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Medieval Total War Italia

Cronache del Nuovo Impero Romeo

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    Scorpionz467
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    00 14/10/2015 11:50
    In che senso?
    --------------------------------------------------------------
    "Basileus Basileon, Basileuon Basileuonton"
    "Re dei Re, Regnante dei Regnanti"
    "Βασιλεύς Βασιλέων, Βασιλεύων Βασιλευόντων"

    "Non c'è un cristiano, qui, disposto a prendersi la mia testa?"
    -Costantino XI Paleologo, poco prima di spirare

    "Un Costantino la fondò, un Costantino la perse ed un Costantino la riprenderà."
    -Detto della Prima Guerra Mondiale su Instanbul
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    Scorpionz467
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    00 30/10/2015 19:37
    Capitolo 7 -COMING SOON- SABATO 31 OTTOBRE
    --------------------------------------------------------------
    "Basileus Basileon, Basileuon Basileuonton"
    "Re dei Re, Regnante dei Regnanti"
    "Βασιλεύς Βασιλέων, Βασιλεύων Βασιλευόντων"

    "Non c'è un cristiano, qui, disposto a prendersi la mia testa?"
    -Costantino XI Paleologo, poco prima di spirare

    "Un Costantino la fondò, un Costantino la perse ed un Costantino la riprenderà."
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    Scorpionz467
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    00 31/10/2015 17:49
    Capitolo 7
    Redenzione

    Alessio sbattè con violenza il pugno corazzato sulla mappa strategica. Dalle più recenti informazioni pervenutegli dagli esploratori a cavallo, il nemico turco aveva schierato altri 4 eserciti per fermare la sua avanzata verso Siva, di cui uno comandato dal governatore stesso della città, un nobile turco della dinastia Kutalmish.
    Il suo esercito era ormai in viaggio da un anno e sei mesi dalla mitica vittoria nella pianura del vecchio thema di Sebasteia.
    Gli uomini erano stanchi, affamati e nervosi.
    Solo da due giorni si erano accampati per riposarsi e rifocillarsi un po'.
    Ma, da quanto pareva quella mattina di febbraio del 1170, erano finite le ultime provviste di cibo ed acqua, e i soldati si stavano disperando.
    Alessio uscì fuori dalla tenda per scrutare l'orizzonte.
    Aveva richiesto dei rinforzi e dei viveri dal vicino Armeniakon, governato da Niceforo Paleologo, ma non aveva ricevuto più notizie dei rinforzi da quando Niceforo aveva acconsentito.
    In più, era improbabile che fossero riusciti a raggirare gli eserciti selgiuchidi.
    Il nobile si gettò sulle ginocchia in preda allo sconforto, e cominciò a piangere, in silenzio, senza contrarre la faccia e facendo solo scendere le lacrime lungo il viso, a macchiare la cappa porpora.
    Continuò in questo stato per due buoni minuti, finchè non sentì in lontananza degli zoccoli e delle ruote di carro.
    Allora si alzò e con la gioia con il quale un bambino vede arrivare il padre dopo una stagione di guerra, urlò:
    -Sia ringraziato Dio, Sommo ed Onnipotente! Soldati, sono arrivati i rinforzi!-
    A quelle parole, l'intero esercito si animò di colpo, e i primi sorrisi dall'inizio della spedizione comparvero.
    Alessio corse, non sentendo quasi il peso dell'armatura, e si avvicinò al comandante del manipolo di soldati.
    Esso si inchinò e gli disse di essere un rappresentante di Andronico Contostefano, inviato lì da Amaseia per aiutarlo nella presa di Siva.
    -Ma come avete fatto ad oltrepassare gli eserciti musulmani? Una forza di queste dimensioni fa un certo baccano.-
    -In verità, non abbiamo incontrato nessun turco, a parte qualche contadino, per la strada.-
    A queste parole Alessio trasalì.
    -Se non ne avete incontrato...sono GIA' QUI. Presto, tutti nella mia tenda, dobbiamo elaborare un piano d'azione. Tu!- comandò, indicando un arciere di Morea -fai riposare gli uomini e tienili pronti per la battaglia.-
    -Si signore.- rispose lui.
    Il romeo e il variago si avviarono verso la tenda porpora e vi si chiusero.
    -Dalle nostre informazioni il nemico ha con se molta cavalleria da tiro, leggera e pesante. Non abbiamo abbastanza lancieri per resistere ad un attacco diretto. Ma ho visto dei pali nei vostri carri, non è vero?-
    -Esattamente, signore. Ma non sono abbastanza per coprirci su tutti i lati dello schieramento, e i nemici non sono idioti. Idee?-
    Alessio e il variago scrutarono la mappa.
    -Potremo sistemarci su questa altura, a 2 milia da qui- suggerì il variago -in questo modo eviteremo cariche dirette.-
    -Ma ci potranno sempre accerchiar...aspetta.-
    Si avvicinò alla cartina, e sorrise lievemente.
    -Potremo usare...questo- annunciò solennemente indicando un ponte sul fiume Tuz Golu.
    -Con i pali acuminati potremo creare una vera e propria piazzaforte. Non le pare?-
    -Assolutamente si signore.-
    -Molto bene. Partiremo domani all'alba. Dobbiamo arrivare prima di quei maiali. E quando tutto questo sarà finito, mio padre potrà anche andare a farsi friggere nell'olio bollente con le sue prediche... oh, scusa, sto parlando troppo. Riposati e mangia, variago. A breve, si alzerà il sipario.-





    Le luci del mezzogiorno avevano appena iniziato a splendere quando i preparativi per la battaglia furono pronti. I pali erano stati messi in posizione, i soldati avevano tutti affilato le armi alla mola e le armature erano lucidate, gli zoccoli dei cavalli erano ferrati e i loro proprietari armati e corazzati.
    Alessio aspettava solo il segnale per mettersi in posizione.
    Tale fu un esploratore su un cavallo snello che urlava "TURCHI! TURCHI!".
    Il comandante avviò le truppe in formazione.
    Era finalmente iniziata la resa dei conti finale.
    Alessio si girò e vide un arciere sbracciare.
    -Comandante! Arrivano aldilà del ponte!-
    Alzò lo sguardo. Effettivamente dei Fursan leggeri stavano attraversando il ponte di gran carriera.
    -Lancieri! In posizione!-
    I lancieri della guarda basilicale si disposero appena in tempo per frenare la carica diretta verso gli arcieri.
    Essi si ritrovarono bloccati dentro un muro di lance e spade, che non tennero molto a lungo, e si dileguarono con la stessa velocità con il quale erano arrivati.
    -Sono scappati come bambini davanti ad un cane rabbioso, ma restate in posizione uomini, ora arriva la parte difficile!-
    La parte difficile era un esercito di cavalieri corazzati e di arcieri, che stava correndo, assetato di sangue, contro il giovane condottiero.
    Più avanti di tutti stavano dei Fursan Ghilman che puntavano proprio contro di lui.
    -Cavalieri! A me, intercettiamoli!- gridò per sovrastare il rumore degli zoccoli, mentre spronava il destriero alla carica.
    Improvvisamente però, i Fursan si volsero indietro, e Alessio fece in tempo solo a vedere i cavalleggeri turchi che eludevano le punte e andavano dritti contro gli arcieri, a costo di una scarica di frecce, ma riuscendo a decimarli e a riempire di cadaveri l'inizio del ponte.
    -No! NO!-
    Nel frattempo la guardia dell'emiro turco avanzò inesorabile verso i lancieri, impegnati in combattimento con i cavalleggeri,
    e caricandò ne uccise la metà.
    Alessio, in un impeto d'ira, andò da solo contro di lui, spingendo la sua guardia a seguirlo ad almeno a due passus di distanza. Prese la sua spada dal fodero e ingaggiò un duello mortale contro l'emiro.
    -Oggi morirai, pagano! Gaaah!- gli inveì contro, ed iniziò a colpire il suo scudo tondo.
    L'emiro non disse nulla, e continuò a parare i suoi colpi, fino a quando, trovando una apertura nella sua guardia, gli portò via la spada con un colpo secco di elsa.
    Alessio, non avendo altra arma, usò il suo scudo a goccia per colpirlo. Piantandogli la parte rastremata dello scudo nel bulbo oculare, lo accecò per un secondo, per poi trafiggergli il cuore con la stessa modalità.
    Il turco, conscio della sua morte imminente, con le ultime forze che gli rimasero calciò il cavallo di Alessio, che si infilzò sulle palizzate e lo sbalzò da cavallo, facendogli battere violentemente la testa, e facendogli perdere i sensi.



    -Il mio cavallo! Tu, lurido figlio di una vacca sgraziata, la pagherai cara!-
    Alessio gridò questo prima di aprire gli occhi e trovarsi davanti un anziano medico da campo che lo guardava con occhi sbalorditi e spaventati.
    Alessio morì di vergogna.
    Il medico si alzò, farfugliò qualcosa al suo apprendista e, uscendo dalla tenda, borbottò del fatto che non aveva più l'eta per certe cose.
    L'assistente rivolse la parola al nobile giovane:
    -Sembra che tu abbia fatto una bella caduta. Ma fortunatamente siete atterrato nella terra morbida, e non avete riportato grandi ferite, a parte uno squarcio superficiale nel retro della testa.
    Oh, pare che una persona bionda e nerboruta voglia parlare con te, mio signore.-
    -Grazie, giovane, ora puoi andare.-
    -Non posso signore, devo vigilare le sue condizioni, controllare il battito del cuore e...-
    -Vai.-
    -Si signore...-
    Detto ciò uscì dalla porta e chiamò il variago.
    Egli entrò nella tenda, si inginocchiò, e sussurrò nell'orecchio di Alessio:
    -Oggi siete fautore di un'altra grande vittoria, di come non ne ho mai viste nei miei anni di servizio. Dovreste andarne fiero, sono quasi 35 anni che combatto.-
    -Sono ancora frastornato...che fine ha fatto l'altro esercito?-
    -Oh, erano solo arcieri e fanteria pesante di poco conto. I cavalieri gliele hanno suonate.-
    Alessio, incredulo, provò ad alzarsi, ma l'afflusso di sangue lo indebolì e lo costrinse di nuovo a terra.
    -Dovete riposare, Alessio Ducas. Dovrete essere in forma per prendere una città.-
    -Lo so, grazie per l'interessamento per le mie condizioni...-
    rispose stancamente il giovane.
    Mentre il variago si stava per allontanare dalla tenda, Alessio gli chiese quale fosse il suo nome.
    -Il mio nome? Potete chiamarmi Harold. Se avrete bisogno di un braccio destro, potrete chiamarmi senza esitazione.-
    Detto questo Harold uscì dalla tenda e andò vicino al fuoco insieme agli altri soldati.
    Alessio, ormai rilassato, riposò profondamente, sognando di diventare sacerdote.
    [Modificato da Scorpionz467 07/11/2015 16:06]
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    total wer
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    Principe

    00 01/11/2015 20:25
    , non se ne vedono + di campagne raccontate cosi bene e con questo entusiasmo !!bravo!
    MI RACCOMANDO non fermarti "
    ciao [SM=x1140429] [SM=x1140429] [SM=x1140429] [SM=x1140497]
    [Modificato da total wer 01/11/2015 20:26]
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    + Mather +
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    Età: 41
    Principe

    00 01/11/2015 22:24
    Eccezionale ! [SM=g27960]




    "Aspetta ! Gli uomini su quella barca chi sono ?!"

    "Normanni ! Venitemi tutti dietro e fate silenzio !"

    "Perchè ? Sono pericolosi ?"

    "Dipende ! Forse ci lasceranno stare, o forse ci ammazzeranno tutti !"

    Il 13° Guerriero

    "Italiano del cazzo, puzza d'aglio, terrone sfollato, pizzaiolo, mangiaspaghetti, Vic Damone, Perry Como, Luciano Pavarotti, O sole mio, coglione e neppure sai cantare !"

    "i meridionali infatti seguitano a vivere in quartieri diversi dai padani, frequentano posti diversi e fanno lavori diversi. ovvero non si sono mai mischiati con i padani, salvo rare eccezioni.
    NOI NON FAREMO LO STESSO SBAGLI DEI NOSTRI AVI di allearci con roma."


    Anonimo leghista di youtube

    Risposta : "Guarda che la gente scopa a differenza tua."





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    Scorpionz467
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    Fante
    00 01/11/2015 23:01
    Grazie a tutti, non immaginavo un tale successo. Grazie ancora!
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    "Basileus Basileon, Basileuon Basileuonton"
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    -witchking-
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    Ausiliario
    00 05/11/2015 22:47
    Leggo tutto di un fiato solo adesso. Bel racconto!!! in continuo miglioramento con l'avanzare dei capitoli ... avanti così! [SM=x1140522]




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    Scorpionz467
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    Età: 26
    Fante
    00 06/11/2015 18:33
    CAPITOLO 8- COMING SOON- SABATO 7 NOVEMBRE
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    Scorpionz467
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    Fante
    00 07/11/2015 18:09
    Capitolo 8
    Dal mare e dalle steppe
    - Parte 1
    1174, Monemvassia

    La sera era ormai giunta, ed il sole era appena tramontato dietro l'orizzonte blu cobalto del mare peloponnesiaco.
    Tutti i marinai avevano appena ormeggiato le navi e si stavano dirigendo alla locanda più vicina, per godersi una notte in compagnia di belle ragazze e boccali di vino e idromele. Tutti, si, tranne uno.
    Costui era Ariberto, un veneziano da parte di padre, e isaurico dalla parte di madre.
    Non era molto avvezzo alla vita festosa degli altri lupi di mare.
    Era più una persona calma come il mare in una giornata senza un alito di vento, e come passatempo dopo il lavoro preferiva pescare o gettare sassolini nell' acqua, piuttosto che andare ad ubriacarsi. D'altronde, era sempre stato astemio, ed uno di quelli zelanti. Ciò lo rendeva leggermente antipatico al resto della ciurma, nonostante fosse molto spiritoso e di animo leale.
    Suo padre, prima di lasciare il mondo terreno per abbriacciare l'aldilà, soleva dirgli "tu, figlio mio, avresti dovuto fare il cavaliere", purtroppo però la sua famiglia, per quanto fosse benestante, non poteva comprare le costose armature dei cavalieri occidentali, tantomeno un cavallo, per cui il sogno di suo padre restò, ahilui, nel cassetto fino alla sua morte.
    Ed ecco quindi affacciarsi il sogno della madre, ovvero che Ariberto diventasse, prima o poi, un ammiraglio.
    E destino volle che neanche sua madre potesse veder realizzato il suo pronostico sulla vita del figlio, giacché morì di lebbra poco dopo che Ariberto ebbe raggiunto la maggiore età.
    E così, preso dallo sconforto per non aver soddisfatto i suoi genitori, che lo avevano cresciuto al massimo della loro disponibilità, il ragazzo vendette le attività di famiglia e cercò fortuna nella patria di sua madre, l'impero di Bisanzio.
    Lì aveva trovato moglie, la quale, per quanto non fosse ricca, compensava con una aggraziata bellezza.
    Per mantenere lui, la moglie, e il loro futuro figlio, Ariberto dovette iniziare a lavorare, in quanto i soldi, tra il viaggio e l'acquisto della casa per la sua famiglia, erano ormai finiti.
    E così lo si trovava lì, ormai trentenne, quella notte, come al solito, a lanciare sassolini nell'acqua, al chiaro di luna.
    Dalla locanda poco dietro la banchina si udivano i cori stonati, ma felici, delle varie ciurme.
    C'era chi cantava in genovese, chi in fiorentino, chi in veneto e in greco.
    Avrebbe potuto unirsi alla festa, ma quelli erano i suoi gusti, e non poteva fare niente per cambiarli.
    Mentre finì di gettare sassolini, si fermò un attimo a scrutare l'orizzonte. La luna splendeva alta nel cielo, e ciò aveva formato un cono di luce sull'acqua scura.
    C'era una sola cosa fuori posto, però: luci che ballonzolavano vicino al promontorio.
    "Navi? Non è possilbile, siamo rientrati tutti...di chi saranno?"
    si interrogò.
    Gli si pararono davanti due opzioni: la prima era lasciar perdere e tornare a casa da sua moglie, la seconda era chiedere se l'inglesino aveva fatto in ritardo di nuovo.
    L'inglesino, tale Jack Baker, era un mercante britannico naturalizzato greco, che era spesso in ritardo poiché la sua nave aveva la prua mezza storta, e nelle giornate in cui non c'era molto vento faceva fatica a manovrarla, per mancanza di compensazione delle forze.
    Decise di fare la cosa giusta, e, controvoglia ma non a malincuore, si diresse alla taverna.
    Aprì la porta, schiarì la voce e chiese, in italiano e poi in greco:
    -Jack ha fatto ancora in ritardo? Vedo luci all'orizzonte.-
    Al contrario delle aspettative, Jack emerse dalla calca e parlò:
    -I'm here! Stavolta sono tornato presto, e domani dovrei chiamare il carpentiere per sistemare la prua. Wait a second, hai detto che hai visto luci all'orizzonte? Strano, molto strano.-
    -Andiamo a controllare!- disse in un angolo remoto della taverna una voce dall'accento pisano.
    Uscirono tutti, per poi ritrovarsi orribilmente sorpresi:
    Una decina di navi veneziane avevano, a forza di remi, raggiunto il porto e lo avevano bloccato.
    Tutti i marinai, i mozzi e i comandanti restarono con un palmo di naso.
    -Eehm, Berto, non credo che siano i tuoi parenti venuti a farti visita- appuntò un mozzo suo compagno di ciurma.
    Ariberto non rise alla battuta, anzi, fece notare a tutti una cosa, ovvero che non sarebbero stati pagati se non avessero portato in tempo tutti i viveri a Dyrrachion entro il giorno seguente.
    -Diamine! Berto ha ragione! Andiamo subito ad avvisare il governatore! Troverà un modo per liberarci da queste navi!-
    Ariberto replicò:-Non farebbe in tempo, nella migliore ipotesi le navi arriverebbero dopo due mesi. Dobbiamo inventarci qualcosa ora...un momento! Ho un'idea...-. Finito di parlare, corse alla banchina e levò gli ormeggi ad una scialuppa. Tornò con dei giganteschi rotoli di tessuto, delle vele con lo stemma della marina bizantina.
    -Possiamo usare queste. Vi ricordate quando Contostefano ci affibiò queste navi? Ebbene, le conosco da cima a fondo e sono nient'altro che navi militari riarrangiate a navi mercantili.
    Dal momento che siamo in netta superiorità numerica, e che non hanno visto le vele originali delle nostre navi, potremmo metterli in fuga!-
    -E' un'idea ridicola! Nessuno crederà a questo stratagemma!-
    tuonò una voce dall'accento genovese.
    -E invece io dico che funzionerà! I trust him!- gli rispose Baker.
    Alla fine si creò un baccano infernale. Chi diceva di andare, chi diceva no, chi era indeciso, chi era disperato, chi su, chi giù.
    Allora, stanco di queste lamentele, fece per riprendere la scialuppa, mise le dita in bocca e fischiò fortissimo.
    Appena ci fu il silenzio, annunciò che se non sarebbero venuti con lui, lo avrebbe fatto da solo.
    Detto ciò, si avviò alla sua barca, dopo qualche minuto la raggiunse, issò e false vele e , prendendo da solo due remi molto lunghi, fece per remare.
    Alla vista di quella scena, Baker si girò verso la folla stupefatta e gridò:
    -Vergognatevi, lo state facendo andare da solo! Siete uomini o topi? Lui sta lottando per mantenere la sua amata e il suo figlio nascituro! Lui è un vero Lion Heart, voi di più like sheeps. Io lo seguo!-
    E si avviò, seguito a breve da uno, poi tre, poi dieci, poi trentacinque, e poi tutti i marinai, oltre un centinaio.
    Insieme issarono le vele false, e andarono incontro alle navi veneziane.
    Baker salì sulla barca con Ariberto e gli disse "Together", per poi remare insieme a lui.
    Alla vista di almeno una trentina di barche, le navi veneziane cascarono nel tranello, e scomparvero oltre il promontorio, inseguite dalle navi militari fasulle.
    Dopo che furono scomparse all'orizzonte, i navigatori, festosi, rientrarono ai moli e cominciarono a festeggiare.
    Continuarono a ballare per una buona ora, fin quando la vicina di casa di Ariberto lo chiamò disperata.
    -Berto! Berto!-
    -Cosa c'è Agnese? E' successo qualcosa?-
    -Ad Arianna...si son rotte le acque! Ho già chiamato l'ostetrica, ma vuole averti accanto durante...-
    Non riuscì a finire, poiché ormai Ariberto era partito a grandi falcate verso tre cose: la sua casa, sua moglie, e suo figlio.
    [Modificato da Scorpionz467 08/11/2015 23:57]
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    Scorpionz467
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    Fante
    00 14/11/2015 22:40
    Capitolo 8
    Dal mare e dalle steppe
    -Parte 2

    Ad Adrianopoulis, quel fiacco pomeriggio di ottobre, si respirava aria gelida, quasi dolorosa da respirare.
    Il cielo era nuvoloso e le nuvole si muovevano a poco a poco, e ogni tanto il sole faceva capolino tra esse.
    In mezzo a questo clima uggioso, la vita nella città procedeva normalmente. I contadini vendemmiavano gli ultimi acini d'uva e le portavano al mulino, gli artigiani accendevano i camini nelle loro botteghe per farsi calore, e i venditori al mercato erano imbacuccati in lana dalla testa ai piedi.
    Andronico Comneno osservava questo paesaggio dalla finestra del palazzetto che aveva fatto edificare nel centro per i governatori cittadini.
    Andronico prese un dolce dal vassoio e lo mise in bocca, assaporandolo di gusto.
    -Mmm...questo dolce è delizioso! Come hai detto che si chiamava?-
    domandò al cuoco in piedi dall'altra parte della stanza.
    Il cuoco, con accento tedesco, gli rispose che si chiamavano krapfen, ed erano un dolce tedesco.
    Andronico ne prese un altro, lo addentò e, bofonchiando, gli comandò che da ora in poi per le colazioni successive avrebbe voluto solo quelli.
    -Ma, Synbasileus, questi dolci sono si buoni, ma anche dannosi per la salute, se mangiati troppo. Ne è sicuro?-
    -Senza alcun dubbio. Ormai mi rimane poco da vivere, lasciami almeno qualche sgarro prima di passare al piano di sopra!-
    Dopo questa frase, rise di gusto e continuò a mangiare i krapfen.
    Dopo che ebbe finito il vassoio, chiamò il servo a portarlo via, e si affacciò ancora alla finestra. Stava ormai cominciando a far buio, e le persone stavano facendo rientro alle loro case.
    Dopo un po' entrò un servo, che, molto solennemente, iniziò ad annunciare l'arrivo di Manuele, ma venne subito interrotto dallo stesso Manuele, che lo congedò frettolosamente.
    -Cugino! Che piacere rivederti!- lo salutò cordialmente Andronico.
    -Non ora, devo dirti una cosa della massima priorità.-
    -Ma sei mio ospite, dovrò pure offrirti qualcosa.-
    -No, davvero, ne devo parlare al più presto possibile.-
    -Non essere frettoloso, posso chiedere al cuoco di preparare-
    -Andronico, io sto morendo.-
    Nella stanza cadde un silenzio tombale. L'aria intorno ai due parve fermarsi, e Andronico cadde in uno stato quasi catatonico per pochi, ma per lui interminabili, secondi.
    -Cosa...cosa dici?-
    -Da qualche tempo ho perso sensibilità al braccio destro. I medici a corte mi hanno diagnosticato la lebbra. Non resterò su questo mondo ancora per molto, e nemmeno tu. Devo scegliere un erede.-
    Infatti Manuele non aveva avuto figli maschi, e sua moglie era morta di malaria tre anni prima. Lui, dal dolore, non si era voluto risposare.
    Perciò, per avere un erede diretto, aveva mandato in Occidente le sue due figlie, nella speranza di trovare un candidato al trono di Bisanzio.
    Sua figlia minore aveva posto i suoi interessi in uno scapolo cattolico, veneziano, della dinastia Morosini.
    La maggiore, invece, su un ungherese della dinastia Arpad.
    -Dobbiamo portare nuovo sangue, nuovi modi di combattere. Solo così potremo portare l'Impero agli antichi fasti.-
    -Sai come la pensano gli altri nobili sui Franchi. Li vedono come genti rozze e barbare, come li vedevano i nostri antenati, quasi seicento anni fa. Non accetteranno di buon grado questa scelta.-
    Mentre stavano parlando, la campana del villaggio suonò.
    -La messa vespertina è finita da un pezzo. Può essere che...-
    pensarono entrambi, catapultandosi fuori.
    Con orrore, si accorsero che un'infinità di torce erano accese fuori dalle mura di legno.
    Gli arcieri miliziani si erano già appostati sulle mura, ma data la scarsa visibilità, non riuscivano il più delle volte a centrare il bersaglio, finendo come puntaspilli.
    Manuele evitò una freccia vagante, la raccolse, la esaminò, e impallidì.
    -Sono frecce... Qipciaq.-
    -Quei bastardi pagani! Ho saputo che hanno attaccato anche i nostri alleati Vladimir, partendo da Olese. Giovanni, da Sardika, ha ordinato a Alessio Paleologo di preparare un esercito. Ora i cani sono venuti qui...-
    -Dobbiamo combattere.-
    -Ma sei forse impazzito? Saranno quasi 1800 uomini, noi ne abbiamo a malapena 500, se sommiamo alle nostre forze questi arcieri.
    E' meglio fuggire, finchè siamo in tempo.-
    Manuele guardò Andronico in modo biasimante.
    -Ricordi quando a palazzo abbiamo studiato il Digenis Akritas, vero? Ebbene, disonoreremo la memoria dei nostri avi, la nostra cultura, e l'onore dei Romani se fuggiamo. Se dobbiamo morire, che sia qui, e adesso.-
    Andronico rimase ammutolito. Manuele si girò, e con grandi falcate raggiunse la sua guardia già pronta.
    Poco dopo il cugino si mosse e armò la sua, e quando entrambe furono pronte, uscirono dalle mura lignee.
    I guerrieri Qipciaq, quando videro gli stivali porpora e l'aquila bicefala, rabbrividirono.
    Il comandante cumano li rassicurò, sbraitando qualcosa in una lingua barbara ed incomprensibile. Manuele e Andronico, uniti come Ulisse e Diomede, si gettarono in una mischia furibonda.
    Li, turbinii di spade e clangori di armature, zoccoli e nitriti di cavalli. A pieni colpi, di qua e di là si ammazzavano,e tagliavano continuamente tutte le via di fuga ai nomadi delle steppe.
    Il massacro continuò da ambo le parti fino al tramonto, quando alla fine la testa del capo qipciaq rotolò al suolo.
    L'orda si dileguò con la stessa velocità con la quale era arrivata, nella luce del tramonto.
    Andronico, impetuoso e festante cercò Manuele per congratularsi e festeggiare.
    Lo trovò poco distante da lui, nella penombra, silenzioso.
    -Oh gaudio! Abbiamo vinto! Abbiamo scacciato gli odiosi pagani dalle nostre terre!- disse felice.
    -Sia lodato...Dio...-
    -Manuele? Cugino? Cosa...?-
    -Guida...l'impero...-
    Manuele cadde da cavallo e stramazzò al suolo.
    Andronico si fece portare subito una torcia, e mandò a chiamare un medico.
    Quando la torcia arrivò, assistette all'orrore più grande della sua vita.
    Il corpo di Manuele era orribilmente mutilato del braccio destro e del setto nasale.
    Quando il medico arrivò, fu ormai chiaro che la vita di Manuele era stata inviata al giudizio celeste.
    Dio stesso sembrò disperato per la triste dipartita del monarca ormai leggendario, al che si mise a piovere terribilmente, con fulmini che parevano squarciare il cielo e la terra stessa.
    Andronico cadde sulle ginocchia per lo sconforto, e pianse amaro, così come tutta la città, che dalla gioia per la vittoria era passata al lutto di una morte ingiusta, e immeritata.
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    "Basileus Basileon, Basileuon Basileuonton"
    "Re dei Re, Regnante dei Regnanti"
    "Βασιλεύς Βασιλέων, Βασιλεύων Βασιλευόντων"

    "Non c'è un cristiano, qui, disposto a prendersi la mia testa?"
    -Costantino XI Paleologo, poco prima di spirare

    "Un Costantino la fondò, un Costantino la perse ed un Costantino la riprenderà."
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    Scorpionz467
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    00 18/11/2015 20:20
    Capitolo 9
    Unione

    Inverno, 1176, Venezia
    Una figura incappucciata si aggirava lentamente per i canali di Venezia.
    In quella notte, con la Luna coperta dalle nuvole, non si poteva vedere al di là del proprio naso, ed un uomo avrebbe potuto avere un'altra persona a fianco senza notarla minimamente.
    Con fare nervoso, scrutava i muri con la torcia, e pareva errare senza meta.
    La figura, dopo aver camminato per due ore buone, giunse davanti ad un capanno fatiscente, un vecchio deposito di armi.
    Aprì la porta, guardò, aiutandosi con la torcia, se qualcuno lo avesse seguito, e, non vedendo nessuno (come se fosse stato possibile vederlo), chiuse la porta e poggiò il tizzone su un gancio appeso alla parete.
    Ad attenderlo stavano altre due figure incappucciate.
    Una seduta, e dai portamenti femminili, e una maschile, in piedi.
    La prima figura parlò:
    -Ebbene, qual è l'offerta di cui mi avete parlato nella missiva? Non ho tutta la notte, il siniscalco si accorgerà sicuramente, e a breve, della mia fuga.-
    La figura maschile si tolse il cappuccio e rivelò il vecchio volto dell'emissario Giovanni di Adana.
    -Simon Morosini, suppongo.-
    Simon si tolse il cappuccio, rivelando un volto da ragazzino.
    -Sono io.-
    -Bene, voglio informarla che è entrato nelle grazie e nelle politiche dell'Imperatore dei Romani, per la sua volontà di immettere nuovo sangue tra i nobili romei. Costei, qui di fianco a me, è figlia di Manuele I Comneno, Basileus kai Autokraton ton Rhomaion, o Imperatore ed Autocrate dei Romani. Ci tengo inoltre ad informarla che potrebbe essere un probabile erede al trono di Imperatore.-
    Simon a quelle parole si rasserenò un poco, prese una sedia rovinata e logora da uno degli angoli del casotto, e si sedette, poggiando le braccia sullo schienale.
    -Perchè "probabile"? Avete detto che non ha avuto figli maschi.-
    -Ciò è vero, ma considerate le due variabili dell'altra principessa e del suo futuro consorte ungherese, oppure anche la scelta dell'imperatore di nominare un erede non diretto grazie alla Lex Salica, non posso assicurarvi l'ascesa al trono. Ma ditemi, varrà la pena il non averci provato?-
    Simon mise la testa tra le mani e pensò. Dopo qualche minuto, chiese in modo imperativo:
    -Fatemi vedere la dama.-
    -Principessa.- le disse Giovanni, ed ella si tolse il cappuccio e lo scialle nero per mostrare il suo volto.
    Simon ne rimase ammaliato.
    La fanciulla aveva lunghi capelli castani che le scendevano fino alle scapole, il viso era armonioso e dai caratteri greci, la corporatura e le forme erano proporzionate, ed ispirava un senso di dovere di protezione in chi fissava i suoi occhi grigi.
    Lo stesso senso che pervase il Morosini, che le si avvicinò lentamente.
    -Anna Comneno, mio signore...- disse lei con un fil di voce.
    Simon si inginocchiò, le prese la mano e la baciò, dicendole:
    -Molto lieto, mia signora.-
    -Sapevo che avreste accettato.- sentenziò Giovanni ridendo sommessamente.
    Ad un tratto, i rintocchi di una campana ad allarme suonarono.
    -Dannazione! Ci hanno scoperti!-
    -Non si preoccupi, caro signore, abbiamo con noi un'arma segreta.-
    -Beh, sarebbe meglio schierarla al più... fermi, arriva qualcuno! Spegnete le torce!- ordinò Simon, e dentro l'edifico abbandonato così fecero.
    Simon spiò da un buco nella porta la situazione esterna.
    Imprecò sottovoce.
    La fuori una pattuglia della milizia cittadina stava controllando la zona.
    Il nobile veneziano rimase immobile, attendendo.
    -Controllate tutto, da cima a fondo, a cominciare da LI'.-
    tuonò il capitano di pattuglia, indicando il capanno abbandonato.
    Simon mise mano alla daga alla sua cintura.
    Un miliziano si accinse ad aprire la porta, ma non fece mai in tempo.
    Un'ombra scura si precipitò alle sue spalle, spezzandogli il collo, e facendolo stramazzare al suolo.
    A quel punto Simon uscì a dare man forte alla misteriosa presenza.
    Essa si muoveva fulminea, indebolendo le guardie per renderle inermi e farle finire dal Morosini.
    Quando tutte le guardie furono messe fuori gioco, la presenza si mise alla luce della torcia di Simon, mostrando, in tutta la sua stazza, la spia Marciano della Lazica, ormai cinquantenne, ma in splendida forma.
    -So cosa stai pensando, ragazzo- cominciò a parlare lui -stai pensando che un uomo così vecchio non potrebbe tirar giù una quindicina di uomini da solo.-
    -In verità non sono sorpreso.-
    -No?-
    -No.-
    -Davvero?-
    -Si, dico davvero.-
    -Davvero davvero?-
    -Marciano, basta. Dobbiamo raggiungere le scialuppe ormeggiate in banchina!- gli ordinò l'emissario, con la principessa, un po' scossa ma non spaventata, al fianco.
    -Si si, ora guardo la mappa. Per la miseria! E' dall'altra parte della laguna!-
    -Marciano, è a rovescio.-
    -...lo sapevo, era per vedere se eri attento. Per di qua! Muovetevi!-
    Simon prese Anna in braccio e fuggirono fino ai moli, inseguiti da arcieri miliziani.
    Arrivati alle scialuppe, Marciano fece salire tutti, slegò le cime e consegnò un remo a Simon, intimandogli di remare con tutte le sue forze.
    Intanto Giovanni di Adana si raggomitolò sulla principessa per proteggerla dalle frecce che avevano iniziato a scagliare alla cieca, suscitando gli sguardi gelosi di Simon, che non gradiva molto la situazione.
    Dopo un po' i tonfi sordi nell'acqua delle frecce cessarono e le scialuppe poterono tornare alla piccola forza navale nel porto di Venezia.
    Una volta che furono saliti a bordo e sistemati sotto coperta, Simon si avvicinò a Giovanni per parlargli.
    -Cosa...cosa succederà se non lo divento? Imperatore, intendo.-
    -Non vi preoccupate di ciò. Avrete un grande ruolo nelle prossime conquiste. Accompagnerete a breve una spedizione militare verso il castello di Pola, guidata da un altro giovane nobile romeo.-
    Simon annuì, poi si incamminò verso la sua cabina, sbirciando un poco verso la cabina della principessa, che stava già dormendo.
    Si fermò ad ammirarla per un po', dopodichè raggiunse la sua cabina, chiuse la porta e si infilò sotto le coperte, addormentandosi quasi subito.

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    "Basileus Basileon, Basileuon Basileuonton"
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    .Dedo.
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    Cavaliere
    00 20/11/2015 16:08
    bella! soprattutto perchè poi le scene d'azione mi ricordano troppo i film odierni ma ambientate nel 1100 ahahah
    senti ma non potresti postare una mappa?
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    FORZA JULES! SONO CON TE!

    "What is it that makes a great soldier? Is it his brain or his heart?" SSG Matt Baker

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    Scorpionz467
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    Fante
    00 20/11/2015 17:30
    Non ancora, ma tempo un paio di capitoli e ve la procuro ;)
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    Scorpionz467
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    00 28/11/2015 23:35
    Capitolo 10
    Eredità

    Inverno, 1178, Costantinopoli

    -Popolo romano,-parlò alla folla Andronico Comneno, nel mezzo del foro di Costantino,- siamo oggi qui riuniti a piangere la dipartita del nostro imperatore, Manuele I Comneno, Imperatore ed Autocrate dei Romani, Conquistatore della Cilicia, Sterminatore dei Turchi, e Restauratore dell'Anatolia Occidentale.
    Il nostro amato imperatore ha lasciato questo mondo per ascendere al Paradiso, dove godrà della luce divina nei secoli a venire, e per l'eternità, contro i pagani dell'Orda d'Oro cumana.
    E' mio dovere informare voi, popolo romano, che sarà mia premura punire il responsabile di questo gesto.-
    Andronico si fermò un attimo a guardare la folla.
    Davanti a tutti stava Anna, la figlia dell'ormai defunto imperatore, che piangeva sulla spalla del futuro marito, il nobile Simon Morosini.
    Il vecchio nobile la osservò, e si sentì pervadere da una tristezza quasi soverchiante.
    Sapeva la storia. Appena tornati dalla rocambolesca fuga da Venezia,un anno prima, la principessa ha saputo della morte del padre senza preparazione psicologica, ed è caduta in uno stato catatonico per alcuni giorni.
    Nel corso della sua degenza, Simon le era rimasto accanto, giorno e notte, quasi senza mangiare.
    Ella si è risvegliata poi dopo sei giorni, finalmente liberando dal dolore e dallo sconforto il suo amato.
    Ed ora, era lì, vicino all'amore della sua vita, in una valle di lacrime.
    Come del resto era l'intero popolo, venuto da ogni dove (o almeno, chi poteva permettersi di venire a Costantinopoli da ogni dove), dopo che gli annunciatori nelle varie città avevano dato la notizia del lutto.
    Andronico prese fiato e ricominciò a parlare:
    -Il suo corpo sarà sepolto vicino a quello di suo padre, nella chiesa del Cristo Pantocratore, qui a Costantinopoli.
    Il suo sacrificio tuttavia, non sarà vano. Toccherà al mio successore completare i suoi obiettivi, ovvero la conquista di Roma e dell'Italia, e la ripresa dell'Anatolia.
    Per quanto riguarda me, ormai mi resta poco da vivere, e raggiungerò Manuele a breve. Ma non starò qui con le mani in mano.
    In Anatolia, Alessio V Ducas si sta muovendo per prendere la fortezza di Cesarea, per garantirci un baluardo stabile per la presa delle restanti roccaforti turche, mentre a Nord, nella lontana Crimea, Alessio Paleologo sta mettendo a punto un esercito per ricacciare gli assassini cumani nelle steppe mongoliche.
    E per finire, il giovane erede degli Arbanteno, omonimo del nostro ex imperatore, è pronto per marciare su Pola, in Istria, per iniziare la conquista di un esarcato, il primo da oltre un millennio.
    Ora, popolo e nobili di Bisanzio, seguitemi, andremo a dare una sepoltura dignitosa al nostro salvatore.-
    Sei servi presero sulle spalle il letto con l'imperatore defunto imbalsamato, e con una maschera di cera sul volto, e lo portarono in testa al corteo, seguito dal neo imperatore e dai nobili a cavallo, e dal popolo in lutto.
    Alla fine della processione stava una croce su un carro, che veniva portata dalla guardia varangiana, con a capo il venerando variago Harold, inviato da Sebasteia da Alessio V.
    Arrivati alla chiesa, il corteo si fermò, e i vescovi e i nobili si addentrarono nel mausoleo, per sistemare il corpo del morto nel suo sarcofago.
    Esso era stato scolpito per ordine di Andronico, e commissionato a scultori greci e a uno scultore dalle grandi potenzialità, l'italiano Benedetto Antelami, allievo dell'illustre scultore Wiligelmo.
    A lui era anche stata commissionata una statua equestre di Manuele, che era stata completata dopo un lavoro estenuante, e senza riposo, da parte di lui stesso e da aiuti vari.
    Lo stesso giovane era nel corteo funebre, felice di aver iniziato la sua carriera di scultore decorando in modo impeccabile il sarcofago.
    Dopo aver deposto il corpo e sigillato il mausoleo a chiave, i nobili e i vescovi (tra cui c'era il Patriarca Costantinopolense) uscirono, ed iniziarono la Messa.



    Alessio V ormai si era rassegnato al suo talento da comandante militare. Di diventare sacerdote non c'era ormai verso, aveva infranto già uno dei dieci comandamenti, "Non uccidere".
    Pensava a questo mentre girava un bisante tra le dita, nella sua tenda da campo, a metà della strada da Sebasteia fino a Cesarea.
    Continuò a rimuginare per una buona mezz'ora, girando e rigirando la moneta seguendo un ritmo regolare.
    Ad un tratto buttò la moneta nella terra e si diresse ai giacigli dei cavalli. Prese il suo destriero nero come la pece, e seguendo la luce della Luna cavalcò senza meta, per distrarsi un po', come faceva da quando aveva inviato Harold a Costantinopoli per il funerale dell'Imperatore.
    Dopo quindici minuti di ambo sostenuto, il cavallo cominciò a stancarsi, e Alessio fu costretto a retrocedere al passo, rivolgendo la testa della cavalcatura verso il campo.
    Mentre ormai le luci delle torce erano in vista, Alessio sentì gridare una richiesta di aiuto, proveniente dalla sua sinistra.
    Curioso ed allo stesso tempo desideroso di aiutare, spronò il cavallo in malo modo e si diresse verso le grida.
    Arrivato nel luogo delle urla, vide una famiglia turca scappare da dei razziatori. Era composta da una madre con la figlia in braccio, da un ragazzino sui quattordici anni e da un padre, con una accetta in mano, che era l'ultimo della fila.
    I razziatori, a piedi, li inseguivano con delle spade di fattura egizia, rubate, suppose il Ducas.
    Alessio scese da cavallo e mise mano alla spada.
    Dopo di che, attinse a quel poco di arabo che sapeva parlare e intimò ai razziatori di fermarsi.
    Essi si guardarono, scoppiarono in una risata fragorosa e si buttarono, armi in mano, contro il nobile romeo.
    Alessio parò con la spada un fendente di un bandito, sbilanciandolo e poi sgozzandolo con un movimento fluido, lasciandolo agonizzante.
    Altri due predoni lo bloccarono, permettendo ad un terzo di rifilargli un pugno sullo stomaco, piegandolo in due.
    Il predone poi prese la spada, e successivamente la testa.
    Riconoscendo i tratti greci del nobile, gli recise i vestiti, e, con un ghigno beffardo, gli incise una croce all'altezza dei pettorali, tra le urla di dolore, soffocate tra i denti, di Alessio.
    Con il petto ridotto ad un bagno di sangue, e con il sapore metallico in bocca, Alessio si sentiva prossimo alla morte.
    Ma Dio non aveva stabilito la sua morte per quel giorno.
    L'uomo turco, che si era nascosto dietro una roccia per proteggere la sua famiglia, si era fatto coraggio ed aveva lanciato la sua accetta alla testa del sadico predone, spaccandola in due come un'asse di legno.
    Alessio si riprese dallo stordimento, e, ridotto ad un corpo seminudo e sanguinante, con occhi iniettati di sangue prese la sua spada da terra, guardando i due banditi rimasti con odio e disprezzo.
    Quelli, per nulla intimoriti, come degli stolti gli si scagliarono contro, incorrendo nella furia omicida del demonio che c'era in Alessio.
    Il primo di quegli stupidi venne trafitto da parte a parte negli intestini, l'altro venne accecato con due tagli veloci agli occhi, e poi mutilato delle braccia e della testa.
    Per l'emorragia, però, Alessio cadde sulle ginocchia per la debolezza.
    "Non svenire. Sii forte. Non svenire." si ripeteva nella testa.
    Si sentì sollevare e portare sul suo cavallo.
    Dopo 5 minuti di galoppo intenso, si ritrovò tra le luci dell' accampamento, circondato dai soldati.
    Essi, credendo che fosse stato il turco a fare questo a lui, gli si avventarono contro, ma lui, pronto, gridò di fermarsi alle truppe, poichè egli era il suo salvatore.
    Lo portarono nella tenda del medico, dove, con un ferro arroventato, gli cicatrizzarono la ferita, mentre Alessio urlava a denti stretti, emettendo un mugolio sofferente.
    Dopo pochi minuti, il nobile vomitò bile e sangue, ancora cosciente e deciso a non svenire.
    Gli venne portata dell'acqua e dei panni umidi per abbassargli la temperatura corporea.
    Finalmente, dopo due interminabili ore di supplizio, il dolore si calmò ed Alessio uscì dalla tenda di scatto, tra le imprecazioni dei medici, per cercare il turco che gli aveva salvato la vita.
    Ma non c'era più.
    Alessio sospirò,tornò nella sua tenda, si vestì con le vesti da notte, come se non avesse sentito niente per tutta la sera, e sprofondò in un sonno agitato e non riposante.



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    Scorpionz467
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    00 10/12/2015 16:42
    CAPITOLO 11-COMING SOON-DOMENICA 13 DICEMBRE
    [Modificato da Scorpionz467 12/12/2015 22:59]
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    Scorpionz467
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    00 13/12/2015 13:05
    Capitolo 11
    Istria

    Inverno, 1179, mare della Penisola Istriana

    -Dannazione! E' mai possibile che in questo schifo di nave non si trovi neanche mezza Tavola Amalfitana?!? E' assurdo!-
    Manuele I Arbanteno continuava ad urlare e a girare avanti e indietro, indietro e avanti, cercando una mappa del Mare Adriatico che potesse indicargli dove la flotta si stesse dirigendo.
    La cabina dell'ammiraglio, ovvero la sua cabina, era ridotta peggio di Cartagine dopo l'intervento romano, pergamene come pietre di un edificio distrutto, sparpagliate ovunque.
    Alla fine, dopo matte e disperate ricerche, trovò le tanto agognate Tavole, e le strinse nel pugno, esultando.
    In quel preciso momento entrò Simon, che, vedendo il marasma informe di pergamene sul pavimento della cabina, rimase ammutolito.
    Posò lo sguardo prima su Manuele, poi per terra, poi di nuovo su Manuele, e gli domandò cosa fosse successo.
    -Non...non è come sembra.-
    -Perchè? Come sembra?-
    -Sembra che io abbia cercato una mappa e che nel farlo io abbia rivoltato e divelto la cabina.-
    -Allora E' come sembra.-
    -Possiamo terminare questa discussione infantile e concentrarci sull'obbiettivo?-
    Simon annuì.
    Manuele stese la Tavola su un tavolo, prese gli strumenti e calcolò la distanza dalla costa istriana, primo obiettivo della campagna contro la Serenissima.
    -Bene- sospirò felicemente Manuele, soddisfatto,-secondo i miei calcoli dovremo raggiungere il castello di Pola in pochi giorni.
    Non vedo l'ora di far vedere a quei vili traditori cosa significa ribellarsi ai Romani.-
    Simon lo guardò storto.
    -Ah...ti chiedo scusa. So che tu non hai a che fare con la faccenda. Ma non puoi non ammettere che la tua gente ha tradito la nostra, e, per giunta, anche subdolamente.
    Ma ora, i Romani rientreranno in scena.-
    -Spero che l'armata sia pronta.-
    -Non ti preoccupare di ciò. La mia armata si è unita alla tua piccola forza pochi mesi fa, ricordi? Lo hai visto anche tu, di che schiatta sono parte i miei uomini. Fanti, lancieri, e cavalieri che non aspettano altro che gettarsi nella mischia per l'onore del loro Basileus...-
    Simon sollevò gli occhi al cielo. A Manuele piaceva molto vantarsi del suo impero, delle arti del suo impero, della forza del suo impero, e di ogni altro aspetto positivo del suo impero. Cose che, quando il padre suo era giovane, non si sarebbe mai sognato di elogiare.
    Un lieve battito di ali fermò la foga ciarliera di Manuele.
    Un piccione viaggiatore era appena entrato dalla finestra della cabina, con un messaggio legato alla zampa.
    Simon si avvicinò all'animale infreddolito e lo prese tra le mani per riscaldarlo, sfilando, nel mentre, il messaggio.
    Lo lesse con attenzione.
    -Buone notizie, a quanto pare un nobile della casata degli Angelioi ha preso Cesarea!-
    -E' sicuramente opera di Alessio V. Quell'uomo mi dà i brividi- dichiarò Manuele.
    -Per qual motivo?-
    -Tu non lo hai mai visto combattere. Ha un fervore e una foga che sembrano provenire da Satana. E pensare che avesse voluto ordinarsi sacerdote mi fa ancor più rabbrividire.-
    I due ragazzi scoppiarono a ridere di gusto.
    -Ho un'idea. Dobbiamo festeggiare la conquista del castello di Cesarea con una bella festa, qua sulla nave. Vino, ebbrezza e donne!-
    -Simon, qua non abbiamo prostitute.-
    -Tu credi?-
    -NE ABBIAMO? E che festa sia!-



    Poche ore dopo, la nave si animò con un clima spensierato e allegro. Diversi soldati erano già ubriachi di vino greco e di idromele, alcuni si erano anche messi a ballare, sollecitati dagli altri. I mozzi, d'altro canto, non se la passavano molto bene, in quanto, di tanto in tanto, dovevano pulire il vomito di qualche marinaio o soldato che aveva alzato un po' troppo il gomito.
    Sotto coperta, intanto, si potevano udire i gemiti di piacere di qualche persona che si..."divertiva", a modo suo.
    I due giovani comandanti stavano nel ponte principale, seduti, a fare ciò che si conviene ad una festa: ubriacarsi.
    Singhiozzando e con la faccia paonazza, e ridendo come forsennati, parlavano del futuro dell'umanità.
    -Magari, che ne so, tra novecento o mille anni, ci saranno persone che non crederanno in un dio...- pronosticò Manuele.
    -HA HA AHA AHA HA! Questa era stupenda! AHAHAHA! Come fai a non credere in un Dio? E allora cosa ha creato tutto? UNO SCOPPIO DI UNA MELAGRANA? AHAAHAHAH!-
    -Ma anche se fosse l'avrebbe voluto Dio! No, sicuramente l'umanità sarà migliore di così, magari avremo anche carri che si muovono senza cavalli...-
    -Si, e con cosa si muoveranno? Magia?-
    -Magari fuoco greco, cosa ne sai?-
    -Io, ora come ora, non so nulla... sono troppo ubriaco...-
    -Aspetta! E se i re del futuro dessero gli stessi diritti dei cittadini AGLI STRANIERI?-
    -Non ci credo! AHAHAHAHA MAI! AHAHAHAHAH! Aspetta aspetta, ne ho una migliore! Magari musulmani e cristiani vivranno insieme e in allegria!-
    -Questo è impossibile! Ed è dannatamente divertente da immaginare! AHAHAHAAH! Va bene, ora basta baggianate, vediamo se sotto coperta hanno lasciato qualche puttana di pelle scura...-
    -Ti piacciono le nere, Manuele?-
    -Ooh, altrochè, sono sempre le più...dotate, se così si può dire...-
    Finito di parlare, Manuele lasciò Simon, e, barcollando, aprì la porta che portava nelle stanze della nave, e con un "Dopo che ci sarò passato io, non potrete più camminare, donne!" vi ci entrò, chiudendo la porta rumorosamente.
    Simon, intanto, si era affacciato al bordo della poppa della nave, vomitando tra le bestemmie del mozzo che avrebbe dovuto pulire quel macello, i lì a poco.
    [Modificato da Scorpionz467 13/12/2015 13:06]
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    "Basileus Basileon, Basileuon Basileuonton"
    "Re dei Re, Regnante dei Regnanti"
    "Βασιλεύς Βασιλέων, Βασιλεύων Βασιλευόντων"

    "Non c'è un cristiano, qui, disposto a prendersi la mia testa?"
    -Costantino XI Paleologo, poco prima di spirare

    "Un Costantino la fondò, un Costantino la perse ed un Costantino la riprenderà."
    -Detto della Prima Guerra Mondiale su Instanbul
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    00 23/12/2015 23:50
    CAPITOLO 12-COMING SOON-GIOVEDI' 24 DICEMBRE (E scuse per il ritardo)
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    00 25/12/2015 00:35
    Capitolo 12
    Cavaliere

    1181, Primavera, strada per Bucarest

    La carrozza stava ormai ondeggiando da ore, sbatacchiando a destra e a manca tutti i suoi passeggeri.
    Tra questi, la più grande tra le dame figlie di Manuele I Comneno, il defunto ex Basileus dei Romei. In carica, ora, dopo la morte di Andronico, si era instaurato il nobile Giovanni Comneno il Giovane, che aveva subito riformato la vita politica e sociale dell'impero. Dapprima, aveva stabilito che il Basileus sarebbe stato scelto a titolo elettivo, da un'assemblea ristretta di nobili, detta consilium, e che le leggi dovessero venir varate da una assemblea popolare, capeggiata da due tribuni, nello stile dei tribuni della plebe dell'Antica Roma.
    In più, sulla base dell'organizzazione italiana sulla quale l'impero si era documentato durante la conquista di Pola, le costruzioni e i mantenimenti delle guarnigioni e degli esarcati erano stati affidati completamente ai vari governatori, ma secondo un sistema vassallatico di modello europeo. Naturalmente molti nobili erano scettici riguardo al rendere un miscuglio eterogeneo le pratiche politiche romee, ma, dopo aver visto i vantaggi che ne avrebbero potuto trarre "semplicemente" restando fedeli al Basileus, i tumulti tacquero. In aggiunta, questo provvedimento ebbe come conseguenza l'abbassarsi drasticamente dei costi di mantenimento delle provincie, riducendoli del più del doppio.
    Inoltre, in onore del Basileus che ha iniziato il tutto, Manuele I, ha deciso di rinominare Iconium in Manueloupolis.
    Mentre ripensava ai bruschi cambiamenti nella vita della sua nazione, Maria Comneno, com'essa si chiamava, notò un qualcosa muoversi fra gli alberi.
    Il carrozziere, al cenno della principessa, si fermò, chiamando le guardie per andare a vedere cosa potesse essere. Le guardie, spavalde, scesero dalla carrozza ed andarono a verificare, per poi non fare più ritorno. Dalle frasche, poi uscirono degli streltzi, con in mano le teste mozzate delle due guardie della principessa.
    Ella si era subito messa la mano alla cintura per afferrare lo stiletto, ma un brigante le strappò un pezzo d'abito, con annessa la cintura, negandole il gesto. Il povero carrozziere, intanto, se l'era data a gambe urlando, attirando l'attenzione di un predone, che, teso l'arco, lo trafisse con una freccia in mezzo agli occhi.
    Maria, quindi, era sola in mezzo ad un manipolo di potenziali assassini, o, peggio, stupratori.
    Pare che fossero proprio di quest'ultimo stampo, e quando procedettero a metterle un coltellino sul collo e a strapparle pezzi di abito, ne ebbe la conferma.
    La poverina si sforzò di restare forte e di non piangere, per evitare a quei cani, con rispetto parlando per questi ultimi, la soddisfazione di farla crollare emotivamente.
    Un suono di zoccoli ferrati, intanto, rieccheggiò nell'aere.
    Un gruppo abbastanza nutrito di Chevaliers, con a capo un uomo dall'armatura scintillante, assaltò il gruppo di banditi, gridando frasi intimidatorie con accento francese molto marcato.
    I criminali andarono subito in fuga, inseguiti dai cavalieri corazzati europei.
    Il comandante del manipolo, però, non voleva scappare a mani vuote. Prese la fanciulla per i capelli e fece per portarla con sè, ma, pronto, il comandante dei cavalieri sguainò la spada, decapitando direttamente estraendo la spada dal fodero il verme.
    Quando tutto fu finito, pulì la spada dal sangue, la gettò per terra, si avvicinò, togliendosi l'elmo, a Maria, dicendole:
    -Madamoiselle?-
    Ella non ce la fece più e si mise a piangere.
    Il nobile francese si impietosì alquanto, si inchinò e la prese in braccio. Notando una piccola aquila bicefala cucita in un lembo del vestito, si rese conto di che rango, e di che impero, fosse quella ragazza. Attinse a quello che sapeva di greco, riuscendo a domandarle il nome.
    -Maria Comneno,- ella disse, con occhi lacrimanti- figlia di Manuele I. Sono stata inviata qui per un matrimonio... Geza, mi pare si chiamasse il mio promesso...-
    -Allora dovremo muoverci. Il sole sta per tramontare.-
    Sempre con la fanciulla in braccio, il francese si avviò verso la carrozza, ormai vuota.
    Maria chiese il nome del suo salvatore.
    -Robert Capeto, discendente del re Ugo Capeto, di sangue reale Franco e per il momento figlio cadetto.-
    Robert pose la dama sulla carrozza, e fece per salire, quando un soldato attirò la sua attenzione con un biglietto in mano.
    Robert lo lesse.

    Ecco il pagamento. Fate ciò che vi ho chiesto, e mi raccomando, che sia un lavoro pulito, non fermatevi a fare nefandezze varie. La voglio morta subito. Gèza Arpad
    -Madamoiselle, c'è qualcosa che dovreste vedere.-
    Maria, ormai completamente calma, prese la lettera e la lesse.
    Dopo averla letta, la depose sul posto a sedere accanto a se.
    -Non sembrate scossa.-
    -No, al contrario. Un po' me l'aspettavo, tra gli Ungheresi e noi non è mai corso buon sangue, fino ad adesso. In verità vi dico che sono felice, finalmente hanno un casus belli.- disse, emettendo un ridolino deliziato subito dopo.
    Roberto rimase in silenzio, a braccia conserte, ammirando l'intelligenza e il coraggio di quella donna che si stagliava davanti al sole del tramonto dinanzi a lui.
    Ne era attratto, e non sapeva spiegare il perché. I suoi occhi verdi, venati di castano, gli trasmettevano una affinità unica, e lo stesso valeva per lei.
    Probabilmente sarà stata la concitazione del momento, ma in quel momento i due si sentivano parte di un disegno divino.
    -Beh, un matrimonio è saltato, Mademoiselle. Avete idee sul prossimo pretendente?-
    -Non saprei, magari potrebbe essere un uomo alto, robusto, di capelli castani e di occhi neri, e con un'armatura scintillante, e un destriero focoso...uno come voi, signore.-
    -Ah, ma io SONO uno come me.-
    Risero sommessamente insieme, mentre uno scudiero, improvvisato cocchiere, guidava la carrozza sotto la fioca luce del sole oltre le montagne, alla ricerca della locanda più vicina.





    Estate, Amaseia, 1181

    -Non so più cosa fare con lui. E' totalmente fuori di senno.-
    Alessio V girava avanti e indietro nel palazzetto di Amaseia con l'anima in pena. Non sapeva più che fare. Dopo aver preso d'assedio ed espugnato Cesarea, dove si era guadagnato il soprannome di "Il Crociato", per via della cicatrice a forma di croce sul petto, era tornato dall'amico Niceforo Paleologo in visita ad Amaseia, ma, ahilui, non era più lo stesso. Era venuto a sapere che era impazzito da un anno a quella parte, per la morte dell'attendente, e amico, Toros l'Armeno.
    A nulla son valsi i discorsi dei parenti e le cure del medico, la lenta discesa nella follia di Niceforo era ormai completa.
    Parlava da solo, faceva versi inverecondi, e certe volte si scopava pure cuscini, alberi o animali. E addirittura, qualche volta, si menomava le braccia con cocci di vetro, spaccando le finestre con una testata.
    -Perché, Niceforo, perché...?-si chiese camminando -Avevi un futuro davanti...e sfortuna vuole che ti abbiano associato al trono per volere della tua famiglia, maledetti sciacalli...-
    Alla fine, decise di andare a fare una cavalcata per calmarsi, come era suo solito fare, del resto. Ma la cavalcata avrebbe dovuto attendere. Un esercito di Turchi aveva cinto d'assedio la città.
    -Dannazione!- imprecò, e si voltò a dare l'allarme e a chiamare la guarnigione.
    Fuori dalle mura, intanto, i Turchi non avevano neanche fatto in tempo ad accamparsi, che già avrebbero dovuto prendere le armi.
    Centinaia di Artukogullari e Olçuklular, e molti Fursan corazzati attendevano la Guardia Varangiana e gli Archontopuloi con a capo Alessio, che subito attaccarono battaglia. Nel frattempo, da dentro le pareti del palazzetto, Niceforo, vedendo gli stendardi blu sventolare fuori, impazzì di dolore e rabbia, si vestì con l'armatura, prese la sua spada, e corse fuori.
    Alessio, nel frattempo, stava abbattendo gli ultimi Fursan superstiti alle numerose salve di frecce che i Trapezuntioi lanciavano, mentre la fanteria ancora dava battaglia aspramente alla Guardia, forte della superiorità numerica rispetto ai guerrieri del Nord. Non poteva quindi aspettarsi l'uscita di Niceforo, che, furente, aveva iniziato a menare fendenti a destra e a manca, senza criterio, come un elefante imbizzarrito.
    Alessio lo vide troppo tardi. Mentre era immerso in una furia omicida senza eguali, un artukogullaro lo immobilizzò, lo trascinò lontano dagli altri, e sfruttando come un codardo la sua infermità chiamò altri cinque barbari, iniziando a mutilarlo senza pietà.
    La proverbiale rabbia di Alessio si impossessò di lui, le sue narici fumanti, la sua bocca impastata e gli occhi iniettati di sangue. Iniziò ad uccidere e a far scappare molti soldati Seljuk, seguiti a ruota dai cavalieri romei. Tutto, però, fu inutile.
    Niceforo era morto orribilmente. Scendendo di scatto e quasi cadendo da cavallo, Alessio prese il corpo martoriato e ridotto a un manichino insanguinato del suo amico, e urlò animalescamente di dolore, piangendo, mentre già le prime mosche si posavano sulla sua salma.
    I soldati provarono a portarlo via dal corpo, per evitare che il loro generale si infettasse, ma senza successo, in quanto esso si divincolava e, spesso, finiva per buttare a terra i suoi uomini.
    Smise da solo quando il sole segnava ormai il mezzo giorno, rientrando grondante di lacrime e sangue, maledicendo la stirpe degli arabi selvaggi e il loro creatore.
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    "Basileus Basileon, Basileuon Basileuonton"
    "Re dei Re, Regnante dei Regnanti"
    "Βασιλεύς Βασιλέων, Βασιλεύων Βασιλευόντων"

    "Non c'è un cristiano, qui, disposto a prendersi la mia testa?"
    -Costantino XI Paleologo, poco prima di spirare

    "Un Costantino la fondò, un Costantino la perse ed un Costantino la riprenderà."
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    Gongo80
    Post: 2.335
    Registrato il: 17/05/2010
    Città: NAPOLI
    Età: 43
    Principe
    00 23/01/2016 16:56
    bellissima continua così!

    io tra non molto comincerò una campagna...forse proprio con i romei
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    Romano V Paleologo
    Post: 252
    Registrato il: 28/03/2007
    Scudiero
    00 24/01/2016 10:47
    Bravo Scorpionz! Quando finisci ti do il premio! Una nuova campagna con la situazione aggiornata all'anno 1081! Avrai l'Impero Bizantino con a capo il giovane Alessio I Comneno e suo fratello il Sebastocratore Isacco con tanto di ritratti originali presi dalle icone del tempo di entrambi! Nuovi titoli nobiliari: Synbasileus, Sebastokrator e Kaisar, 4 nuovi insediamenti per rendere più realistica la divisione tematica dell'Anatolia e Grecia.
    Attualmente poi sto realizzando una campagna aggiornata all'anno 1350, con molti più insediamenti nell'area balcanico-anatolica e con la possibilità di scegliere tra Serbi, Bulgari, Impero Bizantino e Impero di Trebisonda!
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    L'Impero Romano d'Oriente non morirà MAI!
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