CREDENTI

ITINERARIO DELLA MENTE A DIO (s.Bonaventura)

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    00 10/09/2013 09:50
    7. Ulteriore motivo di stupore.

    Ma c’è ancora un altro motivo per innalzarti ad ammirare.
    L’essere è infatti il primo e l’ultimo, è eterno e tuttavia presentissimo, è semplice eppure massimo, è attualissimo e immutabilissimo, è perfettissimo ed immenso, sommamente uno eppure molteplice.
    Se tu fissi bene con animo puro lo sguardo su tutto questo, sarai inondato ancora di maggior luce vedendo per di più che egli è l’ultimo, perché primo. In quanto egli è primo, crea ogni cosa per se stesso; deve dunque essere insieme il fine ultimo, principio e termine, alfa ed omega (Ap. 1, 8).
    Egli è presentissimo perché eterno. L’eterno non proviene da un altro, non viene meno in se stesso, non passa da un modo all’altro di essere: perciò non ha passato né futuro ma solo l’essere presente.
    È poi massimo perché semplicissimo. Semplicissimo nella sua essenza, massimo perciò nel suo potere, che quanto più è concentrato tanto più è infinito. Perché attualissimo è pure immutabile. È attualissimo, perciò atto puro: come tale non acquisisce alcuna novità, non perde niente di quello che possiede: quindi non può cambiare.
    Perché perfettissimo è immenso. Di ciò che è perfettissimo non si può pensare nulla di meglio, né di più nobile, né di più degno e quindi niente di maggiore. Chi è così è immenso.
    È anche molteplice in quanto sommamente uno. Ciò che è sommamente uno è il principio universale di tutto il molteplice; e perciò causa universale, efficiente, esemplare, finale di ogni cosa, perché è «causa dell’esistere, ragione dell’intendere, norma del vivere».
    È perciò molteplice non nel senso che sia essenza delle cose, ma come causa sovranamente eccellente, universale, sufficiente, il cui potere, sommamente uno nell’essenza, è anche sommamente infinito e molteplice nella sua produttività.
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    00 10/09/2013 09:50
    8. Beatitudine nel vedere Iddio.

    Torniamoci sopra e diciamo: poiché l’essere purissimo e assoluto, che è semplicemente essere, è primo e ultimo, è origine e fine e perfezione di ogni cosa.
    Perché eterno e presentissimo, egli circonda e insieme entra in ogni durata temporale, coesistendo come loro centro e circonferenza.
    Perché semplicissimo e massimo: è tutto dentro e tutto fuori, e perciò «cerchio ideale il cui centro è dovunque e la circonferenza in nessuna parte».
    Perché attualissimo e immutabilissimo: «restando immobile trasmette il movimento a tutto l’universo».
    Perché perfettissimo ed immenso è intimo ad ogni cosa ma non contenuto; fuori da ogni cosa ma non escluso; sopra ogni cosa ma non al di là; sotto ma non sottoposto.
    Perché è sommamente uno e insieme molteplice, è tutto in tutte le cose (1Cor. 15, 28) anche se le cose sono molte ed esso è solo uno: e ciò in forza della sua unità semplicissima, chiarissima verità, sincerissima bontà per cui possiede ogni virtù, ogni esemplarità, ogni comunicabilità.
    Quindi da lui, per lui e con lui sono tutte le cose (Rm. 11, 36) perché onnipotente, onnisciente, del tutto buono; e nel vederlo perfettamente consiste la beatitudine, come fu detto a Mosé: Io ti mostrerò ogni bene (Es. 33, 19).
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    00 10/09/2013 09:50
    Capitolo VI
    Contemplazione della Santissima Trinità
    nel suo nome cioè il Bene

    1. Fondamento nel nome del Bene.

    Dopo la riflessione sugli attributi dell’essenza, è necessario sollevare lo sguardo per co-intuire la beatissima Trinità, e mettere così anche il secondo Cherubino accanto all’altro. Come per vedere gli attributi dell’essenza, principio radicale e nome che tutto il resto illumina è l’essere stesso, così per contemplare le emanazioni (trinitarie) il fondamento principale è lo stesso bene.

    2. Nell’idea del bene si raffigura la Trinità.

    Vedi dunque attentamente che dell’ottimo, che semplicemente è, non si può pensare nulla di meglio: né può venir pensato come non essente, perché è assolutamente meglio essere che non essere. Ed è tale che non lo si può rettamente pensare se non trino e uno.
    Infatti: se «il bene è diffusivo di sé» il Sommo Bene è sommamente diffusivo di sé. La somma diffusività non può che essere attuale e intrinseca, sostanziale e ipostatica, naturale e volontaria, libera e necessaria, indefettibile e perfetta.
    Ora, non avremmo mai il Sommo Bene perché non sommamente diffusivo, se non vi fosse in esso una eterna produzione attuale e consostanziale e un’ipostasi di pari dignità, come avviene in colui che produce nel modo della generazione e spirazione, che è proprio di un eterno principio eternamente conprincipiante, che è insieme amato e coamato, generato e spirato, quale appunto il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.
    La diffusività che si verifica nella creatura infatti non è che come un centro o un punto rispetto all’immensità del bene eterno: si può quindi pensare sempre una diffusività maggiore, come appunto è quella in cui il diffondente comunica all’altro tutta la sua sostanza e natura.
    Quindi non sarebbe sommo bene quello che ne fosse privo o realmente o concettualmente.
    Se dunque puoi con l’occhio della mente co-intuire il puro bene, atto puro del principio che ama di amore gratuito e insieme dovuto e di quello misto dell’uno e dell’altro (diffusività pienissima nel modo della natura e della volontà propria del Verbo nel quale tutte le cose vengono dette, e propria pure del Dono, nel quale sono compresi tutti i doni), allora sarai in grado di capire che per la somma comunicatività del bene è necessario che vi sia la SS. Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo.
    È pure necessario che in queste vi sia la somma comunicatività e dalla somma comunicatività derivi la somma consustanzialità. Dalla somma consustanzialità deve poi venire la somma configurabilità e da queste la somma coeguaglianza; e perciò la somma coeternità. Da tutte queste infine la somma cointimità per cui uno è nell’altro necessariamente con la somma circumincessione; e ciascuno opera con l’altro, restando del tutto indivisa la sostanza, la virtù e l’operazione della beatissima Trinità.
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    3. Di meraviglia in meraviglia.

    Quando però tu contempli queste cose non illuderti di comprendere l’incomprensibile. Hai ancora da considerare infatti a proposito di questi sei modi, qualcosa che suscita forte stupore e ammirazione nell’occhio della nostra mente. Infatti vi è ancora somma comunicatività congiunta alle proprietà delle persone, somma consustanzialità con la pluralità delle ipostasi; la massima somiglianza con la distinzione personale; la somma coeguaglianza con l’ordine gerarchico. La somma coeternità è congiunta alla emanazione e la somma cointimità con la emissione.
    Chi nel contemplare tante meraviglie non si leva in ammirazione? Ma tutte queste cose riusciamo a comprenderle con certezza come presenti nella Santissima Trinità, soltanto se leviamo gli occhi alla suprema eccellenza del bene. Se infatti vi è somma comunicatività e vera diffusione, vi è anche vera origine e vera distinzione: e poiché non una parte, ma il tutto viene comunicato, viene dato proprio quello che si ha e tutto: per cui l’emanante e il producente mantengono la distinzione delle proprietà pur essendo essenzialmente uno.
    Distinguendosi secondo le proprietà, essi hanno proprietà personali, pluralità di ipostasi, origine per emanazione, ordine di successione per origine e non per posteriorità, emissione non per mutamento di luogo, ma per libera spirazione dell’autorità di colui che produce e invia rispetto a colui che è inviato.
    Poiché però essi sono una sola sostanza, dev’esserci unità nell’essenza, nella forma, nella dignità, nell’eternità, nell’esistenza e nell’incircoscrivibilità.
    Se tu consideri una per una queste cose, sei in grado di contemplare la verità; se le confronti tra di loro, hai motivo di abbandonarti a profondissima ammirazione. Devi perciò considerare insieme tutte queste cose per poter passare con la tua mente dall’ammirazione alla contemplazione ammirabile.
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    00 10/09/2013 09:51
    4. Trinità di Dio e incarnazione del Verbo.

    I Cherubini che si guardavano l’un l’altro vicendevolmente designano appunto questo. Né è senza un misterioso significato il fatto che essi si guardassero avendo i volti verso i1 Propiziatorio (Es. 25, 19-20): poiché si doveva verificare quanto dice il Signore secondo il Vangelo di Giovanni: Questa è la vita eterna, che conoscano te solo vero Dio e colui che hai, mandato Cristo Gesù (Gv. 17, 3). Dobbiamo infatti ammirare gli attributi essenziali e personali di Dio, non solo in se stessi, ma anche attraverso un confronto con la meravigliosa unione tra Dio e l’uomo nell’unità della persona di Cristo.

    5. Gesù Cristo come Dio.

    Se infatti tu sei un Cherubino quando contempli e ammiri gli attributi dell’essenza di Dio per cui l’essere divino è uguale all’essere primo e ultimo, eterno e presentissimo, semplicissimo e massimo cioè incircoscritto, tutto in ogni luogo e mai contenuto, attualissimo e mai mosso da altri, perfettissimo, con nulla di superfluo né di incompleto eppure immenso e infinito senza limiti, sommamente uno eppur molteplice in quanto ha tutto in sé, ogni virtù, ogni verità, ogni bene, allora guarda verso il propiziatorio: ammira come in esso il primo principio si congiunge con l’ultimo, Dio con l’uomo creato nel sesto giorno, l’eterno con l’uomo temporale nato nella pienezza dei tempi
    dalla Vergine; il semplicissimo con ciò che è sommamente composto, l’attualissimo con colui che ha sommamente patito ed è morto, il perfettissimo e immenso col piccolo, il sommamente uno e molteplice con l’individuo composto e distinto dagli altri, quale fu l’uomo Gesù Cristo.
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    00 10/09/2013 09:52
    6. Gesù Cristo come Verbo Incarnato.

    Tu sei il secondo Cherubino quando contempli gli attributi propri delle persone e ammiri la comunicatività accordarsi con la proprietà, la consostanzialità con la pluralità, la configurabilità con la personalità, la coeguaglianza con l’ordine di successione, la coeternità con la produzione, la cointimità con la emissione perché il Figlio è mandato dal Padre, lo Spirito Santo dall’uno e dall’altro, e tuttavia è sempre con essi e non se ne allontana mai.
    Allora guarda al propiziatorio e ammira che in Cristo si ha l’unione personale con la trinità delle sostanze e la dualità delle nature, che vi si ha l’assoluta concordia congiunta con la pluralità delle volontà; che si predica insieme di Dio e dell’uomo pur con la pluralità degli attributi propri; e che si adora congiuntamente pur con la pluralità delle nobiltà; e si dà la medesima esaltazione al di sopra di tutto riconoscendo pluralità di dignità; e anche comune dominio pur con varietà di potere.

    7. Il sesto giorno.

    Con questa riflessione la mente raggiunge la perfetta illuminazione, in quanto, come nel sesto giorno può vedere l’uomo fatto ad immagine di Dio (Gn. 1, 26). Se infatti l’immagine esprime la somiglianza, quando la nostra mente contempla nel Cristo, Figlio di Dio, immagine del Dio per natura invisibile (Col. 1, 15), la nostra umanità così mirabilmente esaltata e tanto misteriosamente unita, congiunti il primo e l’ultimo, il sommo e l’infimo, la circonferenza e il centro, l’alfa e l’omega, l’effetto e la causa, il Creatore e la creatura, cioè il Libro scritto dentro e fuori (Ap. 1, 8; Ez. 2, 9), allora è giunta a tal grado di perfezione come fosse con Dio che nel sesto giorno pervenne alla perfezione delle sue illuminazioni.
    Non gli resta altro che il giorno del riposo, nel quale, rapita nell’estasi, l’anima consente all’acutezza del pensiero umano di riposare da ogni opera compiuta (Gn. 2, 2).
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    00 10/09/2013 12:17
    Capitolo VII
    Dell’estasi mistica dell’anima in cui l’intelletto riposa
    passando con l’amore totalmente in Dio


    1. Esito dei sei gradini percorsi.

    Le sei considerazioni che abbiamo fatto somigliano ai sei gradini del trono del vero Salomone che conducono a quella pace in cui il vero uomo di pace con l’anima tranquilla riposa come in una interiore Gerusalemme.
    Così pure somigliano alle sei ali dei Cherubini con le quali l’anima del vero contemplativo è sospinta in alto dalla piena luce della sapienza celeste.
    Ancora: esse sono come i sei primi giorni nei quali la mente si deve esercitare prima di giungere al sabato del riposo.
    La nostra mente ha potuto così co-intuire Dio fuori di sé per mezzo delle sue vestigia e nelle sue vestigia; dentro di sé per mezzo dell’immagine e nell’immagine; sopra di sé per mezzo di quella similitudine della luce divina che splende sopra di noi, e in quella stessa luce, quanto è possibile in questa nostra condizione di viatori e alle capacità del nostro pensiero.
    Finalmente, giunta al sesto grado, può contemplare nel principio primo e sommo e mediatore tra Dio e gli uomini (1Tm. 2, 5) Gesù Cristo, quelle cose che non hanno eguali tra le cose create e che superano ogni acutezza dell’intelligenza umana.
    Orbene: all’anima non rimane che andare al di là di tutto questo con la contemplazione, e passar oltre il mondo sensibile, non solo, ma persino oltre se stessa.
    In questo passaggio Cristo è via e porta (Gv. 14, 6; 10, 7); Cristo è scala e veicolo (Es. 25, 20) come propiziatorio posto sopra l’arca di Dio e sacramento nascosto nei secoli (Ef. 3, 9).
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    00 10/09/2013 12:17
    2. La «pasqua con Cristo».

    Colui che si rivolge a questo propiziatorio rivolgendovi totalmente la sua faccia, guardando a lui sospeso sulla croce con fede, speranza, carità, devozione, ammirazione, esultanza, riconoscenza, lode e giubilo, può fare pasqua, cioè passaggio (Es. 12, 11) con lui. Passerà così per effetto della verga della Croce il Mare Rosso, entrando dall’Egitto nel deserto dove gusterà la manna nascosta (Es. 14, 16). Riposerò. pure con Cristo nella tomba, come morto alle cose esteriori. Ma udrà, quanto è possibile in questo stato di via, ciò che fu detto al ladrone che fu coerede di Cristo: Oggi tu sarai con me in Paradiso (Lc. 23, 43).

    3. S. Francesco modello di passaggio a Dio.

    Tutto questo si è visto apertamente in san Francesco. Quando si trovava sull’alta montagna — dove ho meditato le cose qui scritte — mentre era rapito in contemplazione gli apparve un Serafino con sei ali, confitto sulla croce, come ho udito io stesso assieme ad altri, da un compagno che si trovava con lui.
    In quel luogo, per l’intensità della contemplazione estatica trapassò in Dio, divenendo così modello di perfetta contemplazione come prima lo era stato dell’azione: proprio come un altro Giacobbe e Israele (Gn. 35, 7).
    Così a tutti gli uomini veramente spirituali è rivolto l’invito a tale passaggio e trascorrimento dello spirito più per l’esempio che per la sua parola.
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    00 10/09/2013 12:18
    4. Dono dello Spirito Santo.

    Ma se si vuole che questo passaggio sia perfetto occorre tralasciare le operazioni intellettive e che l’affetto totalmente si trasferisca e si trasformi in Dio.
    Questo è tuttavia un fatto mistico e segreto che non conosce se non chi lo riceve in dono (Ap. 2, 17). Ma non lo riceve se non chi lo desidera, e non lo desidera se non colui che nell’intimo del suo cuore è infiammato dal fuoco dello Spirito Santo, mandato da Cristo sulla terra.
    Perciò l’Apostolo dice che questa mistica sapienza è rivelata dallo Spirito Santo (1Cor. 2, 10).

    5. Preghiera alla SS. Trinità.

    Per tutto questo è impotente la natura e ben poco può fare il nostro ingegno. Occorrerà quindi dare meno spazio alla ricerca e invece molto più alla pietà; poco ai discorsi, moltissimo alla letizia interiore; poco al parlare e allo scrivere, e tutto al dono di Dio che è lo Spirito Santo; poco o nulla si dovrà badare alla creatura, molto piuttosto all’essenza creatrice, Padre, Figlio e Spirito Santo.
    Perciò diremo con Dionigi: «Trinità sovraessenziale, superdivina che perfettamente scruti la teosofia dei cristiani, guidaci all’inconosciuta, luminosa, sublime vetta dei mistici discorsi. Nuovi, assoluti e intraducibili misteri teologici vi si nascondono nell’oscurità della caligine luminosissima del silenzio che ammaestra in segreto: oscurità che è chiarissima, splendidissima, da cui ogni cosa prende luce, e che riempie perfettamente le intelligenze invisibili con gli splendori degli eccelsi invisibili beni».
    Queste cose diciamo a Dio. Ma all’amico per il quale queste cose sono scritte, vogliamo dire con lo stesso autore: «Amico, ora che sei stato fatto esperto dal cammino intorno alle mistiche visioni, abbandona i sensi, le operazioni intellettuali, le cose sensibili, le cose invisibili, le cose che non sono e quelle che sono; restituisci te stesso, quanto è possibile, senza scienza, all’unità di colui che è al di sopra di ogni essenza e di ogni scienza. Oltrepassando te stesso e tutte le cose con l’estasi incommensurabile e assoluta della tua anima purificata, tu ascenderai fino al fulgore essenziale delle divine oscurità, lasciando tutto, sciolto da tutto».
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    00 10/09/2013 12:19
    6. Morire d’amore.

    Se poi mi domandi come possano avvenire queste cose, interroga la grazia, non la dottrina; il desiderio, non l’intelletto; il gemito della preghiera, non l’attenta lettura; lo sposo, non un maestro; Dio, non un uomo; la caligine, non la chiarezza; non la luce, ma il fuoco che brucia tutto e tutto trasporta in Dio con il rapimento della pietà e l’amore ardentissimo. Questo fuoco è Dio e il suo camino è in Gerusalemme (Is. 31, 9). Cristo lo accende col fuoco della sua ardentissima passione e lo percepisce veramente soltanto colui che dice: La mia anima ha scelto di morire, e le mie ossa vogliono la morte (Gb. 7, 15). Chi ama questa morte potrà vedere Dio perché è verissimo che nessun uomo mi vedrà e vivrà (Es. 33, 20).
    Moriamo dunque; entriamo nella nube; imponiamo silenzio agli affanni, alle passioni, alle cose sensibili. Passiamo con Cristo crocifisso da questo mondo al Padre (Gv. 13, 1) perché dopo averci mostrato il Padre possiamo dire con Filippo: Questo ci basta (Gv. 14, 8) e ascoltare con Paolo: Ti basta la mia grazia (2Cor. 12, 9); e finalmente esultare con Davide dicendo: Vengono meno la mia carne e il mio cuore. Dio del mio cuore, mia porzione è Dio in eterno. Benedetto il Signore in eterno. E tutto il popolo dirà: sì, sì! E così sia (Sal. 72, 26; 105, 48).
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