00 01/12/2019 03:38
Coppia: Alice Prewett-Paciock/Sirius Black.
Prompt: “Se avesse potuto, avrebbe scelto di dimenticare. Lui, il suo marciume, le rovine che aveva lasciato. Se avesse potuto, avrebbe raso al suolo ogni cosa.”


Follia nera


Alice era sempre stata una ragazza timida e dolce, ma non si era mai considerata ingenua. Eppure, era caduta nella sua rete proprio come tutte le altre. Sirius le aveva detto qualche parola dolce, lanciato qualche sguardo ammaliatore e poi, dopo essersi stancato, l'aveva abbandonata ed era passato oltre.
Lei era rimasta lì ferma ad aspettarlo. Lui aveva cercato altro, altrove.
Se avesse potuto, avrebbe scelto di dimenticare. Lui, il suo marciume, le rovine che aveva lasciato. Se avesse potuto, avrebbe raso al suolo ogni cosa.
Invece era stato lui a dimenticare lei, mentre i ricordi la stavano facendo impazzire sempre di più, giorno dopo giorno.
E, a distanza di anni, sentiva ancora il nero macchiare la sua pelle chiara e vedeva ancora quelle dita affusolate perdersi nei suoi capelli.
Li aveva tagliati, ma non era servito a nulla.
Non avrebbe potuto distruggere altro, a parte i capelli, così alla fine aveva provato a costruire.
In un altro posto, con un uomo diverso.
Frank era buono e amorevole. E soprattutto, non era l'Uomo Nero.
Per un po' di tempo aveva accarezzato l'illusione di poter guarire da quell'ossessione. Aveva imparato a essere orgogliosa di potersi chiamare Paciock, ed era perfino riuscita a scambiare qualche parola con Sirius durante le riunioni dell'Ordine senza mostrare il marciume che lui le aveva lasciato dentro.
Aveva voluto così disperatamente dimenticare che alla fine era stata accontentata.
Non con il matrimonio, né con la nascita del figlio.
L'oblio venne nella forma di una donna dalla risata demoniaca, che aveva il suono di mille cruciatus.
Una notte del novembre 1981 Alice aveva finalmente dimenticato Sirius. Aveva dimenticato tutto. Era diventata pazza e l'avevano rinchiusa al San Mungo.
Ma il merito non era stato tutto di Bellatrix Lestrange.
Alice aveva iniziato ad impazzire molto prima, tra i corridoi di Hogwarts durante il suo sesto anno.
Era stato Sirius a toglierle la ragione.
Sua cugina aveva solo completato il lavoro.


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Coppia: Hermione Granger/Sirius Black.
Prompt: “Non puoi salvare chi non vuole essere salvato.”


Come brandelli di buio


Rotto, rotto, rotto – è ciò che le sale alle labbra quando l’oscurità di Grimmauld Place si dispiega e Sirius è solo un’ombra tra le altre. È un pensiero vecchio di anni, vergato su carta straccia di giornale, maturato nella Foresta Proibita – nessuno entra ad Azkaban ed esce senza pagarne il prezzo.
Hermione s’affretta dietro Ronald, il respiro che le si recide mentre Sirius sogghigna «Benvenuti nella mia umile dimora».

*


Grimmauld Place è un castello in rovina che non riesce a scacciare i fantasmi del passato. Hermione si guarda attorno tra membri dell’Ordine ed elfi impagliati e le sembra di precipitare in un incubo dove tutto urla di essere fuori posto.
A volte, quando vede Sirius vomitare rancore s’un ritratto e trucidare ogni cosa con lo sguardo, pensa che quella casa sia destinata a diventare una tomba.

*


Sirius cammina con i lividi addosso. Se ne avvede per la prima volta in pieno inverno, mentre il baluginio delle fiamme danza sull’orlo del suo bicchiere: Hermione solleva lo sguardo su Sirius, languido davanti al camino, e il mondo trema quando intravede quelle ombre sui suoi polsi.
Beffardo, lui sorride incrociando i suoi occhi, solleva il calice di vino verso di lei – è solo suggestione.

«Non dovresti rifugiarti così spesso nel passato».
«Sei troppo saggia per essere una ragazzina».

*


Conta i passi che la conducono da lui mentre la notte s’adagia sul silenzio; lo scorge dove sapeva si sarebbe trovato – ai piedi di un arazzo che meriterebbe di bruciare.
«Il retaggio di secoli di sangue puro, la mia famiglia» sputa Sirius.
Hermione sente le ginocchia cedere mentre s’incanta davanti alle sue dita esangui che tracciano gli sfilacciati contorni di esistenze estirpate, mentre vede i lividi di buio che baciano leggeri il tessuto – pare già uno spettro, e nessuno se n’è accorto.
«Nessuno si salva da solo» sussurra piano, tendendogli una mano.
Lui ride senza allegria, gettando la testa all’indietro, come sospeso s’un fiume nutrito di rimpianti. «Credi di dovermi salvare?».

*


La tocca prima del ritorno a Hogwarts, quando le macchie bluastre che gli s’allungano sui polsi come catene sottopelle restano sospese nel buio. Hermione sfiora la bellezza appassita, il petto ossuto e gli occhi di brace, e ha l’impressione che la sua carne sia fredda, che quei lividi si diramino fino al cuore – troppo a fondo, troppo in là.
Sirius le morde le labbra e Hermione capisce: è rotto, rotto dal passato, e quel crepuscolo che gli fiorisce dentro segna il confine di ciò che le è concesso, di ciò che può salvare prima che il vuoto reclami ogni cosa.
Soffoca in gola e sulla sua lingua, Hermione, la consapevolezza di quella che è la sorte delle cose rotte, andate, perdute; resta al sicuro, pensa singhiozzando, forse lo dice, e la risata di Sirius risuona come il canto del cigno. Resta al sicuro.

*


Lo vedrà scomparire dietro un velo nero, come le cose perdute – e non ci sarà neppure un brandello di carne che riuscirà a salvare.


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Coppia: Daphne Greengrass/Draco Malfoy.
Prompt: “Di lei aveva odiato come lo faceva sentire: amato sopra ogni cosa.”


Breve storia infelice


«A marzo sposerò tua sorella.»
«Prima o poi odierai anche lei. Perché non è me.»


***


Portarsi a letto la Greengrass – una stupida scommessa tra lui e Blaise – era stata l’idea peggiore che avesse mai avuto. Assicuratosi la vittoria con relativa facilità, si era ritrovato in una trappola non congeniata e per questo mortalmente pericolosa.
Daphne, altera e riservata, che durante la guerra aveva placidamente osservato i suoi compagni senza mai preoccuparsene troppo, gli era franata addosso, schiacciandolo sotto sentimenti e attenzioni per lui così inaspettati da lasciarlo sconvolto e bisognoso di tutto l’amore che potesse dargli.
Era una carezza che gli corrodeva la pelle e gli sfregiava l’anima, era un bacio affamato che lo lasciava ad annaspare, era uno sguardo languido che gli percorreva il viso e lo faceva sentire debole, vulnerabile – nudo. E lei continuava a dargli tutto quello aveva, incessantemente, senza chiedere nulla – senza ricevere nulla.
Odiare Daphne però gli era molto più facile che amarla: la sensazione di impotenza che lo assaliva mentre la cercava gli faceva bollire il sangue, l’umiliazione profonda che derivava dalla scoperta di aver bisogno di qualcuno che lo amasse in quel modo gli faceva desiderare di sparire – e Daphne non aveva bisogno di lui allo stesso modo e questo lo uccideva.

***

«Potresti amarmi di meno.»
«Questo è l’unico modo in cui lo so fare.»

***


Aveva cercato di allontanarsi da lei più volte, nel corso degli anni, soltanto per trovarsi costretto nuovamente a bussare alla sua porta, elemosinando quanto bastava per sentirsi amato – l’inebriante sensazione di non essere solo al mondo e la mortificante consapevolezza di dipendere completamente da lei si sostituivano rapidamente nella sua mente lasciandolo quasi soffocare.
L’aveva ferita, tradita, abbandonata, eppure ogni volta veniva riaccolto con lo stesso sorriso, le stesse mani che si allungavano per accarezzargli una guancia scavata dalle lacrime – il rimorso, il risentimento e la frustrazione che divenivano tangibili soltanto per lei.
Quando aveva conosciuto Astoria, spedita a Beauxbatons per risparmiarsi gli orrori della guerra, aveva trovato uno straordinario specchio di sé: alienatasi da ogni rapporto in Inghilterra, contava sull’affetto della sorella per combattere la solitudine e il terribile senso di inadeguatezza – era stato un immediato colpo di fulmine, si era convinto che sarebbe riuscito non solo a guarire la sua dipendenza da Daphne, ma che sarebbe stato in grado di sostituirla agli occhi di Astoria.
L’aveva sedotta, l’aveva fatta innamorare, aveva ignorato lo sguardo gelido e indifferente di Daphne che si posava di loro e si era intrappolato in un matrimonio insoddisfacente da cui però non sarebbe mai uscito – e non era in grado di amare di Astoria, né Astoria riusciva ad amare lui, ma c’erano giorni in cui ancora stupidamente si convinceva di poter essere felice senza l’amore di cui aveva bisogno.

***

«Ci sono momenti in cui vorrei non odiarti.»
«Non sono mia sorella, Draco.»
«Già.»



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Coppia: Lily Evans/Sirius Black.
Prompt: “Pensò di averla amata in un modo che gli era costato tutto, tutto quanto, ma l’amore vero è così: non risparmia niente e lascia solo macerie.”


Dreaming is nursed in darkness


“Evans”. Era sicuro di infastidirla, apostrofandola come solitamente faceva James.
“Che vuoi Sirius? Gli altri sono già in Sala Grande”.
“Veramente, cercavo te!”.
Carpe diem, si era detto, quando aveva iniziato a saltare gli scalini a due a due per arrivare alla biblioteca.
Sapeva di lei e James, si sentiva perfino in colpa, sinceramente, ma non avrebbe potuto vivere con quel rimpianto.
“E cosa vorresti da me, Black?” Il suo sorriso era qualcosa di così seducente e luminoso, che nemmeno si accorse di essersi avvicinato tanto.
Possibile non si rendesse conto che lo stava facendo impazzire?
“Questo!” sussurrò, sorprendendola e baciandola, come desiderava fare da innumerevoli giorni.
Assaporò quindi, lentamente, le labbra di Lily.
Calde, morbide e perfette.
La ragazza stava tremando sotto il suo tocco.
E di riflesso, anche il suo corpo vibrava a quel contatto.
Si sentiva come in una bolla di vetro, dove non c’erano né spazio né tempo.
Eccitato ed euforico.
Ma la realtà si infranse ben presto contro il fragile cristallo dei sogni e, mentre una mano leggera sfiorava delicata la guancia di quel ragazzo scapestrato, le parole trafiggevano più di lame infuocate.
“Ho già scelto James da molto tempo, lo sai”.
Quanto potevano essere improvvisamente freddi quegli occhi di giada?
“Non gli dirò nulla! Siete amici, fingeremo che questo non sia mai successo”.
“Quindi non cambierai idea?” una flebile speranza.
“Non chiedermelo un’altra volta. Abbiamo già sbagliato in passato e non accadrà ancora”.
“Se solo tu…”
“Shhhh” un dito a sigillare quelle parole che non verranno mai più pronunciate.
“Amo James Potter e non tornerò sui miei passi!”.
Dopo un lunghissimo secondo, la bocca di Sirius era di nuovo sulla sua, stavolta famelica ed esigente e, nonostante fosse tutto un errore, dannatamente sbagliato, quello diventava il posto giusto in cui perdersi...
L’ultimo ricordo, furono le mani di Lily disperatamente intrecciate ai suoi capelli.

Risvegliarsi in una fredda cella di Azkaban era la quotidianità.
I dissennatori si cibavano d’anime, fino a rendere vuoto ed indolente qualsiasi mago avesse varcato quei cancelli dannati.
Per i condannati al bacio, non c’era più nulla per cui gioire.
Questo, era il destino che attendeva Sirius Black.

Se solo nel profondo del suo cuore non ci fosse stata Lily ed il suo ricordo dolceamaro.
Se non si fosse aggrappato con ogni forza a quell’unico sogno.
Se solo non avesse giurato di proteggerla fino alla fine della propria vita.
Sarebbe morto per lei, ma nemmeno quello aveva potuto fare.
Alla fine, era rimasto solo; rinnegato dalla famiglia ed accusato dagli amici.
Un unico pensiero lo teneva in precario equilibrio, sul baratro che conduceva, inesorabile, alla follia:
Finché un pezzo di lei esisteva nel mondo, il suo dolore sarebbe valso a qualcosa.
Finché avesse potuto mantenere la promessa fatta a Lily e a James, avrebbe lottato.
Avrebbe combattuto e dato la vita, se necessario, per il figlio di Lily, Harry.
Forse, c’era ancora qualcosa per cui valeva la pena vivere… Forse!



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Coppia: Daphne Greengrass/Draco Malfoy.
Prompt: “Non puoi salvare chi non vuole essere salvato.”


Sull’orlo del baratro


Quando intravide Draco farsi strada sul binario 9 ¾ bastò uno sguardo per comprendere che qualcosa in lui era mutato irrimediabilmente. L’aura strafottente che l’accompagnava ovunque andasse era sparita, lasciando spazio a un’espressione matura e a una sfumatura timorosa nei suoi occhi.
Pansy s’aggrappò a lui, trascinandolo alla riunione dei Prefetti da cui tornò sola e immusonita. Daphne s’eclissò quindi con una scusa — sicura d’intercettarlo in coda al treno.
“Pansy s’è risentita per l’abbandono.”
“Sopravvivrà…”
Le loro iridi s’incrociarono per un istante che sembrò durare in eterno, prima che lui abbassasse lo sguardo riprendendo a fissare il panorama che scorreva di fronte a loro.

*


Una notte d’ottobre Daphne rimase in Sala Comune, determinata ad attendere Draco fino all’alba — se necessario.
Il cielo era pece imperscrutabile quando passi ovattati risvegliarono Daphne dal torpore in cui era precipitata.
“Mi controlli ora?”
“Ero preoccupata…”
“Non c’è ragione!”
“Sei cambiato, Draco” mormorò Daphne, avvicinandosi. “Lasciati aiutare…”
“E chi ti dice che necessito aiuto?” le domandò, beffardo.
“Vorresti negarlo?” ribattè, sostenendo lo sguardo vitreo.
“Buonanotte, Daphne” concluse lui, voltandosi.

*


Passarono le settimane e Daphne non poteva ignorare i segni dell’insonnia, né la solitudine che stava scavando un solco sempre più profondo tra lui e i compagni.
Lo seguì, ritrovandosi in un anonimo corridoio del settimo piano. Quando una porta apparì dal nulla, Daphne afferrò l’avambraccio di Draco, seguendolo nella stanza sconosciuta.
“Che fai?”
“Voglio capire” balbettò, spaventata dalla rabbia che gli aveva trasfigurato il volto.
“Lasciami in pace” la pregò.
“Non posso” ribattè, invadendo il suo spazio vitale.
“Penserai che io sia un mostro” l’avvertì.
Daphne scosse la testa. “Non potrei mai” sussurrò contro le sue labbra.

*


“Puoi dirmi tutto” l’aveva supplicato, sfiorando il torace semicoperto dalla camicia che aveva insistito per tenere addosso.
“Invece non posso” aveva ribattuto in tono definitivo.


Daphne continuava a rivivere quella conversazione, chiedendosi dove avesse sbagliato e non trovando risposta.
Fu così che l’attese, celata da una colonna, la sera successiva.
“Credevo d’aver chiarito che non puoi aiutarmi” s’adirò, avvistandola e trascinandola nella stanza con sé.
“Non ho paura!”
“Dovresti” ribattè in una risata senz’allegria.

Voleva dimenticare il suo compito, Draco.
Non riusciva a pensare ad altro che non fosse il corpo di Daphne.
Ai gemiti sussurrati.
Ai graffi sulla pelle.
Ai loro corpi, nudi, in collisione.


“Solo per stasera” le sussurrò, sospingendola contro la parete, lambendo il suo collo candido con una scia di baci.
Ma era una promessa che non poteva mantenere — lo sapeva.

*


A pochi giorni da San Valentino, prese coraggio.
“Dobbiamo smetterla, Daphne…”
“Perché?”
“Non posso trascinarti nel baratro” tentò di spiegarle.
“Lascia decidere me!”
Lui scosse la testa.
“È stato divertente per un po’, ma… non posso perdere tempo scopandoti” dichiarò, sardonico.
Lo schiaffo riecheggiò nel silenzio della Sala Comune, costringendo Draco a fissare lacrime amare imperlare le guance nivee della ragazza.
“T’avevo avvertito che non potevi salvarmi” concluse, sfiorandole la fronte con un bacio.
“Ti odio!” ribattè lei, asciugandosi rabbiosamente le lacrime.

‘Meglio così’ pensò Draco, andandosene.



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Coppia: Alice Prewett-Paciock/Sirius Black.
Prompt: “L’oscurità nei suoi occhi la spaventava, ma era quella tenebra che aveva inseguito per tutta la sua vita.”


Paura del buio


Non ho paura del buio, ma tengo sempre una candela accesa.


Veniamo al mondo con gli occhi cuciti di tenebra, e le nostre corse nel sole della giovinezza sono solo un vano temporeggiare prima di precipitare di nuovo nel buio.

Non ho paura del buio, ma tengo sempre una candela accesa, perché l’ombra è vorace e qualche volta io tremo dalla voglia di offrirmi come pasto.


Quando i suoi occhi si posano su di me per la prima volta, lui è soltanto un ragazzino insolente che si porta ancora l’infanzia drappeggiata addosso come un abito ormai troppo corto. Io sono quasi una donna, ho il petto ornato da una spilla da Caposcuola e la mano stretta in quella di Frank, ma quando lui mi guarda senza davvero vedermi non riesco a impedirmi di tremare.

Non ho paura del buio, ma tengo sempre una candela accesa, perché tracciare un netto confine è l'unica speranza a cui mi possa aggrappare.


Non c'è più traccia d'infanzia nel viso di giovane uomo che continua a guardarmi senza vedermi, durante le riunioni dell'Ordine della Fenice. Lui porta il nome della stella più luminosa del firmamento, ma i suoi occhi sono crateri lunari: brillano di luce riflessa, brillano per inganno, ma sotto le sue ciglia c'è solo il nero.

Non ho paura del buio, ma tengo sempre una candela accesa, per ricordarmi che un Auror non può vacillare.


Ho una vita arredata con cura, fatta di giorni di sole e della mia maschera da moglie devota e guerriera votata alla luce.
La notte, ogni notte, penso un po’ di più a che aspetto avrebbero le mie mani, se le sporcassi di tenebra.

Non ho paura del buio, ma tengo sempre una candela accesa, perché ho paura di chi potrei diventare, se scivolassi nel nero.


Qualche volta penso che i suoi occhi mi vedano e si accendano di fredde risate al riconoscere il mio patetico struggimento. Qualche volta penso che l'oscurità nei suoi occhi mi spaventi, ma è quella tenebra che ho inseguito per tutta la mia vita.

Lui ha il nome di una stella, ma brilla con l'inganno della luna: Sirius non ha paura del buio, e le candele le ha spente tutte col soffio gelido del suo tradimento.

Non ho paura del buio.


Ora dormo con la luce spenta, perché tanto il mondo è un posto sicuro.
Perché i buoni hanno vinto, e il mondo sorride, e quella vertigine che mi spinge a guardarmi le mani – bianche, bianchissime – e a fremere dalla voglia di immergerle nel nero è soltanto l’ombra che resta dopo un sogno che non posso più ricordare.

Non ho paura del buio, nemmeno quando ogni cosa è avvolta dalle fiamme del dolore.


Non ho paura, perché quelli che mi guardano – e mi vedono – scivolare nel pozzo della follia sono due occhi di luna. Su un volto sbagliato, un volto di donna, ma gli occhi, quegli occhi sono i suoi.

Mi vedono, mi sporcano di voluttà.

Ho paura.



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Coppia: Daphne Greengrass/Draco Malfoy.
Prompt: “Non aveva mai saputo resistere alla tentazione di prendere ciò che gli era negato, cosa o chi avrebbe dovuto sacrificare sulla strada per la vittoria non faceva alcuna differenza.”


La sua Greengrass preferita


Fin da piccola le era stato insegnato come muoversi armoniosamente, come bere il the elegantemente e come usare la sua bellezza per circuire le persone in modo da ottenere ciò che desiderava.
I signori Greengrass erano orgogliosi di Daphne, le avevano sempre concesso tutto ciò che chiedeva tranne una volta: aveva domandato loro di poter andare in sposa a Draco Malfoy, suo amico da prima che imparasse a camminare, e gli era stato negato. Avevano preferito dar ascolto alla dolce Astoria che, forte della preferenza che loro padre aveva per lei, aveva suggerito che Daphne andasse in sposa a Blaise Zabini e che Draco Malfoy divenisse suo promesso sposo.

Da quel pomeriggio il rapporto tra le due sorelle si raffreddò e le due iniziarono a comportarsi come estranee, senza più scambiarsi confidenze com'erano solite fare. Daphne giurò a se stessa che avrebbe avuto la sua vendetta e aspettò fino a quando le capitò l'occasione perfetta.

Draco e Astoria erano sposati da quasi un anno e la sua dolce sorellina era incinta del loro primogenito. Pansy le aveva confidato che la gravidanza, anche se era ancora agli inizi, non stava andando molto bene e che Astoria era sempre stanca e nervosa. Draco non la sopportava già più e aveva addirittura chiesto che cambiasse camera, in modo da dormire da solo.

Sulla faccia di Daphne, nell'apprendere il pettegolezzo, era apparso un sorriso e un'idea si era fatta strada nella sua mente.

La festa di Capodanno a Malfoy Manor era l'evento clou delle vacanze invernali e Daphne era stata invitata. Attaccata al braccio di Blaise, si erano materializzati ai cancelli della villa ed erano stati scortati all'interno, dove Draco li aveva accolti calorosamente. Astoria era la grande assente della serata e si vociferava che tra lei e il biondo ci fosse crisi ma che, per preservare le apparenze, avessero deciso di rimanere sposati.

La festa fece il suo corso e, dopo il brindisi di rito a mezzanotte, gli invitati lentamente tornarono nelle proprie dimore. Rimasero solo una quindicina di persone, tutti ex-Serpeverde e si trasferirono in un salotto più intimo e privato. Lì cominciò il piano di Daphne: sedurre Draco e farlo scoprire ad Astoria.

"Draco, come va con mia sorella?"

"Non bene, ma questo lo sai già."

"Sì, sai, era giusto per essere sicura. Ti va di appartarci un po'?"

"Sei sempre stata brava con le parole. Seguimi."

Si unirono con passione e Daphne si ritrovò compiaciuta. La sua soddisfazione aumentò quando, uscendo dalla camera di Draco, lui la baciò nuovamente e le disse: "Sei sempre stata la mia Greengrass preferita."
Astoria, che passava nel corridoio in quel momento, con voce rotta disse: "Sgualdrina, come hai potuto! Non sei più mia sorella!"
La risposta di Daphne non tardò ad arrivare: "Astoria, questa è l'unica cosa che mi è stata negata e me la sono presa, non avresti dovuto metterti in mezzo. La vendetta va servita fredda e oggi l'ho avuta. Hai sentito: io sono la sua Greengrass preferita, non tu sorellina."


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Coppia: Gabrielle Delacour/Harry Potter.
Prompt: “Si sorprese a ridere, perché la morte non aveva scalfito il suo ricordo. E nemmeno il desiderio.”


E visse per sempre


A cinque anni, Gabrielle aveva grandi occhi pieni di stelle: figlia inaspettata, era stata amata sin dal primo istante come fosse una benedizione divina.
Gabrielle era cresciuta col sussurro di sua madre a scacciare le ombre della sera, mentre storie di splendide principesse incantavano il suo sguardo di bambina. Era cresciuta come l’ombra silenziosa di una sorella tanto bella da parer figlia di una fata, facendosi specchio dei suoi gesti aggraziati e imitando il suo incedere di regina.

*


A nove anni, Gabrielle aveva imparato che le fiabe possono trasformarsi in realtà anche sul fondo di un lago limaccioso: ostaggio di creature mostruose, Gabrielle aveva smesso d’essere una bambina graziosa, trasformandosi in una principessa tratta in salvo dal suo prode cavaliere dai capelli corvini. Non l’aveva mai guardata, il suo principe dagli occhi di bosco, ma lei non aveva ceduto al timore: nelle fiabe, il grande amore trova sempre la strada.

*


A undici anni, Gabrielle era un fiore vestito di sole.
Mentre sua sorella concedeva la propria mano a un guerriero innamorato, Gabrielle camminava due volte nell’ombra: all’ombra della felicità di sua sorella, e all’ombra della donna che aveva stregato la mente del suo prode principe dalla fronte di tuono.
Non s’erano rivolti nemmeno una parola, quella giovane donna dai capelli di fiamma e il suo principe con vento nella chioma, ma il desiderio che li legava era come veleno nel sangue di Gabrielle.

*


A diciassette anni, Gabrielle era uno stelo sfiorito, un fiore toccato da troppi, ma non dall’unica mano che avrebbe saputo farsi fertile terreno.
A diciassette anni, Gabrielle conosceva il desiderio degli uomini, e il suo incedere aveva l’arroganza di chi è certo di poter avere ogni cosa.
Lo sguardo di bosco del suo principe, però, sembrava vedere soltanto il ventre sformato della donna dai capelli di fiamma, quella strega che aveva annebbiato ogni sua razionalità e ora lo teneva al laccio con il frutto delle sue viscere.
A diciassette anni, Gabrielle sapeva come fare leva su un cuore d’eroe.

L’oceano che bagnava la casa di sua sorella non aveva lo stesso odore dei laghi scozzesi, ma la fredda violenza delle sue onde sarebbe bastata.
Gabrielle s’allontanò dal fuoco attorno al quale la sua rivale dai capelli di fiamma sorrideva maligna al suo principe confuso, certa che lui l’avrebbe seguita.
Certa che lui l’avrebbe salvata dall’abbraccio di ghiaccio di quelle onde violente, perché è questo che fanno gli eroi con le principesse delle fiabe.

*


A diciassette anni, Gabrielle aveva grandi occhi pieni di stelle: occhi immoti, cullati da maree che non potevano più sfiorarla.
Gabrielle era un’ombra d’argento ancora presente, ancora china su un corpo di giovane donna che mai avrebbe conosciuto la vecchiaia, ché le principesse sono sempre giovani e belle.
E gli eroi trovano sempre la strada per innamorarsi delle principesse giovani e belle.
Si sorprese a ridere, Gabrielle, perché la morte non aveva scalfito il suo ricordo. E nemmeno il desiderio, che sarebbe sempre vissuto accanto al suo sorriso di perla.


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Coppia: Ginny Weasley/Sirius Black.
Prompt: “Il passato è un posto atroce da visitare.”


Parlami di lui


"Parlami di lui" gli diceva Ginny, accarezzando il suo volto segnato.

Era distrutto sia fuori che dentro, la perfetta rappresentazione di se stessa.

"... Aveva gli occhi nocciola, la posa scomposta..."

***

"Parlami di lui" la incalzava Sirius.

Lei, la bambina del nemico, da spezzare per avere la sua vendetta.

"... Aveva occhi grandi e verdi, un accenno di sorriso..."

***

Quando lo vede per la prima volta il respiro di Ginny si spezza, lo vuole lo vuole, era stato lui il catalizzatore, lui il motivo per cui ricorda-

***

Quando la vede per la prima volta, Sirius ha un'espressione controllata, è un predatore in attesa. "So chi sei" le sussurra, passandole accanto.

***

Le avevano cancellato il passato - le avevano cancellato il passato, si rende conto con un sussulto, in mezzo all'orgasmo. I dissenatori l'avevano aiutata; non era un ricordo felice ma era suo - atroce, ma suo, e lei lo voleva.

I dissennatori, che erano a scuola per colpa di Sirius Black.

Avrebbe dovuto ringraziarlo, pensò Ginny, mentre l'estasi si diffondeva. Gli doveva tutto, gli avrebbe dato tutto...

***

Minus è andato, e lui è bloccato a Grimmauld Place, un leone in gabbia.

Non può dargli la caccia, non può dar sfogo alla sua furia, neanche con il suo più infimo servitore...

Ma Sirius sa, ha sentito le voci. Sa che l'ultima vittima di Lord Voldemort arriverà da lui, in quel luogo polveroso e dimenticato.

Sa che dovrà farla sua; spezzarla, per avere la sua vendetta sul passato.

***

Quando si prendono di nascosto, nelle stanze polverose, sanno di star commettendo un peccato.

Sono marci, così marci che i loro respiri che si fondono diventano un miasmo dolciastro.

Sono sporchi, ed entrambi affogano nel passato.

***

Ginny se lo ricorda, quando i dissennatori si avvicinarono alla partita di Qudditch.

Il suo risveglio.

Si ricorda il gemito, di essersi accasciata - e gli altri attorno a lei, convinti che quella fosse paura.

Ginny ricorda gli occhi verdi, le labbra socchiuse sopra di sé, i lividi - la lancia nel ventre che brucia, brucia come quella pelle di carta.

Ginny lo vuole ancora.

***

Sirius sa di essere innocente, e la paura non lo scalfisce - ma i ricordi, ah, i ricordi!

Occhi vuoti al cielo, la posa scomposta...

Sirius sogna quel momento, ancora e ancora, e sogna di deturpare qualunque cosa Lord Voldemort abbia preso per sé.

***

"Parlami di lui..."

Lui, Lord Voldemort e le sue atrocità; cosa ti ha fatto, come ti ha fatto suo, cosa ti ricordano i Dissennatori, la fonte della mia memoria...

Lui, Lord Voldemort e le sue atrocità; cosa ti ha fatto, come ti ha fatto sua, cosa posso prendere da te per distruggerti definitivamente, rovinare ciò che resta della tua innocenza...


***

Sono due anime sbagliate che si intrecciano, annegano in se stesse.

"Parlami di lui..."

Mentre si possiedono, il passato è la loro gloria; la distruzione è dove si sentono a casa.


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Coppia: Helena Corvonero/Salazar Serpeverde.
Prompt: “L’oscurità nei suoi occhi la spaventava, ma era quella tenebra che aveva inseguito per tutta la sua vita.”


Bello senz’anima


Lo strattonò per il mantello verde scuro che indossava, fino a farlo voltare.
I loro sguadi si incrociarono.
L'oscurità nei suoi occhi la spaventava, ma era quella tenebra che aveva inseguito per tutta la vita, o almeno negli ultimi anni.
Quelle iridi verdi la turbavano; avrebbe voluto indietreggiare.
<< Mio signore...portatemi con voi... >> sussurrò la giovane, chinando il capo, i riccioli scuri che ricadevano lunghi e luminosi ad incorniciare la sua esile figura, e a riscaldarla in parte dal freddo pungente.
Indossava solo una bianca camicia da notte, larga, tutta svolazzante, omogenea con la sua pelle chiara, che lasciava davvero poco spazio all'immaginazione di un uomo adulto, il quale avrebbe voluto assaporare ogni centimetro di quel corpo aggraziato e perfetto.
Tuttavia egli strattonò il braccio per potersi allontanare, e scoppiò a ridere.
<< Voi siete impazzita! Vostra madre ci ucciderebbe! >>
Ad Helena Corvonero non importava.
Ormai era troppo tardi. Si era innamorata follemente di Salazar Serpeverde. E per quanto tutto fosse così surreale, sapeva che nonostante il suo carattere acerbo e orgoglioso, anch'egli l'amava. Ne era sicura.
Lei si avvicinò delicatamente. Lo strinse forte, il cuore che batteva all'impazzata contro il suo corpo. Si avvinghiò anche se egli rimase fermo, senza fare niente, senza sfiorarla, senza darle la minima illusione d'amore.
Ma lei lo sapeva.
Lo aveva sempre saputo.
Aveva preso la sua purezza, aveva giaciuto con lei in quella stanza terrificante. E non con cattiveria, con furia, ma venerandola come la cosa più preziosa.
<< Lord Salazar, sono gravida, aspetto un figlio... >> mormorò contro di lui.
E fu solo in quel momento che lacrime d'amarezza uscirono solcando rigagnoli lungo le sue guance di porcellana.
Gli afferrò una mano per poggiarla al suo ventre già rotondeggiante, un ventre che negli ultimi quattro mesi aveva cercato di nascondere a tutti.
Salazar ritirò la mano come se si fosse scottato. Non era poi così sorpreso.
Un figlio avrebbe significato un continuo per la sua dinastia, la possibilità di aprire la sua camera dei segreti.
Sorrise malizioso, assaporando l'idea di un futuro pieno di ambizioso potere.
<< Che cosa vi aspettate che faccia, Helena? Che vi sposi? >>
Ella si staccò, interdetta.
<< Non lo farò, Helena. Ho altri progetti per la mia vita, per il mio futuro. >>
<< Credevo mi amaste. >> mormorò.
Salazar la fissò serio per un attimo, occhi verdi in occhi scuri; era bellissima, e sì, l'amava. Ma tra amore e potere, lui sceglieve il potere.
Tra amore e libertà, lui sceglieva la libertà.
Le prese il viso tra le mani, e le lasciò un bacio sulla fronte, un bacio che sapeva d'addio ma anche un po' di speranza, perché Helena Corvonero avrebbe avuto sempre qualcuno a ricordarle del suo primo amore.
La lasciò lì, allontanandosi nel buio, in lacrime.
Si accasciò al suolo, il freddo a perpetrarle nelle ossa.
<< Mio figlio non conoscerà mai le sue origini. >> sussurrò alla luna, unica testimone di quel dolore.


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Coppia: Dorcas Meadowes/Evan Rosier.
Prompt: “Pensò di averla amata in un modo che gli era costato tutto, tutto quanto, ma l’amore vero è così: non risparmia niente e lascia solo macerie.”


Tracce di tutto


Avremmo potuto essere tutto, io e lui, persino felici.
Ma lui non mi appartiene, non mi apparterrà mai.
Non è il mio quotidiano, la mia certezza.
È anzi la mia incognita, il mio caos.
Il mio peccato imperdonabile.
La mia bieca colpa.
Il mio buio.
Evan.

~


Se le avessero detto che un giorno sarebbe stata lei a puntargli la bacchetta alla gola, l’avrebbe creduto un presagio maldestro. Ma la realtà troneggiante sulle speranze immaginifiche le aveva allestito un sontuoso banchetto: lei, lui, una scelta.
L’aria acre le intossicava il respiro, la pelle lercia di ferite, le labbra tremule di affanno.
«Fallo.»
La bacchetta tremò tra le dita di Dorcas, Evan le afferrò rude il polso e lo guidò sino a conficcare la punta dell’arma nel proprio petto.
«Fallo, Dorcas. Uccidimi.»
Una vera fenice avrebbe pianto lacrime salvifiche, ma nell’udire la supplica Dorcas pianse sale e morte.
Il capannone in cui lo scontro li aveva scaraventati era calato nelle ombre, riversi in terra v’erano i corpi di Mangiamorte caduti sotto ai colpi della bacchetta amica – il teschio bruciava tradito, Evan poteva percepirlo sin dentro le ossa, reo di aver anteposto lei alla causa.
«Scappiamo.»
Lo mormorò con occhi allucinati, svelta, timorosa che qualcun altro oltre lui potesse udire il tanfo dell’abiura. In quel momento, dritta di fronte a Evan a minacciarne la vita, pensò di averlo amato in un modo che le era costato tutto, tutto quanto, ma l’amore vero era così: non risparmiava niente e lasciava solo macerie.

«Non mi innamorerò di te, sei un assassino.»
«Anche tu, tutti i soldati lo sono.»
«Io combatto per la vita, tu per la morte.»
«Due facce della stessa medaglia, come lo siamo noi.»


Evan deglutì, la guardò smarrito, soppesando un’offerta più indegna del tradimento e della caduta: la fuga. Lontani dagli echi di schieramenti avversi, avrebbero potuto viversi e amarsi in eterno, ma si sarebbero smarriti egualmente – erano due soldati, venuti al mondo per combattere.
«Non possiamo.»
«Perché?»
«Quelli come noi non fuggono, patiscono.»
Dorcas avrebbe voluto ribattere con parole persuasive, ma ammutolita dalla verità insita in quelle altrui agì com’era abituata: istintiva. Gli artigliò il collo, lo spinse bramosa contro di sé, gli morse le labbra con ferocia e avvertì nel palato il sapore di sangue e saliva. Evan la chiuse in un abbraccio disperato, le dita ad affondare nelle spalle e la bocca a divorarla – pensò che se lo avesse ucciso in quell’istante, l’avrebbe amata ancora di più.

«Sarai solo l’ennesima martire.»
«E tu il mio carnefice?»
«Mai.»
«Ti amo anch’io.»


«Non ti ucciderò, mai
Lo abbandonò d’improvviso, portando con sé la minaccia di prigionia e fine.
Si sarebbero rivisti, lo sapevano entrambi, di nuovo l’una contro l’altro a ingannare il destino e perdersi ancora.

~

Evan.
Il mio buio.
Un amore tronco.
Un amore senza futuro.
Nati in epoca di guerra, io e lui.
Non siamo stati che tempo rubato.
Noi, che avremmo potuto essere il mondo.
Noi due, io e te, che avremmo potuto essere tutto.


[Modificato da Mary Black 01/12/2019 03:44]