CREDENTI

FIAMMA VIVA (s.Giovanni della Croce)

  • Messaggi
  • OFFLINE
    Coordin.
    00 03/08/2013 12:25
    La "Fiamma d'amor" viva è l'opera conclusiva di san Giovanni della Croce. Redatta infatti a due mesi dalla sua morte e legata necessariamente alla "Notte oscura" e al "Cantico spirituale", è però originale quanto a esperienza mistica, creazione letteraria e dottrina spirituale. Come nelle opere preesistenti, lo scopo principale è narrare la grandezza e l'onnipotenza di Dio fatte amore, ma qui mettendo al centro il suo essere trinitario, e dando particolare risalto agli effetti prodotti nell'anima. Dominato da una forte carica emotiva, il linguaggio simbolico documenta l'ormai raggiunta maturità mistico-letteraria del Santo. Il simbolo fiamma-fuoco è prolungamento della notte-oscurità. La poesia, intensa, semplice e di grande bellezza, è più compatta del "Cantico", meno progressiva e drammatica della "Notte".
  • OFFLINE
    Coordin.
    00 03/08/2013 12:26
    Fiamma d'amor viva
    (B)
    JHS MARIA JOSEPH
    Spiegazione delle strofe che trattano della più intima e nobile unione e trasformazione dell’anima in Dio, composta da fra Giovanni della Croce, su richiesta della signora donna Anna de Peñalosa.
    PROLOGO
    1. Ho provato una certa esitazione, nobile e veneranda signora, a commentare queste quattro strofe che Vostra Grazia mi ha richiesto. Si tratta, infatti, di cose talmente interiori e spirituali che comunemente non si possono esprimere a parole, perché ciò che è spirituale eccede i sensi. È difficile, quindi, dire qualcosa della sostanza di ciò che è spirituale, se non si è profondamente penetrati. Poiché ho poco spirito interiore, ho sempre rimandato la cosa, fino a questo momento, in cui mi sembra che il Signore abbia aperto un po’ la mia intelligenza e mi abbia dato un po’ di fervore. Egli ha agito così per rispondere al pio desiderio che Vostra Grazia nutre: Sua Maestà vuole, forse, che vi vengano spiegate strofe che per voi sono state composte. Mi sono fatto coraggio, convinto che da me non sarò capace di dire nulla di buono su nessun argomento, tanto più su argomenti così elevati e fondamentali! Per questo apparterrà a me solo quanto di cattivo e di sbagliato sarà contenuto in questo scritto. Sottopongo, perciò, tutto al parere e al giudizio della Chiesa cattolica romana, nostra madre, le cui leggi, quando vengono osservate, non permettono di cadere in errore. Detto questo, dichiaro che mi atterrò alla sacra Scrittura, ricordando ancora una volta che tutto quanto dirò sarà molto lontano dalla realtà dei fatti, come lo è l’immagine dipinta rispetto alla realtà. Mi accingo, dunque, a dire quanto saprò.
    2. Non deve meravigliare il fatto che Dio accordi grazie tanto sublimi e straordinarie alle anime che vuole colmare di delizie. Infatti, se consideriamo che egli è Dio e che concede tali grazie in quanto Dio, con amore e bontà senza limiti, la cosa non ci sembrerà strana. Del resto il Signore stesso ha detto che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sarebbero venuti e avrebbero fatto dimora in chi lo avesse amato (Gv 14,23). Ciò si verifica quando l’anima vive della vita stessa di Dio e dimora nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo, come l’anima stessa lascia intendere in queste strofe.
    3. Nelle strofe del Cantico, spiegate precedentemente, ho parlato del più alto grado di perfezione al quale si possa giungere in questa vita, cioè della trasformazione in Dio. Nelle presenti, invece, tratterò dell’amore ancora più elevato e perfezionato in questo stesso stato di trasformazione. Anche se è vero che nelle une e nelle altre strofe si parla dello stesso stato di trasformazione, che in quanto tale non può essere superato, tuttavia con il tempo e la pratica delle virtù l’amore può perfezionarsi e assumere molto più peso. Gli accade come al legno che, una volta che il fuoco se n’è impadronito e lo ha trasformato e unito a sé, continuando questo a crescere, diventa sempre più incandescente e fiammeggiante fino a sprizzare scintille e vampe.
    4. In quest’incendio d’amore tanto ardente, l’anima dice di essere ormai così profondamente trasformata e affinata interiormente nel fuoco d’amore che non solo è unita a questo fuoco, ma essa stessa lancia fiamme vive. Tutto ciò essa esperimenta e canta in queste strofe, con dolcezza d’amore intima e delicata, mentre si consuma nella propria fiamma, sottolineando alcuni effetti prodotti nel suo intimo da tale fiamma. Tenterò di spiegare queste strofe seguendo l’ordine adottato altrove. Le trascriverò prima tutte insieme, poi commenterò brevemente ciascuna strofa, spiegandone i singoli versi.
  • OFFLINE
    Coordin.
    00 03/08/2013 12:27
    STROFE CHE L’ANIMA COMPONE nell’intima unione con Dio

    1. O fiamma d’amor viva,
    che tenera ferisci
    dell’alma mia il più profondo centro!
    Poiché non sei più schiva,
    finiscimi se vuoi,
    il velo squarcia a questo dolce incontro!

    2. O dolce cauterio!
    Deliziosa piaga!
    Morbida mano, tocco delicato,
    che sa di eterna vita
    e ogni debito paga!
    Morte in vita, uccidendo, hai tramutato!

    3. O lampade di fuoco,
    nei cui vivi bagliori
    gli abissi più profondi del mio senso,
    prima oscuro e cieco,
    con rara perfezion
    all’Amato or dan luce e calor!

    4. Come mite e amoroso
    ti svegli sul mio seno,
    dove in segreto e solo tu dimori!
    Col tuo dolce respiro
    di bene e gloria pieno,
    quanto teneramente m’innamori!


    La composizione di queste liriche è simile a quelle di Boscán; sono rivolte al divino. Esse recitano così: Seguendo solitudine / piangendo mia fortuna, / vado per sentieri aperti a me, ecc. Ivi si hanno sei versi, il quarto dei quali fa rima con il primo, il quinto con il secondo e il sesto con il terzo.
  • OFFLINE
    Coordin.
    00 03/08/2013 12:29
    STROFA 1

    O fiamma d’amor viva,
    che tenera ferisci
    dell’alma mia il più profondo centro!
    Poiché non sei più schiva,
    finiscimi se vuoi,
    il velo squarcia a questo dolce incontro!

    SPIEGAZIONE
    1. L’anima si vede ormai tutta infiammata d’amore a motivo dell’unione divina. Il suo palato è tutto impregnato di gloria e d’amore. Persino l’intimo del suo essere sta riversando come fiumi di gloria e trabocca di delizie (Ct 8,5 Volg.). Dal suo seno sgorgano fiumi d’acqua viva, come quelli che il Figlio di Dio afferma che sarebbero sgorgati da tali anime (Gv 7,38). Dal momento che l’anima è stata trasformata in Dio con una forza straordinaria ed è da lui posseduta in modo così sublime da essere riccamente coperta di doni e di virtù, ha l’impressione di trovarsi tanto vicina alla beatitudine da esserne separata solo da un velo sottile. L’anima vede, inoltre, che quella fiamma delicata d’amore che le arde dentro, ogni volta che la investe, la glorifica, per così dire, dolcemente e fortemente; ogni volta che tale fiamma l’assorbe e la investe, sembra darle la vita eterna e spezzare la trama della sua vita terrena, cosa a cui manca davvero un niente. E vedendo che le manca così poco per attingere la gloria essenziale, supplica con vivi desideri la fiamma, che è lo Spirito Santo, di porre fine a questa vita mortale per mezzo di quel dolce incontro. Tale incontro finirà per comunicarle davvero ciò che sembrava sempre sul punto di darle, cioè la glorificherà totalmente e perfettamente. Per questo esclama: O fiamma d’amor viva!
    2. L’anima, per mettere in risalto i suoi sentimenti di stima per i favori di cui parla, in queste quattro strofe si serve di numerose esclamazioni, che significano l’ardente passione del suo amore. Con ciò lascia intendere che le realtà interiori sono più profonde di quanto si possa esprimere con la lingua. L’esclamazione serve a esprimere il desiderio profondo e a chiedere con convinzione: l’anima la usa per entrambi gli scopi nella presente strofa: infatti in essa analizza e confessa il suo profondo desiderio, cercando di convincere l’amore a liberarla.
  • OFFLINE
    Coordin.
    00 03/08/2013 12:29
    3. Questa fiamma d’amore è lo Spirito del suo Sposo, cioè lo Spirito Santo. L’anima lo sente dentro di sé come fuoco che non solo la consuma e la trasforma in soave amore, ma anche come fuoco che arde in lei e divampa, secondo come dice. E la fiamma, ogni volta che vampeggia, immerge l’anima nella gloria e le offre un assaggio di vita divina. Tale è l’opera dello Spirito Santo nell’anima trasformata in amore: produce atti interiori che gettano fiamme e sono bagliori d’amore, nel quale la volontà dell’anima ama in modo elevatissimo, perché trasformata in amore da quella fiamma. Pertanto questi atti d’amore dell’anima sono preziosissimi. Uno solo di essi ha più merito e vale più di tutto quanto ha fatto nella sua vita prima d’essere trasformata, per quanto fosse importante. La stessa differenza che esiste tra l’abitudine e l’atto, vige anche tra la trasformazione in amore e la fiamma d’amore. Si tratta della stessa che passa tra il legno ardente e la fiamma che ne sprigiona: la fiamma è effetto del fuoco che lì brucia.
    4. Tutto questo ci permette di dire che, in questo stato di trasformazione d’amore, lo stato abituale dell’anima è come il legno continuamente investito dal fuoco. Gli atti dell’anima sono come fiamme che scaturiscono dal fuoco dell’amore, che si slanciano in alto con tanta più veemenza quanto più intenso è il fuoco dell’unione. È in questa fiamma che si uniscono e si elevano gli atti della volontà rapita e assorbita nella fiamma dello Spirito Santo. La volontà si comporta come l’angelo che salì a Dio nella fiamma del sacrificio di Manoach (Gdc 13,20). In questo stato, quindi, l’anima non può compiere atti da se stessa; è lo Spirito Santo che li compie tutti e la spinge a compierli. Dal momento che è divinizzata e mossa da Dio, tutti i suoi atti sono divini. L’anima ha, così, l’impressione che ogni volta che questa fiamma divampa e produce in lei un amore pieno di dolcezza e forza divina, le dà un assaggio di vita eterna, perché la eleva ad agire come Dio in Dio.
  • OFFLINE
    Coordin.
    00 03/08/2013 12:30
    5. Di questo genere sono le parole che Dio rivolge alle anime purificate, senza macchia e ardenti, come afferma Davide: La tua parola è come un fortissimo incendio (Sal 118,140 Volg.). E il profeta Geremia aggiunge: La mia parola non è forse come il fuoco? (Ger 23,29). Le mie parole, dice il Signore in san Giovanni, sono spirito e vita (Gv 6,63). Ora le anime che hanno orecchi per sentire sono, ripeto, quelle pure e innamorate; ma quelle che non hanno il palato sano, perché si nutrono di altre cose, non possono gustare lo spirito e la vita di queste parole, che, al contrario, trovano insipide. Per questo, quanto più elevate erano le parole del Figlio di Dio, tanto più irritavano gli uditori dal cuore impuro, come quando egli predicò la dottrina così piena di dolcezza e amore sulla santa eucaristia: molti di loro se ne andarono (Gv 6,60-61.67).
    6. Se tali persone non gustano questo linguaggio di Dio, che parla nell’intimo, non devono pensare che altri non lo gusteranno. Infatti, ciò è quanto accadde a san Pietro nell’occasione in cui, gustando le parole del Maestro nella sua anima, esclamò: Da chi andremo, Signore? Tu hai parole di vita eterna! (Gv 6,68). Una cosa simile capitò alla samaritana, che dimenticò la brocca dell’acqua per la dolcezza delle parole del Signore (Gv 4,28). Ora, quest’anima è tanto vicina a Dio da essere trasformata in fiamma d’amore, ove le si comunicano il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. È sbagliato, allora, dire che tale anima gusta un saggio di vita eterna, anche se non perfettamente perché la condizione di questa vita non lo consente? Ma è tale la delizia che l’amore ardente dello Spirito le procura, da concederle di gustare già il sapore della vita eterna. Per questo la chiama fiamma viva: non perché non sia sempre viva, ma perché produce un effetto tale da far vivere l’anima spiritualmente in Dio e sentire la vita stessa di Dio, come dice Davide: Il mio cuore e la mia carne gustano il Dio vivente (Sal 83,3). Dio è chiamato vivente, non perché sia necessario esprimersi così, dal momento che egli lo è sempre, ma per far comprendere che lo spirito e i sensi, una volta fatti vivi in Dio, lo gustano in maniera viva, il che equivale a gustare il Dio vivo, cioè la vita di Dio e la vita eterna. Davide nel salmo citato non avrebbe detto Dio vivente, se non l’avesse gustato vivamente, anche se non perfettamente, ma come un riflesso della vita eterna. In questa fiamma l’anima sente tanto vivamente Dio e lo gusta con tanta saporosa dolcezza da dire: O fiamma d’amor viva, che tenera ferisci!
  • OFFLINE
    Coordin.
    00 03/08/2013 12:30
    7. Vale a dire: quanto mi è dolce il tocco del tuo ardente amore! Siccome questa fiamma è fiamma di vita divina, ferisce l’anima con la stessa tenerezza della vita di Dio. La ferisce e l’intenerisce tanto profondamente da scioglierla in amore, perché si compia in lei ciò che avvenne alla sposa del Cantico, che s’intenerì fino allo struggimento: L’anima mia venne meno mentr’egli parlava (Ct 5,6 Volg.). Questo è l’effetto che la parola di Dio produce nell’anima.
    8. Ma come possiamo dire che questa fiamma la ferisce, se nell’anima non vi è più nulla da ferire, dal momento che è tutta bruciata dal fuoco dell’amore? Cosa meravigliosa! L’amore non sta mai fermo; al contrario, è in continuo movimento, proprio come la fiamma che sprizza continuamente lingue di fuoco qua e là. Ora l’amore, il cui compito è quello di ferire per far innamorare e comunicare le sue delizie, è presente in quell’anima come fiamma viva. Così scaglia su di essa i suoi dardi come vampe tenerissime di delicato amore, manifestando con gioia e festa le sue arti e i suoi giochi d’amore, poiché è nel palazzo delle nozze. Ciò è quanto fece Assuero con la sposa Ester, quando le dichiarò le sue grazie e le mostrò tutte le ricchezze e la gloria della sua grandezza (Est 2,17ss). In questo modo si compie nell’anima quando si legge nel libro dei Proverbi: Ero piena di delizia ogni giorno, dilettandomi davanti a lui in ogni istante; mi ricreavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo (Pro 8,30-31), cioè comunicandomi ad essi. Perciò queste ferite impresse all’anima sono giochi divini, sono fiammate di soavi tocchi, che a tratti colpiscono l’anima, perché il fuoco dell’amore non è mai ozioso. Tali fiamme, aggiunge l’anima, arrivano e feriscono dell’alma mia il più profondo centro.
  • OFFLINE
    Coordin.
    00 03/08/2013 15:25
    9. Infatti questa festa dello Spirito Santo si celebra nella sostanza dell’anima, dove i sensi e il demonio non possono penetrare. Per questo è tanto più sicura, sostanziale e piena di delizie, quanto più è interiore. Ma più è interiore, più è pura; e quanto più è pura, tanto più Dio si comunica abbondantemente, frequentemente e in pienezza. D’altronde, il diletto e la gioia dell’anima e dello spirito non possono essere che profondissimi, perché è Dio l’artefice di tutto, mentre l’anima non può far nulla da parte sua. Già nella presente condizione essa non può fare nulla da sé, se non tramite l’aiuto dei sensi corporali; ma anche se in questo caso si è liberata ed è molto lontana da essi, suo compito è solo ricevere quanto Dio opera in lei. Egli solo può agire nel suo intimo, senza l’aiuto dei sensi, e spingerla all’azione. Per questo tutti i movimenti dell’anima in queste condizioni sono divini; e sebbene siano di Dio, sono anche dell’anima, perché Dio li compie in lei e con lei. L’anima vi mette di suo solo la volontà e il consenso. Quando l’anima dichiara che è ferita nel più profondo centro, lascia intendere che vi sono altri centri meno profondi; è opportuno, dunque, spiegare di che cosa si tratti.
    10. Anzitutto occorre notare che l’anima, in quanto spirito, non ha alto né basso, né una parte più profonda o meno profonda, come i corpi sottoposti alle leggi della quantità. L’anima, dunque, non è composta di parti; non vi è diversità fra il suo interno e il suo esterno; è tutta semplice. Non ha, quantitativamente parlando, un centro più profondo e un altro meno profondo; non può essere illuminata più in una parte che in un’altra, come i corpi fisici; se essa riceve più o meno luce, la riceve come questa si presenta; è un po’ come l’aria che è più o meno luminosa, ma lo è tutta in modo uniforme.
    11. Chiamiamo centro più profondo dell’anima il punto estremo a cui possono giungere il suo essere, la capacità e la forza della sua azione e del suo movimento, punto oltre il quale non si può andare. Così è del fuoco e della pietra: hanno una proprietà e una tendenza naturale per arrivare al centro della loro sfera, che non possono oltrepassare ma che non mancano di raggiungere, a meno che siano trattenuti da un ostacolo contrario e violento. In base a questo possiamo dire che la pietra, quando in qualche modo o misura è dentro la terra, anche se non nel più profondo di essa, in un certo senso è nel suo centro, perché si trova all’interno della sfera del suo centro, del suo orientamento e del suo movimento. Ciò nonostante, non possiamo dire che si trovi nel più profondo di esso, che è il centro stesso della terra; essa conserva sempre capacità, forza e inclinazione per scendere ancora e arrivare fino al centro ultimo e più profondo, qualora venga rimosso l’ostacolo che ha davanti. Se vi giungesse e non avesse più forza e inclinazione per muoversi ancora, diremmo che si trova nel suo centro più profondo.
  • OFFLINE
    Coordin.
    00 03/08/2013 15:26
    12. Centro dell’anima è Dio. Quando essa lo raggiunge secondo la capacità del suo essere e la forza della sua attività e inclinazione, tocca il centro più profondo e ultimo che possa raggiungere in Dio. Ciò si verificherà quando avrà impiegato tutte le sue forze a conoscere, amare e godere Dio. Finché non arriva a tale meta – cosa che non avviene in questa vita terrena, ove l’anima non può arrivare a Dio nella misura di tutte le sue forze –, essa può trovarsi sì nel suo centro, che è Dio, a motivo della grazia e della comunicazione con cui egli la gratifica; ma avendo ancora movimento e forza per entrare in lui maggiormente, l’anima non è soddisfatta, perché, anche se è nel suo centro, non è nel più profondo e le è possibile penetrare ulteriormente nelle profondità di Dio.
    13. Bisogna ricordare che l’amore è un’inclinazione dell’anima, una forza o capacità che essa possiede per andare a Dio, perché si unisce a lui mediante l’amore. Ciò spiega perché, quanto più intenso è il suo amore, tanto più penetra nelle profondità di Dio e si concentra in lui. Possiamo allora dire che, quanto più sono i gradi d’amore a cui un’anima può giungere, tanto più intimi sono i gradi del centro divino ove essa penetra, perché più forte è l’amore, più unisce a Dio. In questo senso possiamo comprendere la parola del Figlio di Dio, il quale dice che nella casa del Padre vi sono molte dimore (Gv 14,2). Ora, perché l’anima sia nel suo centro, che è Dio, in base a quanto ho detto, è sufficiente che abbia un grado d’amore, perché con uno solo già si unisce a lui per grazia. Se ne possiede due, si unirà a Dio immergendosi più profondamente in direzione del suo centro. Se ne possiede tre, arriverà a un grado più profondo ancora. In breve, quando arriverà all’ultimo grado, sarà ferita nel centro più profondo di se stessa dall’amore di Dio. Allora sarà trasformata e illuminata, per quanto è capace, nel suo essere, nelle sue potenze e nelle sue virtù, in modo da divenire simile a Dio. Le accade come al cristallo puro e senza macchie, quando è investito dalla luce: più luce esso riceve, più la concentra in se stessa e tanto più s’illumina. Può avvenire che riceva una tale abbondanza di luce da sembrare tutto trasformato in luce, sì da non distinguersi più, perché brillando di luce tutto il possibile, diviene pari ad essa.
  • OFFLINE
    Coordin.
    00 03/08/2013 15:27
    14. Quando, dunque, l’anima dichiara che la fiamma d’amore ferisce nel più profondo centro, intende dire che lo Spirito Santo l’ha investita e ferita in tutto ciò che è la sua sostanza, la sua virtù e la sua forza. Si esprime così, non certamente per dare a intendere che questa sua unione con Dio è così sostanziale e completa come nell’altra vita, quando godrà della visione beatifica di Dio. Infatti, sebbene in questa vita l’anima possa pervenire a un così alto stato di perfezione, di cui si parla qui, non arriva né può arrivare allo stato perfetto di gloria, anche se temporaneamente Dio può accordarle qualche grazia simile. L’anima dice così unicamente per far intendere la grande abbondanza di gioia e di gloria che prova in questa sorta di comunicazione dello Spirito Santo. Queste delizie sono tanto più sublimi e tenere, quanto più fortemente e sostanzialmente l’anima è trasformata e incentrata in Dio. Ora, siccome questo grado d’amore è il massimo a cui si possa giungere in questa vita – sebbene, torno a ripetere, non sia così perfetto come nell’altra – l’anima lo chiama il più profondo centro. Forse, quaggiù sulla terra, la carità, in quanto abitudine, sarà perfetta come in cielo, ma non è così per i suoi atti e i suoi frutti, anche se gli uni e gli altri possono aumentare nello stato attuale, tanto da divenire simili a quelli dell’altra vita. Questo spiega perché l’anima, immaginando che sia così, osa dire quanto si suole affermare della vita di gloria, e cioè: nel più profondo centro dell’alma mia.
    15. Ora, poiché le cose rare, di cui si ha poca esperienza, destano più la nostra meraviglia e sembrano meno credibili, come quelle dell’anima in questo stato di cui sto parlando, penso che alcune persone, non comprendendole per via razionale né conoscendole per esperienza, non le crederanno o le riterranno esagerazioni, o penseranno che non si tratti di una perfezione così sublime. A tutti costoro rispondo che il Padre dei lumi (Gc 1,17), la cui mano non è troppo corta (Is 59,1) e si estende con larghezza, senza fare preferenze di persone (Ef 6,9), ovunque trova posto, come il raggio del sole. Si mostra ai figli degli uomini in tutti i modi possibili suggeriti dal suo cuore (Sap 6,17), senza esitare, felice di porre le sue delizie in mezzo a loro, sul globo terrestre (Pro 8,31). Non dobbiamo ritenere impossibile che in un’anima già provata, purificata e saggiata nel fuoco delle tribolazioni, dei travagli e delle tentazioni di vario genere, ma trovata fedele nell’amore, possa compiersi ciò che il Figlio di Dio ha promesso: Se uno mi ama, verrà in lui la santissima Trinità e prenderà dimora presso di lui (Gv 14,23). Ciò vuol dire che il suo intelletto sarà divinamente illuminato dalla sapienza del Figlio, che la sua volontà sarà colmata di delizie per il dono dello Spirito Santo e che il Padre l’assorbirà con la sua forza divina nell’infinito abbraccio della sua dolcezza.
  • OFFLINE
    Coordin.
    00 03/08/2013 15:27
    16. Se è vero, com’è vero, che il Signore agisce così con alcune anime, occorre credere che quella di cui sto parlando non riceve meno favori da parte di Dio. Infatti, ciò che in essa avviene per intervento dello Spiri Santo è molto superiore a ciò che si realizza nella comunicazione e trasformazione d’amore, di cui si parla qui: quest’amore è come brace accesa, mentre l’altro è come carbone in cui il fuoco si accanisce talmente che non solo l’incendia, ma ne fa sprizzare la fiamma viva. Pertanto, queste due specie d’unione, unione semplice d’amore e unione con vampe d’amore, sono per un certo verso simili al fuoco di Dio che, come dice Isaia, si trova in Sion e alla fornace di Dio in Gerusalemme (Is 31,9). L’uno rappresenta la Chiesa militante, nella quale il fuoco della carità non ha raggiunto il suo più alto grado; l’altra la visione di pace, che è la Chiesa trionfante, dove questo fuoco è come fornace tutta ardente di perfezione d’amore. Sebbene, come ho detto, quest’anima non sia ancora pervenuta a tanta perfezione come è quella celeste, tuttavia, a paragone dell’altra unione comune, è come fornace accesa, e gode una visione tanto più piena di pace, di gloria e di tenerezza quanto la fiamma è più viva e splendente rispetto al fuoco nel carbone.
    17. A questo punto, l’anima avverte che questa viva fiamma dell’amore le va comunicando vivamente tutti i beni che l’amore di Dio porta con sé, ed esclama: O fiamma d’amor viva, che tenera ferisci! Ed è come se dicesse: o amore ardente, con quanta dolcezza mi glorifichi con i tuoi slanci d’amore, penetrando in tutte le capacità e la forza della mia anima! Tu mi doni un’intelligenza divina secondo l’acume e la capacità del mio intelletto; mi comunichi un amore che soddisfa tutta la forza della mia volontà; mi diletti nella sostanza dell’anima con il torrente delle tue delizie (Sal 35,9) mediante il tuo contatto divino e l’unione con la tua sostanza secondo tutta la purezza della mia sostanza e la potenzialità e la portata della mia memoria. Questo, anche più di quanto si possa esprimere, accade nel momento in cui si sprigiona nell’anima questa fiamma d’amore. Difatti, più l’anima è purificata nella sua sostanza e nelle sue potenze – memoria, intelletto e volontà –, più la sostanza divina, come dice il Saggio, la tocca in tutte le parti delicatamente con la sua purezza e la penetra inaspettatamente (Sap 7,24 Volg.), e con le sue fiamme divine l’assorbe in sé. Una volta che l’anima è assorbita nella Sapienza divina, lo Spirito Santo mette in atto le vibrazioni gloriose della sua fiamma. Essendo una cosa tanto soave, l’anima aggiunge subito: Poiché non sei più schiva.
  • OFFLINE
    Coordin.
    00 03/08/2013 15:28
    18. Vale a dire: ormai non mi affliggi più, non mi fai più soffrire, non mi stanchi più come prima. Si deve ricordare, infatti, che questa fiamma di Dio, quando l’anima si trovava in stato di purificazione spirituale, cioè quando era agli inizi della contemplazione, non era così piacevole e soave come nello stato attuale d’unione. Dobbiamo soffermarci un po’ per spiegare questo cambiamento.
    19. Si noti bene: prima che il fuoco divino dell’amore s’introduca nella sostanza dell’anima e si unisca ad essa attraverso una purificazione totale e una purezza perfetta, la fiamma, che è lo Spirito Santo, ferisce l’anima, distruggendo e consumando le imperfezioni delle sue cattive abitudini. Questa è l’operazione dello Spirito Santo per predisporre l’anima all’unione divina e alla trasformazione amorosa in Dio. Infatti il medesimo fuoco d’amore, che in seguito si unirà all’anima per glorificarla, è quello che prima l’ha investita per purificarla. Ciò è quanto accade riguardo al fuoco: penetra il legno, ma prima lo avvolge e ferisce con le sue fiamme, essiccandolo e liberandolo dai suoi elementi eterogenei, fino a prepararlo con il suo calore, così che possa penetrarlo e assimilarlo. Gli spirituali chiamano questo procedimento via purgativa. In tale situazione l’anima soffre molto e avverte grandi pene spirituali, che si ripercuotono anche sui sensi, e per questo la fiamma diventa molto penosa. In questo periodo di purificazione la fiamma non le apporta luce, ma la getta nelle tenebre. Se le dà qualche luce, è solo perché possa vedere e sentire le sue miserie e i suoi difetti. Non le procura soavità ma dolore; anche se talvolta le trasmette fervore d’amore, lo mescola a dolore e tormento. Non le offre nessuna consolazione, ma solo aridità; e se talvolta il Signore, per sua misericordia, le concede un po’ di gioia per darle forza e coraggio, prima o poi gliela fa scontare con altrettante prove. Non dà conforto né porta pace, ma consuma e rimprovera l’anima, facendola venir meno e tormentandola con la conoscenza di se stessa. Insomma, questa fiamma non le procura alcuna gloria, ma soltanto sofferenza e amarezza, inondandola di quella luce spirituale che le permette di conoscersi così com’è. Dio, nota Geremia, ha scagliato un fuoco e nelle mie ossa lo ha fatto penetrare (Lam 1,13); e Davide dice: Mi prova con il fuoco (Sal 16,3).
    20. In questo periodo, dunque, l’anima sopporta nel suo intelletto profonde tenebre, grandi aridità e sofferenze nella volontà, amara conoscenza delle proprie miserie nella memoria, nella misura in cui il suo occhio spirituale, molto limpido, le permette la conoscenza di sé. Per di più l’anima soffre, nella sua stessa sostanza, abbandono ed estrema povertà; si sente arida e fredda, ma a tratti fervorosa; non trova sollievo in cosa alcuna, né un pensiero che la consoli o che elevi il suo cuore a Dio. Questa fiamma le è tanto dolorosa da farle dire rivolta a Dio, come Giobbe quando si trovò in una situazione simile: Sei diventato crudele verso di me (Gb 30,21). Quando l’anima soffre tutte queste cose insieme, le sembra veramente che Dio sia divenuto crudele e spietato con lei.
  • OFFLINE
    Coordin.
    00 03/08/2013 15:29
    21. Non si può immaginare ciò che l’anima soffre durante questa prova, che somiglia quasi ai tormenti del purgatorio. Non saprei descrivere meglio questa sofferenza, fin dove arrivi o ciò che l’anima sente, se non con le parole pronunciate da Geremia a tale riguardo: Io sono l’uomo che ha provato la miseria sotto la sferza della sua ira. Egli mi ha minacciato, mi ha fatto camminare nelle tenebre e non nella luce. Solo contro di me egli ha volto e rivolto la sua mano. Egli ha consumato la mia carne e la mia pelle, ha rotto le mie ossa. Ha costruito sopra di me, mi ha circondato di veleno e di affanno. Mi ha fatto abitare in luoghi tenebrosi come i morti da lungo tempo. Mi ha costruito un muro tutt’intorno, perché non potessi più uscire; ha reso pesanti le mie catene. Anche se grido e invoco aiuto, egli rifiuta la mia preghiera. Ha sbarrato le mie vie con blocchi di pietra, ha ostruito i miei sentieri (Lam 3,1-9). Tutto questo e molto di più afferma Geremia nel testo citato. Ora, poiché Dio impiega simili espedienti per curare e guarire l’anima dalle sue innumerevoli infermità e per darle la salute, è evidente che l’anima debba soffrire, a seconda delle sue malattie, sotto i colpi di tale purificazione e l’azione di questa cura. In questa situazione è simile a Tobia quando mise il cuore del pesce sulla brace per scacciare e far scomparire ogni genere di demoni (Tb 6,8). In tal modo vengono alla luce tutte le infermità dell’anima, dal momento che Dio gliele pone dinanzi agli occhi e gliele fa sentire per guarirla.
    22. Così, ora, grazie alla luce e al calore del fuoco divino, l’anima vede e sente ormai quelle debolezze e miserie radicate e nascoste in sé, che prima non vedeva né sentiva. È un po’ come l’umidità contenuta nel legno: non la si nota finché il fuoco non attacca il legno, facendolo trasudare, fumigare e sprizzare scintille. Così si comporta l’anima imperfetta a contatto di questa fiamma. Oh, grande meraviglia! In questo periodo si solevano nell’anima contrari contro contrari; quelli dell’anima contro quelli di Dio, che la investono; e,come dicono i filosofi, gli uni vogliono travolgere gli altri, si muovono guerra nell’unico campo che è l’anima, cercando questi di espellere quelli, e viceversa, per regnare incontrastati. Per dirla in altri termini, sono le virtù e le proprietà di Dio, estremamente perfette, che lottano contro le abitudini e le qualità che nell’anima sono estremamente imperfette; l’anima, dunque, subisce in sé questo combattimento. Poiché questa fiamma è una luce intensissima, quando investe l’anima risplende nelle sue tenebre (Gv 1,5), anch’esse molto profonde. L’anima, allora, avverte le sue tenebre naturali e viziose, che si oppongono alla luce soprannaturale, ma non percepisce la luce soprannaturale perché non la possiede in sé, come invece le sue tenebre; però le tenebre non accolgono la luce (Gv 1,5). Per questo motivo l’anima sentirà le sue tenebre nella misura in cui sarà investita dalla luce, senza la quale non le potrebbe percepire. Ma solo quando la luce divina dissipa le tenebre, l’anima rimane illuminata e trasformata al punto di vedere la luce in sé, perché il suo occhio spirituale è stato purificato e rafforzato dalla luce divina. Una luce intensa è tenebra assoluta per occhi impuri e deboli, perché la sua potenza disturba ciò che è molto sensibile. Ciò spiega perché questa fiamma sia molto dolorosa per la vista dell’intelletto.
  • OFFLINE
    Coordin.
    00 03/08/2013 15:29
    23. Ora, poiché questa fiamma di per sé è piena d’amore e di tenerezza, comunica quest’amore alla volontà, che di per sé è arida e completamente dura. Infatti ciò che è duro si rivela tale in presenza di ciò che è tenero, e l’aridità in presenza dell’amore. Così, quando questa fiamma comunica amore e tenerezza alla volontà, questa avverte che per natura è dura e arida nei confronti di Dio. Sopraffatta dalla sua durezza e aridità, che non possono coesistere con i loro contrari, l’anima non sente l’amore e la tenerezza della fiamma. Occorre che questa cacci via ciò che le si oppone per far regnare nella volontà l’amore e la tenerezza di Dio. Ecco perché questa fiamma, essendo dolorosa per la volontà, le fa sentire e scontare tutta la sua durezza e aridità. Inoltre, poiché questa fiamma è molto ampia, anzi immensa, mentre la volontà è stretta e limitata, ne segue che quest’ultima soffre quando la fiamma la investe e, penetrandola, la dilata, la rende più ricettiva e disposta ad accoglierla. Questa fiamma è, altresì, piena di sapore e di dolcezza, mentre la volontà ha il gusto spirituale guastato dalle inclinazioni dei suoi affetti disordinati. Di conseguenza percepisce questa fiamma dura e amara, perché è incapace di gustare il dolce alimento dell’amore di Dio. In questo modo, la volontà sente anche la sua angustia e il suo disgusto per questa fiamma immensa e dolcissima, e non ne sente il sapore, perché non la possiede in sé; al contrario, sente quanto ha in sé, cioè la sua miseria. Occorre, infine, aggiungere che questa fiamma racchiude in sé un’infinità di ricchezze, di bontà e di delizie, mentre l’anima, di per sé, è poverissima e non ha alcun bene né di che soddisfarsi. A contatto delle ricchezze, della bontà e delle delizie di questa fiamma, conosce e sente chiaramente le sue miserie, la sua povertà e la sua malizia, e non riconosce le ricchezze, la bontà e le delizie della fiamma, perché la malizia non può comprendere la bontà, né la povertà le ricchezze, ecc. A tale scopo occorre che l’anima sia definitivamente purificata da questa fiamma e, dopo esser stata trasformata, sia colmata di ricchezze, di gloria e di delizie. Per questo motivo, l’anima dichiara che la fiamma le è indicibilmente dolorosa. In essa lottano due contrari: da una parte Dio, somma di tutte le perfezioni, dall’altra tutte le abitudini imperfette dell’anima. Per farla breve, questa fiamma deve assimilare l’anima a sé e darle soavità, pace e stabilità, come il fuoco che trasforma il legno una volta che l’ha penetrato.
    24. Questa purificazione così intensa si verifica in poche anime, cioè solo in quelle che il Signore chiama all’unione più intima con lui. Difatti egli dispone la purificazione più o meno intensa per ciascun’anima, a seconda del grado a cui vuole elevarla e anche a seconda delle sue miserie e imperfezioni. Questa purificazione somiglia a un vero e proprio purgatorio. Difatti, come lì si purificano gli spiriti per poter arrivare alla chiara visione di Dio nell’altra vita, così qui, sulla terra, si purificano le anime per arrivare alla trasformazione in Dio per amore.
    25. Non è questa la sede per parlare dell’intensità di questa purificazione, a volte maggiore, altre volte minore; né tanto meno mi soffermerò a descrivere il periodo in cui tale purificazione si opera nell’intelletto, nella volontà o nella memoria, né del periodo o del modo in cui essa si compie nella sostanza dell’anima, o in tutte le sue potenze o nella parte sensitiva. Non spiegherò come si riconosce una purificazione dall’altra, quando avviene, in quale tempo, punto o momento del cammino spirituale cominci, perché ne ho già parlato nella Notte oscura della Salita al monte Carmelo. Basti sapere, per ora, che questo Dio, che vuole entrare nell’anima mediante l’unione e la trasformazione d’amore, è lo stesso che precedentemente l’aveva investita e purificata con la luce e il calore della sua fiamma divina; così come il fuoco che penetra nel legno è lo stesso che precedentemente l’aveva predisposto a tale azione. Quella stessa fiamma che ora le riesce soave, perché già penetrata dentro di lei, prima, quando l’investiva dall’esterno, le risultava dolorosa.
  • OFFLINE
    Coordin.
    00 03/08/2013 15:29
    26. Ciò è quanto vuol farci comprendere l’anima quando recita il seguente verso: Poiché non sei più schiva. È come se dicesse: poiché ormai non solo non mi sei più oscura come prima, ma sei la luce divina della mia intelligenza, per questo ti posso contemplare; e non solo non fai venir meno la mia debolezza, ma sei addirittura la forza della mia volontà con cui ti posso amare e godere, tutta trasformata in amore divino; ora non sei più pesantezza e angoscia per la sostanza della mia anima, ma piuttosto la gloria, la delizia e la dilatazione, perché di me si può dire ciò che si proclama nel Cantico divino: Chi è colei che sale dal deserto, colma di delizie, appoggiata al suo Diletto, spargendo amore da ogni lato (Ct 8,5 Volg.)? E così finiscimi se vuoi.
    27. Vale a dire: finisci di consumare perfettamente con me il matrimonio spirituale concedendomi la tua visione beatifica: ecco ciò che l’anima chiede qui. Certo, in questo stato così elevato, l’anima è tanto più in armonia con Dio e soddisfatta quanto più è trasformata in amore. Non vuole nulla né desidera cosa alcuna per sé, ma tutto per l’Amato, perché la carità, come dice san Paolo, non cerca il suo interesse (1Cor 13,5), bensì quello dell’Amato. Tuttavia, siccome vive ancora di speranza, ragion per cui ha sempre una sensazione di vuoto, si lascia andare a gemiti, sebbene dolci e delicati, perché le manca il possesso perfetto dell’adozione a figli di Dio; il suo appetito si acquieterà solo quando la sua gloria sarà totale. Per quanto sublime possa essere quaggiù la sua unione con Dio, non sarà mai soddisfatta né troverà riposo fin quando non contemplerà la sua gloria. Ciò è tanto più vero in quanto che l’anima ne ha già pregustato il sapore e gliene resta la brama. Questo suo desiderio è così acuto che se Dio non sostenesse la sua natura, soccorrendola con la sua destra, come fece con Mosè nella cavità della roccia perché potesse vedere la sua gloria senza morire (Es 33,22), essa soccomberebbe ad ogni vampata di questa fiamma divina. Infatti la natura umana viene meno e muore, perché incapace di sopportare un fuoco di gloria così sublime.
  • OFFLINE
    Coordin.
    00 03/08/2013 15:30
    28. Ecco perché il desiderio e la richiesta di quest’amore non causano pena. Infatti a questo punto l’anima non è più capace di sentirla, perché il suo desiderio è piuttosto soave e pieno di delizie, in conformità con lo spirito e i sensi. Per questo motivo dice nel verso: finiscimi se vuoi, perché la volontà e i suoi appetiti sono ormai un tutt’uno con Dio, al punto che l’anima reputa sua gloria compiere la volontà di Dio. I riflessi di gloria e d’amore, che l’anima intravede nei tocchi divini e che restano alla porta dei suoi angusti limiti, sono tali che essa mostrerebbe poco amore se non chiedesse la perfezione e il compimento dell’amore. Ma c’è di più. L’anima vede che, in quella vigorosa e dilettevole comunicazione dello Sposo, lo Spirito Santo la va provocando e invitando a quell’immensa gloria: gliela presenta davanti agli occhi, meravigliosamente e con sentimenti soavi, suggerendo al suo spirito ciò che dice alla sposa del Cantico dei Cantici: Ecco, il mio Diletto mi parla: «Alzati, amica mia, colomba mia, mia bella, e vieni! Perché, ecco, l’inverno è passato, è cessata la pioggia, se n’è andata; i fiori sono apparsi nei campi, il tempo della potatura è tornato e la voce della tortora ancora si fa sentire nella nostra campagna. Il fico ha messo fuori i primi frutti e le viti fiorite spandono fragranza. Alzati, amica mia, mia bella, e vieni! O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia, nei nascondigli dei dirupi, mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce, perché la tua voce è soave, il tuo viso è leggiadro» (Ct 2,10-14). L’anima percepisce tutte queste cose e le comprende perfettamente in quel sublime senso di gloria che lo Spirito Santo le comunica. Sono fiamme piene di tenerezza, che manifestano all’anima il desiderio di farla entrare in quella gloria. Stimolata da tali inviti, l’anima risponde in questi termini: finiscimi se vuoi. Con tali parole, rivolge allo Sposo due suppliche che ci sono state insegnate nel vangelo: Adveniat regnum tuum, fiat voluntas tua (Mt 6,10) il che equivale a dire: finisci di darmi questo regno, se vuoi, se cioè questa è la tua volontà. Perché questo avvenga, il velo squarcia a questo dolce incontro.
    29. Il velo è ciò che impedisce un’impresa così importante, perché è facile pervenire a Dio, una volta tolti gli ostacoli e squarciati i veli che separano l’anima da Dio. Tre sono i veli che, potendo impedire quest’unione, devono essere squarciati perché essa si realizzi e l’anima giunga al possesso perfetto di Dio: quello temporale, che racchiude tutte le creature; quello naturale, che comprende le operazioni e le inclinazioni puramente naturali; il terzo è quello sensitivo e concerne l’unione dell’anima con il corpo, cioè la vita sensitiva e animale, di cui parla san Paolo in questi termini: Sappiamo che quando verrà disfatta questa nostra abitazione sulla terra, riceveremo una dimora da Dio nei cieli (2Cor 5,1). È necessario squarciare i primi due veli prima che l’anima arrivi al possesso dell’unione con Dio, stato in cui si esige la rinuncia e il distacco da tutte le cose del mondo, come anche la mortificazione di tutti gli appetiti e gli affetti naturali. Attraverso questa purificazione le operazioni dell’anima da naturali sono diventate divine. Tutto ciò è avvenuto compiutamente nell’anima mediante i contatti penosi della fiamma quando essa le procurava ancora dolore. Infatti nella purificazione spirituale, di cui ho parlato sopra, l’anima ha finito di squarciare i due veli, per passare poi all’unione con Dio, dove si trova ora. Resta da rompere solo il terzo velo della vita sensitiva: perciò l’anima parla di velo e non di veli, perché solo questo le rimane da squarciare. Siccome questo velo è molto sottile, leggero e spiritualizzato in seguito all’unione con Dio, la fiamma non lo investe dolorosamente come gli altri due, ma con dolcezza e soavità. Ecco perché l’anima parla di dolce incontro, che è tanto più dolce e delizioso quanto più le sembra che debba squarciare il velo della vita.
  • OFFLINE
    Coordin.
    00 03/08/2013 15:30
    30. È utile ricordare che la morta naturale di coloro che arrivano a questo stato, può sembrare, dal punto di vista umano, simile a quella degli altri, ma la causa e il modo di morire sono molto differenti. Se gli altri, infatti, muoiono di morte provocata da una malattia o dalla vecchiaia, queste persone, pur morendo di malattia o di vecchiaia, in realtà ciò che le strappa dal loro corpo è uno slancio o un trasporto d’amore, molto più elevato, più forte e più possente dei precedenti, tanto da squarciare il velo e portare via il gioiello dell’anima. Per tutti questi motivi, la morte di tali persone è molto più soave e dolce di quanto sia stata per loro l’intera vita spirituale. Muoiono, infatti, per elevati rapimenti e soavi trasporti d’amore, come il cigno che emette il canto più melodioso quando sta per morire. Per questo Davide dice che è preziosa la morte dei santi che si sono devotamente donati a Dio (Sal 115,15 Volg.). In quell’attimo vengono a incontrarsi tutte le ricchezze dell’anima, e i fiumi d’amore dell’anima, così vasti e maestosi da sembrare mari, sfociano nell’oceano divino. È qui che vengono a congiungersi il primo e l’ultimo dei tesori per accompagnare il giusto che parte per il suo regno, mentre, come dice Isaia, dai confini della terra si elevano le lodi a gloria del giusto (Is 24,16).
    31. L’anima sente ormai giunto il momento di questi gloriosi incontri e che è sul punto d’entrare in possesso del suo regno in modo perfetto e definitivo, per l’abbondanza di beni di cui si vede arricchita. Si riconosce, infatti, pura, ricca e piena di virtù e pronta per la vita eterna. Dio le concede di vedere, in questo stato, la sua bellezza e le rivela i doni e le virtù che le ha dato, perché trasformi tutto in amore e lode, senza accenni di presunzione o vanità: ormai il lievito d’imperfezione che corrompe la pasta (1Cor 5,6; Gal 5,9) non c’è più. Si accorge che le resta solo da squarciare questo sottile velo della vita mortale, in cui si sente incatenata, imprigionata e privata della libertà. Desidera essere sciolta dal corpo per essere con Cristo (Fil 1,23), perché la disturba che una vita così vile e debole le impedisca l’altra tanto eccelsa e rigogliosa. Per questo chiede che il velo si squarci, in questi termini: il velo squarcia a questo dolce incontro!
  • OFFLINE
    Coordin.
    00 03/08/2013 15:31
    32. Lo chiama velo per tre motivi: primo, per l’unione esistente tra lo spirito e la carne; secondo, perché divide l’anima da Dio; terzo, perché come il velo non è tanto opaco e spesso da impedire alla luce di trasparire leggermente, così, nel presente stato, l’unione di cui si parla, essendo già molto spiritualizzata, illuminata, trasparente, assomiglia a un velo talmente sottile da lasciar intravedere qualche riflesso di Dio. L’anima sente qui il vigore dell’altra vita e si rende conto della pochezza di questa, che le sembra un velo sottile e una tela di ragno, secondo l’espressione di Davide: I nostri anni sono fatti come tela di ragno (Sal 89,9 Volg.). Ma questo velo è ancora più sottile della ragnatela per l’anima ormai così elevata da essere stabilita in Dio: sente le cose come Dio, di fronte al quale, dice Davide, mille anni sono come il giorno di ieri che è passato (Sal 89,4), e ugualmente Isaia: Tutte le nazioni sono come un nulla davanti a lui (Is 40,17). Lo stesso valore hanno per l’anima, per la quale tutte le cose sono nulla, ed anche lei stessa è nulla ai propri occhi. Solo il suo Dio è tutto per lei.
    33. Ma qui c’è da notare una cosa: perché l’anima chiede che si squarci il velo e non che venga tagliato o consumato, dal momento che questi termini sembrano significare la stessa cosa? Si può rispondere che vi sono quattro motivi. In primo luogo, l’anima si esprime così per parlare con più proprietà, perché per l’attesa di un incontro si usa più propriamente dire rompere gli indugi – che è sinonimo di squarciare – che tagliare o consumare. In secondo luogo, perché l’amore ama mostrare la sua forza e i suoi impeti forti e improvvisi, che si hanno più nello squarciare che nel tagliare o consumare. In terzo luogo, perché l’amore desidera che l’atto sia brevissimo e si compia il più rapidamente possibile. Tanta più forza e valore ha il suo atto quanto più esso è breve e spirituale, perché l’energia unita è più potente di quella divisa. L’amore è come la forma per la materia, cioè s’introduce in un istante. Fino a quel momento non c’era atto, ma solo disposizioni ad esso. Così, gli atti spirituali si compiono nell’anima come in un istante, perché sono infusi da Dio; quanto agli altri, che l’anima compie da sé, si possono chiamare piuttosto disposizioni di desideri o affetti che si succederanno, ma che non saranno mai atti perfetti d’amore o di contemplazione, se non di rado, quando – ripeto – Dio li forma e i perfeziona nello spirito con estrema rapidità. Perciò il Saggio afferma che è meglio la fine di una preghiera che il suo principio (Qo 7,9 Volg.); d’altronde, comunemente si dice che la preghiera breve penetra i cieli. Per questi motivi l’anima ben disposta può compiere in breve tempo atti più numerosi e più intensi di quelli che compie in molto tempo l’anima non disposta; e per la grande disposizione che ha, ordinariamente rimane più tempo nell’atto d’amore o di contemplazione. Al contrario, l’anima non disposta impiega tutto il suo tempo a preparare il proprio spirito e, anche dopo aver finito questo lavoro, le capita come al fuoco che suole indugiare a penetrare nel legno, o per la troppa umidità di quest’ultimo o per il suo poco calore, o per entrambe le cose. Quando, invece, l’anima è ben disposta, l’atto d’amore penetra in essa in pochi istanti, perché ogni tocco divino fa scoccare la scintilla d’amore. Ecco perché l’anima innamorata preferisce vedere il velo squarciato velocemente anziché attendere che sia tagliato o finito. Il quarto motivo, per cui l’anima chiede che si squarci il velo, è perché desidera che questo velo della sua vita termini quanto prima. Difatti, si richiede maggior riflessione per tagliare o finire tale velo, in quanto che si aspetta che sia preparato, disposto o che si verifichi qualche altra condizione, mentre l’azione dello squarciare non richiede, a quanto sembra, né attesa di deliberazione né qualcos’altro del genere.
  • OFFLINE
    Coordin.
    00 03/08/2013 15:32
    34. L’anima innamorata non sopporta indugi né vuole aspettare che la sua vita si consumi in maniera naturale e neppure che termini in questo o quel tempo. Difatti la forza del suo amore e le disposizioni che vede in sé la spingono a volere e a chiedere che la vita venga interrotta subito da qualche incontro o impeto soprannaturale d’amore. L’anima sa molto bene che, giunta a questo stato, Dio suole chiamare a sé anzitempo le anime che ama molto; attraverso quest’amore, in breve tempo perfeziona in esse ciò che con il loro passo ordinario avrebbero compiuto mediante un lungo lasso di tempo. A tale proposito dice il Saggio: Divenuto caro a Dio, fu amato da lui e, poiché viveva tra peccatori, fu trasferito. Fu rapito, perché la malizia non ne mutasse i sentimenti o l’inganno non ne traviasse l’animo… Giunto in breve alla perfezione, ha compiuto un lungo percorso. La sua anima fu gradita al Signore, perciò egli lo tolse in fretta da tale ambiente, ecc. (Sap 4,10-11.13-14). Fin qui sono parole del Saggio. In base ad esse, si può notare con quanta precisione e logica l’anima adoperi il termine squarciare. Infatti nel brano citato lo Spirito Santo usa due termini, rapire e togliere in fretta, che indicano assenza assoluta di indugi. Il togliere in fretta lascia intendere la premura di Dio onde perfezionare in breve tempo l’amore del giusto; il termine rapire, invece, indica come l’anima venga strappata alla vita anzitempo. È, dunque, molto importante per l’anima esercitarsi nell’amore, in questa vita, perché, consumandosi in breve, non s’intrattenga più a lungo quaggiù o in purgatorio in situazioni che le impediscono di vedere Dio.
    35. Ma bisogna capire, ora, perché l’anima chiami questo intervento interiore dello Spirito incontro e non in altro modo. Il motivo sta nel fatto che l’anima, come si è detto, ormai in Dio, desidera immensamente che la sua vita finisca; ma questo suo desiderio non si realizza perché non è ancora giunto il momento della sua perfezione. L’anima, dunque, vede che Dio, per consumare questa sua perfezione e liberarla dalla carne, la investe in maniera divina e gloriosa, sotto forma di incontri, allo scopo di purificarla e sottrarla alla carne. Questi sono veramente incontri, attraverso i quali Dio penetra sempre più nella sostanza dell’anima per renderla divina, assorbendo l’anima nel suo essere divino ed elevandola al di sopra di ogni altro essere. Questo perché Dio l’ha incontrata e trapassata vivamente nello Spirito Santo, le cui comunicazioni sono impetuose, quando sono ferventi d’amore, come nel caso di quest’incontro. L’anima lo chiama dolce, perché in esso prova un grande godimento di Dio. Lo chiama così non perché non siano dolci anche i molti altri tocchi e incontri divini, di cui frequentemente è oggetto in questo stato, ma perché quest’incontro è superiore a tutti gli altri. Difatti, ripeto, Dio interviene al fine di sciogliere l’anima dai suoi legami terreni e introdurla presto nella gloria dei cieli. Per questo l’anima ha l’ardire di gridare: il velo squarcia, ecc.
  • OFFLINE
    Coordin.
    00 03/08/2013 15:32
    36. Riassumendo ora tutta la strofa, è come se dicesse: O fiamma dello Spirito Santo, che tanto intimamente e teneramente trapassi la sostanza della mia anima e la bruci con il tuo ardore di gloria, sei così colma d’amore che mi manifesti il desiderio di donarti a me nella vita eterna! In passato le mie suppliche non giungevano ai tuoi orecchi, quando – tra le angosce e le sofferenze del mio amore, allorché i miei sensi e il mio spirito gemevano a motivo della mia estrema debolezza, della mia impurità e del mio poco amore – ti pregavo di liberarmi dai miei legami terreni e di portarmi con te, perché la mia anima ti desiderava, perché l’amore impaziente non mi permetteva di uniformarmi a questa condizione di vita, nella quale ancora volevi che vivessi, perché gli impeti d’amore di prima non erano sufficientemente ardenti né avevano i requisiti per condurmi a una meta tanto bramata. Ora che sono così fortificata nell’amore, che non solo i miei sensi e il mio spirito non vengono meno in te, ma, resi forti in te, accordandosi pienamente, il mio cuore e la mia carne gioiscono nel Dio vivente (Sal 83,3), ora ti chiedo quello che vuoi che io desideri da te. Ciò che non vuoi, non lo voglio, né posso volerlo, né mi sfiora l’idea di volerlo. Siccome ora queste mie suppliche sono davanti a te più valide e accette, in quanto vengono da te e tu mi spingi a indirizzarle a te, te le presento con tutta la soavità e la gioia dello Spirito Santo, poiché dal tuo cospetto procede il mio giudizio (Sal 16,2), cioè quando tu apprezzi e ascolti le mie suppliche: squarcia il velo sottile di questa vita senza attendere che arrivi al punto d’essere consumata naturalmente dall’età o dagli anni, perché possa amarti fin d’ora con la pienezza e la sazietà che la mia anima desidera, cioè senza limiti e per l’eternità!
  • OFFLINE
    Coordin.
    00 03/08/2013 15:33
    STROFA 2

    O dolce cauterio!
    Deliziosa piaga!
    Morbida mano, tocco delicato,
    che sa di eterna vita
    e ogni debito paga!
    Morte in vita, uccidendo, hai tramutato!


    SPIEGAZIONE

    1. In questa strofa l’anima spiega come le tre Persone della santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, compiano nel suo più profondo intimo l’opera divina dell’unione. La mano, il cauterio e il tocco, pertanto, designando le tre divine Persone, sono sostanzialmente la stessa cosa. L’anima usa questi termini perché esprimono l’effetto prodotto da ciascuna Persona. Il cauterio è attribuito allo Spirito Santo, la mano al Padre e il tocco al Figlio. L’anima glorifica il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, esaltandone tre grandi favori e beni di cui l’arricchiscono, perché, avendo cambiato la sua morte in vita, l’hanno trasformata in se stessi. Il primo di questi favori, attribuito allo Spirito Santo, è una piaga deliziosa. Per questo motivo l’anima lo chiama cauterio. Il secondo , attribuito al Figlio, è il gusto della vita eterna. Per questo motivo l’anima lo chiama tocco delicato. Il terzo, attribuito al Padre, consiste nella trasformazione dell’anima in Dio. È un dono con cui l’anima viene ben ricompensata. Per questo motivo lo chiama morbida mano. Sebbene l’anima nomini qui le tre Persone divine per gli effetti particolari loro attribuiti, si rivolge però ad una solamente, quando dice: in vita hai tramutato. In realtà, l’azione delle tre Persone è unica, quindi il tutto è attribuito a una e a tutt’e tre le Persone insieme. Si commenta il verso: O dolce cauterio!
    2. Questo cauterio, ripeto, è attribuito allo Spirito Santo, perché, come afferma Mosè nel Deuteronomio, il Signore è fuoco divoratore (Dt 4,24), cioè fuoco d’amore. Ora, siccome questo fuoco ha una forza infinita, può incredibilmente consumare e trasformare l’anima in sé quando la tocca. Ciò nonostante, brucia e assorbe ogni anima a seconda delle sue disposizioni, una di più e l’altra di meno, quanto, come e quando vuole. Siccome è un fuoco d’amore infinito, vuole toccare l’anima con una certa forza, ragion per cui il fuoco d’amore che brucia l’anima sarà talmente intenso da sembrarle ardere più di tutte le fiamme del mondo. Per tale motivo, in quest’unione l’anima chiama cauterio lo Spirito Santo: difatti il cauterio, o bruciatura, è il punto in cui il fuoco è più intenso, più forte e dove produce maggior effetto che ogni altro combustibile. Così è l’atto di quest’unione: poiché consiste in un fuoco d’amore superiore a tutti gli altri, è detto cauterio. Ora, siccome questo fuoco divino in questo caso trasforma l’anima completamente in se stesso, questa non solo sente la bruciatura, ma è completamente trasformata in bruciatura di fuoco ardente.
  • OFFLINE
    Coordin.
    00 03/08/2013 15:34
    3. È cosa mirabile e degna di nota che, pur essendo questo fuoco di Dio talmente forte e divoratore da distruggere mille mondi con più facilità di quella con cui il fuoco terreno brucia un filo di paglia, non consumi né distrugga l’anima in cui arde così potentemente. Lungi dal causarle il più piccolo dolore, tale fuoco la divinizza proporzionatamente al suo amore e la colma di delizie, infiammandola e facendola ardere in sé; soavemente. Questo è dovuto alla purezza e alla perfezione dello spirito con cui arde nello Spirito Santo. Ciò è quanto riferisce il libro degli Atti degli Apostoli (2,3): il fuoco dello Spirito, abbattendosi gagliardo sui discepoli, li accese d’amore, sicché questi, come dice san Gregorio, si sentirono bruciare interiormente d’amore soave. Questo intende esprimere la Chiesa quando dice a tale riguardo: Venne un fuoco dal cielo, senza bruciare, ma risplendendo; senza consumare, ma illuminando. Lo scopo di Dio, quando accorda simili comunicazioni, è quello di elevare l’anima, non di affaticarla e tormentarla, ma di confortarla e colmarla di delizie. Dio non la oscura né la riduce in cenere come fa il fuoco con il carbone, ma la rende luminosa e l’arricchisce con i suoi doni. Ecco perché l’anima chiama dolce il cauterio.
    4. Beata l’anima che ha la rara fortuna di ricevere questo cauterio! Sa tutto, gusta tutto, fa tutto ciò che vuole, tutto le riesce bene, nessuno prevale su di lei, nulla la tocca. Di siffatta anima così si è espresso l’Apostolo: L’uomo spirituale giudica ogni cosa, ma non è giudicato da nessuno (1Cor 2,15). E ancora: Lo Spirito scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio (1Cor 2,10). Questa infatti è la caratteristica dell’amore: scrutare tutti i tesori dell’Amato.
    5. O anime che meritate di giungere allo stato ove regna sovrano questo fuoco, grande è la vostra gloria! Pur possedendo questo fuoco una forza infinita per distruggervi e annientarvi, senza estinguervi, immensamente vi consuma nella gloria! Non meravigliatevi che Dio elevi alcune anime a simili altezze, dal momento che anche il sole si distingue nel produrre alcuni effetti meravigliosi e, come dice lo Spirito Santo, in tre modi fa ardere i monti, cioè i giusti. Poiché questo cauterio è così soave, come è stato spiegato, quanto piena di delizie sarà l’anima toccata da questo fuoco! Essa tenta di raccontarlo, ma non vi riesce: ne conserva tutto l’apprezzamento nel cuore e lo esalta con questa esclamazione sulle labbra: O dolce cauterio! Deliziosa piaga!
  • OFFLINE
    Coordin.
    00 03/08/2013 15:34
    6. Dopo aver parlato della bruciatura, l’anima accenna ora alla piaga prodotta da tale bruciatura. Siccome questa era dolce, come ho spiegato, anche la piaga, giustamente, sarà dolce. Pertanto la piaga derivata da bruciatura sarà piena di delizie, perché, trattandosi d’una ferita d’amore così soave, la piaga sarà anch’essa d’amore soave e, di conseguenza, l’anima sarà colmata di delizie.
    7. Per spiegare come possa essere questa piaga di cui parla qui l’anima, occorre sapere che la bruciatura causata dal fuoco naturale produce sempre una piaga dove tocca e ha la caratteristica di trasformare in piaga derivata da fuoco anche quella in origine non causata dal fuoco. Ciò è quanto avviene per la bruciatura d’amore: lascia subito ferita d’amore l’anima che tocca, anche se originariamente l’anima fu ferita dalle piaghe delle sue miserie e dei suoi peccati, oppure se è sana. In questo modo, le piaghe dovute ad altra causa diventano piaghe d’amore. Vi è però una differenza tra questa ferita prodotta dall’amore e quella dal fuoco materiale: la ferita causata da quest’ultimo può essere sanata ricorrendo semplicemente a medicamenti, mentre la ferita prodotta dalla bruciatura d’amore non può essere curata con medicamento alcuno, ma solo con la stessa bruciatura che ha causato la piaga; insomma, la bruciatura guarisce la ferita ampliandola. Difatti, ogni volta che la bruciatura d’amore tocca la ferita d’amore, ne produce un’altra ancora più profonda, così che cura e sana quanto più ferisce. Colui che ama, più è ferito d’amore più sta in salute: la cura che l’amore propone consiste nell’aggiungere ulteriori ferite d’amore alle precedenti, fin quando la piaga è talmente grande che l’anima è divenuta tutta una ferita d’amore. In questo modo, ormai completamente cauterizzata e divenuta tutta una ferita d’amore, è completamente guarita nell’amore, perché è trasformata in amore. Questo è il senso della ferita, di cui parla qui l’anima, la quale è tutta piagata e, al tempo stesso, è completamente sana. Sebbene essa sia tutta piagata e contemporaneamente in piena salute, la bruciatura d’amore non cessa di fare la sua funzione, che è quella di procurare all’anima nuovi tocchi e ferite d’amore. Anche se l’anima è ormai completamente nelle delizie e piena di salute, l’effetto della bruciatura d’amore è quello di lenire la piaga, come fa un buon medico. Per questo l’anima esclama: Deliziosa piaga! O piaga tanto più deliziosa quanto più ardente e sublime è il fuoco d’amore che l’ha prodotta! È lo Spirito Santo che la procura al solo scopo di colmare di doni e, poiché il suo desiderio e la sua volontà di favorire è grande, grande sarà anche la ferita, perché grandi sono le delizie che accorda.
  • OFFLINE
    Coordin.
    00 03/08/2013 15:35
    8. O benedetta piaga, procurata da colui che soltanto sa guarire! O fortunata e felicissima piaga, fatta solo per deliziare! Le tue sofferenze sono tali da essere gioia e diletto per l’anima ferita! Grande sei, deliziosa piaga!, perché grande è chi ti ha fatto. Grande è ciò che doni, perché il fuoco d’amore infinito ti colma di delizie secondo la tua capacità e grandezza. O deliziosa piaga! Tanto più profondamente deliziosa quanto più la ferita d’amore penetra nell’intimo centro della sostanza dell’anima, bruciando tutto ciò che può bruciare, comando di delizie tutto quanto può colmare! Mi sembra che questo cauterio e questa piaga siano il più alto grado raggiungibile in questo stato. Vi sono, infatti, molti altri modi con cui Dio può cauterizzare l’anima, che non giungono a tanto né sono come questo, perché qui si tratta di un tocco esclusivo di Dio nell’anima, senza mediazioni di forme o figure intellettuali o immaginarie.
    9. Esiste però un’altra maniera, molto sublime, di cauterizzare l’anima, sotto forma intellettuale, ed è la seguente: può accadere che, essendo l’anima infiammata d’amore di Dio, anche se non in forma così elevata come quella descritta – ma occorre che lo sia fortemente per provare quanto sto esponendo –, si senta investire da un serafino con una freccia o un dardo ardentissimo del fuoco d’amore. Trapassando l’anima già incendiata come brace, o meglio simile a fiamma, la cauterizza in modo sublime. E allora, cauterizzandola con la freccia che la trapassa, fa sì che la sua fiamma si sprigioni con veemenza, come quella d’una fornace ardente o d’una fucina quando vi si attizza il fuoco e la fiamma si ravviva e s’innalza. Così, quando l’anima è ferita da questo dardo acceso, sente la piaga con indicibile diletto. Essa, oltre a trovarsi tutta piena di soavità, quando riceve il colpo impetuoso del serafino, prova un grande ardore e uno struggimento d’amore; sente altresì la dolce ferita e la virtù dell’erba che è servita a ben temprare il ferro, la cui punta acuta, penetrando la sostanza dello spirito, è riuscita a trapassare il suo cuore.
  • OFFLINE
    Coordin.
    00 03/08/2013 15:35
    10. Chi saprà parlare come si deve di questo intimo punto della ferita che sembra situarsi nel centro del cuore spirituale, dove si gustano inebrianti delizie? L’anima sente in quel punto come un granellino di senapa, attivissimo e accesissimo, che irradia tutt’intorno un vivo fuoco d’amore. Tale fuoco proviene dalla sostanza e dalla virtù di questo punto bruciante, ove si trovano la sostanza e la virtù dell’erba, di cui sopra. L’anima sente che si diffonde impercettibilmente in tutte le sue vene, per così dire, spirituali e sostanziali, secondo la potenza e l’energia del suo ardore. Essa allora si sente fortificare e crescere nell’ardore. Il suo amore si purifica al punto che le sembra di scoprire nel suo intimo mari di fuoco d’amore, che penetrano in tutta la sua struttura, colmandola d’amore. L’anima ha l’impressione che tutto l’universo sia un oceano d’amore, nel quale è immersa e di cui non vede i confini, perché non percepisce in sé il termine o la fine di quest’amore.
    11. Il gaudio che l’anima prova in questo stato è qualcosa d’ineffabile. Tutto ciò che si può dire è che essa comprende il motivo per cui il vangelo paragona il regno dei cieli a un chicco di senapa, che, pur essendo il più piccolo di tutti i semi, per il suo grande vigore diventa un grande albero (Mt 13,31-32). Così l’anima, divenuta un immenso fuoco d’amore, percepisce che tale trasformazione proviene da quel piccolo punto acceso nel cuore del suo spirito.
    12. Poche sono le anime che arrivano a simili vertici. Ve ne sono alcune, tuttavia, che li hanno raggiunti: sono soprattutto persone la cui virtù e il cui spirito si dovevano trasmettere successivamente ai loro figli. Dio infatti concede ai fondatori tesori e grandezze, nelle primizie dello spirito, in proporzione al numero più o meno grande di seguaci che avranno la loro regola e il loro spirito.
  • OFFLINE
    Coordin.
    00 03/08/2013 15:35
    13. Ma torniamo all’intervento di quel serafino che produce una piaga e una ferita nell’intimo dello spirito. A volte Dio permette che qualche effetto della ferita interiore traspaia nel corpo, manifestando ciò che è interiormente. La ferita e la piaga, allora, si manifestano all’esterno, come accadde quando il serafino ferì d’amore l’anima di san Francesco, imprimendogli cinque piaghe. L’effetto di queste si manifestò sul suo corpo, ove apparivano le stesse piaghe d’amore che avevano ferito la sua anima. Dio infatti abitualmente, non concede al corpo alcun favore che non abbia prima e soprattutto accordato all’anima. Allora, più intense sono le delizie e la forza d’amore procurate dalla piaga nell’intimo dell’anima, più dolorosa è la ferita impressa sul suo corpo. Questi due effetti, insomma, crescono simultaneamente. Ciò avviene perché, essendo queste anime purificate e fortificate in Dio, ciò che per loro la debole carne è causa di dolore e di tormento, per il loro spirito, forte e sano, è motivo di dolcezza e piacevolezza. È meraviglioso, allora, sentir crescere il dolore nel diletto. Giobbe aveva sperimentato molto bene qualcosa del genere, quando alla vista delle sue piaghe si rivolse a Dio dicendo: Volgendoti a me, mi tormenti in modo mirabile (Gb 10,16 Volg.). Infatti è cosa meravigliosa, degna dell’abbondante soavità e dolcezza che Dio riserva a coloro che lo temono (Sal 30,20), il fatto che li colmi di delizie e diletti tanto più intensi quanto maggiori sono il dolore e il tormento che sentono. Ma quando la ferita è prodotta solo nell’anima, senza che si manifesti all’esterno, le delizie possono essere più intense e sublimi. La carne infatti è un ostacolo per lo spirito e, quando ne riceve dei profitti, essa tira le briglie e il morso all’agile cavallo dello spirito, soffocandone il brio, perché se lo spirito volesse usare tutta la sua forza, le briglie si spezzerebbero. Ma fino a quando non si spezzano, la carne limita la libertà dello spirito, come dice il Saggio: Un corpo corruttibile appesantisce l’anima e la tenda d’argilla grava il senso spirituale, che da se stesso comprende molte cose (Sap 9,15).
    14. Dico questo perché si sappia che non saranno molto spirituali coloro che vogliono continuamente appoggiarsi alla loro abilità e ai loro ragionamenti naturali per andare a Dio. Vi sono alcuni che pensano di pervenire alle potenze e altezze dello spirito soprannaturale con la sola forza o l’attività dei sensi, che di per sé sono bassi e prettamente naturali. Per raggiungere queste altezze occorre rinunciare ai sensi corporali con le relative operazioni, e metterli da parte. Cosa ben diversa è quando l’effetto spirituale si riversa sui sensi. In questo caso, infatti, può esserci una sovrabbondanza di spirito, così come ho mostrato quando si è parlato delle piaghe, la cui forza interiore si riversa all’esterno. Ciò è quanto accadde a san Paolo: i dolori di Cristo erano così vivi nella sua anima da riflettersi nel corpo, come afferma nella lettera ai Galati: Io porto le ferite di Cristo, mio Signore, nel mio corpo (Gal 6,17).
  • OFFLINE
    Coordin.
    00 03/08/2013 15:36
    15. Sul cauterio e sulla piaga basta quanto ho detto. Se sono come li ho descritti, come sarà la mano che produce questo cauterio? E anche questo tocco, come sarà? L’anima lo mostra nel verso successivo, più con un’esclamazione che con una spiegazione: Morbida mano, tocco delicato!
    16. Questa mano, torno a ripetere, simboleggia il Padre celeste, ricco di misericordia e onnipotente. È da notare che se essa è tanto generosa e munifica quanto potente e ricca, i doni che essa offrirà, allorché si aprirà per concederli all’anima, saranno ricchi e valenti. Per questo motivo l’anima la definisce morbida mano. È come se dicesse: o mano, quanto sei morbida per la mia anima! Tu che la tocchi posandoti su di lei così delicatamente, annienteresti l’universo se ti posassi appena pesantemente; infatti Dio mira la terra e la fa sussultare (Sal 103,32), guarda e fa tremare le genti e le montagne si frangono (Ab 3,6). O dolce mano, ripeto ancora! Se sei stata dura e severa con Giobbe (19,21), toccandolo un po’ rudemente, al contrario sei per me affettuosa e dolce, e quanto più fosti dura con lui tanto più affettuosamente, piacevolmente e soavemente tocchi in modo permanente l’anima mia! Tu infatti dici: Sono io che do la morte e faccio vivere… e nessuno può liberarsi dalla mia mano (Dt 32,39). Ma tu, vita divina, tu dai la morte solo per dare la vita, ferisci solo per guarire. Quando castighi, tocchi con dolcezza e questo basterebbe a distruggere il mondo; quando accarezzi, lo fai molto opportunamente, e così non vi è nulla che possa eguagliare le tue innumerevoli delizie. Mi hai ferito per guarirmi, o mano divina! Hai ucciso in me ciò che mi teneva nella morte! Ero allora privo della vita di Dio, in cui ora, invece, mi trovo a vivere! Debbo questo favore alla liberalità della tua generosa grazia, che hai riversato su di me quando mi hai fatto sentire il tocco di Colui che è irradiazione della tua gloria e impronta della tua sostanza (Eb 1,3), cioè il tuo Figlio unigenito, nel quale, come tua Sapienza, tu tocchi da un confine all’altro della terra con forza (Sap 8,1). È lui, il tuo Figlio unigenito, o mano misericordiosa del Padre, il tocco delicato con cui hai prodotto in me con forza il cauterio e la piaga.
  • OFFLINE
    Coordin.
    00 03/08/2013 15:36
    17. O tocco delicato, o Verbo, Figlio di Dio, che con la delicatezza del tuo essere divino penetri sottilmente la sostanza della mia anima e, toccandola tutta con delicatezza, l’assorbi completamente in te e adoperi mezzi del tutto divini per colmarla di delizie e soavità mai sentite in terra di Canaan né mai viste in Teman (Bar 3,22)! O tocco delicato e divinamente delicato del Verbo, tanto più delicato in me in quanto tu facevi sobbalzare i monti e spaccavi le rocce sul monte Oreb con l’ombra del tuo potere e la forza che lo precedeva, in modo più soave e forte ti facesti sentire dal profeta nel soffio leggero del vento (1Re 19,11-12)! O soffio leggero, che sei così fine e delicato, dimmi: come puoi toccare così sottilmente e delicatamente, o Verbo, Figlio di Dio, pur essendo così terribile e potente? O felice, mille volte felice, Signor mio, l’anima che tocchi così delicatamente e dolcemente, pur essendo così terribile e potente! Dillo al mondo, anzi no, non glielo dire, perché non sa nulla del soffio delicato né può sentirti, perché è incapace di accoglierti e di vederti (Gv 14,17)! O mio Dio, vita mia! Potranno sentire e vedere il tuo tocco soave solo quelli che, allontanatisi dal mondo, saranno divenuti più sensibili. Simili a te, delicati simili al Delicato, potranno così conoscerti e goderti. Il tuo tocco sarà tanto più delicato, quanto più sarà affinata, pulita e purificata la sostanza della loro anima, distaccata da ogni creatura, da ogni sua ombra o contatto. Tu ti nascondi in queste anime e dimori in esse, come pure tu nascondi queste anime nel segreto del tuo volto, che è il Verbo, lontano dagli intrighi degli uomini (Sal 30,21).
    18. O tocco mille e più volte delicato, tanto più forte e poderoso quanto più delicato, dal momento che con la forza della tua delicatezza liberi e allontani l’anima da tutti gli altri contatti con le cose create! Tu la riservi solo per te, per unirla solo a te! E produci in essa un effetto e un retrogusto talmente delicati che qualsiasi altro tocco di cose superiori o inferiori le sembra grossolano e impuro. La vista di tali cose la disturba; e soffre pena e un grave tormento nel doversene occupare o nel toccarle.
  • OFFLINE
    Coordin.
    00 03/08/2013 15:37
    19. È opportuno ricordare che una cosa è tanto più grande e capace, quanto più è delicata in sé, ed è tanto più capace di diffondersi e comunicarsi quanto più è sottile e delicata. Ora il Verbo, immensamente sottile e delicato, è il tocco che accarezza l’anima; a sua volta, l’anima è il recipiente ampio e capace di accogliere molto, a motivo della finezza e della profonda purezza acquisita in questo stato. O tocco delicato, che ti riversi nell’anima mia con tanta maggior abbondanza, quanto più sottile è la tua sostanza e più pura la mia anima!
    20. Occorre, inoltre, sapere che quanto più il tocco è sottile e delicato, tanto più diletto e gioia comunica all’anima che raggiunge; più ridotto e meno esteso è il volume del tocco, più esso è sottile. Ora, il tocco divino non ha né volume né estensione, perché il Verbo che lo produce non è legato ad alcuna forma o maniera, ma è esente da ogni estensione, libero da forme, figure o accidenti che sogliono circoscrivere la sostanza per metterle dei termini e dei limiti. Per questo motivo il tocco di cui si parla, in quanto tocco sostanziale, voglio dire della sostanza divina, è ineffabile. O tocco, torno a ripetere, tocco ineffabile e delicato del Verbo! T’imprimi nell’anima solo con la tua semplicissima sostanza e il tuo intimo essere! Poiché sei infinito, sei di una delicatezza infinita. Per questo il tuo tocco è così sottile, così carico d’amore, così profondo e delicato, che sa di eterna vita!
    21. In realtà, anche se non in grado perfetto, in questo tocco di Dio si gusta un certo sapore di vita eterna, come ho detto. Tutto ciò non ha nulla d’incredibile, quando si crede, come bisogna credere, che si tratta di un tocco di sostanze, cioè la sostanza di Dio tocca la sostanza dell’anima, come testimoniano molti santi che ne hanno fatto esperienza in questa vita. È impossibile, dunque, descrivere la delicatezza del piacere che si prova in questo tocco. Non oso parlarne, temendo che le parole non siano adeguate alla comprensione di simile stato. Non ci sono termini per spiegare favori divini tanto sublimi come quelli accordati all’anima. Difatti ogni anima ha il proprio linguaggio per comprendere e sentire questo stato dentro di sé, nonché per goderne e conservarne il segreto. L’anima, in questo stato, percepisce che, in qualche modo, questi favori sono come la pietruzza bianca che, secondo san Giovanni, sarà data al vincitore e sulla quale sta scritto un nome nuovo, che nessuno conosce all’infuori di chi lo riceve (Ap 2,17). La sola cosa che si possa dire di questo stato e in tutta verità è che sa di eterna vita. Sebbene nella vita terrena non si goda di tale tocco così perfettamente come nella gloria, tuttavia esso, in quanto tocco di Dio, sa di eterna vita. In esso l’anima gusta tutte le perfezioni di Dio, che le comunica forza, sapienza, amore, bellezza, grazia e bontà, ecc. Siccome Dio è tutte queste cose insieme, l’anima le gusta in quest’unico tocco che Dio le concede e ne gode in tutte le sue potenze e la sua sostanza.
  • OFFLINE
    Coordin.
    00 03/08/2013 15:37
    22. Talvolta questo bene dell’anima lascia trasparire nel corpo l’unzione dello Spirito Santo e allora il godimento si estende a tutta la sostanza sensitiva, alle membra, alle ossa, al midollo, non così debolmente come di solito accade, ma con sensazioni di grande gioia e gloria, che l’anima prova fin nella punta dei piedi e delle mani. A sua volta il corpo prova tanta parte della gloria dell’anima, da esaltare a suo modo Dio, sentendolo nelle sue ossa, come quando Davide esclama: Tutte le mie ossa dicano: «Chi è come te, Signore?» (Sal 34,10). Poiché tutto ciò che si può dire su questo è sempre insufficiente, basta qui aggiungere soltanto che il corpo, come lo spirito, sa di eterna vita / e ogni debito paga.
    23. L’anima si esprime così perché, nel sapore della vita eterna che gusta, gode la ricompensa delle fatiche affrontate per raggiungere questo stato. Non solo essa si considera ben pagata e ricompensata secondo giustizia, ma premiata molto più dei suoi meriti. A questo punto comprende la verità della promessa che lo Sposo fa nel vangelo di dare il cento per uno (Mt 19,29). Infatti non c’è stata tribolazione, tentazione, penitenza o qualsiasi altra fatica che abbia dovuto affrontare, che non venga ricompensata al centuplo in questa vita, con consolazioni, gioie, ecc. Così l’anima può a buon diritto affermare: e ogni debito paga!
    24. Per sapere come e quali siano questi debiti, che l’anima considera qui come pagati, occorre ricordare che nessun’ anima può arrivare per via ordinaria a questo eccelso stato, al grado del matrimonio spirituale, senza prima passare attraverso molte tribolazioni e prove. Ciò è quanto si dice negli Atti degli Apostoli: È necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel regno di Dio (At 14,22). Infatti tutte queste prove sono già state superate quando l’anima perviene a questo stato. Ormai purificata, essa non soffre più.
    25. Ora, le prove che devono superare coloro che arrivano a questo stato sono di tre specie, cioè: sofferenze, desolazioni, timori e tentazioni di vario genere da parte del mondo; tentazioni, aridità, afflizioni da parte dei sensi; tribolazioni, tenebre, angosce, rinunce, tentazioni e altre sofferenze da parte dello spirito. In questo modo, infatti, l’anima viene purificata nella sua parte spirituale e in quella sensitiva, come ho detto spiegando il quarto verso della prima strofa. Il motivo per cui sono necessarie queste sofferenze all’anima per arrivare a questo stato è il seguente: come un liquore eccellente si pone sempre in un recipiente forte, ben preparato e pulito, così l’eccelsa unione può realizzarsi solo nell’anima che è resa forte dalla sofferenza e dalle tentazioni, purificata dalle tribolazioni, dalle tenebre e dall’angoscia; le prime prove purificano e rafforzano i sensi, le altre affinano, purificano e preparano lo spirito. Come infatti, per unirsi a Dio nella gloria, le anime non sufficientemente pure devono passare attraverso il fuoco del purgatorio nell’altra vita, così, per arrivare all’unione di perfezione in questa vita, devono passare attraverso il fuoco delle sofferenze suddette. Queste prove sono più o meno forti, più o meno lunghe, a seconda del grado d’unione, al quale Dio vuole elevarle, e secondo quanto esse hanno da purificare.
    26. Dio sottopone, dunque, l’anima e i sensi a tali sofferenze. Attraverso l’amarezza di queste, l’anima acquista gradualmente virtù, forza e perfezione, perché la virtù diventa perfetta nella debolezza (cfr. 2Cor 12,9) e si forgia nell’esercizio contro le passioni: similmente al ferro, che l’artigiano tratta e modella secondo la sua idea soltanto con l’aiuto del fuoco e del martello. A proposito del fuoco, Geremia afferma che il Signore glielo mise nella sua mente: Egli ha scagliato un fuoco nelle mie ossa, e mi ha insegnato (Lam 1,13 Volg.). E quanto al martello dichiara: Tu mi hai castigato e io sono stato corretto (Ger 31,18 Volg.). Ecco perché l’Ecclesiastico sentenzia: Colui che non è stato tentato, che può sapere? (Sir 34,9 e 11 Volg.) e chi non ha avuto delle prove, poco conosce (Sir 34,10).
1