miglior condizione e, cogliendo il secondo posto nella tappa Pau-Luchon e la vittoria a Plateau de Beille, dimezzò il suo svantaggio. Con la quindicesima tappa, che andava da Grenoble a Les Deux Alpes, avvenne la svolta: Pantani andò all'attacco da lontano sul Col du Galibier, a circa 50 km dal traguardo, nonostante le difficili condizioni atmosferiche di pioggia e freddo gelido. Il Pirata arrivò al traguardo finale in solitaria, mentre Ullrich andò in crisi, pagando quasi nove minuti di svantaggio all'arrivo. Quel giorno, Pantani non solo vinse la tappa, ma conquistò anche la prima maglia gialla della carriera. Ullrich tentò di recuperare terreno sia nella tappa di Albertville, sia nella cronometro di Le Creusot, ma Pantani riuscì a portare la maglia gialla fino alla fine, a dispetto dei numerosi scioperi di ciclisti nati in reazione all'affaire Festina (lo scandalo doping che sconvolse quell'edizione della corsa e che rischiò di bloccarla prima dell'arrivo a Parigi).
Con la conquista dell'edizione numero 85 della Grande Boucle, Pantani regalò all'Italia un trionfo al Tour che mancava da 33 anni: ultima vittoria era stata quella del 1965 di Felice Gimondi. In seguito ad ulteriori analisi antidoping, effettuate nel 2004 e disposte da una commissione parlamentare del senato francese, emerse la positività all'EPO ricombinante dei campioni prelevati nelle tappe del 21, 22, 27 e 28 luglio, date che coincidono, tra l'altro, con le due vittorie di tappa conseguite in quell'edizione. Per 16 anni sarebbe rimasto l'ultimo italiano ad aver vinto il Tour, fino al 2014, quando Vincenzo Nibali si aggiudicò la vittoria nella classifica generale.
1999: La sospensione per ematocrito alto
Ai principi della stagione 1999, Pantani, replicò il successo dell'anno prima sul Collado Bermejo alla Vuelta a Murcia, aggiudicandosi stavolta anche la classifica finale; in generale, il Pirata si dimostrò pimpante per tutta la primavera, compreso nella Milano-Sanremo, quando attaccò gli avversari e provò a vincere, pur su di un percorso poco adatto alle sue caratteristiche da scalatore.
Pantani confermò le buone sensazioni anche nel successivo Giro d'Italia, obiettivo primario della sua stagione: diversamente dall'anno precedente, già sugli Appennini dimostrò notevole brillantezza, giungendo quarto al traguardo del Monte Sirino e vincendo per distacco la frazione con arrivo al Gran Sasso d'Italia, nella quale conquistò la maglia rosa. In quest'occasione, partito ai 2km dall'arrivo in condizioni di freddo e neve, Ivan Gotti fu l'unico a tentare di resistere ai suoi attacchi, finendo comunque staccato. Tuttavia, nella successiva frazione a cronometro attraverso la città di Ancona, per soli 2 centesimi di secondo, il Pirata cedette la maglia rosa al campione francese Laurent Jalabert, vincitore di tappa. Pantani tornò a vestire di rosa il 29 maggio, in occasione della tappa con ascesa del Colle Fauniera; pur rimanendo staccato in discesa dallo specialista Paolo Savoldelli (che lo avvicinò notevolmente in classifica generale), regolò Gotti nello sprint per il secondo posto e si aggiudicò la maglia più importante. Nella successiva tappa con arrivo al Santuario di Oropa, gli avversari approfittarono di un salto di catena occorsogli ai piedi della salita per attaccarne il primato; il Pirata, scoraggiato e innervosito dall'incidente, fu scortato dal treno della Mercatone Uno che lo aiutò a rientrare sulla retroguardia del gruppo, dopodiché, risollevatosi nel morale, riuscì a recuperare uno per uno tutti gli avversari, arrivando in solitaria al traguardo di Oropa. Qui, peraltro, non esultò, credendo erroneamente di non aver ripreso tutti gli avversari e, perciò, di non esser transitato per primo. Nella tappe che precedevano il gran finale, il Pirata controllò soprattutto i suoi avversari più agguerriti, quali Jalabert e Savoldelli: giunse secondo allo sprint dietro il francese nella frazione Biella-Lumezzane e limitò i danni nella cronometro di Treviso. Arrivò, così, al massimo della forma a giocarsi la vittoria finale nel trittico di tappe dolomitiche. Vinse la prima all'Alpe di Pampeago, mettendo circa 3' tra sé e il diretto inseguitore Savoldelli. Nella tappa seguente, nonostante i piani di squadra fossero conservativi, gli scatti tentati da Jalabert e Gilberto Simoni lo indussero a sferrare un contrattacco, rivelatosi decisivo per le sorti della gara: Pantani transitò primo sul traguardo di Madonna di Campiglio con oltre un minuto di vantaggio su tutti i suoi principali inseguitori. Alla vigilia dell'ultima tappa, sembrava che nessuno ormai potesse sfilargli la vittoria finale: il Pirata era, infatti, primo in classifica con 5'38" sul secondo, Savoldelli, e 6'12" su Gotti). Inoltre, la tappa successiva (ultima realmente in grado di smuovere la classifica) presentava caratteristiche altimetriche a lui congeniali: partenza da Madonna di Campiglio e arrivo all'Aprica con scalata del Mortirolo - già teatro di una delle sue prime vittorie -, per un totale di oltre 50 km di strada in salita.
Le cose cambiarono per Pantani proprio il 5 giugno a Madonna di Campiglio quando, alle ore 10:10 locali, furono resi pubblici i risultati dei controlli svolti dai medici dell'UCI in quella stessa mattinata sugli atleti di classifica. Tali test riscontravano nel sangue di Pantani una concentrazione di globuli rossi superiore al consentito: il valore di ematocrito rilevato al romagnolo era infatti del 51,8%, di poco superiore al margine di tolleranza dell'1% sul limite massimo consentito dai regolamenti, 50%. Nell'occasione, Pantani, pur non risultando positivo a un controllo antidoping, fu comunque legittimamente escluso dalla corsa a scopo precauzionale, in base ai regolamenti sportivi da poco tempo introdotti a tutela della salute dei corridori. La sospensione di 15 giorni causò l'esclusione immediata dalla "Corsa rosa". A questa notizia, la squadra del Pirata si ritirò in blocco dal Giro. Paolo Savoldelli, nonostante fosse subentrato al primo posto in classifica, rifiutò di indossare la maglia rosa alla partenza della tappa del Mortirolo, rischiando una squalifica. La tappa fu poi vinta dallo spagnolo Roberto Heras, mentre la maglia passò a Ivan Gotti, che la portò fino a Milano. Secondo Andrea Agostini, all'epoca portavoce della Mercatone Uno, Pantani effettuò due controlli: il venerdì sera e il sabato pomeriggio, quest'ultimo presso un centro medico specializzato di Imola. Entrambi evidenziarono un valore di ematocrito del 48%, quindi nettamente entro i limiti stabiliti.
Collegamenti successivi del Pirata con le pratiche di doping risultarono invece da altre dichiarazioni. In particolare, Jesús Manzano, reo confesso, citò Pantani in un contesto in cui si segnalavano diverse pratiche scorrette di vari ciclisti di alto livello degli anni Novanta, nonché di organizzatori, tecnici e sponsor. Successivamente, sarebbero emerse anche le dichiarazioni della danese Christina Jonsson, fidanzata con Pantani per sette anni, che in un'intervista al periodico svizzero L'Hebdò riferì come il ciclista cesenaticense facesse uso regolare di sostanze dopanti. L'utilizzo di doping sarà in seguito accertato, anni dopo la morte di Pantani, dai risultati delle analisi antidoping disposte da una commissione del senato francese su campioni di sangue relativi al Tour 1998, in cui fu rilevata la presenza di EPO. Il fatto che Pantani facesse uso di doping, come peraltro molti all'epoca, non sarebbe mai stata accettata come tesi dalla famiglia del ciclista, che arrivò a minacciare querele per chiunque avesse associato il Pirata ad esso.
D'altro canto, furono anche alimentati dei dubbi su di un'eventuale congiura ai danni di Marco Pantani. In una lettera di Renato Vallanzasca del giorno 8 novembre 2007, indirizzata a Tonina, madre del ciclista, il famoso boss della mala milanese sostienne che un suo amico, habitué delle scommesse clandestine, lo avesse avvicinato cinque giorni prima dei fatti di Madonna di Campiglio, consigliandogli di scommettere sulla sconfitta di Pantani per la classifica finale, assicurandogli che «il Giro non lo vincerà sicuramente lui».
A detta di molti, la carriera ad alti livelli di Pantani si concluse con tale episodio. Dopo aver spaccato per l'ira un vetro nell'albergo,accerchiato dai giornalisti e accompagnato dai Carabinieri mentre stava per lasciare la corsa, pronunciò una frase profetica:
«Mi sono rialzato, dopo tanti infortuni, e sono tornato a correre. Questa volta, però, abbiamo toccato il fondo. Rialzarsi sarà per me molto difficile.»
(Marco Pantani)
Pantani rinunciò a partecipare al successivo Tour de France, anche se la sospensione di quindici giorni comminatagli glielo avrebbe consentito; nel periodo successivo ai fatti di Madonna di Campiglio, braccato dai media e in preda a una forte depressione, rimase a lungo chiuso in casa, allontanandosi dal ciclismo e cadendo nella spirale della cocaina.
2000: il secondo ritorno
Pantani tornò a correre soltanto nel 2000, palesando fin dal ritiro alle Isole Canarie precarie condizioni di forma e notevoli difficoltà psicologiche. I diversi forfait nelle principali gare di avvicinamento al Giro d'Italia fecero sì che la sua preparazione per il Giro fosse sempre più frammentata, fino a diventare inesistente. Nel marzo del 2000, con una lettera aperta, annunciò di volersi allontanare a tempo indeterminato dalle cors.
Riuscì in un primo momento a superare il problema della dipendenza da cocaina ma, in vista della Corsa Rosa, la preparazione fisica non era adatta a una competizione così dura. Ormai nella Mercatone Uno si pensava a un Giro senza Pantani. I nove posti destinati al team romagnolo per la Corsa Rosa erano così destinati: l'emergente Stefano Garzelli promosso con i gradi di capitano e, dietro di lui, una batteria di gregari composta da Daniele De Paoli, Marco Velo, Enrico Zaina, Ermanno Brignoli, Simone Borgheresi, Riccardo Forconi, Fabiano Fontanelli e Massimo Podenzana. A pochi giorni dal via, quest'ultimo fu escluso per far posto a Pantani.
La prova del Pirata non fu all'altezza delle precedenti edizioni, e ciò per via di una forma non ottimale, che comportava grande difficoltà del romagnolo nel reggere il passo dei migliori. Pantani tornò ai suoi livelli nella sola tappa Saluzzo-Briançon, che prevedeva l'ascesa al Col du Izoard, montagna del Tour de France prestata per esigenze organizzative al Giro d'Italia: rimasto inizialmente staccato, rientrò sui migliori e lavorò da gregario per il suo capitano, rispondendo agli attacchi di Francesco Casagrande e, soprattutto, Gilberto Simoni, così da fiaccarne la resistenza. Una volta scortato il futuro leader della corsa Garzelli al Gran Premio della Montagna, si gettò a capofitto nella discesa di Briançon, cogliendo un secondo posto di tappa importante per il morale.
Pur non ancora al top della forma, Pantani affrontò il Tour de France del 2000 con entusiasmo, stimolato dal possibile scontro in salita con Lance Armstrong (già primo nel 1999 e futuro vincitore incontrastato delle seguenti edizioni - vittorie tutte poi revocategli per doping). Il Pirata provò ad attaccare già nella prima frazione pirenaica, con arrivo a Lourdes-Hautacam: partito in progressione, sul successivo contrattacco del rivale texano, riuscì a tenerne il passo solo per breve tempo, andando in crisi a circa 10km dal traguardo e pagando 5' da Armstrong all'arrivo. Tre giorni più tardi, il 13 luglio, nella tappa del Mont Ventoux, Pantani faticò nuovamente a tenere il passo dei migliori nelle fasi iniziali della salita, rimanendo staccato; recuperati i battistrada (similmente a come fatto al Giro sull'ascesa dell'Izoard), scattò a ripetizione nella salita del "Monte calvo", lasciando sul posto gli avversari. Il solo Armstrong, in maglia gialla, lo riprese a 5km dall'arrivo e provò a staccarlo, ma Pantani resisté al forcing del campione in carica, arrivò in vetta appaiato a lui e tagliò per primo il traguardo. A margine di una successiva intervista, Armstrong dichiarò apertamente di aver fatto un errore nel regalare la vittoria al Pirata; ciò accesse ulteriormente la rivalità tra i due, che continuarono a darsi battaglia sulle Alpi. Due giorni più tardi, sull'Izoard si ripropose il duello del Ventoux: Pantani e Armstrong provarono a staccarsi l'uno conl'altro, ma fu il primo, con uno scatto nel finale, a superare di qualche secondo il rivale, cogliendo un terzo posto di tappa. Galvanizzato da una classifica notevolmente migliorata, Pantani si ripeté ancora all'indomani, nella tappa con arrivo a Courchevel: ai suoi primi attacchi, risposero Virenque (staccatosi dopo alcuni km), Armstrong e, successivamente, anche Heras e Javier Otxoa. Pantani, allora, piazzò lo scatto decisivo a 5 km dal traguardo, facendo il vuoto. Raggiunse e superò nettamente anche José María Jiménez, in fuga dalla mattina, vincendo la tappa in solitaria con 51" di vantaggio su Armstrong; questa vittoria, a posteriori, gli avrebbe permesso di entrare nel novero dei pochissimi corridori in grado di staccare il ciclista texano durante il suo periodo d'oro al Tour de France. Sesto in classifica generale, ma con ancora nove minuti da recuperare sulla maglia gialla, all'indomani Pantani cercò un complicato assalto alla maglia gialla nell'ultima tappa di montagna, con arrivo a Morzine e l'ascesa di cinque alture. Benché fosse stato coinvolto in una caduta dopo appena 4km, Pantani partì a più di 130km dal traguardo; Ullrich e Virenque provarono invano a stargli dietro, ma il Pirata riuscì ad andar via e accumulare poco meno di 2' di vantaggio sul gruppo della maglia gialla. A causa di un'eccessiva improvvisazione dell'azione e della scarsa collaborazione dei suoi colleghi di fuga (in particolare, di Pascal Hervé, gregario di Virenque), il romagnolo fu ripreso ai piedi dell'ultima salita dal plotone. L'enorme sforzo profuso da Pantani (che, per non perdere secondi, si era anche mal alimentato), gli provocò una forte crisi, con annessa dissenteria, che lo portò al ritiro, non prima di esser transitato a 13'44" dal vincitore di tappa, Richard Virenque. Ci fu chi sostenne che Pantani decise di ritirarsi per evitare il controllo anti-doping del giorno successivo. Peraltro, anche molti altri uomini di classifica, tra cui lo stesso Lance Armstrong, andarono in crisi in quella tappa per l'eccesso di foga e gli enormi sforzi fisici e nervosi profusi nel ricucire il distacco tra il gruppo e Pantani in fuga.
«Ho provato a far saltare il Tour, sono saltato io»
(Marco Pantani, 18 luglio 2000)
Il Tour di quell'anno fu l'ultimo che vide ai nastri di partenza Marco Pantani, la cui squadra nelle successive edizioni non fu più invitata dal patron della kermesse, Jean-Marie Leblanc: a suo dire, il Pirata non avrebbe offerto sufficienti garanzie di competitività[61].
Nel 2000, Pantani ottenne ancora altre due vittorie nei Criterium, fra cui l'Acht van Chaam. Non riuscì, invece, a incidere nella gara su stada delle Olimpiadi 2000, dalla quale si ritirò.
2001-2003: la depressione
Ormai sempre più prostrato nel morale, fu coinvolto in varie querelle giudiziarie, tra cui un processo per concorso in frode sportiva intentato nei suoi confronti per fatti risalenti alla Milano-Torino del 1995 (la gara nella quale si era gravemente infortunato, rimanendo fermo un anno)[62]. Sotto i peggiori auspici, partecipò al Giro d'Italia 2001, durante il quale faticò e si ritirò prima della 19ª tappa. Separatosi anche dal suo storico direttore sportivo Giuseppe Martinelli, nel 2002 collezionò un'altra annata incolore, caratterizzata dalla coda del processo, nel quale fu assolto per la non sussistenza del reato all'epoca dei fatti, ma con la conferma dell'uso di sostanze dopanti e uno stop impostogli dagli organi federali per alcuni mesi.
Nel 2003, con una squadra rinnovata negli interpreti e arricchita dai ritorni del suo gregario storico Roberto Conti e del direttore sportivo Davide Boifava, Pantani tornò a preparare con entusiasmo la stagione agonistica, mettendo nel mirino il Giro e il Tour. Al Giro d'Italia, confermò un buono stato di forma psico-fisica e si distinse sul Monte Zoncolan, dove fu l'unico a reagire all'attacco sferrato da Gilberto Simoni. Il Pirata andò all'inseguimento del futuro vincitore del Giro, prima di crollare negli ultimi cento metri, finendo raggiunto da Garzelli, Casagrande e Jaroslav Popovyč. Fu comunque quinto, a 43" da Simoni. Rilanciatosi in classifica generale (dove si era issato fino al 10º posto in graduatoria), provò ad attaccare nuovamente la maglia gialla, ma dovette rinunciare alle sue ambizioni a causa di una sfortunata caduta in discesa nella tappa di Chianale, causata da una scivolata di Stefano Garzelli, ciclista che lo precedeva. Il 30 maggio, a 3km dalla conclusione della tappa di Cascata del Toce, piazzò l'ultimo scatto in salita della sua carriera; finì però 8º al traguardo, dopo esser stato ripreso da Simoni. Pur non riuscendo a vincere alcuna tappa, la sua lotta testa a testa con i migliori alimentò un certo ottimismo e gli permise di terminare il Giro al 14º posto in classifica generale (diventato 13° dopo la squalifica di Raimondas Rumšas), miglior risultato personale in una corsa a tappe dalla Vuelta a Murcia del 1999.
In un'ultima intervista televisiva al termine del Giro d'Italia, diede quasi per certa la sua partecipazione al Tour de France con un'altra formazione, in modo da aggirare l'esclusione della Mercatone Uno dalla Grand Boucle; tuttavia, l'accordo con il Team Bianchi di Jan Ullrich saltò e Pantani rimase fuori dal Tour per il terzo anno consecutivo. In seguito, rinunciò al prosieguo della stagione, non prendendo parte alla Vuelta di Spagna, alla quale era atteso all'esordio.
Il 21 giugno 2003, Pantani entrò nella clinica "Parco dei Tigli" di Teolo in Veneto, specializzata nella cura della depressione e della dipendenza da alcol, uscendone ai primi di luglio per continuare le cure con i medici personali.
La morte
Nel febbraio 2004, mentre i genitori partirono per una vacanza in Grecia, il Pirata affermò di voler andare in vacanza in montagna passando da Milano. Secondo la testimonianza della madre fece le valigie portando tre giubbotti, di cui uno da sci, che però avrebbe lasciato in albergo a Milano, quando, cambiata idea, decise di andare a Rimini. Secondo quanto dichiarato da un tassista, il bagaglio di Pantani era solamente una piccola busta di plastica contenente medicinali. Tuttavia, nonostante ciò, i tre giubbotti furono trovati nella stanza del residence dove il ciclista alloggiava (non è appurato chi li portò, visto che si era diretto da solo).
Arrivò a Rimini il 10 febbraio, prendendo alloggio inizialmente per una notte, poi per quattro. La sera del 14 febbraio 2004 venne trovato morto nella stanza D5 del residence "Le Rose" di Rimini (edificio non più esistente in quanto demolito e sostituito da un hotel che porta lo stesso nome). L'autopsia rivelò che la morte era stata causata, fra le 11:30 e le 12:30, da un edema polmonare e cerebrale, conseguente a un'overdose di cocaina[69] e, secondo una perizia effettuata in seguito, anche da psicofarmaci.
La morte di Pantani lasciò sgomenti tutti gli appassionati delle due ruote, per la perdita di un grande corridore, uno degli sportivi italiani più popolari del dopoguerra, protagonista di tante imprese. Le sue spoglie sono sepolte nel cimitero di Cesenatico (FC), in un'edicola decorata da una vetrata artistica riproducente un particolare del Compianto su Cristo morto di Alessandro Tiarini.