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Nikolaj Zabolockij

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    Chameleon.
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    TdG
    00 07/12/2018 15:02
    Uno dei maggiori poeti russi del XX° secolo

    it.wikipedia.org/wiki/Nikolaj_Zabolockij


    Baviera rossa

    In un fitto paradiso di bottiglie,
    dove da tanto tempo le palme sono secche,
    giocando sotto la luce elettrica,
    una finestra galleggiava in un boccale;
    brillava sulle pale,
    poi si sedeva, si appesantiva;
    sopra di essa turbinava il fumo della birreria. . .
    Ma questo non si puo` descrivere.
    E in quel paradiso di bottiglie
    sull’orlo di uno sghembo palcoscenico
    le sirene tremavano. Si erano prese
    gli occhi in garanzia.
    Avevano allungato ai cieli
    le mani smaltate
    e mangiavano panini dalla noia.
    Le porte ruotano sulle catenelle,
    la gente cade dalle scale,
    scrocchia come camicia di cartone,
    fa un girotondo con la bottiglia;
    una sirena pallida dietro al banco
    versa liquori agli avventori,
    storce gli occhi, va e viene,
    poi, con la chitarra tra le mani,
    canta in disparte, canta l’amato:
    di come lei lo nutriva,
    di come, dolce sul corpo e crudele,
    si conficcava il laccio di seta,
    di come versava il whisky nei bicchieri,
    di come dalla tempia sfondata,
    schizzando il petto straziato,
    si era d’un tratto accasciato. Che angoscia,
    e tutto cio` che lei cantava
    si faceva di gesso nel boccale.
    Anche gli uomini gridavano,
    barcollavano per i tavoli,
    lanciavano in alto al soffitto
    fiori e strepiti in parti uguali;
    ecco uno che si morde la lingua,
    un altro grida: io sono un piccolo gesu, `
    ammiratemi, sono in croce,
    ho chiodi sotto l’ascella e dappertutto. . .
    Una sirena gli si avvicina,
    gli si mette sulle ginocchia,
    e un furioso conclave di boccali
    si accende come un lampadario.
    Gli occhi caddero come pesi,
    infransero un boccale, poi uscì la notte,
    e le grasse automobili,
    tenendo il Piccadilly sotto braccio,
    rotolavano in avanti con leggerezza.
    Per l’umidita` crescevano pomodori,
    e caduta in basso
    ecco la Baviera rossa come un tramonto
    poggiarsi su fondi di boccali,
    mentre oltre la finestra, di la` nel tempo
    un lampioncino brillava su un palo.
    E` il Nevskij tra noia e scintille,
    ha cambiato pelle durante la notte,
    osannato da sonnolenti clacson,
    sopra il bar ha scosso l’insegna;
    e ai fischi di Hermandad,
    tra nebbia, folla e benzina,
    si libra sopra la torre una sfera alata
    e il nome “Singer” porta in alto

    Agosto 1926
    [N. Zabolockij, “Krasnaja Bavarija”, Idem, Polnoe sobranie stichotvorenij
    i poem, Sankt-Peterburg 2002, pp. 311-312. Traduzione di Marco
    Caratozzolo]

    [Modificato da Chameleon. 07/12/2018 15:27]
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    Chameleon.
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    TdG
    00 07/12/2018 15:04
    Il calcio

    L’attaccante e` estatico nella sua corsa.
    Dinanzi a se´ vede il campo soltanto!
    E proprio per questo ha curvato il suo corpo
    focoso ad arco, proteso in avanti.
    E come una stola l’anima vola,
    la clavicola batte con grande baldanza
    sul punto nel qual s’arrotonda la stola.
    La membrana in fondo all’orecchio suo danza,
    e danza anche l’uva in fondo alla gola,
    e sulla difesa il pallone s’invola.
    Lo colpiscono tutti, a caso e per ore,
    gli danno persino veleno da bere,
    il veleno di ferro di cui ha timore
    e` quello pero` delle scarpe: il dolore.
    E buttalo fuori!
    Si crea una mischia nell’area, in difesa,
    i terzini han le facce rigonfie per l’aria,
    ma verso di loro attraverso distese
    e piazze, e nevi, e fiumi, e mari,
    lustrata ad hoc l’armatura sfarzosa,
    inclinato che sembra che sia un meridiano,
    saetta il pallone.
    L’attaccante ha un’anima, vi arde passione,
    nei ginocchi d’acciaio risuonan boati
    ma gia` dalla gola zampillan fontane,
    lui cade, poi urla: “Ci hanno ingannati!”
    Il pallone e` sbattuto tra i muri e d’intorno,
    fa fumo, si gonfia e ride da matti,
    poi strizza l’occhietto e fa: “Buona notte!”,
    poi apre l’occhietto e dice: “Buon giorno!”,
    infierisce su lui come sui topi i gatti.
    E di fila ben quattro gol han segnato,
    ma le trombe per loro non hanno squillato,
    li ha conteggiati, dal pallottoliere
    li ha cancellati il mesto portiere
    ha gridato: sia notte! La notte davvero
    si posa e il sipario-diamante riecheggia.
    Nella piccola luna dell’atmosfera
    infila la chiave che pure nereggia.
    L’ospedale e´ aperto. Finisce la festa,
    l’attaccante riposa qui senza testa.
    Legando con funi il testardo pallone,
    stan sopra di lui due lance di rame,
    e penetra l’acqua fin nelle incisioni,
    dalla lapide cola, e vien d’oltretomba,
    e l’uva si secca in fondo alla gola.
    Attaccante, riposa, girato al contrario.
    Tu sopra la terra riposi,
    attaccante!
    E` caduta, profonda, gia` l’alba sul mondo,
    le fanciulle con l’alba fan danze e fan canti
    vicino al ruscello profondo profondo.
    Nella casa lilla` come in tempi passati
    appassiscono in camera ancora i parati,
    ogni giorno la mamma si fa piu` avvizzita. . .
    Tu riposa, attaccante!
    Noi viviamo la vita.

    1926
    [N. Zabolockij, “Futbol”, Ivi, pp. 74-75. Traduzione di Massimo Maurizio]
    [Modificato da Chameleon. 07/12/2018 15:05]
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    Chameleon.
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    TdG
    00 07/12/2018 15:11



    Al mercato


    Di fiori e vasi gia` agghindato
    apre le porte il vecchio mercato.
    Qui le vecchie sono grasse come botti,
    hanno scialli di belta` mai vista,
    e i cetrioli come colossi
    solerti nuotano nell’acqua.
    Scintillano come sciabole le aringhe,
    i loro occhietti sono dolci
    ma, se le tagli col coltello,
    sgusciano via come bisce.
    E la carne sotto la mannaia
    sta l`ı, e` come un buco rosso,
    e il salame, intestino sanguinoso,
    nel braciere nuota sgangherato
    e lo segue un cane riccioluto,
    muove in aria il naso affamato
    e la bocca e` aperta, sembra una porta,
    e la testa come un piatto
    e le zampe esatte vanno,
    ricurve in mezzo lente lente.
    Ma che cos’e?` Con aria dispiaciuta
    si e` fermato cos`ı per caso
    e le lacrime, proprio uva,
    dagli occhi volano nell’aria.
    Gli storpi son schierati in fila.
    Uno suona la chitarra.
    Della gamba il moncone, fratello perso,
    il suo sostegno sulla piazza.
    E sul moncone la stampella,
    come un fiasco fatto di paglia.
    Un accenno di mano un altro ci mostra,
    e` il suo vanto, lo dimena,
    il dito si e` slogato, il mostro,
    e mugolo` il dito, sembra una talpa,
    e scricchiolo` dell’osso la giuntura
    e si distorse il viso un tantino.
    E un terzo, arricciati i baffi,
    guarda, eroe battagliero.
    Lassu, ` sull’orologio del mercato,
    sciamano le mosche della carne.
    Va inscatolato in carrozzina,
    in bocca ha nascosto il rigido volante,
    in una tomba le braccia seccano,
    in un fiumicello le gambe dormono.
    In sorte a questo eroe
    e` rimasto un ventre con la testa,
    s`ı, la bocca, grande, come un manubrio,
    governa l’allegro volante.
    Laggiu` una vecchia con occhio fisso
    siede su una sedia solitaria
    e il libretto in magici buchini
    (per le dita caro fratello)
    canta i funzionari di servizio
    e veloce di dita e` la vecchia.
    E accanto la bilancia, come magellano,
    brandelli di burro, grasso d’amore,
    e` un mostro, sembra un idolo
    nel denso sangue calcolato
    e il mugolio di una chitarra sacra
    e i berretti sono pieni come tiare,
    come rame splendente. Non e` lontano
    il tempo in cui nella tana perigliosa
    lui e lei – lui ebbro, rosso
    per il gelo, il canto e il vino,
    monco, grasso e lei,
    strega orba, danzano teneramente
    un bellissimo ballo caprino
    da far crepitare le volte
    e dai piedi scintille schizzare!
    E come marmotta la lampada prende a volare.

    1927
    [N. Zabolockij, “Na rynke”, Ivi, pp. 80-82. Traduzione di Milly
    Berrone]
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    Giandujotta.50
    Post: 42.295
    Moderatore
    00 08/12/2018 10:40
    "Al mercato" mi mette angoscia.
    forse è proprio l'effetto che voleva ottenere l'autore...
    chissà, angosciato pure lui...
    ma dalla poesia mi aspetto emozioni positive che addolciscano l'animo

    o forse sbaglio....
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    Chameleon.
    Post: 6.346
    TdG
    00 08/12/2018 12:25
    Dipende da cosa si cerca e cosa si vuol "colmare", a me ad esempio fa l'effetto contrario: amo le tragedie o comunque mi fanno stare bene. E' solo arte, può esserci un po' dell'autore, ma non bisogna confondere scrittura e vita.
    La poesia poi non va identificata con un genere (o partire aspettandosi qualcosa), è solo un contenitore, un "andare a capo" mentre si scrive: ci sono poesie più lunghe di romanzi (Le tre cantiche della Divina Commedia) e poesie più narrative di romanzi, dove non c'è niente dell'autore o di stati d'animo.
    Uno può scrivere di una tragedia del mare con i Duran Duran in sottofondo mentre mangia dolci o chatta di scemenze con un amico [SM=g27987]
    Mai confondere vita e arte: ricordiamoci che Totò nel privato era una persona tristissima, e Robin Williams è finito col suicidarsi.
    La Bibbia stessa - si pensi ai Salmi - è piena di momenti angoscianti, di situazioni irrisolte e tragiche.
    Zabolockij ha il pregio (tutto est-europeo) di trasformare in divertimento anche scene malinconiche, con un approccio tutto surrealista e dadaista, con accumulazioni di oggetti e cose e inusuali associazioni che proiettano il lettore, ogni volta, in una sorta di lanterna magica o galleria/museo delle cose vive.
    Invidio tantissimo lui (ma anche Milosz) per questa capacità.
  • OFFLINE
    Giandujotta.50
    Post: 42.295
    Moderatore
    00 08/12/2018 18:15
    Non riesco a vedere una forma di arte in qualcosa che mi stimola in negativo...
    è un mio limite...al punto che guardo solo film con lieto fine 😁 (piu o meno)
    scherzi a parte... ho voglia di cose belle!!💐
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    Chameleon.
    Post: 6.346
    TdG
    00 21/06/2019 22:02
    Nozze
    Poesia del 1928, che descrive magistralmente con immagini potenti - e con un tono di satira amara - la società russa dell'epoca. E' tratta dalla mia copia (unica stampa del 1962) di "Colonne di Piombo" (poesie e introduzione critica a Nicolaj Zabolotskij), su Editori Riuniti.


    Tra le finestre sgorga un lungo raggio,
    la casa poderosa sta nel buio.
    Le luce si stende infuocata
    e scintilla nel camice di pietra.
    La cucina alita un calore splendido.
    Come dorati cavalli mastodontici
    non a caso qui oggi si gonfiano
    grosse pagnotte, donne, tortelli.
    La kulebjaka per civetteria
    brilla come il cuore dell'essere.
    Sopra maledice la sua infanzia
    un pollo bluastro per la lavatura.
    Ha chiuso gli occhietti puerili,
    ha increspato la fronte variopinta
    e ha disposto il corpo sonnolento
    in una tomba di maiolica da tavola.
    Il pop non gli berciava la messa
    agitando al vento la sua croce,
    il cuculo non gli cantava
    la sua ingannevole canzone:
    era incatenato nel suono del cavolo,
    era rivestito di pomodori,
    come una croce sopra gli scendeva
    il sedano sull'esile gambetta.
    Così era mancato nel fiore degli anni,
    nano insignificante tra la gente.

    L'orologio tuona. La notte è scesa.
    Nella sala il banchetto arde e avvampa.
    La caraffa del vino non è in grado
    di raddrizzare la nuca infuocata.
    Un grosso branco di donne polpute
    siede d'intorno brillando di piume
    e il calvo nastro d'un ermellino
    recinge i seni, impinguandosi
    nel sudore di regine centenarie.
    Esse mangiano densi dolciumi,
    ronfano di passione insaziata
    e slacciatasi la veste sulla pancia
    si stringono ai piatti e ai fiori.
    Uomini diritti e pelati
    siedono come spari di fucile,
    allungando appena i colli
    tra le trincee grasse di carne.
    E facendosi strada tra il cristallo
    monotono ma in diversi modi,
    come il sogno d'una terra prospera
    si libra sulle alucce la morale.

    O uccello di Dio, dov'è la tua vergogna?
    Che cosa può aggiungere al tuo onore
    il fidanzato attaccato alla sposa,
    dimentico del rombo degli zoccoli?
    Il suo volto mobile, vagante
    conserva ancora le tracce della corona,
    l'anello d'oro sul suo dito
    brilla con l'aria di un bravaccio,
    e il pop, testimone d'ogni notte,
    allargata a ventaglio la sua barba,
    siede come una torre davanti al ballo
    con una gran chitarra sulle spalle.

    Suona chitarra! Più largo il cerchio!
    Rugghiano i boccali pesantissimi.
    Sussulta il pop, urla e d'un tratto
    colpisce le corde dorate.
    Al ferreo suono della chitarra
    dopo aver alzato l'ultimo boccale
    si slanciano frenetiche le coppie
    nei nudi precipizi degli specchi.
    E dietro ad esse tra gli agguati
    mezzo impazzita per tutto quell'urlìo,
    l'enorme casa dimenando il deretano
    vola nello spazio dell'essere.
    Là c'è il sonno terribile del silenzio,
    le grigie schiere delle fabbriche
    e sopra gli accampamenti dei popoli
    la legge del lavoro e della creazione.
    [Modificato da Chameleon. 21/06/2019 22:03]
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    (SimonLeBon)
    Post: 50.083
    Città: PINEROLO
    Età: 53
    TdG
    00 21/06/2019 22:14
    Re: Nozze
    Chameleon., 21/06/2019 22:02:

    Poesia del 1928, che descrive magistralmente con immagini potenti - e con un tono di satira amara - la società russa dell'epoca. E' tratta dalla mia copia (unica stampa del 1962) di "Colonne di Piombo" (poesie e introduzione critica a Nicolaj Zabolotskij), su Editori Riuniti. ...



    La trovo "forte e potente" come dici tu, ma devono essere stati periodi molto duri, quando ci si contentava di poco.

    Simon
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    Chameleon.
    Post: 6.346
    TdG
    00 21/06/2019 22:20
    Infatti abbondano oggetti umili (e non solo in questa poesia) o prodotti ortofrutticoli, o piatti tipici della zona, accostati in ossimoro a simboli della ricchezza (anelli d'oro, corone, l'ermellino)...il bello sta proprio nell'allestire immagini grandiose con cose (o alimenti) che difficilmente si prestano a nobili versificazioni.
    Zabolotskij iniziò con i racconti per l'infanzia, e forse quella fu una "palestra" per imparare a costruire queste scenografie della decadenza, partendo da ciò che aveva sotto gli occhi.
    Io la chiamo anche "poesia circense", perché saltano fuori a sorpresa cumuli di cose inattese.
    Siamo lontani dai "nostri" (italiani) poeti coevi, che invece puntavano sul patetico e sul sentimentale (non solo in senso amoroso, si pensi a Ungaretti).
    [Modificato da Chameleon. 21/06/2019 22:21]