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I bonhom di San Bernè

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    Danae_88
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    00 12/07/2012 13:27


    I bonhom di San Bernè

    Al di sopra di Chialamberto, in Val Grande, si estendono, sul versante a solatio, estesi pascoli. Tali aree, situate al di sopra dei 1800 metri, al tempo delle fioriture sono uno spettacolo di colori. Tale è il caso di San Bernè, intorno ai 2000 metri di quota.
    I dintorni non si distinguono solo per le loro bellezze naturali, ma sono caratterizzati da un'emergenza storico-archeologica per molti versi nelle Alpi piemontesi: nella zona si colloca un numero eccezionale di "bonhom", i torricini di pietra tipici della montagna di un tempo, che qui presentano dimensioni e perfezione di fattura particolari.
    L'uso di costruire queste colonnine di pietra risale alla preistoria e si diffuse poi non solo ai Celti, ai popoli nordici e ai romani, ma anche in luoghi lontani come il Nepal e il Tibet. Gli esperti hanno discusso ampiamente sulla funzione di tali manufatti, formulando ipotesi diverse.
    Tuttavia qualsiasi studio dell'argomento non può che partire da una considerazione di base: presso i popoli antichi le montagne ebbero un ruolo fondamentale nell'immaginario collettivo, sia perché erano all'origine di fenomeni terribili, come i tuoni ed i lampi, o delle nubi portatrici delle piogge vitali, sia perché, nella loro altezza, avvicinavano al cielo e alle divinità e quindi rappresentavano un punto di contatto e di passaggio.
    I bonhom, nella loro struttura verticale, erano un simbolo, e probabilmente anche un'imitazione, dell'elevazione verso il cielo della montagna. Può anche darsi che si ispirassero, in casi particolari, a certi elementi naturali dovuti all'erosione, piloni o speroni di roccia, come quello del Passo dell'Ometto sotto l'Uja di Mondrone e lo spettacolare "gendarme" del Colle di Nora, per restare solo nelle Valli di Lanzo.
    Alcuni studiosi hanno ritenuto che questi torricini avessero acquisito anche una funzione magica e propiziatoria, come risulta per i Celti e i romani, presso i quali era frequente che, in siti particolari lungo certi percorsi, non solo di montagna, ogni viaggiatore deponesse una pietra che si aggiungeva al cumulo delle altre, come ringraziamento per l'arrivo alla meta o voto per difficoltà da affrontare.
    Talvolta le pietre erano deposte su un tumulo, cosicché la colonnina assumeva una fuzione sacrale, di collegamento con l'aldilà.
    Il Cristianesimo non fece che appropriarsi di questa usanza pagana, trasformando la "superstizione" in atto religioso: nacquero così i piloni votivi, costruiti per voto o come ringraziamento per un pericolo scampato, magari i malefici delle masche.
    Con il tempo i bonhom acquisirono nuovi significati e funzioni. A parere di alcuni costituirono il contrassegno e il veicolo, in punti ben precisi della superficie, di forze sotteranee positive, portatrici di energia vitale e influssi benefici.
    Secondo una credenza diffusa ancora in tempi relativamente recenti, ad esempio in Val Malenco, avevano il compito di attirare i fulmini, specie in zone più esposte, stornandoli da case, persone, animali.
    Da un punto di vista pratico divennero elementi segnaletici.
    Infine non è da escludere che, ad un certo punto, persasi ormai la memoria dell'originaria funzione magico-sacrale, la costruzione di tali manufatti sia continuata, sia pur saltuariamente, per imitazione come mezzo per marcare il territorio della propria presenza, lasciare un ricordo di sé.
    La gran parte dei bonhom di San Bernè si trovano in una zona circoscritta al di sopra delle baite, in uno spazio in cui i pascoli diventano incolti o cessano cedendo alla pietraia, proprio ai piedi dei pendii che conducono alla soprastante cima del Gran Bernardè, alto 2747 metri. Monte che termina con una caratteristica forma appuntita, che risalta al di sopra del paesaggio ondulato e uniforme della zona. Se c'è una cima che può evocare la tensione verso il cielo nei pastori primitivi, è proprio quella.
    Non è fuor luogo, quindi, pensare che essa abbia svolto un suo ruolo nell'immaginario collettivo ed assegnare ai bonhom costruiti ai suoi piedi una funzione votiva. Nè è da escludere il ruolo apotropaico di difesa dai fulmini. I pascoli di San Bernè sono assai soggetti al fenomeno e infatti in passato si verificarono casi di bestiame ucciso. Alcuni hanno ipotizzato la presenza di sensibili quantità di ferro nel terreno, capaci di attirarli.
    Infine non va dimenticato che la zona, ricchissima d'erba, è povera d'acqua: sul territorio è presente una sola sorgente significativa, nel valloncello dei "Funs", che veniva utilizzata con grande cura, deviandola via via dagli alpeggi utilizzati in un certo momento. Le piogge rappresentavano una risorsa vitale e può darsi che fossero invocate con atti propiziatori.
    La collocazione sparsa fuori sentiero fa escludere che i bonhom abbiano qui una funzione di segnalazione o di confine.
    Un'altra specificità di questi torricini è costituita dalle dimensioni e dalla fattura accurata. In Val Grande di Lanzo si distingue tra quelli più modesti, con funzione segnaletica, chiamati "calette", e i "bonhom" veri e propri. Quest'ultimo è appunto il caso di San Bernè.
    La maggior parte dei manufatti supera i due metri, per non parlare del "Bonhom dou Cialvet", visibile fin dal fondovalle, che supera i tre metri. Esso inoltre è fornito di nicchie e di una finestrella che lo attraversa. In ogni caso le pietre sono montate con cura, per ottenere una forma regolare.
    Tale è anche il caso di un altro tipo di manufatto a San Bernè, la "mongioia": una serie di parallelepipedi di pietre, disposti in fila. Molto probabilmente anch'essi avevano funzione sacrale. "Mongioie" analoghe e torricini in posizione isolata si trovano pure in zone sottostanti, nel percorso che porta a San Bernè.
    Forse non si tratta di manufatti antichissimi, ma non dovrebbe essere fuor luogo una collocazione in epoca medievale, presso gente che continuava una cultura litica d'origine. Sappiamo che per lungo tempo le aree marginali hanno tramandato tali e quali o con una patina di cristianizzazione le usanze pagane.

    Riassunto dell'articolo di Gian Marco Mondino pubblicato sulla rivista Piemonte Parchi, Ottobre 2011.




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    Mongioie di San Bernè







    Monolite al Passo dell'Ometto








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    00 12/07/2012 13:35

    Due articoli di approfondimento:


    camoscibianchi.wordpress.com/2012/03/24/limpercettibile-sussurro-delle...


    www.shan-newspaper.com/web/tradizioni-celtiche/27-le-torri-del-silen...


    [SM=g27822]




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