Il problema dei 3 corpi: Attraverso continenti e decadi, cinque amici geniali fanno scoperte sconvolgenti mentre le leggi della scienza si sgretolano ed emerge una minaccia esistenziale. Vieni a parlarne su TopManga.

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COSTANTINO E LA LIBERTA' DI CULTO

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    00 20/01/2013 15:31

    Costantino e la sua conversione al cristianesimo

    Costantino

    di Luigi Baldi*
    *dottore di ricerca in Filosofia

     

    Il nome di Costantino  il Grande (274-337) è indissolubilmente legato alla rivoluzione avvenuta all’inizio del IV secolo, quando il Cristianesimo, a lungo perseguitato o in certi momenti ignorato dall’impero romano, acquista definitivamente il riconoscimento della piena libertà (religio licita), fino a divenire con Teodosio I (Flavio Teodosio 347-395) religione ufficiale e unica dell’impero.

    Le cause di questa trasformazione e le motivazioni che indussero Costantino a tale riconoscimento sono oggetto di un intenso dibattito storiografico. Il problema è alimentato dai dubbi degli storici sul valore el’autenticità delle fonti documentarie, ovvero sia Lattanzio (De mortibus persecutorum) ed Eusebio di Cesarea (Storia Ecclesiastica e Vita di Costantino). Il punto più controverso è quello dell’Editto di Milano del 313 sulla libertà religiosa dei Cristiani. Nell’ambito del suo programma di rafforzamento dell’impero Diocleziano (244-305) aveva promulgato quattro editti (leggi generali, applicabili a tutti i sudditi sotto la sua sovranità) contro i cristiani (303-304),che ne prevedevano la rimozione dagli uffici pubblici, la tortura se ostinati,il divieto delle loro riunioni, la distruzione delle chiese e dei libri di culto, l’arresto del clero, l’obbligo del sacrificio agli dei pagani. Per assicurare una organizzazione efficiente dell’impero, aveva, poi, introdotto un meccanismo di successione per cooptazione, in modo da porre fine all’uso degli eserciti di acclamare di propria iniziativa gli imperatori con le ricorrenti situazioni di anarchia militare. A tal fine l’impero era stato diviso in quattro aree territoriali (la tetrarchia), affidate a due Augusti (lui stesso e Valerio Massimiano,sull’Occidente) e a due Cesari (Galerio per l’Oriente e Costanzo Cloro per l’Occidente), di ausilio dei primi due. Si trattava di una divisione di compiti nel quadro di un impero che doveva rimanere unitario, ma che poneva  le basi per sanguinose lotte di potere successive.

    Il 30 aprile 311 Galerio, che era stato uno degli augusti più attivi nell’applicare, sia pure con intermittenza, i provvedimenti di Diocleziano , aveva emanato a Nicomedia (capitale delle provincie danubiane e balcaniche) un editto, che,prendendo atto del fallimento delle persecuzioni, riconosceva la nuova religione. Con l’abdicazione anticipata del 1 maggio 305 di Diocleziano e Massimiano divennero Augusti i loro due Cesari, Galerio in Oriente e Costanzo Cloro in Occidente, che nominarono a loro volta due Cesari, rispettivamente Massimino Daia e Flavio Severo. Il sistema cominciò a sfaldarsi con la morte di Costanzo Cloro, il cui, figlio illegittimo Costantino fu proclamato Augusto nel 306 dalle truppe al posto del legittimo ma debole erede Severo, mentre nello stesso anno fu acclamato Augusto dai suoi pretoriani  Massenzio, figlio di Massimiano. Il culmine della confusionesi ebbe quando risultarono quattro augusti: per l’Oriente Licinio, subentrato al defunto Galerio sulle regioni danubiane (311) e Massimino Daia, per l’Occidente Costantino in Gallia e Spagna e Massenzio come usurpatore a Roma, in Italia e nel Nord-Africa. Co-firmatari dell’editto furono proprio Costantino, che aveva adottato un analogo provvedimento nella Gallia,e Licinio. Il 28 ottobre 312 Costantino sconfisse Massenzio, suo rivale sull’Occidente a Ponte Milvio e nel febbraio 313 stipulò con Licinio un accordo di alleanza a Milano per la spartizione concordata dell’impero tra Occidente e Oriente; Licinio, a sua volta, nell’aprile 313 vinse Massimino Daia e diventò il padrone unico dell’Oriente romano.

    Proprio a proposito di tale accordo si è tradizionalmente parlato di “Editto di Milano” (per es. Anastos, Bowder, Christensen).  Altri storici (per es. Seeck, Grégoire, Bleicken, Jossa, Bringmann) hanno sostenuto che nel febbraio 313 non fu emanato a Milano alcun provvedimento formale di quel tipo. L’accordo sarebbe la base di una serie di disposizioni ai governatori delle provincie, con cui i due imperatori da Roma e da Nicomedia cercarono di imporre la tolleranza verso il Cristianesimo nelle aree sotto il loro controllo. Costantino tra il gennaio (quindi prima dell’accordo, a ulteriore sostegno del fatto che si trattò di una serie di atti più che di un atto singolo) e il febbraio 313 ordinò la restituzione alle Chiese dei beni confiscati durante le persecuzioni e concesse  al clero esenzioni, privilegi, favori. Licinio, dopo aver sconfitto Massimino Daia, al suo arrivo a Nicomedia il 13 giugno 313 emanò un rescritto (risposta dell’imperatore a un quesito), con cui, confermando il provvedimento di Galerio,  mostrava l’intento di attuare la medesima politica in Oriente.

    Licinio ricorda che Costantino e lui stesso avevano precedentemente riconosciuto ai Cristiani la libertà di culto sulla base del diritto di ogni uomo alla ricerca della verità su Dio, ma prende  atto che in alcuni casi tale diritto non era stato rispettato. Valutato come prioritario per “la tranquillità comune e pubblica”  l’interesse alla pace religiosa, entrambi a Milano avevano confermato l’obbligo che “fosse assicurato il rispetto e la venerazione della Divinità” qualunque essa sia, per tutti e in particolare per i cristiani, “in modo che qualunque potenza divina e celeste esistente possa essere propizia a noi e a tutti coloro che vivono sotto la nostra autorità”. Alla base è l’idea per cui la libertà religiosa, come divieto di alcun impedimento in materia di coscienza, è funzionale al mantenimento della pace religiosa; quest’ultima, a sua volta, è condizione  necessaria della pace politica e dellaconservazione dell’unità dello stato, che è il fine ultimo e supremo. Il Cristianesimo aveva, ormai, assunto un tale rilievo nella società, nell’esercito, nella stessa corte, soprattutto in Oriente, che non era più concepibile realisticamente un ritorno integrale al paganesimo, se non a costo di un conflitto che avrebbe minato inevitabilmente l’unità dell’impero, già scossa da rivalità e lotte  di potere. Il riferimento al Cristianesimo appare insistentemente inserito nel contesto più generale della libertà religiosa per tutti . Con specifico riferimento ai cristiani, invece,  il provvedimento impone la restituzione  “senza denaro né esigere prezzo, senza cercare pretesti o sollevare discussioni” degli edifici di culto anche legittimamente acquistati o, eventualmente, ricevuti in donazione, riservando all’imperatore la decisione circa la corresponsione di un indennizzo con denaro pubblico su domanda degli interessati, da rivolgere al vescovo diocesano. Le chiese ottenevano unriconoscimento esplicito e formale e si vedevano restituire edifici loro sottratti anni prima, in modo tale, però, da danneggiare coloro che in buona fede ne fossero venuti in possesso successivamente, profilandosi, così, accanto alla raggiunta parità con il paganesimo, una posizione di privilegio della nuova religione. Più che di un editto di Milano si deve parlare propriamente di svolta o pace costantiniana, in quanto Costantino aveva avviato la nuova politica religiosa prima di Licinio e in maniera più ampia, completa e convinta.

    Secondo una tesi diffusa nella tradizione ecclesiastica Costantino si sarebbe improvvisamente convertito al Cristianesimo in seguito ad avvenimenti meravigliosi e sovrannaturali e avrebbe attribuito la vittoria di Ponte Milvio al Dio dei cristiani. Eusebio afferma che Costantino si sarebbe mosso contro Massenzio dopo aver pregato il Dio di Gesù Cristo e dopo la vittoria, in ringraziamento, avrebbe fatto erigere nel centro di Roma una statua a lui dedicata con la croce in mano. Egli parla, poi, della visione di una scritta in hoc signo vinces (in questo segno vincerai) che l’imperatore avrebbe avuto in Gallia, mentre tornava a Roma nelle settimane precedenti la battaglia. In una successiva versione, dice che Costantino avrebbe visto, questa volta insieme a tutto il suo esercito, le medesime parole accanto a una croce luminosa sovrimpressa sul sole e in base a un sogno successivo, avrebbe fatto redigere uno stendardo (labarum) con la riproduzione del segno, Anche Lattanzio parla di un sogno, in seguito al quale Costantino avrebbe ordinato di incidere sugli scudi dei suoi soldati un “segno celeste di Dio” prima della battaglia. Il simbolo è composto da due lettere sovrapposte, ‘X’ e ‘P’, che corrispondono, rispettivamente, alla lettera greca ‘χ’ (‘chi’) e ‘ρ’ (‘rho’) e sono le iniziali della parolaΧριστÏŒς, in greco “unto” (in ebraico “messia”). Le difficoltà testuali riscontrate in queste testimonianze e l’inverosimiglianza, per mancanza di tempo e di artisti competenti, del confezionamento di uno stendardo di tal genere hanno indotto numerosi studiosi (per es. Burckhardt, Brieger, Harnack, Gregoire) a negare la storicità e, in ogni caso, la sincerità, della conversione di Costantino, parlando di quest’ultimo come fondamentalmente disinteressato alla religione ma interessato a utilizzarla per la conservazione e il consolidamento del potere, in coerenza con la tradizione romana. Alcuni osservano come la sincerità della conversione sarebbe confermata dal fatto che comunque un decimo soltanto della popolazione in Occidente sarebbe stata cristiana, per cui Costantino non avrebbe avuto alcun interesse ad aderire alla nuova fede (per es. Boissier, Seek, Veyne, Marcone). Altri storici (per es. Piganiol, Riffel, Keim, Salvatorelli) vedono in Costantino l’interprete di una posizione religiosa sincretistica, volta cioè, a fondere Cristianesimo e paganesimo. Anche dopo il 312 monete, iscrizioni, formule dei Panegirici mantengono un carattere pagano, egli stesso rimane Pontifex Maximus e riceve il battesimo solo alla vigilia della morte. Il differimento del battesimo può essere  un indizio del carattere strumentale della sua conversione ma non contraddice la sincerità di un cammino di fede, che è sempre progressivo approfondimento di un insondabile dialogo con Dio.

    E’ impossibile rispondere definitivamente alla domanda se Costantino si sia convertito sinceramente o per calcolo politico. Innanzitutto è impossibile scandagliare la coscienza nella sua intimità, rimanendo comunque sempre un margine di oscurità e dubbio nel cuore umano. Egli, poi, visse, e ne fu inevitabilmente influenzato, in un’età (quella tardo antica) segnata da un diffuso senso religioso composto da superstizione e fanatismo, che riempiva il vuoto lasciato dalla tradizione politeistica romana. Dotato di personalità complessa, era superstizioso, quindi timoroso di perdere il favore delle diverse “possibili” divinità e alla ricerca inquieta di quella più potente al fine di salvaguardare l’unità e la potenza dell’impero. Animato da sfrenata ambizione e vanità, passionale, e impulsivo fino alla temerarietà, egli si sentiva rappresentante di forze divine superiori e aveva un altissimo senso della dignità imperiale e dei suoi doveri. Il suo sincretismo, del resto, per influenza del padre Costanzo Cloro, sostituì presto il culto a Giove ed Ercole con quello alSol invictus, che gli appariva l’incarnazione e il simbolo dello spirito divino che governa il mondo. Dopo il 312 Costantino rinnegò progressivamente cerimonie e processioni tradizionali pagane anche se l’abbandono del politeismo appare avvicinamento al monoteismo solare prima ancora che a quello cristiano, che, comunque, risultano a lungo intrecciati; Cristo, è l’inviato di quel Dio superiore che egli adorava già sotto l’emblema del sole. Costantino, del resto, ascoltava tra i suoi consiglieri il vescovo Osio di Cordova e educò i figli nella nuova religione. Chiamò addirittura dall’Oriente lo scrittore cristiano Lattanzio come precettore del figlio primogenito Crispo; non esiterà, però, a fare uccidere quest’ultimo, falsamente accusato dalla sua seconda moglie Fausta, anch’essa poi fatta morire, di averla insidiata e il rimorso per tale gesto può anche aver influito sul suo avvicinamento alla fede.

    Il favore per il Cristianesimo si tradusse in appoggio alla Chiesa e alla sua organizzazione ecclesiastica e in sfavore e persecuzione verso eretici e scismatici: per es. i donatisti, che subordinavano l’efficacia del battesimo e dell’ordine sacro alla dignità di chi li amministra o i seguaci di Ario, che negavano la divinità di Cristo, contro i quali convocò e presiedette il Concilio di Nicea (325). Anche la creazione di un’altra capitale dell’impero a Bisanzio, ribattezzata Costantinopoli, ebbe una finalità religiosa, cioè l’erezione di una seconda Roma cristiana, in contrapposizione alla prima Roma pagana,anche se finì per accentuare una divisione culturale tra Occidente latino e Oriente greco, che si sarebbe tradotta in una divisione religiosa con lo scisma d’Oriente del 1054. Il movente era, però, anche politico, ovverosia un avvicinamento alle frontiere orientali del Danubio e dell’Eufrate, che apparivano le più impegnative per l’impero, tanto è vero che la morte lo colse, presso Nicomedia dopo la vittoria sui Goti del 332, durante i preparativi di una grande spedizione contro i Persiani (337).

    Certamente la politica religiosa di Costantino appare ispirata all’idea della religione comeinstrumentum regni e della Chiesa come garante e fondamento dell’ordine sociale e politico, che caratterizzerà tutta la storia dell’Occidente. Sostituendo gli dei dell’Olimpo con il Dio di Gesù Cristo la svolta costantiniana ha in sé le premesse di una riduzionedella fede cristiana a legge morale e, quindi, a religione civile, che inaugura una ambigua contaminazione tra croce e spada. Se, però, “all’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva” (Benedetto XVI), si può dire che Costantino abbia vissuto proprio nella sua esperienza un tale incontro, che ha cambiato il corso della sua vita, pur tra incertezze e contraddizioni. I dubbi sulla sincerità della sua conversione e le capziose polemiche recenti sul cd. Editto di Milano, al di là degli obiettivi problemi storiografici, appaiono viziati da un pregiudizio retrostante, che negando la dimensione reale e storica della fede, pretende di vedere necessariamente nella motivazione religiosa dell’agire umano una apparenza illusoria, che nasconde le vere motivazioni, ovviamente economiche, politiche, di interesse, di calcolo etc. Costantino è uomo del suo tempo e come tale vive la fede cristiana: la sua intuizione, inaccettabile per la cultura laicista, è che essa non possa viversi come un fatto privato madebba tradursi in vita, cultura, storia, anche in strutture e organizzazioni politiche.

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    00 15/10/2018 14:08

    Costantino e l’Editto di Milano:
    l’inizio della libertà religiosa

     

    di Marco Fasol*
    *professore di storia e filosofia

     

    Ci stiamo avvicinando all’anniversario dell’Editto di Milano, promulgato dall’Imperatore Costantino nel 313 d. C. , e la stampa nazionale inizia ad occuparsi di questo evento veramente decisivo per la storia occidentale. Ho letto con interesse, al riguardo, l’articolo Perché Costantino scelse il dio dei cristiani?  Pubblicato su Il sussidiario net  del 26 agosto, a firma di Alfredo Valvo. Ricordo i contenuti assai diversi di tanta stampa laicista e di romanzi fuorvianti come il Codice da Vinci di Dan Brown. In quest’ultimo thriller, di successo mondiale, Costantino era presentato addirittura come il “responsabile” della divinizzazione di Gesù Cristo! Un’evidente deformazione ideologica che ci lascia intuire di quanta scarsa simpatia goda l’Imperatore Costantino agli occhi della cultura laicista. Cerchiamo invece di esporre con uno sguardo più oggettivo il grande contributo dell’Editto costantiniano, una vera pietra miliare per l’Occidente.

    Semplifico la questione per rendere in modo più efficace la novità dell’Editto. Qual era il rapporto tra religione e politicanell’epoca precedente? Si può dire che in tutte le civiltà antiche vi era un legame molto stretto tra questi due ambiti della vita umana. Nell’antica Roma l’Imperatore era Pontifex Maximus e rappresentava dunque la massima autorità religiosa, oltre che ovviamente la massima autorità politica. Se noi guardiamo retrospettivamente la storia romana ritroviamo lo stesso schema. E’ impensabile nella civiltà romana una religione autonoma e indipendente dall’autorità politica. Lo storico Tito Livio ha fotografato bene la strutturale dipendenza della religione dal potere politico, definendola instrumentum regni. In altre parolel’Imperatore promuoveva ovunque il culto della sua persona nella consapevolezza che la sua divinizzazione costituiva un supporto importantissimo per imporre l’obbedienza ai suoi sudditi. Caio Giulio Cesare è stato il primo imperatore ad essere proclamato divino, dopo la morte. Poi, a partire da Ottaviano Augusto è diventato un titolo immancabile la divinità imperiale. Il divus Augustus, il divino Augusto era il titolo ricorrente in tutte le festività, in tutte le celebrazioni dei giochi imperiali, in tutte le città dell’Impero.

    Il mito fondante la civiltà romana, da Augusto in poi, era quello della coppia divina di Marte – Venere, le cui statue venivano esibite in continuazione in tutte le occasioni di festività. E’ interessante notare, da un punto di vista storico, come tutte le grandi città d’Europa, del nord Africa e dell’Asia Minore avessero grandiosi anfiteatri che celebravano questo culto dell’Imperatore con grandiosi e terribili spettacoli gladiatori. Il Colosseo conteneva cinquantamila spettatori, l’Arena di Verona più di ventimila, così l’Arena di Arles e via via in tutto l’Impero. Lo spettacolo per eccellenza in tutti questi anfiteatri era quello che celebrava la divinizzazione dell’imperatore.  La coppia divina era sempre esibita accanto alla statua dell’Imperatore. E perché i cittadini dell’impero non si dimenticassero facilmente di questa fusione tra religione e politica, persino nelle monete era incisa l’immagine dell’imperatore con il titolo divino: Divus Augustus. Era questa l’iscrizione che è stata mostrata a Cristo nella celebre scena del tributo. Così, ogni volta in cui un cittadino dell’impero maneggiava una moneta, si ricordava del suo divino Augusto.

    Se questa era la situazione, è facile immaginare anche il motivo forse principale delle persecuzioni ai cristiani. Naturalmente non pretendo di fare un’analisi storica puntuale e dettagliata, che del resto è stata fatta da eminenti storici; quello che mi interessa sottolineare è l’evidente incompatibilità tra il culto dell’Imperatore e il culto del Signore Risorto. Ovviamente la nuova religione non poteva accettare la sudditanza alla politica romana che era diventata una religione. E la politica romana non poteva accettare come religio licita una fede che rifiutava la divinità del capo politico.

    Dopo quasi tre secoli di persecuzioni, finalmente con l’Editto di Milano, è cambiata per sempre la storia e la civiltà occidentale. La politica ha rinunciato ad essere pervasiva e totalizzante come lo era sempre stata, non solo nella civiltà romana, ma anche in quasi tutte le civiltà antiche, soprattutto in quelle orientali.  Riconoscendo la libertà di culto per i cristiani, l’Imperatore Costantino rinunciava alla pretesa di essere Pontifex Maximus, rinunciava al monopolio della religione, oltre che della politica.  E’ a partire da questa data che possiamo far iniziare dunque il diritto umano della libertà religiosa, riconosciuto solennemente nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite (1948) ed ancor più solennemente affermato nella Dichiarazione Dignitatis humanae (1965) del Concilio Vaticano II.

    Come si vede siamo tutti debitori di questo importante Editto di Milano che ha liberato la storia occidentale dalla soffocante tirannia della politica ideologica che presumeva di occupare tutti gli spazi della vita umana.  Tutte le volte in cui il significato etico e religioso di questo Editto è stato disatteso, abbiamo visto ripiombare la storia nelle tragedie dei totalitarismi, vere religioni della politica. Tutte le volte in cui è risuonata la voce della libertà religiosa si è rinnovata l’attualità di un Editto che ha cambiato la nostra storia. E’ interessante ricordare che questa svolta ha avuto come protagonista un Imperatore che ha concluso la sua esistenza facendosi battezzare. E’ forse per questo che Costantino non gode di grande simpatia da parte laicista? Forse c’è anche un altro motivo di questa scarsa simpatia: Costantino ha introdotto per primo l’obbligo della celebrazione pubblica della domenica. Così è entrata nell’Impero e si è diffusa in tutto il mondo, la scansione dei sette giorni settimanali e la celebrazione pubblica della dies dominica, in ricordo della prima domenica della storia: la Pasqua di risurrezione.

    FONTE: https://www.uccronline.it/2012/09/23/costantino-e-leditto-di-milano-linizio-della-liberta-religiosa/


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    00 15/10/2018 14:10

    Il cristianesimo rifiuta l’imposizione della fede



    Critica alla teologia politica 


    di Marco Fasol*
    *saggista e professore di storia e filosofia

     
     

    Il 1700° anniversario dell’Editto di Milano, promulgato da Costantino nel 313, ci invita a riflettere sui rapporti tra teologia e politica. Al riguardo è uscito di recente un interessante saggio di Massimo Borghesi, docente di Filosofia morale all’Università di Perugia, dal titolo Critica della teologia politica, da Agostino a Peterson: la fine dell’era costantiniana. (Marietti 1820, Genova-Milano 2013). Questo saggio è stato presentato al Meeting di Rimini di quest’anno, con la partecipazione di Antonio Socci e del teologo Stefano Alberto.

    La svolta costantiniana, sostiene Borghesi, introduce nella storia una nuova epoca, in cui per la prima volta la religione viene dissociata dalla politica. Per l’Impero romano la religione era evidentemente al servizio della politica romana di dominio e di espansione. Non per niente a partire dall’imperatore Adriano, il tempio più grande dell’Urbe era proprio quello dedicato alla dèa Roma, la protettrice dell’Impero. Ed in occasione di tutte le feste pubbliche, nelle centinaia di stadi ed arene dell’Impero, venivano esibite le statue gigantesche di Marte e Venere, la coppia divina della guerra e della fecondità dell’Impero.

    Con Costantino e con il suo Editto si ha la svolta: la religione viene dissociata dalla politica ed ogni cittadino è libero di abbracciare la religione che vuole. E’ difficile per noi, uomini del Duemila, comprendere la portata giuridica, ma anche esistenziale e politica di questa novità. Finalmente viene giuridicamente sancita la separazione della politica dalla religione. “Date a Cesare quel che è di Cesare ed a Dio quel che è di Dio”.  “Il mio regno non è di questo mondo”, sono due celebri sentenze evangeliche a cui si ispira questa separazione della teologia dalla politica. Borghesi evidenzia la portata di questa innovazione spiegando che il Cristianesimo è l’unica religione che prevede questa separazione della fede dalla spada. Quindi libera la fede dalla soggezione o dall’interferenza dei politici di turno.  Come afferma il teologo Stefano Alberto: “C’è, nel Vangelo, una distinzione radicale tra la fede e la spada. E’ una novità che segna uno spartiacque nella convivenza civile. Il cristianesimo non si realizza attraverso la politica. C’è una differenza tra Grazia e Natura”.  Con l’Editto di Milano è sbarrata la strada a qualsiasi “teologia politica”, a qualsiasi pretesa della politica di strumentalizzare la religione, come purtroppo succederà con il cesaropapismo successivo. Si può anche dire che viene introdotta una distinzione tra “sacro e profano” e quindi viene superato il pericolo del fondamentalismo o integralismo.

    Nel 380 la politica imperiale cambia notevolmente. Infatti, l’Imperatore Teodosio, con l’Editto di Tessalonica dichiarerà il cristianesimo come religione ufficiale dell’Impero romano e di lì a poco inizieranno le distruzioni dei templi pagani, le soppressioni delle scuole filosofiche ellenistiche, insomma verrà meno la libertà religiosa. Il grande Agostino, nel De civitate Dei , sosterrà che la Città di Dio e quella dell’uomo sono mescolate insieme e non possono coincidere, confermerà dunque la tradizione dei primi quattro secoli di cristianesimo che difendono la libertà religiosa. Anche se nel suo epistolario ammetterà l’uso della forza politica imperiale contro gli eretici donatisti. L’Agostino del De civitate Dei afferma chiaramente che la piena realizzazione del Regno di Dio non può avvenire su questa terra, ma solo alla fine della storia. La tensione tra il “già e non ancora” resta perennemente attuale: la Chiesa è già un principio di regno di Dio in mezzo a noi, ma non ne è ancora la piena realizzazione, non può pretendere che la politica imponga la fede cristiana.

    Purtroppo, nei lunghi secoli che precedono la modernità, si è spesso affermata come vincente la pretesa di egemonia totalizzante da parte della politica che voleva imporre la “religione di Stato”. Si pensi ai due secoli di guerre di religione che hanno travagliato l’Europa dal Cinquecento al Settecento. Con l’Atto di Supremazia di Enrico VIII (1534), il re d’Inghilterra si autoproclamava capo della Chiesa anglicana, con la pace di Augusta (1555) e la pace di  Westfalia (1648), in Germania si proclamava per i sudditi l’obbligo di professare la religione del principe regionale, con la revoca dell’Editto di Nantes (1685) gli ugonotti venivano cacciati dal regno di Francia. Sono tutti momenti significativi di questa drammatica negazione della libertà religiosa da parte della politica. Ed è da queste guerre di religione che si scatena la violenza illuminista e rivoluzionaria contro l’intolleranza e il fanatismo religioso. La dissociazione della modernità dalla politica intollerante del cesaropapismo affonda le sue radici in questa pretesa di imporre la fede con la spada. Si pensi ad esempio alla strage della notte di San Bartolomeo, in Francia, episodio emblematico di queste guerre di religione.

    Abbiamo dovuto attendere il Concilio Vaticano II, conclude Borghesi, con il suo documento Dignitatis Humanae, per riconoscere il messaggio originario del cristianesimo, che rifiuta l’imposizione della fede. Il bene, come venne sostenuto dai Padri conciliari, non può essere imposto, e quindi la religione non può essere imposta da una legge civile. La religione deve essere scelta liberamente, per amore. Altrimenti si scivola nell’integrismo, nella teologia politica, cioè nella pretesa di costruire uno Stato cristiano che vorrebbe anticipare la piena realizzazione del Regno di Dio in terra. Invece, dobbiamo accettare l’imperfezione dell’uomo, per cui lo Stato non è il Regno di Dio, ma il luogo della convivenza civile tra persone che hanno fedi religiose o laiche diverse, ma che si possono accordare su progetti politici di promozione umana. E’ la lezione di J. Maritain, ci ricorda Borghesi, che sosteneva questa autonomia della politica, fatta propria dal Concilio.  Naturalmente non si tratta di un’autonomia assoluta, altrimenti si aprirebbe la strada ai totalitarismi di sinistra memoria. La politica rimarrà sempre vincolata dalla legge morale, dall’etica dei diritti umani, da quell’etica che ha uno dei suoi pilastri proprio nella libertà religiosa riconosciuta dall’Editto di Milano.

    FONTE   https://www.uccronline.it/2013/10/14/il-cristianesimo-rifiuta-limposizione-della-fede/