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Elenco di eventi tragici causati dalle emotrasfusioni

  • Messaggi
  • EverLastingLife
    10 03/06/2015 21:50
    I danni dell'uso del sangue in medicina
    Riportiamo di seguito una selezione di casi di decessi (o altri danni sanitari permanenti o comunque seri) legati all'impiego del sangue in medicina.


    Uno stillicidio ininterrotto di morti inutili, avvenute 'grazie' all'impiego di una metodologia medica vetusta e rischiosa in sommo grado, che si potrebbe evitare ricorrendo alle numerose alternative disponibili alle emotrasfusioni, delle quali i testimoni di Geova fanno uso da decenni.


    Per un elenco di casi di cristiani curati con successo senza l'uso del sangue si veda questo link:

    testimonidigeova.freeforumzone.leonardo.it/d/11066718/Elenco-di-interventi-critici-eseguiti-con-successo-senza-il-ricorso-alle-emotrasfusioni/discussi...

    L'uso del grassetto e di altri segni di evidenziazione è di norma dei redattori di questo 3D e assente nelle fonti originali.




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    caso #1


    Paese: Italia

    Periodo di riferimento: 1984 - oggi

    Esito: ha contratto l'AIDS, l'epatite C e l'epatite B

    Fonte: today.it


    abstract: un uomo di 49 anni, curato con le emotrasfusioni da quando ne aveva 13, e che a causa delle medesime ha contratto (in tempi diversi) l'AIDS e le epatiti C e B. "Sono distrutto".






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    Malato dalla nascita, con le trasfusioni contrae aids ed epatite: "Ora non ho diritto alla cura"

    Una vita segnata dall'emofilia, malattia che non permette al sangue di coagularsi. Così Carlo sin da piccolo ha fatto trasfusioni di sangue: così ha contratto Hiv ed epatite. Adesso non può curarsi: "Sono distrutto"


    Carlo è un nome di fantasia, perché ha deciso di matenere l'anonimato. Lui ha 49 anni e da quando è nato combatte contro un male difficile e raro, l'emofilia. Una patologia che non permette al sangue di coagularsi e che gli ha impedito sin da piccolo di "correre, fare sport e inginocchiarsi": "Le articolazioni sono soggette a soventi emorraggie che tendono a danneggiare la cartilagine determinando negli anni la comparsa di artropatia cronica". Lui ha aperto il suo cuore e raccontato il suo dramma in una lettera indirizzata alla Lila (Lega italiana per la lotta all'Aids) perché oggi soffre anche di Aids ed epatite di tipo C e B. Tutto a causa delle trasfusioni.

    LA SPERANZA DI GUARIRE - Da sempre è stato affetto da emofilia, ma quando aveva 13 anni sembrava ci fosse qualche speranza: "La medicina aveva scoperto il modo di sopperire alla mancanza del fattore VIII: estraendo il fattore dal sangue dei donatori, attraverso una complessa procedura, si riusciva a riprodurre il fattore mancante”. Ma proprio a causa di queste trasfusioni Carlo nel 1984 contrae l’Hiv e nel 1992 anche l’epatite C e l’epatite B: “Non avevamo fatto i conti con l'avidità umana, con la rincorsa al profitto delle case farmaceutiche che non controllavano i donatori”

    LE NUOVE MALATTIE - Adesso a causa della "co-infezione", ovvero la combinazione delle tre malattie, non può fare interventi e trattamenti a cui si può sottoporre chi è affetto da una patologia sola: "L'epatite C colpisce il fegato, io non potrò mai subire un trapianto per il problema della coagulazione. Per l'epatite C c’è oggi l'interferone ma io non posso farlo perché incide sull'emofilia e avendo il genotipo 1 ha scarse possibilità di efficacia”.


    www.today.it/cronaca/malato-trasfusione-aids-epatite.html

    [Modificato da EverLastingLife 06/05/2020 16:40]
  • EverLastingLife
    00 03/06/2015 22:04
    caso #2


    Paese: Italia

    Periodo di riferimento: 1970 - 2007

    Esito: decesso

    Fonte: Il Mattino di Padova


    abstract: donna curata a partire dagli anni '70 con ripetute trasfusioni di sangue. Una o più emotrasfusioni infette le hanno provocato l'epatite C e di conseguenza un carcinoma al fegato, di cui è morta nel 2007.




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    Morì per trasfusioni, ministero condannato a pagare 800mila euro

    Sangue infetto: il giudice stabilisce il risarcimento per danni morali ai parenti della giovane donna di Cadoneghe

    CADONEGHE. Il tribunale civile di Venezia, terza sezione, ha condannato il ministero della Salute a risarcire i danni morali ai congiunti di una donna di 42 anni di Cadoneghe morta nel 2007 per un carcinoma al fegato contratto a causa di una trasfusione con sangue infetto. La cifra, determinata dal giudice Marta Cappelluti, è pari a 798.400 euro: al marito e alla madre vanno 327.990 euro ciascuno, alla sorella 142.420 euro. A queste cifre si debbono aggiungere interessi e rivalutazioni dalla data del decesso e le spese funerarie e di causa. «La decisione merita attenzione perché ha riconosciuto la responsabilità del ministero della Salute per un contagio da epatite C contratto in seguito a trasfusioni a cui la signora si era dovuta sottoporre nel corso degli anni ’70 in alcune strutture dell’Azienda ospedaliera di Padova», spiega il legale della famiglia, l’avvocato Glauco Susa del foro di Venezia, «e il nesso di causa tra il predetto contagio e il conseguente decesso avvenuto molto più tardi, nel 2007, ritenendo configurabile il reato di omicidio colposo e applicabile il termine di prescrizione decennale decorrente dalla data del decesso, con conseguente rigetto dell’eccezione di prescrizione sollevata dal ministero».

    [...]

    Già da allora (dagli anni ’70) era noto ai medici che il sangue infetto veicolava virus responsabili del contagio di epatiti e, già da allora, era in uso presso numerosi centri trasfusionali la prassi medica, di sottoporre i donatori a un attento esame anamnestico che consentisse l’esclusione dei donatori infetti.


    mattinopadova.gelocal.it/padova/cronaca/2015/05/14/news/mori-per-trasfusioni-ministero-condannato-1....


  • EverLastingLife
    00 03/06/2015 22:16
    caso #3


    Paese: Italia

    Periodo di riferimento: 2014

    Esito: decesso

    Fonte: La Nuova Sardegna


    abstract: pensionato sassarese, il 25 agosto viene ricoverato per una broncopolmonite. Per le conseguenze di una trasfusione di sangue sbagliata (scambio di sacche) si aggrava improvvisamente; l'8 settembre finisce in terapia intensiva; il 12 settembre 2014 muore.





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    Trasfusione sbagliata, muore in corsia

    I familiari di un pensionato: è stato scambiato per un altro paziente e gli hanno somministrato una sacca di sangue


    SASSARI. Uno scambio di persona, una trasfusione di sangue che era destinata a un altro paziente e che invece l’infermiera quel giorno avrebbe fatto a un pensionato settantenne di Mores nel reparto di Medicina dell’ospedale Civile di Ozieri. Le condizioni dell’uomo – che era stato ricoverato lo scorso 25 agosto per un focolaio di broncopolmonite e un’aritmia – stando alla denuncia presentata dai familiari alla Procura della Repubblica di Sassari, da quel momento (ossia dal 29 agosto) si aggravarono. Tanto che l’8 settembre il pensionato, già cardiopatico, venne trasferito a Sassari in terapia intensiva e dopo quattro giorni morì.

    I familiari da allora chiedono giustizia, vogliono sapere di cosa è morto il loro caro e soprattutto se fu quella trasfusione a causarne il decesso. Per questo si sono affidati all’avvocato Antonio Secci e hanno presentato una denuncia nell’ufficio del sostituto procuratore Mario Leo che ha immediatamente provveduto a sequestrare tutte le cartelle cliniche. «Più volte abbiamo chiesto nel reparto del Civile di Sassari notizie sull’esito dell’autopsia – scrive la moglie della vittima nell’esposto – ma non le abbiamo mai ricevute e soprattutto nessuno mi ha mai detto qual è stata la causa della morte di mio marito».

    All’ospedale di Sassari il pensionato era arrivato in gravi condizioni ed era stato portato nell’unità coronarica per essere sottoposto a una coronarografia per un infarto avuto in nottata. «Ma stava talmente male che fu impossibile eseguire l’esame. Il 12 settembre è morto». Oggi i parenti vogliono giustamente chiarezza, vogliono sapere se «tra l’errata terapia e la morte possa esserci un nesso di causalità». Le indagini della Procura sono finalizzate a scoprire proprio questo e sarebbe stato già affidato l’incarico per una consulenza.

    Il racconto di quelle terribili giornate passate tra gli ospedali di Ozieri e di Sassari – e in particolare l’episodio della trasfusione – è contenuto nelle quattro pagine di denuncia. «Il 25 agosto mio marito veniva ricoverato nel reparto di Medicina dell’ospedale Civile di Ozieri, lo conoscevano in diversi reparti perché aveva un quadro clinico complesso. Il ricovero era stato disposto in seguito alla richiesta di un accertamento nefrologico urgente da parte del medico curante di Mores. Tra l’altro si indicava “un focolaio di broncopolmonite in paziente cardiopatico”. Gli esami erano stati eseguiti al Pronto soccorso che aveva disposto il ricovero accertando e riscontrando il focolaio e il battito cardiaco accelerato, per cui nei giorni successivi gli veniva somministrata la relativa terapia». Poi si arriva al fatidico 29 agosto. Nell’esposto depositato in Procura la moglie del pensionato racconta: «Di pomeriggio si presentava, nella stanza di degenza dove era stato sistemato mio marito, un’infermiera che chiedeva di un paziente e ne faceva il cognome. Mio marito, che aveva evidenti problemi di udito (indicati nella cartella clinica consegnata al personale sanitario dopo il ricovero) riscontrava con un cenno la richiesta dell’infermiera e lei ha pensato di somministrare a lui una trasfusione di sangue non prevista nella terapia e invece destinata a un altro paziente che era stato ricoverato in giornata proprio per quello». Stando al racconto della moglie, il pensionato avrebbe anche tentato di spiegare all’infermiera che mai in tanti anni di cure gli era stata fatta una trasfusione di sangue. Tentativo vano.
    «Subito dopo, le sue condizioni – aggiunge la donna – si sono aggravate, con sintomi di rigetto che hanno richiamato l’attenzione e l’intervento di tutto il personale medico del reparto che sul momento è riuscito a recuperare la situazione. Arrivata in ospedale, allarmata, venni accompagnata nella stanza del primario che mi confermò lo scambio di persona e il fatto che a mio marito era stata somministrata una trasfusione sbagliata».


    lanuovasardegna.gelocal.it/sassari/cronaca/2015/04/11/news/trasfusione-sbagliata-muore-in-corsia-1....

    [Modificato da EverLastingLife 07/05/2020 18:26]
  • EverLastingLife
    00 04/06/2015 16:25
    caso #4


    Paese: Italia

    Periodo di riferimento: 1982-2014

    Esito: decesso

    Fonte: Il Gazzettino


    abstract: Aveva contratto l'epatite C dopo che gli era stata somministrata una trasfusione infetta. Da alcuni anni aspettava un trapianto di fegato, ma non ce l'ha fatta: è stato fatale l'insorgere di una nuova malattia.






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    Padre di 2 figli muore dopo 32 anni per una trasfusione di sangue infetto

    Da tempo in attesa di un trapianto di fegato, è stato colpito da un'altra malattia. Come indennizzo per l'errore prendeva 250 euro al mese


    VIGONOVO - Si è spento giovedì, dopo avere vissuto per oltre trent’anni come un "condannato" a morte. Mauro Barzon, un 54enne residente a Tombelle di Vigonovo, nel 1982 era stato vittima in ospedale di una trasfusione infetta, in seguito alla quale aveva contratto una grave forma di Hcv, il virus responsabile dell'epatite C.
    Mauro da lungo tempo era in attesa di un trapianto di fegato. Nei giorni scorsi i medici hanno eseguito alcuni esami clinici e le sue condizioni sono risultate più gravi del previsto per la comparsa di una ulteriore e altrettanto grave malattia. La malattia gli era stata riconosciuta dopo essersi sposato e avere avuto due figli. Da pochi anni gli avevano finalmente riconosciuto una pensione di invalidità e un indennizzo per la trasfusione infetta di 250 euro al mese.


    www.ilgazzettino.it/NORDEST/VENEZIA/morto_trasfusione_infetta_sangue_mauro_barzon_vigonovo/notizie/10520...


    La vittima.


    [Modificato da EverLastingLife 11/05/2020 22:49]
  • EverLastingLife
    00 11/06/2015 12:28
    caso #5


    Paese: Italia

    Periodo di riferimento: 2013

    Esito: decesso

    Fonte: La Stampa


    abstract: Ricoverato d'urgenza per una anemia, è stato sottoposto ad una trasfusione risultata poi contaminata dai germi. E' morto in poche ore: è accaduto a Cosenza.




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    Cosenza, muore dopo una trasfusione

    Il sangue era contaminato dai germi


    La vittima è un uomo di 75 anni affetto da leucemia cronica linfatica
    I parenti hanno presentato denuncia



    Si è presentato in ospedale per una forte anemia ed i medici hanno deciso di sottoporlo ad una trasfusione di sangue ma, improvvisamente, ha avuto un malore e dopo alcune ore è morto. È accaduto a Cosenza ad un uomo di 75 anni i cui familiari hanno deciso di presentare una denuncia alla Procura della Repubblica perché, dalla relazione di un primario dell’ospedale, è emerso che il sangue era contaminato da germi.

    Il settantacinquenne era affetto da leucemia cronica linfatica dal 1989 e, secondo quanto riferiscono i familiari nella denuncia alla Procura, le sue condizioni di salute erano buone. Nei giorni scorsi si è presentato al pronto soccorso dell’ospedale Annunziata di Cosenza con una diagnosi d’ingresso di «stato anemico». I medici hanno deciso quindi di sottoporlo ad una trasfusione. Nel preciso momento in cui il sangue dalla sacca è defluito nella vena, l’uomo ha iniziato improvvisamente a tremare e la temperatura corporea è aumentata vertiginosamente. L’infermiere ha immediatamente staccato la sacca di sangue ed ha provveduto a fargli una flebo di glucosio.

    Le condizioni cliniche del settantacinquenne sono via via peggiorate e dopo alcune ore è morto. I familiari hanno deciso di richiedere una copia della cartella clinica, dalla quale hanno scoperto che la morte è stata causata da uno «shock settico da serratia marcescens». Nella cartella è stata trovata anche la relazione di un primario dell’ospedale dalla quale si evince che «sorge l’inquietante sospetto di altra sacca di sangue contaminato da germi patogeni».

    Immediatamente è stata presentata una denuncia al Procuratore della Repubblica di Cosenza, Dario Granieri, che ha avviato un’inchiesta. Già nelle prossime ore saranno eseguiti accertamenti e verifiche per stabilire eventuali responsabilità. Nei giorni successivi alla morte del settantacinquenne i familiari hanno saputo che «che alcune sacche utilizzate per le trasfusioni - è scritto nella denuncia - erano infette e che vi erano stati altri due episodi di contaminazione: uno ha interessato un giovane che è riuscito a superare la crisi e l’altro si è concluso, purtroppo, con un altro decesso».
    Dalla relazione del primario veniva confermato il fatto che «non solo l’unità di microbiologia - è scritto nella denuncia - ha comunicato la presenza di un batterio gram-negativo nel sangue di nostro padre, in buona salute prima della trasfusione, ma sollevava il sospetto che, ad oggi, vi siano in circolazione altre sacche di sangue contaminate da germi patogeni». I familiari del paziente deceduto, tramite gli avvocati Massimiliano Coppa, Chiara Penna, Paolo Coppa e Luigi Forciniti, hanno chiesto all’Azienda ospedaliera di Cosenza di compiere verifiche ed accertare eventuali responsabilità del personale nel centro trasfusionale.


    www.lastampa.it/2013/07/27/italia/cronache/cosenza-muore-dopo-una-trasfusione-il-sangue-era-contaminato-dai-germi-BlSWjx7AtCSpz5HslkbYZO/pag...


    La vittima (Cesare Ruffolo).


    cosenza.gazzettadelsud.it
    [Modificato da EverLastingLife 12/05/2020 23:09]
  • EverLastingLife
    00 11/06/2015 13:59
    caso #6


    Paese: Italia

    Periodo di riferimento: 1978-oggi

    Esito: ha contratto l'epatite C

    Fonte: Corriere del Veneto


    abstract: Da bambino ha ricevuto una delicata operazione chirurgica al cuore, durante la quale gli è stata praticata una emotrafusione, risultata infetta. Risultato: si è ammalato di epatite C




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    Trasfusione infetta da bambino

    Risarcito dopo più di 30 anni


    Ministero condannato: dovrà versargli a vita 730 euro al mese. L’odissea di un trevigiano che contrasse l’epatite C durante un’operazione


    TREVISO — Nel lontano 1978 contrasse l’epatite C a causa di una trasfusione di sangue infetto all’ospedale di Padova. Ora, 34 anni dopo, il ministero della Salute è stato condannato a risarcirlo con un vitalizio di oltre 700 euro al mese. La sentenza è stata depositata dal giudice del lavoro di Treviso, che ha esaminato la causa intentata da un 44enne di Maserada di Piave (Treviso) che quand’era bambino venne sottoposto a un delicato intervento al cuore, nel corso del quale si rese necessaria un’emotrasfusione. È in quella occasione che, stando a quanto accertato da un’apposita commissione medica, contrasse l’epatite C. Per molti anni la malattia rimase latente e solo nel 1994, a seguito di alcuni esami, scoprì di essere infetto. La richiesta di indennizzo la presentò soltanto nel 2004 quando, dopo lunghe ricerche condotte anche con l’ausilio di esperti, arrivò alla conclusione che probabilmente la malattia era collegata all’intervento subito 26 anni prima.

    Su indicazione dell’Usl, in accordo con il ministero, venne nominata una commissione con il compito di valutare se l’uomo avesse i requisiti necessari a ottenere un indennizzo. Gli esperti arrivarono alla conclusione che effettivamente l’epatite C era dovuta alla trasfusione di sangue avvenuta nel corso dell’intervento del ’78, ma che non aveva diritto a percepire alcunché perché era trascorso troppo tempo (più dei tre anni indicati come termine da una legge del 1997) tra la scoperta e la richiesta di indennità. A nulla erano valse le giustificazioni del malato, che aveva spiegato come ci fosse voluto molto tempo prima di ipotizzare un collegamento tra la sua condizione e quell’intervento al cuore subito quand’era un bimbo di appena 10 anni. Per lo Stato, al trevigiano non era dovuto alcun indennizzo. Deciso a ottenere giustizia per quel sangue infetto che gli era stato trasfuso, si è rivolto agli avvocati Mary Corsi e Marco Pescarollo che hanno depositato il ricorso, in causa civile, davanti al tribunale del lavoro di Treviso. La sentenza ha ribaltato le conclusioni alle quali era giunta la commissione medica.

    Per il giudice, per un caso che risale agli anni Settanta, non si possono applicare i termini di «prescrizione» indicati da una legge varata nel 1997. «La domanda è proponibile nell’ordinario termine di prescrizione decennale, a decorrere dal momento in cui l’avente diritto ha avuto conoscenza del danno», si legge nelle motivazioni della sentenza. Da qui la decisione di condannare il ministero della Salute a corrispondere al trevigiano «con durata a vita» una indennità di circa 730 euro mensili. Non solo: quella sorta di pensione va conteggiata da quando ha presentato la richiesta di indennizzo (nel 2004), con il diritto a ricevere arretrati per circa 60mila euro, oltre a interessi legali e rivalutazione per altri 20mila. «E' una sentenza importante - commenta l’avvocato Corsi - perché apre le porte ai ricorsi presentati dalle migliaia di persone che negli anni Settanta si ammalarono a causa delle trasfusioni di sangue infetto effettuate negli ospedali italiani». Per il trevigiano la battaglia legale non è finita: il suo legale ha già presentato una richiesta di 208mila euro come risarcimento per il danno subito a causa dell’infezione che gli è stata trasmessa.


    corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/cronaca/2012/17-settembre-2012/trasfusione-infetta-bambino-risarcito-piu-30-anni-2111847973883.shtml?refre...
    [Modificato da EverLastingLife 11/06/2015 14:05]
  • EverLastingLife
    00 12/06/2015 12:34
    caso #7


    Paese: Italia

    Periodo di riferimento: 1986-1991

    Esito: decesso

    Fonte: Bliz Quotidiano


    abstract: studente universitario, morto a soli 25 anni di AIDS, contratto in seguito ad una trasfusione di sangue che gli era stata fatta per curare l'emofilia. Secondo l'articolo, in poco più di vent'anni (1985-2008) oltre 2600 italiani sono morti per colpa di trasfusioni di sangue infette.



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    Ivan e gli altri. Trasfusioni infette, contagio Hiv: morti? Niente risarcimento

    ROMA – Gli emofiliaci morti per aver contratto l’Aids da una trasfusione di sangue infetto non saranno risarciti dallo Stato, scrive Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera. Stella racconta la storia di Ivan, ragazzo emofiliaco contagiato per una trasfusione e “abbandonato” dallo Stato. Ma le storie come quella di Ivan sono molte in Italia: 2605 gli italiani morti tra il 1985 ed il 2008 per una trasfusione infetta, 550 gli emofiliaci, secondo l’Associazione Politrasfusi.

    Stella parla di Ivan Cavalli, emofiliaco di Tipo A, la forma più grave della patologia. La madre di Ivan, Giovanna Toni Cavalli, racconta il calvario iniziato il 25 febbraio 1986. Ivan risulta positivo al contagio da virus Hiv, racconta la madre:


    Nonostante le difficoltà che la malattia (emofilia, ndr) gli procurava era felice di vivere e cresceva sereno. Da quel momento (il contagio da Hiv, ndr) la vita di Ivan e quella di tutta la nostra famiglia cambiò radicalmenta. Stava studiando Economia e commercio all’Università di Bologna e lavorava come collaboratore in uno studio professionale: l’insorgere della malattia lo costrinse ad abbandonare il lavoro e l’aggravarsi del suo quadro clinico gli impedì di arrivare alla laurea, traguardo per raggiungere il quale aveva fatto tanti sacrifici”.

    Una famiglia distrutta: il padre di Ivan, Cesare Cavalli, si ammalò di depressione, mentre la madre di anoressia e arrivò a pesare 35 chili appena. Altre le patologie che lo stress e la preoccupazione per quel figlio causarono ai coniugi Cavalli. Ivan soffrì, molto, e morì il 10 settembre 1991, 5 anni dopo il contagio. Non aveva compiuto 26 anni.


    www.blitzquotidiano.it/salute/ivan-altri-trasfusione-infette-contagio-hiv-morti-niente-risarcimento-...


    La vittima.


    corriere.it
    [Modificato da EverLastingLife 14/05/2020 23:49]
  • EverLastingLife
    00 14/06/2015 21:14
    caso #8


    Paese: Italia

    Periodo di riferimento: 2012

    Esito: decesso

    Fonte: Gazzetta del Sud


    abstract: Messina: ricoverato per un intervento del tutto ordinario, si ritiene necessario il ricorso al sangue. Una trasfusione sbagliata lo uccide in breve tempo. La vittima non aveva nemmeno 70 anni



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    Morto durante trasfusione, due rinvii a giudizio

    Dopo la denuncia dei familiari scattò l’inchiesta giudiziaria. Oggi il gup Maria Teresa Arena ha deciso un patteggiamento, due rinvii a giudizio ed un proscioglimento.

    Fu ricoverato al Papardo per un intervento di routine ma morì a causa di un tragico scambio di sacche di sangue durante una trasfusione. Dopo la denuncia dei familiari scattò l’inchiesta giudiziaria. Oggi il gup Maria Teresa Arena ha deciso un patteggiamento, due rinvii a giudizio ed un proscioglimento. E’ stata l’infermiera Maria Emanuela Civiletti, 52 anni a patteggiare un anno ed otto mesi di reclusione. La donna è ritenuta la responsabile involontaria dello scambio di sacche che ha provocato la tragedia. E’ stato invece prosciolto, per non luogo a procedere, l’allora direttore sanitario del Papardo, Eugenio Ceratti. Sarebbe toccato a lui il compito di vigilare sulle modalità con cui vengono eseguite la trasfusioni soprattutto nella sua veste di presidente del Comitato per il buon uso del sangue. A suo carico però non sono emerse responsabilità. Proseguiranno con il rito ordinario e sono stati rinviati a giudizio al quattro dicembre prossimo il primario del reparto di Ortopedia, professor Massimo Calamoneri ed il medico di turno nel giorno in cui fu eseguita la trasfusione, Giulio Gitto. Dovranno rispondere di omicidio colposo.


    La vicenda risale al settembre del 2012 quando nell’Ortopedia del Papardo fu ricoverato il 69enne Camillo Miceli. Doveva subire un intervento chirurgico e si rese necessaria una trasfusione. Secondo i periti della Procura la sacca di sangue, dopo essere stata prelevata dagli appositi contenitori, fu lasciata incustodita per circa mezz’ora. Quando la Civiletti la prelevò commise l’errore fatale. Si convinse che era la sacca destinata a Miceli e la consegnò ai medici. Dopo la trasfusione Miceli accusò dei malori fino a morire.


    www.gazzettadelsud.it/news//135372/Morto-durante-trasfusione--due-rin...



    [Modificato da EverLastingLife 02/07/2015 21:55]
  • EverLastingLife
    00 02/07/2015 21:51
    caso #9


    Paese: Italia

    Periodo di riferimento: 2013

    Esito: decesso

    Fonte: La Nazione


    abstract: 76enne grossetano, ricoverato per una polmonite, riceve una trasfusione di sangue inutile, che lo uccide in poco tempo.



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    Muore all'ospedale a causa di una trasfusione "Non aveva bisogno di sacche di sangue"

    Il sangue era destinato a un altro paziente ricoverato


    Grosseto, 26 agosto 2013 - Un uomo di 76 anni, residente a Grosseto, è morto nella tarda serata di domenica 25 agosto, all’ospedale Misericordia di Grosseto, dove si trovava ricoverato dall'8 agosto scorso a causa di una polmonite. La morte sarebbe dovuta a un presunto episodio di malasanità. Gli è stata fatta una trasfusione di sangue destinata ad un altro paziente. Di sangue, l'uomo morto non aveva bisogno.
    Nei giorni scorsi, l’uomo era stato trasferito in rianimazione a seguito di un peggioramento del quadro clinico e per gravi problemi respiratori. Domenica mattina, per un errore di identificazione che si è verificato nonostante le procedure di sicurezza, al paziente è stato somministrato sangue destinato ad un altro ricoverato. Il personale sanitario si è reso conto dell’errore e ha immediatamente proceduto con le terapie del caso. Purtroppo, malgrado l’intervento dei medici, il quadro clinico già fortemente compromesso è peggiorato fino al decesso del paziente. E un aggiornamento delle indagini rivela che il paziente morto non doveva avere nessuna trasfusione di sangue.


    www.lanazione.it/grosseto/cronaca/2013/08/26/939890-trasfusione-sangue-sbagliata-mor...



    [Modificato da EverLastingLife 02/07/2015 21:58]
  • EverLastingLife
    00 02/07/2015 22:07
    caso #10


    Paese: Italia

    Periodo di riferimento: 2002-oggi

    Esito: ha contratto l'HIV

    Fonte: La Nazione


    abstract: Una delle tante trasfusioni di sangue - non è possibile determinare quale - ricevute nel corso di una serie di interventi alla spina dorsale ha provocato ad una donna di 57 anni il contagio del virus dell'HIV. La donna, a causa dei danni economici e sociali del tragico evento, è entrata in una profonda crisi depressiva e ha tentato di togliersi la vita





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    Malata di Hiv dopo la trasfusione

    Entra in clinica per un intervento alla spina dorsale ed esce con un'infezione da Hiv. Una donna di 57 anni, mamma di due figli, avrebbe contratto la malattia dopo trasfusioni di sangue effettuate durante un'operazione presso una casa di cura. La causa del contagio dipenderebbe dall'uso di sacche di sangue che non erano contraddistinte dal codice a barre. Un'accusa che la struttura sanitaria ha immediatamente respinto, sostenendo di non essere responsabile del contagio. La donna, che abita insieme a uno dei due figli nel quartiere Tiburtino, da anni sta vivendo in una situazione di disperazione, si sente come se fosse stata condannata a morte: ha già tentato di togliersi la vita. È una malattia che ha provocato alla paziente gravissimi danni patrimoniali (è costretta a sottoporsi periodicamente ad analisi cliniche) biologici e morali a causa del cambiamento radicale della vita relazionale con i familiari dovuta al costante pericolo di contagio tra parenti. La terribile vicenda che sta vivendo la donna è cominciata nel luglio del 2001, quando viene ricoverata presso la casa di cura «San Giuseppe» per lombosciatalgia bilaterale. Secondo quanto scritto nell'atto di citazione presentato al Tribunale civile dall'avvocato della donna, il legale Pietro Martino, la paziente, dall'estate 2001 al maggio del 2002, è stata ricoverata tre volte presso la struttura sanitaria.

    All'inizio di maggio del 2002, la signora viene ricoverata invece presso un'altra casa di cura, dove, durante il ricovero, le vengono effettuati esami immunologici «e immunoenzimatici verso gli anticorpi Hiv 1 e 2, che davano esito positivo», si legge le documento depositato in Tribunale. Al momento delle dimissioni, alla donna veniva quindi diagnosticata «infezione da Hiv». Tutti gli accertamenti sierologici effettuati prima dell'ultimo ricovero erano risultati negativi, secondo quanto affermato dalla difesa della donna. Mentre quello eseguito a maggio 2002 «è risultato positivo», spiega il legale della paziente. «Il contagio da Hiv ai danni della signora è dipeso - si legge nell'atto di citazione - dall'uso in occasione dell'intervento chirurgico effettuato dall'équipe medica della casa di cura di alcune (e/o sicuramente di almeno una) sacche di sangue non contraddistinte dal relativo codice a barre». Insomma, in base a quanto accertato dalla difesa della donna, sarebbe impossibile risalire al centro trasfusionale di provenienza e al donatore del sangue. Il prossimo 21 dicembre, davanti al giudice Pontecorvo, della seconda sezione del Tribunale civile, saranno ascoltati i medici della struttura sanitaria: la donna ha intanto chiesto, come risarcimento, un milione di euro. La casa di cura, comunque, ha già sostenuto la totale estraneità alle accuse, escludendo qualsiasi responsabilità.


    www.iltempo.it/roma-capitale/2010/12/06/malata-di-hiv-dopo-la-trasfusione-...



    [Modificato da EverLastingLife 14/05/2020 23:50]
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    00 03/07/2015 10:06
    caso #11


    Paese: Italia

    Periodo di riferimento: 2009

    Esito: decesso

    Fonte: Positano News


    abstract: Per un caso di omonimia, ad un pensionato 75enne, l'ex commerciante Gerardo Fasolino, è stata somministrata una trasfusione-killer, che gli ha causato una crisi di rigetto fatale. Fasolino è morto entro sette ore dalla trasfusione. Era stato ricoverato per un'operazione all'anca relativamente semplice e per il resto portata a termine con successo





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    Salerno. Morì per uno scambio di sacche di sangue: quattro condanne

    Salerno. Morì per uno scambio di sacche di sangue: quattro condanne per i responsabili della morte del 75enne di Marina di Camerota, Gerardo Fasolino, deceduto il 2 luglio del 2009 all’ospedale ‘Ruggi’ di Salerno. L’uomo morì a seguito di una trasfusione di sangue per “reazione da immunocompatibilitá Abo”. La sentenza è stata emessa ieri mattina dal giudice monocratico Ennio Trivelli della seconda sezione del Tribunale di Salerno. Sostanzialmente rispettate le richieste di condanna del pm Giovanni Paternoster. I quattro rispondevano dell’accusa di omicidio colposo: un anno e due mesi sono stati comminati al tecnico di laboratorio Michele De Fina, un mese in più di condanna per l’ortopedico Ernesto Prisco e l’anestesista Stanislao Perciato. Un anno e sei mesi, invece, per l’altro medico ortopedico Luigi La Bella. Che è l’unico a non usufruire della pena sospesa essendo già recidivo. Pene leggermente inferiori rispetto a quanto aveva chiesto il pubblico ministero agli inizi di maggio dopo la requisitoria. Due anni fa, invece, aveva patteggiato la pena un infermiere che materialmente eseguì la trasfusione, mentre la posizione dell’altro infermiere, Roberto Cauciello in servizio al reparto di ortopedia al quale furono consegnate le sacche di sangue sbagliate che erano state trasportate dal servizio trasfusionale al reparto di ortopedia del ‘Ruggi’, è stata invece archiviata dopo la conclusione delle indagini preliminari. Il fatto risale al luglio del 2009. Gerardo Fasolino era stato sottoposto ad un intervento per la sostituzione di una protesi all’anca. A pochi giorni dall’operazione, che sembrava essere perfettamente riuscita, Gerardo Fasolino morì nel reparto di Ortopedia del San Giovanni di Dio e “Ruggi d’Aragona” dove era ricoverato. Fasolino fu stroncato da una complicazione successiva a una trasfusione. Un tragico errore che portò allo scambio delle sacche di sangue destinate una al 75enne di Camerota, ricoverato in ortopedia e l’altra a un altro paziente omonimo, degente della cardiochirurgia. Gerardo Fasolino, originario del piccolo borgo della costiera Cilentana, per quasi 40 anni aveva vissuto in Venezuela dove si era dedicato all’attivitá commerciale. Dopo una vita di sacrifi ci, era ritornato nel paese natale agli inizi del 2000. Qualche problema alle gambe lo aveva giá avuto, tanto che si era dovuto operare a entrambe le ginocchia. Poi il problema all’anca che lo costrinse alla fatale operazione.

    All’epoca dei fatti l’ospedale aprì anche una inchiesta interna poi sospesa in conseguenza dell’avvio di quella giudiziaria. I giudici,ieri, hanno ritenuto colpevoli i quattro professionisti perché lo scambio, sfuggito ai vari livelli di controllo previsti in caso di trasfusioni, non poteva non essere notato dal personale del ‘Ruggi’. La famiglia Fasolino (difesa dall’avvocato Gaetano Maiorino) intanto, ha avviato una azione civile per il risarcimento del danno. Presentata una richiesta di risarcimento per circa tre milioni di euro, che sarà discussa in un’altra sede. Una sequela di omissioni nei controlli dei dati e delle sacche - secondo la Procura - portarono il paziente alla morte, sette ore dopo l’inizio di quello scambio di sacche ematiche. Per il pm ognuno degli imputati con le proprie condotte omissive e colpose contribuì al decesso del paziente ed ha dunque formulato le richieste di condanna. Gli imputati erano difesi dagli avvocati Federico Conte, Lucio Basco, Giovanni Sofia.

    www.positanonews.it/2013/06/salerno-mor-per-uno-scambio-di-sacche-di-sangue-quattro-condann...




    [Modificato da EverLastingLife 16/05/2020 17:35]
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    00 03/07/2015 23:15
    caso #12


    Paese: Italia

    Periodo di riferimento: 1977-oggi

    Esito: ha contratto l'epatite C ed un tumore maligno (linfoma non Hogkin)

    Fonte: Corriere della sera


    abstract: Una trasfusione infetta praticata nel lontano 1977 ha fatto sentire i suoi effetti a trent'anni di distanza: il paziente ha contratto l'epatite C cronica, il linfoma maligno non-Hogkin e gravi danni psicologici (sindrome depressivo-ansiosa grave contrassegnata da «disperazione, insonnia, marcata irritabilità»)



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    Subì una trasfusione di sangue infetto
    Risarcimento record dopo 37 anni


    Il ministero della Salute condannato a versare un milione e 400 mila euro. Il legale del malato: «Svolta storica in questa materia»

    ROMA - Epatite C cronica, linfoma maligno non Hogkin non sconfitto dalla chemioterapia, sindrome depressivo-ansiosa grave contrassegnata da «disperazione, insonnia, marcata irritabilità». Sono le tremende conseguenze di una trasfusione di sangue infetto per la quale il Tribunale di Roma ha condannato il ministero della Salute è a un risarcimento record, pari a un milione 403 mila euro (la maggior parte, un milione 283 mila euro, per i danni biologico e non patrimoniale). La colpa del ministero, stando alla sentenza, è stata l’aver omesso «il dovere di vigilanza nell’interesse pubblico» previsto in materia di emoderivati. Tuttavia il ministero ha ancora tempo per impugnare la pronuncia e ottenere una riduzione della cifra.

    «IL LINFOMA FAVORITO DALL’EPATITE» - La via crucis del signor Giovanni (un nome di fantasia), 58 anni, ex titolare di una piccola impresa artigiana, ha una precisa data di inizio: il 15 gennaio 1977 quando, a causa di un incidente stradale, viene ricoverato nell’ospedale San Giuseppe di Marino e viene emotrasfuso. L’epatite C, secondo il giudice Federico Salvati, viene contratta allora, ma si manifesta solo nel 2006, accompagnata da sofferenze e depressione che impediscono al malato di lavorare e quasi di avere una vita di relazione. E quattro anni dopo, nell’agosto 2010, si scopre il linfoma non Hogkin, sul quale si legge nella sentenza: «In relazione a tale patologia oncologica, il c.t.u. (consulente tecnico d’ufficio, ndr) ha evidenziato che essa non è stata direttamente causata dall’epatite cronica, che però ne ha favorito l’insorgenza e che si trova nello stadio più avanzato, a prognosi peggiore».

    roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/14_febbraio_14/subi-trasfusione-sangue-infetto-risarcimento-record-37-anni-de49349a-9561-11e3-9c90-b9ccf089642e.shtml?refre...

    [Modificato da EverLastingLife 03/07/2015 23:16]
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    00 26/07/2015 11:43
    caso #13


    Paese: Italia

    Periodo di riferimento: 2009

    Esito: decesso

    Fonte: Giornale di Sicilia


    abstract: Altra trasfusione assassina nell'era del sangue 'sicuro': pensionato ucciso in un centro specializzato siciliano da una trasfusione di gruppo incompatibile.



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    Morì dopo una trasfusione killer, arriva la super perizia


    CALTANISSETTA. «Nel momento in cui è iniziata la trasfusione ho capito che c’era un problema e l’ho sospesa... poi mi hanno chiamato dal pronto e sono andato via e altri medici hanno continuato». È un passaggio dell’audizione resa da un medico del pronto soccorso del «Longo» al processo a nove imputati per la morte del pensionato Angelo Giulietti, stroncato nell’ottobre di sei anni fa dopo una trasfusione di sangue errata. Poi sul pretorio è salito l’analista che ha effettuato gli esami di laboratorio stabilendo il gruppo sanguigno e ha spiegato che il problema non era l’analisi perché «il gruppo era esatto ma il nome no». Un successivo scambio di provetta, quello che sembrerebbe emergere per un equivoco, ma fatale. Già perché poi al paziente sarebbe stato somministrato sangue di gruppo "A", invece che gruppo "B", arrivato dal centro trasfusionale di San Cataldo. Intanto, ancor prima si sentire i periti di parte, ieri il giudice Valentina Balbo ha incaricato due esperti che dovranno effettuare una super perizia.

    caltanissetta.gds.it/2015/04/16/mori-dopo-una-trasfusione-killer-arriva-la-super-perizia...
    [Modificato da EverLastingLife 26/07/2015 11:50]
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    00 03/10/2015 10:47
    caso #14


    Paese: Italia

    Periodo di riferimento: 2015

    Esito: riduzione in fin di vita

    Fonte: Corriere di Bologna


    abstract: 45enne che stava subendo un'operazione chirurgica è stato ricoverato in terapia intensiva dopo la trasfusione di due sacche di sangue incompatibile



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    Trasfusione sbagliata in sala operatoria
    Aperta un’inchiesta per lesioni colpose


    Il 45enne stava subendo un intervento chirurgico
    Le sacche di sangue scambiate per omonimia


    BOLOGNA - È stata aperta un’inchiesta per lesioni colpose, al momento contro ignoti, sulla vicenda del 45enne in terapia intensiva all’ospedale Maggiore di Bologna dopo gli sono state trasfuse per errore due sacche di sangue di un gruppo non corrispondente al suo: le condizioni dell’uomo, inizialmente molto gravi, sono in miglioramento.

    LE INDAGINI - I carabinieri del Nas, su delega della Procura, hanno acquisito le cartelle cliniche e sequestrato le due sacche vuote. Il paziente, italiano, ha avuto necessità di un’infusione durante un’operazione d’urgenza, in seguito ai traumi riportati in un incidente stradale. Secondo quanto ricostruito, alla base dell’errore ci sarebbe stato uno scambio di sacche per un’omonimia nel cognome. Quando ormai tutto il sangue era stato interamente trasfuso, un operatore sanitario si sarebbe accorto che sulle sacche c’era il cognome corrispondente a quello del paziente, ma un nome proprio diverso. Si trattava quindi di sangue destinato ad un diverso paziente, con il medesimo cognome, ricoverato in un altro reparto dell’ospedale. Al momento del fascicolo se ne occupa il procuratore aggiunto Valter Giovannini, coordinatore del gruppo «Sanità» della Procura di Bologna.

    LA VICENDA - all’ospedale Maggiore, nel corso di un intervento chirurgico a un paziente di 45 anni sono state trasfuse erroneamente due sacche di sangue di gruppo non corrispondente al suo. Le sue condizioni sono critiche.


    corrieredibologna.corriere.it/bologna/notizie/cronaca/2015/25-settembre-2015/trasfusione-sbagliata-sala-operatoria-paziente-fin-vita-maggiore-23019688211...
    [Modificato da EverLastingLife 03/10/2015 10:47]
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    00 07/07/2016 21:44
    caso #15


    Paese: Italia

    Periodo di riferimento: 2016

    Esito: decesso

    Fonte: Il Centro


    abstract: operaio di 48 anni, ricoverato d'urgenza in un pronto soccorso di Pescara per una forte anemia, ha subito due trasfusioni di sangue. Dopo la seconda è entrato rapidamente in coma; trasferito in Rianimazione, è morto dopo 4 giorni.



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    Pescara, operaio muore in ospedale dopo la trasfusione di sangue

    Cesare De Leonardis, 48enne di Spoltore, ricoverato per un’anemia, si aggrava e va in coma. Denuncia dei familiari in procura: parte l’inchiesta


    PESCARA. Dopo due trasfusioni di sangue è entrato in coma e poi è morto. È una fine ancora sospetta quella di Cesare De Leonardis, autotrasportatore ed escavatorista residente in via Ripoli a Spoltore che avrebbe compiuto 49 anni proprio ieri. Giovedì scorso, l’operaio è stato ricoverato in ospedale per una forte anemia, le sue condizioni si sono aggravate nel giro di poche ore e, poi, è rimasto per 4 giorni in Rianimazione prima di morire. I familiari, straziati dal dolore per una morte improvvisa e imprevedibile, si sono rivolti in procura, con una denuncia, per chiedere accertamenti: ieri, il pm Andrea Papalia ha disposto l’acquisizione della cartella clinica di De Leonardis. Oggi potrebbe essere richiesta l’autopsia per chiarire le cause di un decesso che appare ancora inspiegabile.

    Giovedì, De Leonardis, che per oltre vent’anni era stato un operaio della ditta Camperchioli costruzioni di Montesilvano fino alla chiusura dell’attività, aveva eseguito degli accertamenti in una clinica privata: si sentiva debole. In base alla prima risposta degli esami del sangue, il personale della clinica gli aveva consigliato di andare al Pronto soccorso: De Leonardis era stato così ricoverato nel reparto di Medicina per un’anemia visto che il valore dell’emoglobina era molto basso. Quindi, i medici hanno ordinato con un’urgenza una trasfusione. Dopo la prima, i medici hanno ritenuto necessario eseguire un’altra trasfusione. Ma dopo questa seconda operazione, le condizioni dell’operaio sono precipitate ed è entrato in coma: dalla Medicina, De Leonardis è stato trasferito in Rianimazione dove è rimasto per i giorni successivi. Durante il ricovero, i medici hanno cercato di capire cosa stesse accadendo ma l’unica scoperta sarebbe stata un edema cerebrale. La causa dell’edema, però, non sarebbe stata accertata. Dopo 4 giorni in Rianimazione, i medici hanno deciso che non c’era più niente da fare e sono stati staccati i macchinari che tenevano l’operaio in vita.

    La data dei funerali è ancora incerta ed è legata alla probabile autopsia. L’indagine è affidata alla sezione di polizia giudiziaria della procura.

    ilcentro.gelocal.it/pescara/cronaca/2016/03/16/news/muore-in-ospedale-dopo-la-trasfusione-1....

    (grassetto mio)


    La vittima.


    blitzquotidiano.it
    [Modificato da EverLastingLife 17/05/2020 22:31]
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    00 13/07/2016 11:19
    caso #16


    Paese: Italia

    Periodo di riferimento: 1987-2007

    Esito: decesso

    Fonte: Terre Marsicane


    abstract: morto dopo un trentennale 'calvario di sofferenze' dovuto ad una trasfusione di sangue infetta. L'articolista dice che le famiglie delle vittime delle emotrasfusioni ('falcidiate a centinaia') si sono riunite in un'associazione "perché l’evidenza dei fatti e i nessi di causalità fossero riconosciuti e le responsabilità accertate e sanzionate."



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    Morto dopo un calvario per trasfusione di sangue infetto. Ministero condannato

    AvezzanoAnni e anni di sofferenze e ricoveri ospedalieri, la negazione di una vita normale. Questa è stata la drammatica eredità, per un ragazzo al tempo diciassettenne, di un intervento subito in un ospedale campano. Prima dell’intervento al giovane era stata praticata una trasfusione.

    La normativa del tempo non prevedeva un monitoraggio efficace del sangue e degli emoderivati per trasfusione. Per il ragazzo e i suoi familiari era iniziato un lungo calvario di sofferenze, conclusosi tragicamente nel 2007, con la morte del paziente, ormai quarantasettenne, in un ospedale torinese. I genitori, provati da anni di sofferenze e dalla perdita dopo una devastante via Crucis, si sono battuti perché l’evidenza dei fatti e i nessi di causalità fossero riconosciuti e le responsabilità accertate e sanzionate. Una battaglia condotta da tante famiglie vittime, come i loro congiunti, di una gestione di questo aspetto specifico dell’ambito sanitario che, nei decenni addietro, ha falcidiato centinaia di persone.

    I fatti sono stati ripercorsi nel contenzioso celebrato dinanzi al giudice del Tribunale di Avezzano, Giuseppe Giordano, che ha accolto la domanda dei ricorrenti, F.G. e I.A., assistiti dagli avvocati Paolo Di Gravio e Maria Grazia Spina, condannando il Ministero della Salute a risarcire, con una somma di cinquecentomila euro circa, gli anziani genitori.

    “Un riconoscimento dovuto, ma che non potrà mai colmare una grave e assurda perdita” ha commentato l’avv. Di Gravio.

    www.terremarsicane.it/morto-dopo-un-calvario-per-trasfusione-di-sangue-infetto-ministero-con...

    (grassetto mio)




    [Modificato da EverLastingLife 18/05/2020 23:22]
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    00 17/07/2016 11:15
    caso #17


    Paese: Italia

    Periodo di riferimento: 1991 - presente

    Esito: ha contratto la cirrosi epatica ad un cancro allo stomaco. Asportazione obbligata di vari organi interni

    Fonte: Repubblica


    abstract: Questa volta parliamo di una 'vittima semi-eccellente': si tratta di Angelo Magrini, disegnatore pubblicitario per il Mulino Bianco. Nel 1992 è stato trasfuso con una sacca di sangue infetto (epatite C). In seguito gli sono stati diagnosticati la cirrosi ed un tumore, e gli sono stati asportati stomaco, milza, colecisti, un rene e la prostata. Magrini dice: "So che di sangue infetto morirò". "Morirò di cirrosi epatica senza poter lasciare nulla ai miei due figli". Secondo Magrini, 'non v'è alcuna certezza che oggi il sangue negli ospedali italiani sia pulito'.



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    Angelo Magrini: "Una trasfusione ed è iniziato l'incubo, siamo vittime di Stato"

    ROMA. ANGELO Magrini nel 1978 ha disegnato la grafica del Mulino bianco, nel 1993 ha contribuito a mandare in carcere Duilio Poggiolini, l'uomo con 10 miliardi di lire nel puff del salotto. A 65 anni, cioè ieri, Angelo Magrini dice: "So che di sangue infetto morirò".

    Quando è iniziato il suo incubo, Magrini?
    "Venticinque anni fa, ero con mio figlio a bordo di una Croma, su una strada della cintura torinese. Un incidente, una pioggia di vetri che mi travolge. Mio figlio è illeso, io perdo sangue. Mi portano all'ospedale delle Molinette con un'emorragia in corso".

    E al pronto soccorso?
    "Una sacca di emoderivati mi viene iniettata in vena. L'ho rintracciata, ricordo il numero del lotto".

    Cosa c'era dentro quella sacca?
    "Sangue infetto, epatite C. Basta un donatore sbagliato sui ventimila con cui si costruisce un emoderivato. Credo che chi mi ha infettato fosse straniero".

    Come fa a dirlo?
    "L'associazione di cui sono presidente ha ricostruito come molti donatori, soprattutto negli Stati Uniti, in quegli anni venivano rintracciati tra le persone che avevano necessità di guadagnare. Nei ghetti del Sud dell'America, tra i tossicodipendenti delle metropoli, nelle carceri. Una prigione dell'Arkansas, e anche una in Angola, hanno messo in circolazione migliaia di sacche infette".

    L'Italia le faceva circolare?
    "Fino al 1992 nessuno ha controllato. Per dolo, complicità pagata, negligenza".

    Qual è l'arco di tempo da tenere sotto controllo?
    "Dall'inizio dei Settanta al 1992. Oggi nel nostro paese ci sono120 mila infettati dallo Stato. Hanno chiesto tutti un risarcimento".

    Vada avanti. Quando ha scoperto che dentro il suo corpo scorreva sangue contaminato dall'epatite?

    "Nei quattro anni successivi all'incidente ho vissuto con un senso di pesantezza, sentivo dolori al fegato, sempre più forti. Nel 1996 scoprono una cirrosi epatica: non sono un bevitore, non mangio forte. Mi prendono il sangue: ho un cancro allo stomaco. I linfonodi prodotti nel fegato. Un anno dopo mi hanno portato via lo stomaco. Poi la milza, la colecisti, un rene, la prostata. Sette interventi chirurgici. E la chemioterapia, nuove trasfusioni. Questa volta buone, donatori conosciuti".

    Ha smesso di lavorare?
    "Sì, non potevo più. Ma ho iniziato ad allestire indagini, ascoltare altri sfortunati, costruire dossier. Ho fatto aprire un'inchiesta alla procura di Trento che poi, trasferita a Napoli, si è perduta tra errori e indifferenze".

    Ha la febbre alta Angelo Magrini. Si ferma spesso. Respira male, piange. Conosce le storie di molti degli infetti?
    "Quattro emofiliaci su dieci sono sieropositivi. Un ragazzo, morto a 32 anni, aveva contratto l'Aids a tre. Sono morte già 2.600 persone, un dolore senza giustizia".

    Lei è tra i seimila riconosciuti come vittime. Che cosa ha avuto dallo Stato?
    "Dal 1992 una cifra ogni due mesi che oggi vale 1.080 euro, mai rivalutati".

    Ieri la Corte di Strasburgo ha chiesto per voi un risarcimento di 10 milioni di euro.

    "Spero di vivere abbastanza per vedere la mia parte e spero di continuare a lavorare per tutti quelli che meritano l'indennità. Ho un grande peso sul cuore: morirò di cirrosi epatica senza poter lasciare nulla ai miei due figli".

    Si può guarire di epatite, in Italia?
    "I ricchi, possono. Da noi la terapia costa 48.000 euro, in Egitto 1.200 euro".

    Oggi c'è certezza che il sangue negli ospedali italiani sia pulito?

    "No. Ottanta persone l'anno vengono ancora infettate. Alcuni donatori hanno una malattia nascosta, viene fuori quando il sangue è già nel corpo di un'altra persona".

    www.repubblica.it/cronaca/2016/01/15/news/angelo_magrini_una_trasfusione_ed_e_iniziato_l_incubo_siamo_vittime_di_stato_-13...

    (grassetto mio)


    Angelo Magrini.


    acep-piemonte.it

    Magrini, che era presidente di un'associazione di vittime di trasfusioni infette con migliaia di iscritti, è scomparso nel 2017.
    [Modificato da EverLastingLife 23/05/2020 11:14]
  • EverLastingLife
    00 19/07/2016 23:35
    caso #18


    Paese: Italia

    Periodo di riferimento: 2007 - presente

    Esito: ha contratto l'epatite B

    Fonte: Repubblica


    abstract: ricoverato in ospedale a Bologna per un incidente, un albanese subisce un intervento chirurgico durante il quale gli viene somministrata una trasfusione di sangue infetto. Gli sono stati riconosciuti danni per oltre 50.000 euro ed il diritto ad una pensione mensile d'invalidità permanente



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    Bologna, contrae l'epatite per trasfusione di sangue infetto: il risarcimento non arriva

    Dopo nove anni un giovane albanese di 28 anni non ha ricevuto la pensione di invalidità e 54mila euro di danni. Gli avvocati: "Assurdo, giustizia è fatta ma solo in apparenza"

    BOLOGNA - Si ammalò di Epatite B dopo una trasfusione di sangue infetto in ospedale, dove era ricoverato in seguito ad un grave incidente stradale. A quasi nove anni di distanza, nonostante una sentenza civile del tribunale di Bologna che ha condannato il ministero della Salute all'indennizzo, il giovane, albanese di 28 anni, non ha ancora ricevuto quanto gli spetta: 54mila euro, più gli interessi, cioè il calcolo della pensione di invalidità che non ha percepito in questi anni e il diritto d'ora in avanti a 730 euro mensili. Lo denunciano i suoi avvocati, il penalista Savino Lupo e il civilista Fabio Massimo Addarii, che a questo punto dovranno ricorrere al Tar per ottenere l'ottemperanza dell'esecuzione della decisione.

    La trasfusione che portò all'infezione è dell'estate del 2007, quando il giovane, dopo l'incidente, fu ricoverato all'ospedale Maggiore e fu sottoposto ad un intervento chirurgico. Riscontrata l'infezione e documentato che era stata causata dalla trasfusione,
    si chiese l'indennizzo. L'Ausl, però, rigettò il ricorso; la difesa allora si appellò al ministero che, dopo aver chiesto ulteriori certificazioni sanitarie, respinse la richiesta a maggio 2013. Partì allora la causa in tribunale, dove fu portata una perizia del professor Giuseppe Francesco Stefanini, primario a Faenza, che confermò la presenza dell'infezione, in linea con il consulente tecnico d'ufficio.

    La sentenza del giudice è del marzo 2015, esecutiva da luglio e passata in giudicato da settembre: dichiarò che l'albanese ha diritto all'indennizzo ai sensi della legge che lo prevede per chi abbia avuto danni da complicanze irreversibili a causa di trasfusioni. Il ministero è stato condannato anche al pagamento delle spese legali. Ma, segnalano i difensori, ad oggi il loro assistito non ha ricevuto nulla. "È assurdo: giustizia è fatta - ha detto l'avvocato Lupo - ma solo in apparenza, perché per poterla concretamente attuare bisogna ricorrere ad altri giudici e questo perchè controparte non è un privato ma la pubblica amministrazione".


    bologna.repubblica.it/cronaca/2016/03/17/news/bologna_contrae_l_epatite_per_trasfusione_di_sangue_infetto_il_risarcimento_non_arriva-135713262/?re...

    (grassetto mio)

    [Modificato da EverLastingLife 20/07/2016 10:46]
  • EverLastingLife
    00 18/10/2016 12:11
    caso #19


    Paese: Francia

    Periodo di riferimento: 1986-2016

    Esito: ha contratto l'epatite C

    Fonte: La Nazione


    abstract: 1986. Un'italiana di 22 anni che al momento si trova in Francia viene ricoverata a Marsiglia per un incidente stradale, dove le viene praticata una nutrita serie di trasfusioni di sangue. A seguito di tale trattamento contrae l'epatite C, una malattia invalidante e irreversibile. Nel 2013 le viene riconosciuto un risibile risarcimento di 6800 euro.



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    Contrae l’epatite C da sangue infetto. Seimila euro di indennizzo

    L’odissea trentennale di una maremmana dopo l’incidente in Francia

    Grosseto 6 febbraio 2016 - Trent'anni di battaglie per vedersi riconosciuto un diritto che appare inequivocabile: il risarcimento per avere contratto l’epatite C a seguito di una trasfusione di sangue infetto. Così una maremmana di 52 anni ha trascorso la maggior parte della sua vita. Ottenendo alla fine «briciole» che aggiungono soltanto rabbia al dolore e allo stato di depressione che l’accompagna da quel settembre del 1986. Lo Francia, ventinove anni dopo averle rovinato la vita le ha offerto 6.824 euro quale indennizzo per l’errore commesso nell’ospedale di Marsiglia. La Regione Toscana ha archiviato la pratica perché non ritenuta pertinente, «in quanto il danno era stato causato da un ospedale francese». Non trovando accoglimento neanche al tribunale di Grosseto. Non perché non le sia stato riconosciuto il danno subito, ma perché ci si è rivolta troppo tardi rispetto ai tempi burocratici della giustizia. Già.

    Ma andiamo per ordine. Nel 1986, il 29 settembre, la maremmana allora ventiduenne resta gravemente ferita in un incidente stradale capitatole vicino Le Luc, in Francia. «Fui sbalzata fuori dall’auto – ricorda – e caddi pesantemente sull’asfalto, sopra il guard-rail e poi rotolai lungo una scarpata». Fui soccorsa e trasportata in ospedale a Marsiglia e qui sottoposta ad alcuni interventi chirurgici e a numerose trasfusioni: le furono somministrate 25 sacche di sangue. Qualcuna o anche solo una era infetta, tanto che la cinquantaduenne ha contratto l’epatite C. Da allora è iniziato il calvario, che lei ha scoperto quattro anni dopo, nel 1990 quando si sottopose a un prelievo per diventare donatrice Avis: impossibile. E’ iniziata così la lunga battaglia per farsi una ragione di avere contratto una malattia da cui non si torna indietro, invalidante e che preclude alcune strade, qualche volta anche solo per ignoranza di chi ti sta intorno. «Mi trovai improvvisamente davanti a una realtà sconosciuta – spiega – provavo paura, vergogna, l’ignoranza e i pregiudizi mi ponevano davanti domande: cosa fare? A chi rivolgersi? Che problemi determinava questo virus?».

    Fu proprio in quegli anni, poi, che emersero gli scandali del sangue infetto. Gli anni di Tangentopoli. Poi la decisione di chiedere il conto di quanto subito, pur non sapendo bene come muoversi, perché di fronte aveva uno Stato straniero contro cui combattere e quello italiano poco propenso a sostenerla. Nel 2003 la Regione Toscana alla sua richiesta di indennizzo per avere contratto l’epatite «C» ha risposto che «il danno era stato causato in un ospedale francese e quindi essendone responsabili ne dovevano rispondere loro». «Considerato che all’epoca per i paziente italiani curati all’estero c’era la copertura delle spese da parte della Regione – sottolinea la cinquantaduenne – pensavo che la Regione fosse interessata a rivalersi sullo Stato francese che aveva causato il danno». Invece no. Pratica archiviata e la donna lasciata sola a combattere la sua battaglia, insieme soltanto all’epatite e a una grave forma di depressione. A ottobre del 2010 improvvisamente la Francia si sveglia e a seguito dell’istituzione di un fondo di indennizzo Oniam, ideato per risarcire danni simili. «Decido di fare domanda nel 2013 – conclude – e a ottobre scorso mi riconoscono 6.800 euro. Mentre leggevo non credevo ai miei occhi. Non sapevo se ridere o piangere. Se pensare a un errore: trent’anni di malattia e una vita persa con tutte le conseguenze del caso e le risorse impegnate tra tribunali e cure. «Mi chiedo perchè nel 2003 la Regione archiviò il caso, se era un mio diritto come riconosciuto dal tribunale di Grosseto, cui però mi sono rivolta troppo tardi?». Chi vuole risponderle? Ci trinceriamo ancora e solo dietro la bestiale burocrazia a compartimenti stagni?

    (grassetto mio)

    www.lanazione.it/grosseto/cultura/epatite-sangue-infetto-indennizzo-1...





    [Modificato da EverLastingLife 17/10/2020 23:32]
  • EverLastingLife
    00 22/10/2016 23:42
    caso #20


    Paese: Galles

    Periodo di riferimento: 2014

    Esito: decesso

    Fonte: WalesOnline


    abstract: Dopo un banale intervento chirurgico, William Hopkins ha subito un ictus che lo ha lasciato dapprima paralizzato su tutto il lato sinistro, e quindi lo ha ucciso. Si è appurato che la morte è dipesa dalla presenza di bolle d'aria nelle sacche di sangue utilizzate per le trasfusioni



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    Padre di cinque figli muore a seguito di madornali errori durante una operazione di routine di sostituzione al ginocchio

    Alla famiglia di William Hopkins un risarcimento imprecisato a seguito degli errori

    Un uomo, padre di cinque figli, ha avuto un grave ictus e poi è morto dopo che il personale dell'NHS ha commesso degli errori in una procedura di routine durante un intervento al ginocchio.

    William Hopkins era "di buonumore" quando è uscito dalla sala operatoria dopo l'intervento chirurgico di sostituzione del ginocchio al Nevill Hall Hospital di Abergavenny. Ma a seguito di una terapia emotrasfusionale di due ore, il signor Hopkins si è sentito male, aveva il fiato corto ed ha iniziato a perdere i sensi.

    Successivamente si è scoperto il pensionato aveva avuto un ictus che ha provocato notevoli danni al cervello e lo ha lasciato paralizzato lungo il lato sinistro del suo corpo. A seguito di un'indagine, è stato accertato che l'aria che era presente nel regolatore di pressione della sacca di sangue e la stessa trasfusione di sangue hanno probabilmente causato l'ictus. Nel 2014, tre anni e mezzo anni dopo l'errore sanitario, il signor Hopkins è morto a 79 anni per le debilitanti conseguenze cardiache dell'operazione.

    La sua famiglia, con il cuore spezzato, ha detto che il signor Hopkins, appassionato giocatore di bocce, è passato dall'essere uomo premuroso e gioviale al diventare aggressivo, in stato confusionale e talvolta violento.

    Il figlio Gareth Hopkins ha detto: "Cercheremo di ricordarlo come l'assoluto gentleman che era prima dell'operazione, piuttosto che come la persona che abbiamo conosciuto negli ultimi tre anni e mezzo della sua vita, che ci era completamente estraneo. Siamo pieni di rabbia non solo nei riguardi della persona che ha effettuato l'operazione, ma verso il procedimento sanitario nel suo complesso".

    Mr Hopkins aveva sofferto di persistenti problemi alle gambe per diversi anni ed è andato sotto i ferri per una sostituzione di routine del ginocchio nel giugno 2011. "E 'stato portato nel reparto di terapia intensiva dopo l'operazione ed era assolutamente soddisfatto, rideva e scherzava", ha aggiunto Gareth. Ma si è constatato che non vi era stato alcun deflusso del suo sangue prima della trasfusione, il che significa che era presente dell'aria nel regolatore di pressione e nella linea di trasfusione.

    "Ha perso l'uso del suo lato sinistro e ha subito un danno del lobo frontale del cervello. E 'stato assolutamente devastante." Nelle settimane e nei mesi che seguirono, le condizioni di Mr Hopkins erano 'deteriorate al punto che non era più in grado di badare a se stesso. La famiglia non ha avuto altra scelta che ricoverarlo in una struttura privata. Il signor Hopkins alla fine è morto l'8 maggio 2014, tre anni dopo l'infortunio, dopo aver combattuto con ricorrenti attacchi di polmonite.


    www.walesonline.co.uk/news/health/father-four-died-following-medical-...

    (traduzione e grassetto miei)

    La vittima.





    [Modificato da EverLastingLife 17/10/2020 23:19]
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