00 06/06/2013 21:19
Apocryphal & apocalyptic writings from the early 80s

Part One.


Aveva cominciato Patti Smith nel 1979 a tornare a suonare in Italia per tastare il terreno dopo anni e anni di black out di concerti per l’effetto dissuasivo delle violente contestazioni ai Led Zeppelin, il lancio di sanpietrini a Lou Reed e addirittura le Molotov a Santana.
Lo slogan la musica si sente il biglietto non si paga dei compagni duri e puri poteva essere anche ideologicamente condivisibile ma di fatto tagliò fuori per un lustro il nostro paese dal circuito internazionale.
Per fortuna di noi abitanti della periferia dell’impero le contestazioni tenevano lontani dalle grandi piazze anche i Cantautori così almeno ci si consolava con Finardi, Graziani, i Nomadi, Stefano Rosso e compagnia bella da noi a Camerino.
Francesco Guccini a Macerata, allo Sferisterio.
Avevamo appena raccolto la Maria accudita con tanta cura e attenzione per farla crescere alle nostre altezze quasi montane.
Sballava poco ma aveva un odore buonissimo e forte perché l’avevamo appena essiccata nel forno di mamma.
Ne era venuta quasi una busta della spesa ma i carabinieri all’ingresso del concerto ci avevano costretto a scolarci il bottiglione di vino perché non si poteva introdurre vetro, ma alla busta non ci avevano proprio fatto caso.
Il buon Guccini invece, discorrendo da par suo tra una canzone e l’altra, aveva guardato in basso verso di noi apostrofando con il suo inconfondibile accento: “stasera si riconoscono profumi esotici non proprio maceratesi”.
E poi il grande Faber, nel campo di calcio di Civitanova Marche, sabbioso quanto e più del deserto del Gobi dopo un decennio di siccità …
Abbracciato stretto alla ragazza di una sera, nel suo abito di seta indiana frikkettonika.
Al tramonto l’entrata con il sottofondo dell’Ave Maria in Sardo…
Le vecchie canzoni riarrangiate e quelle nuove, che all’epoca non mi piacevano poi tanto.
Però quando incominciarono a venire in Italia i più bei gruppi della nuova ondata fu tutta un’altra musica.
Poco prima delle vacanze di Natale del 1980 i Talking Heads suonarono al Palaeur di Roma.
Roma città vicina e con copertura parentale assicurata, in cui i tanti amici permettevano trasferta con pernotto, pasti e canne aggratis.
I soldi per il treno e il biglietto d’ingresso si rimediavano facile.
Era tutto pieno e, mano a mano che la gente continuava ad entrare, l’affollamento era arrivato al secondo anello, nei settori chiusi dietro il palco e credo pure nei cessi e negli sgabuzzini.
Gruppo spalla i Selecter che con il loro ottimo ska avevano scaldato già a dovere l’ambiente.
Poi, dopo una lunga pausa, si accesero i riflettori sul palcoscenico e attaccarono le note di Pshyco Killer.
Una specie di scossa per tutto il corpo.
Il ritmo che ti scorre dentro per le due ore e passa di canzoni dei primi splendidi quattro album della band, alternate in una successione che diviene frenetica.
Il suono che sembra dilatarsi mano a mano che il numero dei musicisti sul palco aumenta.
Quattro.
Cinque con Adrian Belew alla chitarra.
E poi ancora, e ancora…
Fino a nove.
Un altro basso, le coriste, ancora percussioni…
Un’orgia di musica da orgasmo a ripetizione.

Nel Maggio 1981 allo stadio comunale di Firenze arrivarono i Clash.
A Bologna l’anno prima non ci avevano assolutamente mandato i genitori, per paura dei disordini e dei casini con la pula, e gli avevamo tenuto il muso per un mese.
Poi la situazione di tensione ai concerti si era normalizzata, noi eravamo pure diventati maggiorenni e quindi partimmo armati di sacchi a pelo, golden brown e pollice tirato a lucido per l’autostop.
Meglio del cinema l’autostop.
Ci caricavano soggetti degni dei più improbabili protagonisti delle commedie all’italiana di serie B.
Ma pure a noi non mancavano di certo i nostri sani tic.
Stile abbassare di scatto il braccio e fare gli indifferenti se solo all'orizzonte si scorgeva la sagoma di una Prinz verde bottiglia, portatrice di smisurata sfiga.
Se il tempo in attesa del passaggio si allungava accendersi una sigaretta, perché si sarebbe immediatamente fermato qualcuno, costringentoti a buttarla.
Per andare dal punto A al punto B, contraddicendo ogni evidenza geometrica, non si seguiva una linea retta ma un percorso che su una cartina topografica poteva somigliare al tracciato dell’elettrocardiogramma di un tachicardico.
Alla fine si arrivava sempre tardi…
Ma quella sera i cancelli erano ancora chiusi e c’erano migliaia di ragazzi di tutta Italia.
In cinque minuti pareva che ci conoscessimo da una vita.
Il solito schieramento dei celerini in tenuta antisommossa restava una specie di tartaruga antidiluviana in sottofondo, una minaccia ormai disinnescata.
C’era solo tanta voglia di musica.
Era stata una giornata di un caldo bastardissimo ed eravamo un impasto di polvere e sudore, ma non ce ne fregava assolutamente niente.
Entrare fu faticoso, perché avevano destinato al concerto solo una parte delle tribune, ma la gente col biglietto era talmente tanta che non bastò neanche aprire il resto dello stadio, c’erano persone anche dietro al palco.
Arrivammo dentro che stavano quasi incominciando a suonare.
Intro di Ennio Morricone.
Come scenografia c’era una lamiera ondulata su cui avrebbero proiettato immagini di morte e devastazione.
Poi loro quattro, a gambe larghe, ben piantati sul palco, gli strumenti imbracciati come fucili mitragliatori.
Un grido di Strummer, a cui tutto il pubblico risponde, e poi parte London Calling.
Deliquio.
Loro suonano dritto e forte.
Quadrato.
Un muro sonoro impressionante.
Adrenalina a mille, che non basterà tutta la notte a smaltirla.
Non mi ricordo le scalette delle canzoni, non ero di quelli che si portavano dietro registratore e macchina fotografica ma quelle sensazioni ce le ho scolpite nel cervello.

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All’inizio degli anni ‘80, a Viserba di Rimini si materializzò dal cambio di gestione di un locale preesistente lo Slego, a mia memoria il primo locale completamente dedicato alla nuova musica e di sicuro il più importante per tutto il centro Italia e non solo.
Sarà quello in cui passeranno i migliori gruppi e in cui sarà suonata la migliore musica per anni e anni a venire.
DJ sempre all’altezza, performances e concerti…
I primi Litfiba, i Diaframma, gli X di Los Angeles.
E che peccato essersi persi gente come Gun Club e Clock DVA…
Incominciammo a frequentarlo nel 1981, le prime volte andando in treno a passare il week end a Marzocca, nella casa al mare di famiglia di uno del nostro gruppo, dove amici di Ancona che studiavano a Camerino ci passavano a prendere.
Bisognava fermarsi a dormire perché quando si usciva ad orari improbabili, o si aveva il minimo di lucidità per ritornare a Marzocca, oppure si andava in uno dei pochi alberghi aperti d’inverno, che per due lire ti affittava uno sgabuzzino piano cantina.
Mitica quella volta che ci presero che stavamo facendo entrare dalla finestra ragazzi di Padova che non avevano soldi e ci cacciarono talmente in fretta e furia che ci ritrovammo in spiaggia in boxer e maglietta ed eravamo talmente fuori che ci facemmo pure il bagno.
In pieno Febbraio.
Nel 1980 aveva anche aperto a San Giovanni, proprio incollato a Perugia, il Suburbia.
Locale dello stesso circuito dello Slego, anche se non a quei livelli, ma comunque molto più vicino a casa e facilmente raggiungibile perché Perugia era una specie di seconda casa, visto il numero di camerinesi che ci frequentava l’università.
Erano posti sempre gremiti.
Popolati di un’umanità varia ed eventuale…
Pseudo Punk con la cresta cementata col gel di quei tempi, che non aveva nulla da invidiare al mastice per copertoni , Mod con gli occhiali da sole pure di notte, Rockettari per tutte le stagioni con immancabile chiodo e capello lungo oleoso, coloriti Frikkettoni fuori tempo massimo, le prime avanguardie grigio nere di Dark e Gothic, ma anche tanta gente normale.
E poi le ragazze.
Che belle le ragazzacce che frequentavano quei postacci.
Le capigliature improbabili, i trucchi pesanti, pantacalze attillatissimi o mini ascellari con le calze a rete.
Altro che femminismo …
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Nel dicembre 1980 esce il primo numero di Frigidaire.
Con la regia di Vincenzo Sparagna sboccia nelle edicole una rivista veramente nuova.
Dalla veste grafica moderna ed efficace di Stefano Tamburini al cuore pulsante dei fumetti di Andrea Pazienza, Tanino Liberatore, Massimo Mattioli, Filippo Scòzzari.
Fino a reportage giornalistici, racconti di grandi autori, inchieste, interviste e recensioni.
Il tutto all’insegna della massima libertà espressiva.
Il Frigidaire della prima ora avrà lo straordinario merito di riuscire a restare miracolosamente sospeso sul filo teso fra anarchia creativa e direzione editoriale professionistica.
Per questo un grazie incondizionato a Sparagna che riusciva a gestire la squadra di genio e sregolatezza a disposizione senza che tutto andasse in pezzi.
Nel primo numero la potenza di fuoco del Frigo è da subito in campo : Se vuoi sangue lo avrai di Paz, la prima avventura a colori di Ranxerox dipinta da Liberatore, Joe Galaxy di Mattioli, Primo Carnera e La Dalia Azzurra di Scòzzari.
Fra gli articoli le confessioni di un marchettaro romano, reportage sui massacri in Sudamerica, I limiti del controllo, contributo del grande William Burroughs.
Per la musica ampio spazio dedicato alle teste di patata dei Devo, compreso il testo di una canzone illustrato da Scòzzari.
E le recensioni del Tamburo, sotto pseudonimo Red Vinyl.
In allegato Freezer, inserto di qualche paginetta con uno speciale sugli Incidenti mortali durante attività erotiche, con foto spacciate come provenienti da presunti archivi di polizia.
Frigidaire diventerà da subito indispensabile, con il suo circo di fumettari estremi e sublimi, le storie che gli altri non raccontavano in diretta: l’invasione sovietica in Afghanistan, il turismo sessuale nei paesi esotici, la Polonia di Solidarnosc, il mondo dell’hard e le sue pornostar.
Tutta una serie di provocazioni e spunti estremi, culminata con il manuale del killer professionista.
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Maggio 1981, un martedì verso le undici di sera.
In uno studio fluorescente a la Star Trek viene teletrasportato su Rai 1 un tipo che pare uscito da una puntata di Spazio 1999.
Inizia la prima stagione di Mister Fantasy, la trasmissione musicale più innovativa della televisione italiana.
Il conduttore Carlo Massarini, nonostante il dileggio delle epoche successive, non è proprio un carneade.
L’extraterrestre (è proprio lui nella canzone di Finardi) aveva cominciato in radio all’interno del contenitore di Per voi Giovani, creato tanto tempo prima da Renzo Arbore a metà dei ’60.
Aveva messo sul piatto nei ’70 tutta la stagione del Progressive e del Classic Rock, prima di raccontare su carta stampata il punk e la new wave .
Attraverso il tubo catodico ci avrebbe guidato alla scoperta di una nuova arte ibrida, quella dei videoclip musicali.
Che in breve sarebbero diventati sempre meno semplici immagini di contorno o di supporto alle canzoni ma loro parte integrante, se non preminente.
I corti surrealisti di Peter Gabriel, le scene tardo romantiche degli Ultravox, le ambientazioni minimaliste di Laurie Anderson, l’intellettualismo pop degli XTC e quello jazzato di Joe Jackson.
Tutta la messe dei nuovi fenomeni di mercato, che con la video music esplodevano in diretta.
I Duran Duran, gli Eurythmics (il clip della loro Here Comes the Rain Again è una vera perlina), gli Human League, Adam & The Ants, gli ABC, i Depeche Mode, i Culture Club e tantissimi altri...
Ma il merito maggiore di Mister Fantasy fu di sicuro quello di sponsorizzare direttamente la nascita di una video music italiana.
Mi viene in mente la premiata ditta Battiato, Giusto Pio, Giuni Russo.
E poi Ivan Cattaneo, Gianna Nannini, Flavio Giurato, Garbo, Rettore, Mimmo Cavallo, Camerini.
Alberto Fortis e Sergio Caputo, Enrico Ruggeri e Mario Castelnuovo, i Krisma e Scialpi.
Che se ti rivedi adesso il video di Rock ‘n Rollin ti scompisci dalle risate…
Se la TV italiana era solita produrre trasmissioni per famiglie in questo caso creò un appuntamento per comitive di amici.
Non c’erano cazzi, il martedì sera tutti insieme a casa di qualcuno a vedere Mister Fantasy.
Tipo che una volta, dopo cena comunitaria, mi ero messo a ridere e giocare con una ragazza.
E ridi che ti gioca, gioca che ti ridi eravamo finiti in una camera a pomiciare di gusto.
E questa alle undici in punto si alza e se ne va peggio di Cenerentola, che comincia Mister Fantasy.
Ma capita solo a me che, passate le femministe, pure con tutte le altre che conosco quando pare a loro finisce sempre con un bel maschio represso, masturbati nel cesso ?
[Modificato da Takfir 06/06/2013 21:35]