00 28/09/2012 16:37
Caro diario,
oggi ho deciso di scriverti con rinnovato impegno, per aggiornarti su un evento, così fluttuante e inspiegabile che in questi mesi mi sono astenuta dal parlartene, ma dopo il crescendo emotivo che sta raggiungendo la situazione, non posso più tacere, devo comunicare a qualcuno o meglio scriverne, e tu sei l’interlocutore più adatto allo scopo, sei l’amico più fidato che conosco.
Non comprendevo se fossero i sogni a burlarsi di me o le mie illusioni si fossero materializzate, svegliando un fantasma fatto di dense sensazioni cui non posso sottrarmi. Tutto è iniziato alcune settimane fa, quando una notte continuavo a svegliarmi, ricordi quando ti narravo di quel terribile attacco di sinusite? Il dolore, il bruciore, il senso di soffocamento? Credo di averti descritto ampiamente nei dettagli allora, come ero stata male e di come la notte era trascorsa praticamente in dormiveglia senza un sonno continuo. Ricordi però che lo spirito era sereno il mattino seguente? Che il sonno mancato non mi aveva poi recato spossatezza e tutto sommato stavo bene, nonostante le bizze organiche cui ero sottoposta? Quel giorno ho omesso spudoratamente le cose più importanti di quella prima notte. Ti confesso solo ora che non ero stranita della mia contentezza nonostante il malessere fisico, perché la grande positività che mi pervadeva scaturiva da un evento ben preciso, ma mi era impossibile farti una narrazione tanto assurda a cui io stessa non sapevo se credere, come potevo? Sei il mio miglior confidente cui ho narrato di macchie della coscienza, lussuriose estasi e pure quegli inconfessabili desideri di cui non farei mai parola ad anima viva. Sai tutto di me, non ti ho mai celato una briciola della mia realtà, eppure stavolta ho taciuto, sigillando l’anima e le oscure visioni in essa racchiuse. Non ho parlato perché anch’io non mi ravvedo di quanto è successo obbiettivamente. Sarebbe stato più facile narrarti di crimini sanguinari, di libertinaggi osceni o di dissacranti eresie, ma raccontarti di una presenza inspiegabile credimi, è davvero difficile, ma credo di non avere scelta, se non libero questo segreto che si dibatte nel petto, temo che il mio cuore non reggerà a lungo la tensione eccessiva, l’inquietudine che monta giorno dopo giorno.
Ti svelerò tutta la follia che mi avviluppa e verso cui non oppongo più alcuna resistenza. Quella famosa notte di malori, non ero sola nel letto, con me c’era un uomo. Ma prima che ti fai strane idee, ti avviso che non ti stavo nascondendo acrobazie erotiche. Non so da dove provenisse, come fosse entrato nella stanza… Non parlo di un ladro o di un maniaco, che ai tempi d’oggi non sarebbero una grande assurdità, ma forse la normalità. Tornando a quest’uomo, io non sono sicura fosse lì realmente eppure percepivo il calore del suo corpo, il battito del suo cuore accanto alla mia carne, sentivo persino il sangue scorrere nelle sue vene. Tutta la notte sono rimasta rannicchiata su un fianco e lui dietro di me, mi avvolgeva, sembrava fosse lì solo per prendersi cura di me, ogni tanto cambiavo di fianco, e lui delicatamente si voltava con me, restando sempre avviluppato alle mie spalle, mi aderiva come una seconda pelle, con una naturalezza che solo nei sogni si può percepire. È stata una sensazione bellissima, mio caro, dimmi sinceramente quando mai ti ho parlato di un tale senso di completezza? O di tanto contatto così rassicurante? No, l’esperienza che ho vissuto è decisamente unica e credo irripetibile per quante esistenze provassi a rivivere.
Il giorno dopo ero un po’ confusa, ma la mente s’impegna in certi casi a voler spiegare l’insondabile con ordinarie banalità per una sua propensione a volere tenere tutto sottocontrollo e quindi sebbene non ne fossi certa, propendevo per l’ipotesi di un semplice sogno suggestivo, talmente intenso da apparire reale, ma qualche dubbio s’affacciava prepotente dal profondo, tant’è che ti ho celato le mie sensazioni e la mia perplessità.
La mattina cercai tracce sul cuscino e tra le lenzuola, di quell’entità tanto simile a un uomo. Provai persino ad annusare il letto ma la sinusite mi aveva privata dell’olfatto. Carezzai il giaciglio, sfiorando appena le lenzuola che quella notte avevano ospitato un corpo ignoto, cercavo indizi, scrutavo i miei quesiti perdersi tra le pieghe di coperte e la molle sinuosità del guanciale. Gli occhi ispezionarono l’intera stanza per circa un’oretta, poi mi decisi a dimenticare l’accaduto e a catalogarlo come un plausibile sogno.
La sera prima di andare a letto, non pensavo più all’accaduto, ormai mi pareva lontano quel sogno suggestivo. Ma anche quella notte, si ripeté il prodigio, non ero più sola con i miei paesaggi onirici, spalancavo un cancello per entrare nel suo regno, avvolta dalla nebbia camminavo scalza, tra miraggi e visioni, e lui era lì nel letto accanto a me, sentivo il suo respiro caldo e regolare perdersi tra i miei capelli, sfiorare la mia pelle e percepivo come un alito le mani leggere carezzare il mio corpo, avviluppando tutto il mio essere in questo stato rassicurante di pace, ove nessuna negatività è in grado di penetrare. Io restavo immobile esterrefatta dal prodigio, volevo solo che quella notte che mozzava il respiro non giungesse al termine, che l’infausta alba non dilaniasse con i suoi raggi il mio dolce sogno. Ma come può un essere umano credere a una follia simile? Al mattino quasi mi sentivo smarrita in un groviglio di sensazioni a cui difficilmente riuscivo a dare una forma. Dubitavo di aver solo sognato la suggestiva presenza che stava ipnotizzando i miei sensi, ma al tempo stesso ero allertata da questa surreale apparizione che infrangeva la realtà di certezze, per aprire un’ignota dimensione. Forse è la mia mente che vacilla indebolita da tanta solitudine, che con le sue onde salate erode nei secoli la mia anima? Spenta la ragione, potrei cadere in un’affascinante tenebra che mi condurrebbe a mondi illusori, da trapassare con un dito, pronti a scoppiare come una bolla di sapone, a cui si aveva creduto con intenso fervore.
Come potevo, mio diario, alimentare mettendo nero su bianco parole d’irreale vita che di notte si era impossessata di me?
Ogni tenebre che si succedeva, quest’uomo con la sua presenza diveniva sempre più forte, giorno dopo giorno la materia che lo componeva pareva compattarsi in un organismo meno etereo e sempre più concreto, ciò mi rendeva ancora più timorosa nel voltarmi verso di lui. Sebbene la curiosità crescesse nel tempo, temevo che a guardare con gli occhi del senno i suoi, questi si sarebbero dissolti come un sogno ormai consumato, e io avrei perduto per sempre quella presenza ogni nottata più preziosa. Non avrei permesso che ciò accadesse, ormai sinuoso, s’era addentrato nei miei pensieri, e mi era impossibile scacciarlo. Durante il giorno pensavo a lui, e la sua presenza pareva accompagnarmi lieve, questa sensazione non mi abbandonava mai, poi la notte s’intensificava al punto che ai miei sogni si mescolava un uomo che giaceva accanto a me, notte dopo notte percepivo sempre più il suo calore, mi avvolgeva il suo odore, sentivo il suo respiro divenire nitido nel silenzio notturno, ormai non avevo più dubbi sulla sua esistenza. Sapevo che se per caso mi fossi voltata, avrei di certo visto il suo viso e i suoi occhi, e chissà quanto altro mi avrebbe potuto spiegare quell’entità che ancora ho paura a chiamare uomo.
Ho il terrore caro diario, che a quel punto potrei innamorarmene, sarei capace di colmare il cuore con emozioni così violente da farlo quasi scoppiare. Non mi riconosci più, mio confidente? Anch’io cerco quella donna ricca di senno ed equilibrio che da anni segue un ritmo di vita pacato e tranquillo, mi guardo allo specchio vedo la sua immagine, ma non è lei… Pare dissolta, mentre io navigo in tumulti d’emozioni che s’agitano dal profondo con una forza soprannaturale. La vita non è un semplice rettilineo, questo l’ho imparato da quando sono nata, tutto pare quieto finché all’improvviso la realtà si ribalta, proprio come noi, esseri umani sempre in cerca di stabilità in questa realtà di precarie certezze; ci avviciniamo alla fine dei nostri giorni, timorosi di saltare nel vuoto, impedendoci di vivere appieno il tempo limitato che ci rimane prima di divenire cenere. Tutto ciò per appigliarci a false sicurezze, all’usuale, al consueto…
Ora però sono in una dimensione ignota, al bivio sono costretta a scegliere… So mio caro amico, che non esistono vie di mezzo, o guarderò negli occhi l’uomo che mi è vicino, o perderò nell’inerzia ogni slancio vitale e lascerò piano, piano evaporare quella presenza che sparirà a un certo punto come una nebbia mattutina che di giorno si dissolve in seno alla pianura.
Mi sono decisa a scriverti per questo motivo, caro diario, per avvisarti che dopo tanto pensare e ripensare, questa notte mi volterò per guardare negli occhi l’entità (che da domani potrò chiamare senza remore uomo), per comprendere chi sia, cosa provo, o meglio chi siamo, cosa proviamo. Domani saprai il seguito di questa folle e intensa avventura. Devo andare fino in fondo, o un giorno sarò sovrastata da infiniti rimpianti per non aver provato a seguire quella che poteva essere la mia vera realtà. Domani ti racconterò tutto, ti parlerò dei suoi occhi e di tutte le verità che scoprirò e che finalmente voglio svelare, e tra noi due, mio fedele diario, non ci saranno più segreti, sempre ti narrerò le mie recondite emozioni, anche le più impossibili, perché anche nell’assurdo si può trovare un senso tante volte troppo profondo, per una vita tranquilla. Ciao.

Questa è l’ultima pagina che è stata scritta, poi il nulla, solo fogli lindi, in una camera vuota, il letto inerme non mostra tracce di vita… Pare che quella notte abbia dissolto ogni confine, i cancelli sciolti come neve al sole hanno perduto un regno, non esistono più barriere… Sono scomparsi entrambi da quest’irreale sogno… Forse sono approdati in nuovi pianeti dove non serve più alcun diario su cui narrare d’utopie. Ma le mie sono solo ipotesi, per aiutare i lettori poveri di fantasia a varcare una soglia surreale dispersa nelle pagine bianche di un diario abortito.


[Modificato da Gisss 28/09/2012 16:40]