cripaf, 26/01/2020 09.31:
Ah Ros, commentare è difficilissimo. E’ un lavoro scomparso, non solo dalle mie parti ma da quella della maggior parte dei lettori. Tra scrivere e commentare non c’è accordo e la cosa è lasciata agli specialisti.
E chi sarebbero, Franco, questi specialisti?
Coloro che si riempiono la bocca di paroloni incomprensibili e che fanno, come si diceva una volta, il prete: lui se la canta e lui se la suona?
Vogliamo ammettere che tanta poesia super-ermetica e "di nicchia" (come stai facendo anche tu), non facilita i commenti?
cripaf, 26/01/2020 09.31:
Bene e male del mondo poetico che vive in una specie di apnea permanente nel mondo attuale, pensando che rifugiarsi in poche righe di bellezza sia un ottimo rimedio ai mali della vita, una specie di vita anfibia tra voglia di cambiare il mondo con l’arma della denuncia senza alcun effetto o quant’altro e voglia di piangersi addosso da cui emergono versi sulle più disparate angosce quotidiane. Ma qual è la filosofia? Quale l’interrogativo cosciente che sta dietro a ciò che si scrive e si pretende che interessi agli altri? quale la poesia capace di stare di fronte ai tempi delle tecnologie senza freno e senza orizzonte?
Questo è il mio problema.
Se NON è la BELLEZZA il rimedio ai mali della vita, se non lo è neanche la DENUNCIA (senza alcun effetto, dici tu, ma chi può dire chi e quanto sensibilizzi o meno il lettore?) che cosa lo è, allora?
La semplice fotografia del disfacimento? Fredda e cruda, messa sotto gli occhi degli altri all'infinito?
E anche questo a che serve, ti chiedo, visto che questi stessi altri, come pensi siano sordi, io penso siano ciechi?
E a mia volta mi chiedo, nei tempi delle tecnologie (che diventano da un giorno all'altro obsolete), qual è, appunto, la risposta filosofica se non ingloba anche quella poetica?
Ma ci può essere una poesia predefinita che interessi a tutti allo stesso modo?
Dobbiamo forse pensare a un lettore standard, con tutta la pretesa che sia da un lato avanzato, facente parte del cosiddetto progresso tecnologico, e dall'altro che ne sia schifato, e che si ritiri quindi in una sorta di nichilismo storico ed esistenziale?
cripaf, 26/01/2020 09.31:
Le mie armi fanno a meno di un io che si racconta in prima persona. Perché aggiungere quello mio ad un’infinità di mani che dalla mattina alla sera vengono agitate e gridano il proprio nome e con esso la propria esperienza? Davvero si può pensare che interessi a qualcuno la vicenda del proprio ego?
No, Franco, non ci siamo. Se fosse bastato un mondo senza soggetti, allora non sarebbe stato creato l'uomo. Un io, un tu, mille io che sono un noi, mille tu che sono un voi, e mille sconosciuti che sono essi.
Di che cosa parliamo altrimenti? Quale è la realtà oggettiva, e come percepirla, se non ci fossero uno, due, dieci, milleiardi di soggetti?
A me invece interessa confrontare in quale modo, comune o singolare, percepisce, ognuno, la realtà ovvero i fatti che gli stanno di fronte, cosa prova X o Y di fronte a un tramonto o all'erosione delle coste, a una spiaggia che scompare o a un fiore che nasce nell'intercapedine di un muro; mi interessa salvaguardare la bellezza, e anche se è impossibile (ma veramente è impossibile?) salvaguardarla fuori, riuscire a salvaguardarla dentro, il che per me è sia un dovere che un piacere, quindi come potrei pensare a una poesia esente dal soggetto?
Ti risponderebbe molto meglio di me, sulla questione dell'io, VIRGINIA FARINA, (vincitrice del concorso su Versante Ripido), che alla domanda postale da Pina Piccolo: "...A questo punto, il tono, anche quando evoca operazioni un po’ cruente come possono essere l’innesto, il parto, l’invecchiamento, possiede una certa pacatezza, quasi l’osservazione scientifica di fatti materiali. Poi scatta l’osservazione che il seme sei tu e ti spetta il peso del futuro, il compito di andare all’altra riva. (presagio del titolo della parte conclusiva dell’opera che si intitola infatti “L’Altra riva”).
È vero che a questo punto, con il peso della responsabilità personale assistiamo anche a uno spostamento di tono che diventa quasi più epico, l’io assume una preponderanza maggiore rispetto al distacco dell’osservazione? Nel contesto di certe poetiche contemporanee che predicano l’annullamento della soggettività del poeta, come vedi questo tuo lato epico legato alla responsabilità umana?"
La risposta di Virginia Farina corrisponde esattamente al mio pensiero e al mio modo di fare e intendere la poesia:
V.F.:
"Questo passaggio della raccolta è stato per me un passaggio naturale, di cui solo dopo mi sono interrogata. La mia sensibilità verso il tema della migrazione nasce dal mio essere a mia volta nata dall’altra parte del mare e dal sentire la mia esistenza radicata su due rive. E sebbene queste due rive appartengano a una stessa nazione hanno storie, culture differenti che non possono non incontrarsi e scontrarsi in me. Credo, quindi, che sia la mia condizione di migrante, la mia condizione di fragilità e al tempo stesso di forza a permettermi di riconoscermi nell’altro, a farmi domandare della sua storia, a volte così smisurata.
E posso scriverne perché mi riguarda, perché in qualche modo posso arrivare a riconoscere la mia prossimità con l’altro, il nostro essere implicati insieme in una storia che ci coinvolge tutti.
Non credo nell’annullamento della soggettività, nel suo rinnegamento. Non posso essere cosciente della realtà, dell’altro, se non sono cosciente di me, del mio corpo, della mia posizione. Molte vie ci hanno mostrato l’impossibilità di una visione definitivamente oggettiva, dalla fisica quantistica al pensiero femminista che ha fatto della soggettività corpo politico. Sono convinta che sia l’attraversamento della soggettività a permetterci di far fiorire davvero la nostra coscienza fino ad arrivare a qualcosa di più profondo del nostro senso di noi stessi, perché è la comprensione del nostro limite, del nostro stesso funzionamento, a mostrarci, in modo lampante, che non è possibile alcun io senza un tu. Neppure in poesia."
(tratto da:
www.versanteripido.it/26766-2/ )
Altro che negare l'io. Altrimenti che siamo, dei pezzi di legno?
Dimmi cosa mangi, come dormi, come respiri, cosa sogni, da dove pensi siamo venuti, dove immagini andremo a finire, se pensi che dopo non vi sia più nulla, se invece credi in un mondo ultraterreno, e in che modo dovremo dar conto del nostro vissuto; dimmi se la realtà contingente non sia proprio il prodotto dell'annullamento del soggetto e della soggettività in un prodotto di massa che ci vuole ciechi e sordi, incapaci di esprimere le emozioni, freddi e meccanici, indifferenti al senso del dovere, oppure se non valga tutto il contrario?
Poi nulla vieta che si possa parlare anche della meccanica, della tecnica, di quel "magma fatto di cronaca"; non solo si può, ma anche si deve puntare l'obiettivo anche sui fatti di cronaca, non ho mai detto che l'interesse deve rimanere intorno al proprio ombelico o finire alla punta del proprio naso, tuttavia quanta poesia sui clochard è scorsa nel frattempo?
E dei cari politici, che senza prima risolvere in alcun modo le nostre povertà, aumentano la guerra tra i poveri favorendo INDISCRIMINATAMENTE i flussi migratori per falso buonismo e per specularci sopra, non dobbiamo forse scrivere?
Tu ti rifai a Marx, a me invece basterebbe capire e sapere cosa vuole veramente Salvini, o come intenda risolvere i problemi reali il PD che ha preso il suo posto; e mentre i flussi migratori continuano anzi tornano ad aumentare, una nuova priorità ci terrorizza: cosa ne sarà di noi con il Coronavirus?
Porti aperti o chiusi non è solo un'ideologia, ma una necessità di contrapposte problematicità...
Resta il fatto che l'umanità in ogni epoca ha dovuto cercare di risolvere problemi e di uscirne viva da guerre, povertà e malattie; e durante i secoli la poesia è arrivata fino a noi.
Bisogna averne rispetto, altro che considerarla roba vecchia da buttare alla spazzatura con la presunzione di inventare qualcosa di meglio e di nuovo che invece già domani si rivela scaduto.
Ciao, un abbraccio.
[Modificato da Versolibero 12/02/2020 11:43]
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"Le parole sono 'contenitori' troppo angusti per le mie emozioni e quando, leggendo, le sento 'soffrire'
o mi segnalano delle 'sofferenze' corro a liberarle senza pensarci due volte per provarne di più adatti".
(citazione di EEFF)