00 11/02/2013 12:01
Mi chiedevo poi, riguardo all' ardore cattolico di Tolkien e famiglia, quanto poi ne possa essere sopravvissuto alla stesura del SdA. Anche con l ' amore per le genti semplici , per la provvidenza, per gli umili che salvano i potenti (Sam regna) , il sacrificio, l' amore per le cose modeste, ben fatte, etc... non riesco a non pensare che Tolkien si sia smazzato la Prima Guerra Mondiale di persona, e che la seconda non debba averla particolarmente gradita. Quanta speranza, quanto pio sentimento, quanto puo' una fede nella provvidenza restare intatta dopo aver visto (e poi sentito di) tali orrori? Mischiamo il tutto al fatto che la religione dell' epoc dell' inghilterra del mito di Tolkien ancora aveva tantissimo delle credenze germaniche, in cui degli Dei si aveva paura ma non si pensava certo ad averci un dialogo (come nel Cristianesimo, che sia attraverso il clero come nella chiesa Romana, o diretto per i protestanti). Erano forze naturali, possenti, mutevoli di umore e spirito, onnipresenti, lesti all' ira e lenti al perdono, che giudicavano gli uomini (ed ignoravano, bene o male, le donne) in base al merito, alla loro aderenza alle norme sociali, alla fedelta' al clan, ed ai valori del clan stesso. Basterebbe leggersi l' introduzione di Tolkien a Beowulf, ma non solo la sua, per vedere che la buona vita non e' quella del penitente che disprezza l' esistenza mortale, le costrizioni e tentazioni della carne, in attesa della ricompensa eterna. E' piuttosto l' etica dell uomo che conosce il suo posto in societa', che sia di manovale, di thrall/schiavo, o di guerriero. Essere arditi in battaglia. Rispettare i fratelli in arme. Essere generosi col bottino e legare a se i seguaci con "doni di oro intrecciato", essere franchi e schietti nel parlare, si, ma anche essere svelti ed astuti nel pensare, essere piu furbi, piu saggi, piu decisi.

Un uomo del X secolo non si sarebbe mai fatto dire cosa e' giusto e cosa e' morale da un prete. Non avrebbe avuto ptempo per le intricate seghe mentali della scolastica che rendono il Nome della Rosa tanto interessante come lettura.

Per quanto credente, secondo me Tolkien era consapevole in qualche maniera che la religione cosi' come era diventata negli ultimi secoli avrebbe inutilmente complicato la vita dei suoi protagonisti. Troppo Mistero. Troppa forma. Troppi sacramenti e paramenti. Sarebbero stati un cazzotto in un occhio.

ne ha tenuto il messaggio di base (speranza, perseveranza, umilta', sacrificio) ma si e' liberato della forma esterna.

Come ho detto nel topic sulla magia, per me la magia clericale classica (alla D&D/Spell Law) non dovrebbe esistere. Niente resurrezioni. Niente preghiere. E' una linea che dovrebbe restare un po' sbavata tra arcano e spirituale, tra incantesimo e volonta', tra abilita' naturale e connessione con la musica di Arda (piuttosto che con i Valar, che della musica di Arda fanno parte).

Come Odino, Thor e Frey fanno ben poco per i loro fedeli (sono troppo occupati a viaggiare, ammazzare giganti di ghiaccio, copulare e bere idromele) pur restando ben informati su cio' che accade nella Terra di Mezzo (Midgardh) immagino che Manwe, Tulkas, Yavanna e soci siano piu' impegnati ad "esistere" che a donare un +20 alle MM al chierico che lanci "benedizione III".
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