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I LIBRI BIBLICI DEUTEROCANONICI

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    00 28/09/2013 11:44
    Viene ripetuta spesso questa obiezione

    Girolamo disse che i deuterocanonici erano solo buoni da leggere ma non per stabilirvi una dottrina, l'ispirazione dei libri deuterocanonici fu infatti negata da Origene, Atanasio, Epifanio di Salamina, Ilario di Poitiers, Gregorio Nazianzeno, Cirillo di Gerusalemme, Melitone da Sardi, Rufino, Anfiloco di Iconio, Girolamo (che li inserì in appendice alla Vulgata) e Giovanni di Damasco.

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    Papa Damaso, proprio al tempo di Girolamo, e proprio in considerazione di queste discussioni, sorte a seguito del vecchio e cattivo lievito giudaico che cercava di introdurre e di imporre un canone diverso da quello che gli apostoli avevano avuto tra le mani (la settanta), in assenza di una dichiarazione definitiva e vincolante, dispose un accertamento circa tutti i libri circolanti. Questo accertamento durò circa un secolo al termine del quale, fu papa Gelasio che dichiarò quali dovevano essere i libri da ritenere apocrifi a quali invece no, con il famoso decreto Gelasiano.

    Dunque, ribadiamo, un secolo di accertamenti.

    Pertanto furono attentamente vagliate, soppesate, confrontate tutte le varie opinioni, discussioni, citazioni, affermazioni, fatte da tutti i singoli Padri, sia di età apostolica che subapostolica che post aspostolica, tanto orientali che occidentali, nonché l’esame attentissimo dell’uso dei libri sacri in tutte le varie chiese locali.

    Per fare tutto questo dunque è stato necessario far ricorso a tutto il bagaglio che formava la tradizione.

    Tu stesso per avvalorare la tesi contraria ai deuterocanonici stai facendo ricorso alla tradizione nominando padri della chiesa e facendo alcune citazioni di S.Girolamo. Evitando però di citare tutto quello che loro stessi o altri hanno detto e scritto a favore dei deuterocanonici.

    Se dunque per ricostruire tutto ci volle un secolo, noi qui non possiamo pretendere di poter avere tutti i singoli dettagli che furono esaminati. Tuttavia per darti una idea di questo paziente lavorio di ricostruzione evidenzio alcune citazioni.

    I seguenti scrittori hanno negato solo in teoriama non in pratica, l'ispirazione dei deuterocanonici:

    san Melitone di Sardi (circa a 170), Origene (circa a 240), nel secolo IV san. Cirillo di Gerusalemme, sant’Ilario, sant'Atanasio, san Gregono Nazianzeno, sant'Epifanio, sant'Anfìlochio e l'autore dei Canones Apostolorum, nel secolo V abbiamo ancora Rufino, san Girolamo e lo Pseudo Atanasio.

     

    Va rilevato però che questi autori non sono tutti indipendenti fra loro nel negare in teoria l'ispirazione dei deuterocanomci, alcuni di essi, per venerazione verso i propri maestri, non fanno che riferire l'opinione di questi; cosi sant'Ilario dipende da Origene, Rufino nel suo Commentarius in symbolum Aportolorum, dove riferisce l'elenco dei soli protocanomci, dipende dalle catechesi di san Cirillo di Gerusalemme, nelle quali questi aveva parimenti enunciato l'elenco dei soli protocanonici, e dipende anche da sant'Atanasio, lo Pseudo Atanasio dipende da sant'Atanasio.

    Nei particolari, i singoli scrittori di questo gruppo non sono perfettamente d'accordo fra loro: così, alcuni di essi (es sant'Atanasio e san Cirillo di Gerusalemme) considerano deuterocanonico l'intero libro di Ester, secondo una sentenza assai sostenuta dai giudei a quel tempo, ed invece tengono come protocanonico il libro di Baruc, tuttavia qui a noi interessa il fenomeno dottrinale non nei particolari ma in sé, cioè il fatto che essi in genere negano teoricamente la canonicità dei deuterocanomci.

    Dobbiamo rilevare subito che in pratica, tutti, quegli scrittori considerano ispirati e canonici i Deuterocanonici dell’AT (eccetto forse san Melitone, come vedremo meglio appresso).

    Ciò si può documentare con le citazioni che essi ne fanno, adducendo passi dei deuterocanonici con gli appellativi " Scrittura sacra ", " parola divina " "sta scritto" o simili, oppure citano frasi di deuterocanonici attribuendo loro la stessa importanza e la stessa autorità che alle frasi dei protocanonici.

    ORIGENE: prendendo ad esempio l’indice delle citazioni bibliche, già nella sola opera DE PRINCIPII edizione UTET che ho sottomano), cita

    4 volte il libro di Tobia, 2 volte Ester, 2 volte la 2 Maccabei, 1 volta Baruc, 15 volte il libro della Sapienza, 4 volte il Siracide (Ecclesiastico).

    Di queste citazioni abbiamo per esempio questa introduzione (libro I, 5 pag.147): "ma vediamo come le nostre affermazioni siano suffragate anche dall’autorità della Scrittura: segue la citazione del libro della Sapienza 7,25)

    Quindi in sostanza questi autori, pur risentendo in teoria per quanto riguarda il canone, del cattivo lievito dei farisei ormai declassati da Cristo, DI FATTO però si comportavano come si comportava la maggioranza delle chiese e cioè, leggevano, usavano e citavano tutti i deuterocanonici.

    Di S. Girolamo abbiamo già visto che DI FATTO citava i deuterocanonici come Scrittura sacra in diverse occasioni.

    Allo stesso modo si comportavano gli altri autori dubbiosi in teoria ma che in pratica usavano e citavano i deuterocanonici.

    Di Melitone ci è conservato solo un canone dell’AT in cui non sono elencati i deuterocanonici: e siccome sono andate DEL TUTTO PERDUTE le altre sue opere, non siamo in grado di dire se anch'egli in pratica abbia attribuito ai deuterocanomci un'autorità divina che ha loro negato in teoria.

    Quindi non si può dire che lui fosse in disaccordo.

    Inoltre vi è da notare che la negazione dei deuterocanonici dell’A.T. da parte dei cataloghi di quell'epoca, non è universale' : ne esistono alcuni proprio di quei tempi, i quali elencano, oltre ai protocanonici, tutti i deuterocanonici dell’A.T.

    Essi sono il Canone CIaromontano (9), del IV secolo, e il Canone Mommseniano (10), del 360 circa, proveniente dall'Africa latina. Il Canone Siriaco (11), del 400 circa, enumera tra gli scritti canonici: Giuditta , Eccli., Sap., 1 e 2 Mac., molto probabilmente (considerando il numero degli stichi attribuiti a Geremia) anche Bar, e le parti deuterocanoniche del libro di Daniele (sempre tenuto conto del numero dei versetti attribuito a questo libro) solo non si fa cenno del libro di Tobia, e, a quanto pare dal numero degli stichi, della parte deuterocanonica del libro di Ester.

     

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    00 28/09/2013 11:47

    Veniamo ora alle considerazioni circa gli autori che invece non avevano espresso dubbi.

    1)Gli apostoli e Gesù usavano, leggevano e citavano dalla versione dei settanta, che contenevano i deuterocanonici e non espressero nessuna condanna verso di esse, anzi si riferivano anche ad esse con le espressioni del tipo "tutta la Scrittura è ispirata e utile…"

    2) I padri apostolici citano più volte i deuterocanonici, senza fare differenze rispetto ai protocanonici.

    La Didache (sec. I d.C.) (6) cita 4 volte il Siracide (detto anche Ecclesiastico) e 2 volte il libro della Sapienza

    Clemente Romano (circa a. 96), I Epistola ai Corinti cita

    Giuditta


    Daniele

    Ester

    Siracide

    Sapienza

    8 ss

    9,11

    3,24

    14

    2,11

    2,24

    11,22

    12,12

    12,10


    San. Policarpo (circa a 135), Epistola ai Filippesi 10,2 cita due volte Tobia. 4,10; 12,9

    Pastore di Erma (circa a. 150) (7) cita Siracide 2,3 Sap. 1,14 2 Mac. 7,28

    A tali referenze, se ne potrebbero aggiungere altre. Però lo specchietto mostra già a sufficienza come quegli antichissimi autori avessero familiarità con i deuterocanomci dell'A.T.

    Da notare che nessun Padre apostolico ha mai mosso il minimo dubbio contro l'ispirazione dei deuterocanomci dell'A.T.


    gli apologisti

    Se dai Padri apostolici passiamo agli apologisti, troviamo la continuazione della stessa tradizione. Familiarità con gli scritti deuterocanonici dell'A.T., che citano o ai quali alludono, e nessun dubbio circa la loro ispirazione.

    Qui basti riportare qualche punto dagli scritti di san Giustino e di Atenagora .

    San Giustino (circa a 150) Nella I Apologia, 46 ricorda Anania, Asana e Misaele, cioè i tré fanciulli di cui parla Daniele, e precisamente con questi nomi e con questo"ordine, proprio come si ha nella parte denterocanonica di Dan, 3.

    Ma più importante ancora è un passo del Dialogo con Trifone (PG 6,641 644) dove S.Giustino dice testualmente:
    " deve ritenersi parte della Scrittura tutto ciò che c'è nella versione dei Settanta, anche quelle parti che i giudeiarbitrariamente hanno tolto ".

    Questa è una affermazione di capitale importanza, che ci fa capire quale era la reazione della Chiesa primitiva di fronte all’ingerenza giudaica sulle decisioni e la vita della comunità cristiana.

    Atenagora (circa a 175) ha il seguente passo

    " Non credo che ignoriate gli scritti di Mosè, di Isaia, di Geremia e degli altri profeti, i quali mossi dallo Spirito Santo ripetevano ciò che veniva loro ispirato, quali strumenti dello stesso Spirito .

    Che cosa dicono essi? " II Signore è il nostro Dio, non ve n'è un altro che possa paragonarsi a lui " (citazione letterale di Bar 3, 36) ")

    Donde vediamo che Atenagora mette Baruc sullo stesso piano di Mose e dei grandi profeti, e dice espressamente che era mosso dallo Spinto Santo.

    secoli II-III

    Proseguendo nel tempo, dopo l'epoca degli apologisti propriamente detta, troviamo alla fine del sec. II e nella prima meta del III, sei altri grandi scrittori cristiani sant'Ireneo, Clemente Alessandrino, Tertulliano, sant'Ippohto, san Cipriano, san Dionigi Alessandrino.

    Con essi nsalta ancor meglio l'insegnamento circa i deuterocanonici dell'A.T., perché ne riferiscono più frequentemente dei passi, e spesso notando espressamente che si tratta di Scrittura ispirata oppure equiparando quei passi di deuterocanonici a passi di protocanonici.Anche presso questi sei scrittori, inoltre, non troviamo alcuna traccia di dubbio circa Inspirazione dei deucerocanonici dell'A.T. In particolare si deve notare.

    Sant'Ireneo (circa a 190) riferisce Baruc come profeta uguale a Geremia (Adv ' hoct, V,35,1 PG 7,1219). allega Tobia, chiamandolo profeta (Adv Haer , I, 30,11

    PG 7,701), riporta Dan 13 come "Scrittura" e Dan 14 (Adv Haer . IV, 5226,3 i PG 7,984 1054)

    Clemente Alessandrino (circa a 200) nei suoi scritti ha citazioni o chiare allusioni tolte da^ tutti i deuterocanonici dell'A T (eccetto 1 Mac ), compresi Dan ed Est , e spesso aggiunge che si tratta di Scrittura o da alle citazioni dei deuterocanonici la scessa importanza di quelle dei protocanonici Notevole la frequenza con cui si nfe nsce ad alcuni deutero canonici a Bar più di 20 volte, a Eccli una cinquantina di volte, a Sap. più di 20 volte.

    Tertulliano (circa a 210) ha citazioni di tutti i deuterocanonici dell'A T , eccet cuaco sofo'tob, equiparando di solito anch'cgh i passi di denterò e ano mei a passi di libri o di autori protocanonici. Anzi, come aveva già fatto san Giustino, rinfaccia ai giudei la colpa di aver arbitrariamente accorciato il canone delle Scritture (De cultu. fem: 1,3 TL 1,1308 [1422]). I Sane' Ippol ito (circa a 230) considera il libro di Baruc come " Scrittura ", da

    ai passi deuccrocanonici di Daniele la stessa importanza di quelli prococanonici, ritiene i Sapcome "profezia"

    San Cipriano (circa a 250) il libro di Baruc è un oracolo dello Spinto Santo,'e i due libri dei Mac hanno la stessa autorità probativa che i libri protoca-nomci dell'A T.

    San Dionigi Alessandrino (circa a 250) mette Tob sul piano della ' Scrittura ", e ritiene i detti del Siracide come " parole divine ".

    e) secoli IV-V

    Durante i secoli IV e V continua vigorosa la corrente di autori che non fanno riserve sui deuterocanonici (nonostante che nel secolo IV e nei primi anni del V, come vedremo, si noti un certo accentuarsi anche del gruppo di scrittori ecclesiastici che solo in teoria si dichiarano contrari ai deuterocanonici, ma che poi in pratica li citano al pari delle altre Scritture.

    Fra essi, in modo speciale, si devono qui ricordare i seguenti Afraate e sant'Efrem della Chiesa di Siria, san Basilio e san Gregorio Nisseno, cappadoci, che, usando tutti i deuterocanomci dell'A T come scritture divine, rendono ancora più precari, come osserveremo, i dubbi teorici sollevati dal loro connazionale e contemporaneo san Gregono Nazianzeno.

    Soprattutto sant’ Agostino il più insigne di tutto il periodo patristico e grandissimo Dottore della Chiesa, sempre sollecito di indagare e riferire ciò che la Chiesa universale, e la Chiesa romana in modo particolare, credevano, egli, come abbiamo visto (p. 122) intervenne al Concilio di Ippona e ai Concili 3° e 4° di Cartagine, nei quali fu definito il canone completo dell'A.T.(quindi si smetta di dire che i deuterocanoncici furono "aggiunti" nel concilio di Trento), molte nelle sue opere, citò come Scrittura tutti i deuterocanonici dell'A.T.; ed anzi, fornì anche l'elenco totale dei libri dell'A.T. nel De doctrina chnstiana (2,8.12s.. PL 34,40s.) dell'anno 397, come avevamo già visto.

    Sulla scia di questi scrittori pienamente favorevoli ai deuterocanonici dell'A.T. si misero poi, sempre più numerosi, gli autori dei secoli seguenti, tanto che la sentenza della completa canonicità dei deuterocanonici non solo si mantenne preponderante, come già era, ma divenne moralmente unica.

    Alla luce di tutti questi elementi, secondo te, la Chiesa avrebbe dovuto togliere dei libri solo perché alcuni, e neanche in modo coerente, avevano espresso dei dubbi?

    Anche per il NT ci sono stati molti valenti padri e intere chiese locali che hanno espresso dubbi.

    Secondo te la Chiesa avrebbe dovuto togliere dei libri del NT solo perché alcuni avevano espresso dubbi. Non avrebbe dovuto, come in realtà, e giustamente ha fatto, tener conto di TUTTI GLI ELEMENTI in gioco e trarre una conclusione?

    La conclusione è stata infatti che nel concilio di Trento sono stati dichiarati vincolanti quei libri che la Chiesa, nell’arco di tutta la sua tradizione, considerando appunto tutti i detti e gli scritti dei padri, pesando debitamente ogni cosa dall’inizio, già di fatto possedeva e professava.

    [Modificato da Credente 28/09/2013 11:52]
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    00 28/09/2013 11:53

    Girolamo cita Tobia 12,7 nel suo commento al libro dell’Ecclesiaste dell’anno 386-387;

    cita Giuditta 9 nel suo commento a Matteo del 398, introdotto dall’espressione " leggiamo nella Scrittura…."

    Cita Sapienza 4,8 nel commentario a Geremia del 414-416, preceduto dall’espressione "l’eloquente profeta".

    Afferma, come riportavo nel mio post precedente ad es. (a. 395) che "il libro di Tobia, pur non essendo nel canone è adoperato da molti autori ecclesiastici" (PG 25, 1119); finì talvolta con l'ammettere il loro carattere sacro: quando pone Giuditta con Rut ed Ester "donne di tanta gloria da dare il loro nome a libri sacri" (PG 22, 623); quando afferma (PG 29, 39) che al Concilio Niceno Iudt. fu adoperato come libro sacro ecc.

    Per queste e tante altre sue citazioni dei deuterocanonici, (se ne contano appunto circa 200 ) vi è un libro di L.Sanders intitolato Etudes sur St.Jerome, Parigi 1903 pag.216-221 così come lo trovo citato in un libro di studi sul canone biblico.

    Non dimentichiamo che Girolamo era profondamente cattolico e quindi non poteva completamente ignorare il pensiero comune della Chiesa riguardo a tutti i libri sacri, compresi i cosiddetti deuterocanonici. Pertanto, nelle sue citazioni vedrei una maturazione e non proprio una contraddizione.

    Se osserviamo il nostro stesso modo di scrivere o di pensare possiamo vedere che dopo un certo numero di anni, arricchiti di nuove conoscenze ed esperienze, il nostro modo di ragionare e di scrivere può modificarsi. Pertanto, anche se, Girolamo non ha fatto una pubblica ritrattazione del suo prologo goleato, di fatto, attraverso i suoi commenti alla Scrittura ha cercato di uniformare le sue espressioni a quelle del sentire comune della Chiesa a cui si sentiva indissolubilmente legato.

    Egli così scriveva a Teofilo, vescovo di Alessandria: "Sappi dunque che nulla ci sta più a cuore che salvaguardare i diritti del Cristianesimo, non cambiar nulla al linguaggio dei Padri e non perdere mai di vista questa Romana fede, di cui l’Apostolo fece l’elogio.(Epistola 63,2)."

    L’opera di questo grande padre della Chiesa è stata valorizzata soprattutto per quanto riguarda le traduzioni fatte dai testi originali in lingua ebraica, a prescindere dalla sua opinione.

    Se, all’epoca di Girolamo, la Chiesa avesse già formulato un pronunciamento definitivo e vincolante circa il canone, egli non avrebbe avuto certamente nessun problema a rinunciare alla sua opinione personale.

    Girolamo, influenzato dai rabbini, suoi esosi maestri per la lingua ebraica , nel cosiddettoPrologo Goleata, premesso quasi corazza (donde il nome) al primo volume della sua traduzione dall'ebraico (Sam.-Reg.; ca. 390), dopo aver dato il canone ebraico, adoperò l’ espressione "ogni altro libro al di fuori di questi va annoverato fra gli apocrifi".

    Successivamente però si mostrò più riservato; nelle sue opere si contano circa 200 citazioni tratte dai cosiddetti "deuterocanonici".

    Quando afferma, ad es. (a. 395) che "il libro di Tobia, pur non essendo nel canone è adoperato da molti autori ecclesiastici" (PG 25, 1119); finì talvolta con l'ammettere il loro carattere sacro: quando pone Giuditta con Rut ed Ester "donne di tanta gloria da dare il loro nome a libri sacri" (PG 22, 623); quando afferma (PG 29, 39) che al Concilio Niceno Iudt. fu adoperato come libro sacro eccL'opinione personale espressa nelPrologo Goleata si trova pertanto diverse volte contraddetta da lui stesso; ad essa infatti, eco della influenza rabbinica, si opponeva il senso cattolico della tradizione ecclesiastica, così vivo dappertutto nella grandiosa opera di Girolamo.

    E la traduzione primitiva continua negli scritti di tutti gli altri Padri in Oriente e in Occidente. Basti ricordare s. Agostino, e con s. Agostino i tre concili africani, che formularono il canone consacrato dalla tradizione che, ben può dirsi, assorbì e sommerse i dubbi sorti nel IV sec. E subito si ritornò all'unanimità dei primi secoli.

    Se qualcuno, al tempo del Concilio di Trento, riesumò i dubbi sui deuterocanonici, fu solo per influsso della grande autorità di s. Girolamo, cui esplicitamente, ma indebitamente, si riferiva.


    Il problema si pose a causa della revisione effettuata dai farisei dell’anno 100, e quindi in una situazione ormai completamente "fuori gioco" per gli ebrei, ai quali era stata tolta la chiave della conoscenza e la vigna da lavorare era stata affidata ad altri.

    Dare retta alle loro decisioni prese quando ormai le decisioni spettavano ai consessi apostolici ed episcopali, significa fare un grossolano errore, soprattutto se si tiene presente che i giudei del tempo di Gesù approvavano la versione dei settanta, che, lo ripetiamo, contenevano i deuterocanonici.

    E quando Paolo dice: "tutta la Scrittura è ispirata e utile …. ", si riferisce appunto a quella versione dei settanta del Vecchio Testamento, compreso i deuterocanonici, anche se questi non vengono direttamente citati, così come daltra parte nel NT, non vengono citati altri libri canonici.

    Probabilmente S.Giuda considerava ispirati i libri di Enoch e dell’Assunzione di Mosè, visto che li cita nella sua lettera canonica. Ma neanche la sua opinione è stata considerata determinante ai fini della definizione del Canone.

    Vi sono stati anche altri Padri che hanno avuto opinioni personali, soprattutto riguardo a libri del NT, ma le loro opinioni personali sono state serbate solo come ricordo. Alla fine ha prevalso il criterio, secondo me molto valido, di tenere in conto di quello che era il sentire comune della Chiesa.



    Il criterio espresso da S.Agostino teneva conto della trasmissione dei libri sacri, conservata presso intere chiese, tra cui quelle di maggiore importanza, per poter discernere i libri ritenuti ispirati. E questo alla fine ha determinato la scelta. Non la singola opinione di Girolamo, per quanto avesse il suo peso.

    Il fatto che tutti i deuterocanonici si trovavano nella versione dei "settanta" utilizzata dagli stessi apostoli, il fatto che nelle assemblee liturgiche si leggesse correntemente anche i brani tratti dai deuterocanonici, e che tali libri si trovassero in tutte le varie versioni della Vetus latina, anteriore alla versione della Vulgata di Girolamo, di cui egli stesso si servì, testimonia che la Chiesa non facesse una distinzione discriminante tra i vari libri.

    Questi fatti costituirono poi i criteri per affermare la canonicità degli scritti sacri secondo la Chiesa, che s.Girolamo ignorò, almeno in teoria, preferendo le decisioni tardive degli ebrei. Mentre S.Agostino molto più opportunamente riporta questi criteri, nel libro 2 della "dottrina cristiana", come segue:

    8.12… Riguardo pertanto alle Scritture canoniche si comporterà così: quelle che sono accettate da tutte le Chiese cattoliche le preferirà a quelle che da alcune non sono accettate; in quelle che non sono accettate da tutte preferirà quelle che accettano le Chiese più numerose e autorevoli a quelle che accettano le Chiese di numero inferiore e di minore autorità. Se poi succedesse che alcune sono ritenute autentiche da più Chiese mentre altre da Chiese più autorevoli, sebbene questo caso non si possa risolvere con facilità, io riterrei che le si debba considerare tutte di pari autorità.

    Nota: Per quanto riguarda i libri citati da Agostino occorre notare che cita:

    Gesù figlio di Nave, un libro dei Giudici, un libretto chiamato di Rut, che peraltro sembra appartenere ai Libri dei Regni, come loro principio. Vengono poi i quattro Libri dei Regni e i due dei Paralipomeni,

    Si tratta dei libri che hanno due titoli e che ora conosciamo comunemente con i seguenti nomi:

    libro di Giosuè (Gesù figlio di Nave), libri dei Re (o dei Regni), e libri delle Cronache (o Paralipomeni).

    Si tratta esattamente dei libri che sono stati mantenuti integri ed intatti fino ad oggi, dal momento in cui gli stessi apostoli li avevano nella loro versione dei settanta.

     
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    00 28/09/2013 11:54
    Canone biblico accettato da Agostino.

    8. 13. Il canone completo delle Scritture, al quale diciamo di voler rivolgere la nostra considerazione, si compone dei seguenti libri: i cinque libri di Mosè, cioè Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio, e poi il libro di Gesù figlio di Nave, un libro dei Giudici, un libretto chiamato di Rut, che peraltro sembra appartenere ai Libri dei Regni, come loro principio. Vengono poi i quattro Libri dei Regni e i due dei Paralipomeni, che non vengono dopo di essi ma sono a loro congiunti e procedono gli uni a fianco degli altri simultaneamente. Sono libri di storia, che contengono indicazioni temporali collegate fra loro e insieme la successione ordinata dei fatti. Ci sono poi narrazioni storiche poste, per così dire, in ordine differente, narrazioni che non rispettano né l'ordine storico né si collegano le une con le altre. Così è Giobbe, Tobia, Ester, Giuditta, e i due Libri dei Maccabei e di Esdra, i quali piuttosto sembrerebbero proseguire quella storia ordinata che si protraeva fino ai Libri dei Regni e dei Paralipomeni. Successivamente vengono i Profeti, tra i quali un libro di Davide, i Salmi, e tre di Salomone: i Proverbi, il Cantico dei Cantici e l'Ecclesiaste. Difatti gli altri due libri, intitolati l'uno la Sapienza e l'altro l'Ecclesiastico, per una certa somiglianza vengono detti di Salomone. È in effetti tradizione quanto mai costante che li abbia scritti Gesù figlio di Sirach 12; tuttavia, siccome sono stati accolti fra i Libri aventi autorità, li si deve annoverare al gruppo dei profetici. Restano i Libri di coloro che propriamente si chiamano Profeti: un libro per ciascuno di coloro che si chiamano i dodici Profeti, i quali, collegati fra loro (mai infatti hanno avuto esistenza separata), costituiscono un unico libro. I nomi di questi Profeti sono i seguenti: Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia. Poi ci sono i Profeti autori di libri più grandi: Isaia, Geremia, Daniele, Ezechiele. Con questi quarantaquattro libri si chiude l'autorità canonica del Vecchio Testamento 13. Compongono il Nuovo Testamento i quattro libri del Vangelo: secondo Matteo, Marco, Luca e Giovanni; le quattordici Lettere dell'apostolo Paolo: ai Romani, due ai Corinzi, una ai Galati, agli Efesini e ai Filippesi, due ai Tessalonicesi, una ai Colossesi, due a Timoteo, una a Tito, a Filemone, e agli Ebrei; due lettere di Pietro, tre di Giovanni, una di Giuda, una di Giacomo; e finalmente il libro degli Atti degli Apostoli e quello dell'Apocalisse di Giovanni.

    Ed è questo il canone che fu approvato nel Concilio di Ippona, di Cartagine, di Firenze e infine, in modo vincolante e dogmatico al Concilio di Trento .

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    00 28/09/2013 12:25

    Contro la canonicità dei libri Deuterocanonici si obietta che essi conterrebbero delle contraddizioni o delle imprecisioni. Si fa notare che:
    Nei libri dei Maccabei, la morte di Giuda Maccabeo è descritta in 1 Mac. 9:18. Egli sarebbe morto sul campo di battaglia nel primo mese dell'anno 152. Ma 36 anni dopo essere morto scrive una lettera agli Ebrei in Egitto (2 Mac. 1:10).
    -----------------

    Il commento della Bibbia di Gerusalemme annota:

    L’autore sacro, inserendo tale lettera prima della sua opera, non si fa garante del suo valore storico.

    Per cui riporta un testo scritto da altri, come documento. Ma non è detto che tale documento sia in sé esatto.

    La parola di Dio riporta anche le tante parole degli amici di Giobbe. Ma risulta chiaro a tutti che quelle tante parole non erano affatto corrette dal momento che furono confutate da Dio stesso. Ma nella Parola di Dio sono regolarmente documentate come davvero pronunciate.

    Bisogna quindi distinguere, nella Bibbia, le parole che sono attribuite direttamente a Dio e quelle che sono attribuite agli uomini. In quest’ultimo caso è evidente che il loro modo di pensare o di scrivere può risultare in sé contraddittorio.

    Inoltre, la morte del re Antioco Epifane è raccontata in tre modi diversi. La prima volta muore di tristezza (1 Mac. 6:13-16). La seconda volta muore in Persia nel tempio di Nanea fatto a pezzi dai sacerdoti (2 Mac. 1:11-16). La terza volta muore ritornando dalle regioni della Persia colpito da una piaga incurabile (Mac. 2:9:5-29).


    Nel caso in questione,  possiamo pensare che Antioco, gravemente ammalato e colpito da una piaga può essere stato anche massacrato e ucciso, e poi roso dai vermi.

    Uno stesso evento può essere raccontato con sempre maggiore ricchezza di particolari che non devono essere considerati necessariamente contraddittori bensì complementari, analogamente al caso di Giuda il traditore.

    Infatti è stato già riferito che nel Nuovo Testamento viene detto (Matteo 27,5) che Giuda morì per impiccagione, ma anche che egli si precipitò in avanti, si squarciò in mezzo e le sue viscere si sparsero tutto intorno (Atti 1,18).

    Agli scettici, ai critici ed agli agnostici le due descrizioni possono sembrare antistoriche e contraddittorie. Si può però legittimamente pensare che la corda non abbia retto il peso dell'impiccato e che il corpo di Giuda sia veramente precipitato, squarciandosi in modo orribile.

    In tal modo risulta vera l’una e l’altra cosa che, messe insieme contribuiscono a ricostruire l’intero accaduto.

    In ogni caso si tenga conto che, anche se si volesse vedere delle contraddizioni in questi fatti citati da Maccabei, allora dovremmo vederli in buona parte dei libri biblici protocanonici, non esclusi neanche i Vangeli dai quali risultano alcune evidenti imprecisioni.

    Seguono due esempi:

    Mar 1,2 Come è scritto nel profeta Isaia: Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te, egli ti preparerà la strada.

    Ebbene tale citazione non è stata fatta da Isaia ma da Malachia 3,1. Bell’inizio da parte di un evangelista che si ritiene ispirato se non sa neanche a quale profeta vada attribuita una citazione! Quale credito potremmo accordargli su tutto il resto dei suoi racconti? Quale affidabilità può avere? Come potrebbe spiegarsi questa imprecisione se la Scrittura è ispirata e quindi non soggetta a nessun errore?

    Secondo esempio:

    Sotto la croce vi era un centurione che secondo Marco e Matteo, diceva di Gesù: Veramente quest’uomo era Figlio di Dio. Secondo Luca 23,47 invece il centurione esclamò semplicemente : "quest’uomo era giusto".

    Tra le due espressioni, vi è una differenza sostanziale circa il riconoscimento della natura di Cristo, secondo Luca un semplice uomo, secondo gli altri due evangelisti, il Figlio di Dio.

    Qualcuno degli evangelisti riporta un termine evidentemente non pronunciato dal centurione e quindi inesatta.

    Possiamo scartare il Vangelo a causa di una tale contraddizione?

    E’ chiaro che una risposta c’è per ogni particolare apparentemente contradditorio, tra cui quella che non si può pretendere dai redattori una assoluta esattezza storica, cronologica, geografica, astronomica perché non è questo l’intento né dei compositori né dell’Ispiratore.

    In conclusione se vogliamo vedere per forza una imprecisione nel caso del libro dei Maccabei, allora anche quelle sopra riportate sono evidenti imprecisioni. E quindi siccome di conseguenza il cavillo va portato per tutti i libri della Scrittura, ne consegue che quasi nessun libro reggerebbe a contraddizioni simili, come anche documentavano gli altri interventi.

    A questo punto se questa obiezione vale per il libro di Maccabei  deve allora valere anche per tutti gli altri libri dove si rilevano contraddizioni, e forse della Bibbia non si salverebbero neppure molti dei libri ritenuti da tutti indiscussi e ispirati.

    Se vogliamo essere consequenziali, dobbiamo quindi ribadire che noi crediamo alla Scrittura perché ce lo garantisce la Chiesa, sulla base della propria tradizione e interpretandola alla luce di essa.

    Tutto il resto altrimenti sarebbe discutibile e soggetto ad ogni più fantasiosa congettura.

     
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    00 28/09/2013 12:39

    I libri canonici sono in armonia gli uni e gli altri;  nel caso ad esempio della morte di Giuda il traditore raccontata in modi diversi, dobbiamo prendere tutto il contesto della morte di Giuda e quindi viene fuori che Giuda il traditore si è impiccato e quindi la fune non ha retto e quindi è precipitato.
    Ciò sussegue un ordine ben preciso, così dicosi per tutti i libri Ispirati, come nel caso della creazione, del diluvio, e altri argomenti, sono tutti in armonia. Non può dirsi dei libri dei Maccabei anche se dall'argomento storico, i personaggi sono esistiti,  alcuni fatti non reggono, in quando non è possibile che Giuda Maccabeo, dopo morto scrive una lettera e ne tantomeno la morte di Antioco Epifane raccontata in tre modi diversi , Teofilo fa questa tesi, ma non regge

    Inoltre, la morte del re Antioco Epifane è raccontata in tre modi diversi. La prima volta muore di tristezza (1 Mac. 6:13-16). La seconda volta muore in Persia nel tempio di Nanea fatto a pezzi dai sacerdoti (2 Mac. 1:11-16). La terza volta muore ritornando dalle regioni della Persia colpito da una piaga incurabile (Mac. 2:9:5-29).

    Nel caso in questione,  possiamo pensare che Antioco, gravemente ammalato e colpito da una piaga può essere stato anche massacrato e ucciso, e poi roso dai vermi.


    Si obietta:

    Non può dirsi dei libri dei Maccabei anche se dall'argomento storico, i personaggi sono esistiti, alcuni fatti non reggono, in quando non è possibile che Giuda Maccabeo, dopo morto scrive una lettera.

     

    Ma la ricerca storica ha portato al ritrovamento di una tavoletta cuneiforme che riporta una cronologia dei re seleucidi  e si è potuto determinare che nei due libri dei Maccabei vengono utilizzati almeno due diversi calendari: quello giudeo-babilonese e un altro che segue il calendario macedone.

    Ma non è escluso che possano trovarsi anche computi relativi ad altri calendari. Pertanto vi possono essere date che sembrano in contraddione fra loro ma in realtà non lo sono.

    Tanto per fare un esempio al riguardo di cronologia apparentemente contradditoria abbiamo un caso emblematico proprio nei Vangeli. Si tratta dello svolgimento dei fatti della passione di Cristo , che rappresentava un cavallo di battaglia per i detrattori della storicità dei vangeli e che ha assillato per molto tempo i difensori di essi.

    Non si riusciva infatti a conciliare in modo attendibile la divergenza tra i tre vangeli sinottici e il vangelo di Giovanni.

    Infatti seguendo i sinottici Gesù sarebbe morto il 15 Nisan, mentre seguendo la narrazione di Giovanni, Gesù sarebbe morto il 14 Nisan.

    Questo aveva delle implicazioni sul piano dell’intero racconto che non trovava più quella rispondenza storica rispetto a tutte le azioni compiute nei giorni solenni della Pasqua, che non sarebbero stati possibili inficiando l’attendibilità dei Vangeli.

    Le risposte tentate furono molte ma tutte insoddisfacenti, finchè lo studio di documenti rabbinici ha permesso di verificare che i sistemi con cui all’epoca si fissava il tempo, era di una elasticità appena concepibile per noi moderni (vedi paragrafo 180 del libro Vita di Gesù Cristo di G Ricciotti). E’ stato anche rilevato che vi era divergenza tra il calendario dei Sadducei e quello dei Farisei.

    Questo spiegherebbe l’apparente divergenza della cronologia della Passione.

    Al tempo stesso consente di sostenere che le stesse apparenti contraddizioni possano essere presenti in altri libri biblici, come anche quelli dei Maccabei.

    Non vi è nessuna difficoltà nel fatto che possa essere uccisa una persona che abbia già una malattia e che dopo la morte manifesti la presenza di vermiQuesti particolari di per sé possono coesistere e integrarsi a vicenda.

    E come si spiega che una volta muore in Persia e un'altra volta ritornando dalle regioni della Persia?

     E’ possibile che l’autore intendesse riferire fatti distinti da attribuire ad Antioco IV e ad Antioco III il quale, morì in una imboscata col suo esercito dopo aver saccheggiato un tempio in Elimaide . (vedi nota Bibbia di Gerusalemme)

     

    Considerando quanto sopra, per poter dire con assoluta certezza che vi è contraddizione nelle affermazioni della Scrittura, occorrerebbe poter disporre di tutti gli elementi, mentre spesso invece si dispone solo di una parte di tali elementi. Possiamo essere certi di possedere tutti i calendari dell’epoca o di sapere quali erano stati applicati in tutti i singoli casi?

    Stessa domanda andrebbe fatta per ogni singola questione controversa.

     Se, di fronte agli attacchi dei detrattori, i cattolici avessero messo al bando il Vangelo di Giovanni solo perché la cronologia non corrisponde agli altri tre sinottici, ora avremmo un canone monco, privato praticamente del cuore stesso della Scrittura. Bisogna dare atto invece che, forti della tradizione che ci ha consegnato tale libro come ispirato, la Chiesa non ha mai ceduto neanche ai critici più implacabili, tenendo ben stretto il Vangelo di Giovanni.

    La stessa cosa farà per tuttii gli altri libri.

     Anche se oggi non potessimo avere nessun elemento di risposta ai perché che possano sorgere riguardo a qualsiasi libro biblico, resteremmo ancorati al canone così come ci è stato trasmesso, così come lo avevano anche Gesù e gli apostoli dicendo a noi stessi, analogamente a come già diceva S.Agostino:  non è la Bibbia che sbaglia ma sono io che non comprendo.

     

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    00 28/09/2013 12:55

    Si obietta che i libri Deuterocanonici riporterebbero delle contraddizioni.

    Però analizzando i libri canonici indiscussi rileviamo che vi sono ugualmente delle apparenti contraddizioni.
    Si riportano due brani biblici che trattano lo stesso argomento: quello della deportazione a Babilonia da parte di Nabucodonosor.

    Il primo brano è preso dal secondo libro dei Re e il secondo brano è preso da Geremia.

    Entrambi questi libri sono "indiscussi" eppure si riscontrano divergenze:.

    2Re 24,10 In quel tempo gli ufficiali di Nabucodònosor re di Babilonia marciarono contro Gerusalemme; la città subì l'assedio. 11 Nabucodònosor re di Babilonia giunse presso la città, mentre i suoi ufficiali l'assediavano. 12 Ioiachìn re di Giuda si presentò con sua madre, i suoi ministri, i suoi capi e i suoi eunuchi, al re di Babilonia; questi, nell'anno ottavo del suo regno, lo fece prigioniero. 13 Il re di Babilonia portò via di là tutti i tesori del tempio e i tesori della reggia; fece a pezzi tutti gli oggetti d'oro, che Salomone re di Israele aveva posti nel tempio. Così si adempì la parola del Signore. 14 Deportò tutta Gerusalemme, cioè tutti i capi, tutti i prodi, in numero di diecimila, tutti i falegnami e i fabbri; rimase solo la gente povera del paese. 15 Deportò in Babilonia Ioiachìn, la madre del re, le mogli del re, i suoi eunuchi e le guide del paese, conducendoli in esilio da Gerusalemme in Babilonia. 16 Tutti gli uomini di valore, in numero di settemila, i falegnami e i fabbri, in numero di mille, e tutti i guerrieri più prodi furono condotti in esilio a Babilonia dal re di Babilonia. 17 Il re di Babilonia nominò re, al posto di Ioiachìn, Mattania suo zio, cambiandogli il nome in Sedecìa. 18 Quando divenne re, Sedecìa aveva ventun anni; regnò undici anni in Gerusalemme. Sua madre, di Libna, si chiamava Camutàl, figlia di Geremia. 19 Fece ciò che è male agli occhi del Signore, secondo quanto aveva fatto Ioiakìm. 20 Ciò accadde in Gerusalemme e in Giuda a causa dell'ira del Signore, tanto che infine li allontanò da sé. Sedecìa poi si ribellò al re di Babilonia.

    ...

    25, 8 Il settimo giorno del quinto mese - era l'anno decimonono del re Nabucodònosor re di Babilonia - Nabuzardàn, capo delle guardie, ufficiale del re di Babilonia, entrò in Gerusalemme, 9 bruciò il tempio, la reggia e tutte le case di Gerusalemme, dando alle fiamme tutte le case di lusso. 10 Tutto l'esercito dei Caldei, che era con il capo delle guardie, demolì il muro intorno a Gerusalemme. 11 Nabuzardàn capo delle guardie deportò il resto del popolo che era stato lasciato in città, quanti erano passati disertori al re di Babilonia e il resto della moltitudine. 12 Il capo delle guardie lasciò alcuni fra i più poveri del paese come vignaioli e come campagnoli. 13 I Caldei fecero a pezzi le colonne di bronzo che erano nel tempio, le basi e il bacino grande di bronzo, che erano ivi, e asportarono tutto il loro bronzo in Babilonia.

    E questo che segue è il brano parallelo di Geremia:

    Ger 52,28 Questa è la gente che Nabucodònosor deportò: nell'anno settimo tremilaventitré Giudei; 29 nell'anno decimo ottavo di Nabucodònosor furono deportati da Gerusalemme ottocentotrentadue persone; 30 nell'anno ventitreesimo di Nabucodònosor, Nabuzaradàn capo delle guardie deportò settecentoquarantacinqueGiudei: in tutto quattromilaseicento persone. 31 Ora, nell'anno trentasettesimo della deportazione di Ioiachìn re di Giuda, nel decimosecondo mese, il venticinque del mese, Evil-Merodàch re di Babilonia, nell'anno della sua ascesa al regno, fece grazia a Ioiachìn re di Giuda e lo fece uscire dalla prigione. 32 Gli parlò con benevolenza e pose il seggio di lui al di sopra dei seggi dei re che si trovavano con lui a Babilonia. 33 Gli cambiò le vesti da prigioniero e Ioiachìn mangiò sempre il cibo alla presenza di lui per tutti i giorni della sua vita. 34 Il suo sostentamento, come sostentamento abituale, gli era fornito dal re di Babilonia ogni giorno, fino al giorno della sua morte, per tutto il tempo della sua vita.

    Osservando i termini con lo stesso colore potrai notare che la narrazione del libro dei Re, al verso 14 dice che tutti i prodi deportati erano 10000, poi , ripetendo il concetto, dice al verso 16 che erano 7000, ma anche sommando gli altri 1000 tra fabbri e falegname non otteniamo i 10000 menzionati in precedenza.

    Non solo. Ma se leggiamo Geremia vediamo che i deportati furono, secondo lui, in totale 4600 persone.

    Inoltre 2Re25,8 dice che l'anno della deportazione era il decimonono di Nabucodonosor mentre Geremia afferma che era l'anno decimo ottavo.
    -----------
    Ecco un altro esempio di contraddizioni nei libri canonici:

    Ebbene a parità di famiglia citata, troverai delle discordanze numeriche eccezionali.

    Prova tu stesso a fare un raffronto dai brani in questione:

    Esd 2,1 Questi sono gli abitanti della provincia che ritornarono dall'esilio, i deportati che Nabucodònosor re di Babilonia aveva condotti in esilio a Babilonia. Essi tornarono a Gerusalemme e in Giudea, ognuno alla sua città; 2 vennero con Zorobabèle, Giosuè, Neemia, Seraia, Reelaia, Mardocheo, Bilsan, Mispar, Bigvai, Recun, Baana. Computo degli uomini del popolo d'Israele: 3 Figli di Paros: duemilacentosettantadue. 4 Figli di Sefatia: trecentosettantadue. 5 Figli di Arach: settecentosettantacinque. 6 Figli di Pacat-Moab, cioè i figli di Giosuè e di Ioab: duemilaottocentodieci. 7 Figli di Elam: milleduecentocinquantaquattro. 8 Figli di Zattu: novecentoquarantacinque. 9 Figli di Zaccai: settecentosessanta. 10 Figli di Bani: seicentoquarantadue. 11 Figli di Bebai:seicentoventitré. 12 Figli di Azgad: milleduecentoventidue. 13 Figli di Adonikam: seicentosettantasei. 14 Figli di Bigvai: duemilacinquantasei. 15 Figli di Adin:quattrocentocinquantaquattro. 16 Figli di Ater, cioè di Ezechia: novantotto. 17 Figli di Bezài: trecentoventitré. 18 Figli di Iora: centododici. 19 Figli di Casum:duecentoventitré. 20 Figli di Ghibbar: novantacinque. 21 Figli di Betlemme: centoventitré. 22 Uomini di Netofa: cinquantasei. 23 Uomini di Anatòt: centoventotto. 24 Figli di Azmàvet: quarantadue. 25 Figli di Kiriat-Iearìm, di Chefira e di Beeròt: settecentoquarantatré. 26 Figli di Rama e di Gheba: seicentoventuno. 27 Uomini di Micmas: centoventidue. 28 Uomini di Betel e di Ai: duecentoventitré. 29 Figli di Nebo: cinquantadue. 30 Figli di Magbis: centocinquantasei. 31 Figli di un altro Elam: milleduecentocinquantaquattro. 32 Figli di Carim: trecentoventi. 33 Figli di Lod, Cadid e Ono: settecentoventicinque. 34 Figli di Gerico: trecentoquarantacinque. 35 Figli di Senaa: tremilaseicentotrenta. 36 I sacerdoti: Figli di Iedaia della casa di Giosuè: novecentosettantatré. 37 Figli di Immer: millecinquantadue. 38 Figli di Pascur: milleduecentoquarantasette. 39 Figli di Carìm: millediciassette. 40 I leviti: Figli di Giosuè e di Kadmiel, di Binnui e di Odavia: settantaquattro. 41 I cantori: Figli di Asaf: centoventotto. 42 I portieri: Figli di Sallùm, figli di Ater, figli di Talmon, figli di Akkub, figli di Catita, figli di Sobài: in tutto centotrentanove.

    Mentre Neemia riporta : (notare le cifre con lo stesso colore di quelli evidenziati sopra)

    5 Il mio Dio mi ispirò di radunare i notabili, i magistrati e il popolo, per farne il censimento. Trovai il registro genealogico di quelli che erano tornati dall'esilio la prima volta e vi trovai scritto quanto segue: 6 Questi sono gli abitanti della provincia che sono tornati dall'esilio: quelli che Nabucodònosor re di Babilonia aveva deportati e che erano tornati in Gerusalemme e in Giudea, ognuno nella sua città. 7 Essi erano tornati con Zorobabele, Giosuè, Neemia, Azaria, Raamia, Nahamani, Mardocheo, Bilsan, Mispèret, Bigvai, Necum e Baana. Computo degli uomini del popolo d'Israele: 8 Figli di Pareos: duemila centosettantadue. 9 Figli di Sefatia: trecentosettantadue. 10 Figli di Arach: seicentocinquantadue. 11 Figli di Paat-Moab, cioè i figli di Giosuè e di Ioab: duemila ottocentodiciotto. 12 Figli di Elam: milleduecento cinquantaquattro. 13 Figli di Zattu: ottocentoquarantacinque. 14 Figli di Zaccai: settecentosessanta. 15 Figli di Binnui: seicentoquarantotto. 16 Figli di Bebai: seicentoventotto. 17 Figli di Azgad:duemilatrecento ventidue. 18 Figli di Adonikam: seicentosessantasette. 19 Figli di Bigvai: duemilasessantasette. 20 Figli di Adin: seicentocinquantacinque. 21 Figli di Ater, cioè di Ezechia: novantotto. 22 Figli di Casum: trecentoventotto. 23 Figli di Bezai: trecentoventiquattro. 24 Figli di Carif: centododici. 25 Figli di Gàbaon: novantacinque. 26 Uomini di Betlemme e di Netofa: centottantotto. 27 Uomini di Anatòt: centoventotto. 28 Uomini di Bet-Azmàvet: quarantadue. 29 Uomini di Kiriat-Iearìm, di Chefira e di Beeròt: settecentoquarantatré. 30 Uomini di Rama e di Gheba: seicentoventuno. 31 Uomini di Micmas: centoventidue. 32 Uomini di Betel e di Ai: centoventitré. 33 Uomini di un altro Nebo: cinquantadue. 34 Figli di un altro Elam: milleduecento cinquantaquattro. 35 Figli di Carim: trecentoventi. 36 Figli di Gerico: trecentoquarantacinque. 37 Figli di Lod, di Cadid e di Ono: settecentoventuno. 38 Figli di Senaà: tremilanovecentotrenta. 39 I sacerdoti: figli di Iedaia della casa di Giosuè: novecentosessantatré. 40 Figli di Immer: millecinquantadue. 41 Figli di Pascur: milleduecentoquarantasette. 42 Figli di Carim: millediciassette.

    Molte delle cifre sono notevolemente differenti, e mi sono fermato con il controllo perchè le cifre discordanti sono molto di più di quelli evidenziabili con i colori a mia disposizione.



    Ne consegue che se dovessimo invalidare i deuterocanonici solo perchè conterrebbero delle presunte contraddizioni allora con questo stesso criterio dovrebbero essere invalidati anche molti altri libri biblici e questo è assurdo, perchè il motivo di tali apparenti contraddizioni è da attribuire a tente possibili motivazioni.

    Come abbiamo potuto constatare, sia nei libri indiscussi che in quelli discussi, ma tutti ritenuti canonici dalla Chiesa, troviamo delle incongruenze.

    Pertanto non è possibile dichiarare "apocrifi" i cosiddetti "deuterocanonici" solo perché si ritiene che vi siano delle presunte contraddizioni, perché in tal caso, seguendo la stessa logica, occorrerebbe dichiarare apocrifi anche tanti libri "indiscussi".

    Ed allora qual è la regola da seguire quando incontriamo termini, frasi, cifre, fatti che ci sembrano discordanti?

    Nel libro secondo del libro "CONSENSO DEGLI EVANGELISTI " di s.Agostino troviamo enunciato una norma di capitale importanza per comprendere le Scritture e anche per risolvere la nostra questione:


    S.Agostino vuole dunque inculcare nei lettori e cultori della Scrittura la regola che non è da ricercarsi altro all'infuori di quello che intende dire colui che parla.

    Non sono perciò determinanti i singoli termini ma l’intenzione e il senso con cui sono state scritte.

    Le divergenze, le incongruenze, le cifre discordanti e alquanto elastiche, le dottrine non esplicitate ma lasciate nel vago, le tante verità inespresse e ricavabili solo per via deduttiva, indicano che la Scrittura non è utilizzabile se viene preso a sè stante.

    Infatti la sola Scrittura determina una pluralità di fedi e di confessioni religiose e non l’unità della fede, che è quella che il Signore ha comandato ai suoi apostoli di insegnare .

    Come si fa a "ricercare quello che intende dire colui che parla", dal momento che vi sono questi limiti nella Scrittura?

    Ecco dunque la necessità di dover far ricorso ad una autorità esterna alla Scrittura.

    L’unica autorità valida per far questo, resta quella che ha effettuato il riconoscimento della ispirazione dei libri sacri. Non è possibile immaginare che lo Spirito Santo abbia assistita la Chiesa per riconoscere i libri ispirati e poi l’abbia abbandonata lasciando a chicchessia la libertà di sbranare a proprio piacimento il Corpo della Parola.

    Essa può restituirci il VERO SENSO della Scrittura, attingendo e ricostruendo ogni cosa, tanto la traduzione più vicina alle intenzioni degli autori, tanto il senso che essi hanno voluto dare a ciò che hanno scritto, a partire da tutto il deposito precedente, cominciando da coloro che furono i primi anelli di una catena ininterrotta che giunge fino a noi.

     

    Faccio qualche ulteriore precisazione su questo argomento che,  dalle presunte contraddizioni dei cosiddetti "deuterocanonici" è poi approdato a presunte contraddizioni dei libri indiscussi.

    Si tratta ora di capire bene il principio che nella Scrittura, non si può ammettere contraddizione.

    Volutamente perciò non ho utilizzato il termine "contraddizioni" né per i libri discussi né per quelli indiscussi, perché tutte le parti individuate dal Concilio di Trento, sono da considerare Sacra Scrittura. Mi sono limitato a definirle " incongruenze " perché al nostro limitato esame talune frasi possono apparire in contrasto.


    Però ogni nostro esame deve riconoscere umilmente che:

    E’ possibile che il testo originale potrebbe essere stato mal tradotto, oppure che risultasse non ben leggibile e quindi è stato reso in modo approssimativo, oppure che sia stato interpolato con una glossa, oppure che riporta fedelmente e con esattezza dati e parole diverse pronunciate o scritte in tempi diversi che si integrano a vicenda pur apparendo contrastanti, oppure ancora che si riferisca con verità a numerazioni o concetti validissimi e in uso all’epoca in cui furono scritti ma non più in uso in seguito, oppure ancora che dietro frasi apparentemente in contrasto si celi un significato recondito e allegorico che resta da scoprire, oppure ancora che l’autore sacro riporti fedelmente e con precisione delle espressioni o dati di uomini così come essi pensavano o si esprimevano e che non sempre erano da considerare in armonia con il pensiero di Dio.    La Parola di Dio infatti riporta, per nostro ammaestramento anche quello che dicevano gli uomini o gli angeli decaduti nella loro stoltezza, e che non sono da attribuire a Dio pur essendo riportate nella Parola di Dio.

    Vi possono infine essere altri motivi legati alla nostra ignoranza filologica, storica, geografica, culturale che non sempre è in grado, nonostante tutti gli strumenti acquisiti, di ricostruire e di definire in tutti i dettagli quello che troviamo nella Bibbia.

    Ecco il pensiero di Girolamo e di Agostino.

    Diceva S.Girolamo:

    …per conseguenza "se la Scrittura contenesse due dati che sembrassero escludersi, entrambi" resterebbero "veri, quantunque diversi" (Ep. XXXVI, XI, 2).

    Sempre fedele a questo principio, se gli capitava di incontrare nei Libri Sacri apparenti contraddizioni, San Gerolamo concentrava tutte le sue cure e tutti gli sforzi del suo spirito per risolvere la difficoltà; e se giudicava la soluzione ancora poco soddisfacente, riprendeva, non appena si presentasse l'occasione, senza perdere coraggio, l'esame del problema, anche se talora non giungeva a risolverlo completamente.

    Mai tuttavia egli incolpò gli scrittori sacri della minima falsità: "Lascio fare ciò agli empi, come Celso, Porfirio, Giuliano(Ep. LVII, IX, 1).

    In ciò era perfettamente d'accordo con Sant'Agostino: questi - leggiamo in una delle sue lettere allo stesso San Gerolamo - aveva per i Libri Sacri una venerazione così piena di rispetto, da credere molto fermamente che nessun errore fosse sfuggito alla penna di uno solo di tali autori; perciò, se incontrava nelle Lettere Sante un punto che sembrava in contrasto con la verità, lungi dal credere ad una menzogna, ne attribuiva la colpa a un'alterazione del manoscritto, a un errore di traduzione, o a una totale inintelligenza da parte sua. Al che aggiungeva: "Io so, fratello, che tu non pensi diversamente: voglio dire che non m'immagino affatto che tu desideri vedere le tue opere, lette nella stessa disposizione di spirito in cui vengono lette le opere dei Profeti e degli Apostoli; dubitare che esse siano prive di ogni errore, sarebbe un delitto" (Sant'Ag. a San Gerol., tra le lettere di San Gerol. CXVI, 3).

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    00 23/12/2017 18:18
    Qui di seguito vi sono molte citazioni del Nuovo Testamento che trovano un riferimento ad altrettante citazioni che si trovano nei deuterocanonici. Si confrontino a tal proposito:

    Romani 1, 18-32 con Sapienza 12-14 (a proposito dell'immoralità dei pagani);
    Ebrei 1,3 con Sapienza 7,25 (a proposito del Figlio, immagine del Padre);
    Ebrei 11,35-38 con 2 Maccabei 6,18-7,41 (a proposito delle torture subite per fede);
    Apocalisse 21,18-21 con Tobia 13,16-17 (a proposito della Nuova Gerusalemme).

    Ebrei 11,35 ("Alcune donne riacquistarono per risurrezione i loro morti. Altri poi furono torturati, non accettando la liberazione loro offerta, per ottenere una migliore risurrezione.")
    cita 2° Maccabei 7,28-29 ("Ti scongiuro, figlio, contempla il cielo e la terra, osserva quanto vi è in essi e sappi che Dio li ha fatti non da cose preesistenti; tale è anche l’origine del genere umano. Non temere questo carnefice ma, mostrandoti degno dei tuoi fratelli, accetta la morte, perché io ti possa riavere insieme con i tuoi fratelli nel giorno della misericordia")

    Romani 1, 19-20 (poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato. Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità;")
    cita Sapienza 13,1.9 (Davvero stolti per natura tutti gli uomini che vivevano nell’ignoranza di Dio.
    e dai beni visibili non riconobbero colui che è, non riconobbero l’artefice, pur considerandone le opere." "perché se tanto poterono sapere da scrutare l’universo, come mai non ne hanno trovato più presto il padrone")

    Giacomo 3,8 ("ma la lingua nessun uomo la può domare: è un male ribelle, è piena di veleno mortale.") cita Siracide 37,18 ("bene e male, vita e morte, ma su tutto domina sempre la lingua.")

    Giacomo 1,19 ("Lo sapete, fratelli miei carissimi: sia ognuno pronto ad ascoltare, lento a parlare, lento all’ira.") cita Siracide 5,11 ("Sii pronto nell’ascoltare, lento nel proferire una risposta")

    Girolamo, dal momento che non vi era ancora un pronunciamento vincolante per il canone definitivo, poteva anche permettersi di avere una sua opinione personale, non condivisa dalla Chiesa, la quale si basava sulla Vetus latina fino alla traduzione della Vulgata. Nella Vetus latina c'erano i deuterocanonici che confluirono nella Vulgata, poi sembra strano come san Girolamo abbia "perso tempo" a tradurre 7 libri che riteneva non ispirati, per includerli nella Vulgata.
    In ultima analisi, Gesù e gli apostoli si servivano della Bibbia dei Settanta e in quella Bibbia c'erano i deuterocanonici. Questo è un fatto innegabile.

    Ma esistono numerose altre citazioni dei deuterocanonici, sconosciute ai più, sia cattolici che protestanti, eccole elencate qui di seguito:

    2Tim. 4,8 - la descrizione di Paolo di una corona di giustizia è simile a quella di Sapienza 5,16.

    Eb. 4,12 - la descrizione di Paolo della parola di Dio come una spada affilata e' simile a quella di Sapienza 18,15

    Eb. 11,5 - del rapimento di Enoch a Dio e' presente anche in Sapienza 4,10 e Siracide 44,16 (Vedi anche 2Re 2,1-13 e Siracide 48,9 riguardanti Elia). S. Paolo quando parla del rapimento di Enoch
    Sembra proprio citare il Siracide 44,16, versetto molto più chiaro ed esplicito rispeto a Genesi 5,24.

    Eb 12,12 - l'espressione "mani cadenti e ginocchia infiacchite" deriva da Siracide 25,23

    Gc 1,19 - "tieniti pronto ad ascoltare, lento a parlare", e' una citazione di Siracide 5,11
    Gc 2,23 - "gli fu accreditato a giustizia" cita 1 Maccabei 2,52 "gli fu accreditato a giustizia".

    Gc 5,6 - la condanna e' uccisione del giusto, Figlio di Dio, su profetizzata in Sapienza 2,10-20

    Mt 2,16 - il decreto di Erode di uccidere i bambini innocenti fu profetizzato in Sapienza 11,7
    "in punizione di un decreto infanticida".

    Mt 6,19-20 ; Giac 5,3 - la dichiarazione di Gesù e Giacomo in merito dei tesori divini piu' preziosi di quelli terreni cita Siracide 29,10-11

    Mt 7,12 - la regola d'oro di Gesù "fa agli altri cio' che vuoi sia fatto a te" e' la citazione inversa di Tobia 4,15 "Non fare a nessuno ciò che non vuoi sia fatto a te".

    Mt 7,16,20 - l'affermazione di Gesù "dai loro frutti li riconoscerete", cita Siracide 27,6 "Il frutto dimostra come è coltivato l'albero".

    Mt 9,36 - le persone erano "come pecore senza pastore", e' la stessa di Giuditta 11,19 "come pecore senza pastore".

    Mt 12,42 - Gesù si riferisce alla "Sapienza di Salomone" cioè il libro della Sapienza, che e' stata scritta e fa parte dei libri Deuterocanonici.

    Mt 16,18 - Gesù parla delle "Porte degli Inferi", espressione presente in Sapienza 16,13

    Mt 22,25; Mc 12,20; Lc 20,29 - gli scrittori del Vangelo si riferiscono alla canonicita' di Tobia 3,8 e 7,11 riguardo i sette fratelli.

    Mt 24:15 - l'abominio di desolazione presente nel "luogo santo" e' presente anche 2 Maccabei 8,17

    Mt 24:16 - l'espressione "fuggano ai monti" e' ripresa in 1 Maccabei 2:28

    Mt 27:43 "Se e' Figlio di Dio, lo liberi dai suoi avversari" e' una profezia di Sapienza 2,18

    Mc 9:48 - la descrizione dell'inferno dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue e' una citazione di Giuditta 16:17

    Lc 1:42 - la dichiarazione di Elisabetta della benedizione di Maria tra le donne e' una citazione della dichiarazione di Uzziah (Ozia) in Giuditta 13,18

    Lc 1:52 - il Magnificat di Maria di far al Signore "abbattere il trono dei potenti e innalzare gli umili" e' una citazione di Siracide 10,14.

    Lc 2:29 - la dichiarazione di Simeone che sarebbe stato pronto per morire dopo aver visto il bambino Gesù e' una citazione di Tobia 11,9

    Lc 24,4; At1,10 - la descrizione di Luca di due uomini in vestiti meravigliosi ricorda 2 Maccabei 3,26

    Gv 1,3 - "tutto e' stato creato per mezzo della sua Parola", e' una citazione di Sapienza 9,1

    Gv 6,39-59 - il discorso Eucaristico di Gesù e' prefigurato in Siracide 24,19-21.

    At 10,34; Rm. 2,11; Gal. 2,6 - la dichiarazione di Pietro e Paolo che "presso Dio non c'e parzialità'" è una citazione di Siracide 35,12

    At 17,29 - la descrizione dei falsi dei fatti di oro o argento e opera delle mani d'uomo e' una citazione di Sapienza 13,10

    Rm 1,18-25 - l'insegnamento di Paolo sulla conoscenza del Creatore e l'ignoranza e peccato di idolatria e' una citazione di Sapienza 13,1-10

    Rm 1,20 - in particolare, l'esistenza di Dio è evidente nella natura, una citazione di Sapienza 13,1

    Rm 9,21 - la metafora del vasaio che con l'argilla forma due tipi di vasi e' ripresa da Sapienza 15,7

    1 Cor 2,16 - la domanda di Paolo "chi ha conosciuto la mente del Signore?" si riferisce a Sapienza 9,13

    1Cor. 8,5-6 - Paolo riconoscendo molti dei, ma un solo Signore cita Sapienza. 13,3

    1 Cor. 10,1 - la descrizione di Paolo dei nostri padri sotto la nuvola che passa attraverso il mare si riferisce Sapienza 19,7

    1 Cor. 10,20 - il sacrificio dei pagani che offrono ai demoni e non a Dio e' un riferimento a Baruch 4,7

    1 Cor. 15,29 - se non ci fosse la resurrezione, sarebbe sciocco farsi battezzare per conto degli altri, in riferimento a 2 Maccabei 12,43-45

    Ef. 6,13-17; 1Ts 5,8 - l'intera discussione di armatura, elmo, corazza, spada, scudo e' una citazione di Sapienza 5,17-20.

    1 Tm 2,14 - la donna come causa del peccato e' ripreso da Siracide 25,24

    1 Pietro 1,6-7 - l'insegnamento di Pietro del giusto provato come oro nel fuoco e' scritto in Siracide 2,5

    Ap 1,4 - i sette spiriti che stanno davanti al trono di Dio é ripreso da Tobia 12,15. Raffaele é uno dei sette angeli che stanno alla presenza del Signore.

    Ap 1,18 - il potere sulla vita e sulla morte sugli Inferi é citato da Sapienza 16,13