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Goffredo Mameli e l'Inno

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    kamo58
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    00 06/07/2012 09:35



    Goffredo Mameli dei Mannelli nasce a Genova il 5 settembre 1827 (figlio di Adele - o Adelaide - Zoagli, discendente di una delle più insigni famiglie aristocratiche genovesi, e di Giorgio, cagliaritano, comandante di una squadra della flotta del Regno di Sardegna). Studente e poeta precocissimo, di sentimenti liberali e repubblicani, aderisce al mazzinianesimo nel 1847, l'anno in cui partecipa attivamente alle grandi manifestazioni genovesi per le riforme e compone Il Canto degli Italiani. D'ora in poi, la vita del poeta-soldato sarà dedicata interamente alla causa italiana: nel marzo del 1848, a capo di 300 volontari, raggiunge Milano insorta, per poi combattere gli Austriaci sul Mincio col grado di capitano dei bersaglieri.

    Dopo l'armistizio Salasco, torna a Genova, collabora con Garibaldi e, in novembre, raggiunge Roma dove, il 9 febbraio 1849, viene proclamata la Repubblica. Nonostante la febbre, è sempre in prima linea nella difesa della città assediata dai Francesi: il 3 giugno è ferito alla gamba sinistra, che dovrà essere amputata per la sopraggiunta cancrena.

    Muore d'infezione il 6 luglio, alle sette e mezza del mattino, a soli ventidue anni. Le sue spoglie riposano nel Mausoleo Ossario del Gianicolo.

    Fratelli d'Italia

    Dobbiamo alla città di Genova Il Canto degli Italiani, meglio conosciuto come Inno di Mameli. Scritto nell'autunno del 1847 dall'allora ventenne studente e patriota Goffredo Mameli, musicato poco dopo a Torino da un altro genovese, Michele Novaro, il Canto degli Italiani nacque in quel clima di fervore patriottico che già preludeva alla guerra contro l'Austria.

    L'immediatezza dei versi e l'impeto della melodia ne fecero il più amato canto dell'unificazione, non solo durante la stagione risorgimentale, ma anche nei decenni successivi. Non a caso Giuseppe Verdi, nel suo Inno delle Nazioni del 1862, affidò proprio al Canto degli Italiani - e non alla Marcia Reale - il compito di simboleggiare la nostra Patria, ponendolo accanto a God Save the Queen e alla Marsigliese.

    Fu quasi naturale, dunque, che il 12 ottobre 1946 l'Inno di Mameli divenisse l'inno nazionale della Repubblica Italiana.


    come nacque l'inno

    La testimonianza più nota è quella resa, seppure molti anni più tardi, da Anton Giulio Barrili, patriota e poeta, amico e biografo di Mameli.

    Siamo a Torino: "Colà, in una sera di mezzo settembre, in casa di Lorenzo Valerio, fior di patriota e scrittore di buon nome, si faceva musica e politica insieme. Infatti, per mandarle d'accordo, si leggevano al pianoforte parecchi inni sbocciati appunto in quell'anno per ogni terra d'Italia, da quello del Meucci, di Roma, musicato dal Magazzari - Del nuovo anno già l'alba primiera - al recentissimo del piemontese Bertoldi - Coll'azzurra coccarda sul petto - musicata dal Rossi.

    In quel mezzo entra nel salotto un nuovo ospite, Ulisse Borzino, l'egregio pittore che tutti i miei genovesi rammentano. Giungeva egli appunto da Genova; e voltosi al Novaro, con un foglietto che aveva cavato di tasca in quel punto: - To' gli disse; te lo manda Goffredo. - Il Novaro apre il foglietto, legge, si commuove. Gli chiedono tutti cos'è; gli fan ressa d'attorno. - Una cosa stupenda! - esclama il maestro; e legge ad alta voce, e solleva ad entusiasmo tutto il suo uditorio. - Io sentii - mi diceva il Maestro nell'aprile del '75, avendogli io chiesto notizie dell'Inno, per una commemorazione che dovevo tenere del Mameli - io sentii dentro di me qualche cosa di straordinario, che non saprei definire adesso, con tutti i ventisette anni trascorsi. So che piansi, che ero agitato, e non potevo star fermo.

    Mi posi al cembalo, coi versi di Goffredo sul leggio, e strimpellavo, assassinavo colle dita convulse quel povero strumento, sempre cogli occhi all'inno, mettendo giù frasi melodiche, l'un sull'altra, ma lungi le mille miglia dall'idea che potessero adattarsi a quelle parole. Mi alzai scontento di me; mi trattenni ancora un po' in casa Valerio, ma sempre con quei versi davanti agli occhi della mente. Vidi che non c'era rimedio, presi congedo e corsi a casa. Là, senza neppure levarmi il cappello, mi buttai al pianoforte.

    Mi tornò alla memoria il motivo strimpellato in casa Valerio: lo scrissi su d'un foglio di carta, il primo che mi venne alle mani: nella mia agitazione rovesciai la lucerna sul cembalo e, per conseguenza, anche sul povero foglio; fu questo l'originale dell'inno Fratelli d'Italia."





    Fratelli d'Italia
    L'Italia s'è desta,
    Dell'elmo di Scipio
    S'è cinta la testa.
    Dov'è la Vittoria?
    Le porga la chioma,
    Ché schiava di Roma
    Iddio la creò.
    Stringiamci a coorte
    Siam pronti alla morte
    L'Italia chiamò.

    Noi siamo da secoli
    Calpesti, derisi,
    Perché non siam popolo,
    Perché siam divisi.
    Raccolgaci un'unica
    Bandiera, una speme:
    Di fonderci insieme
    Già l'ora suonò.
    Stringiamci a coorte
    Siam pronti alla morte
    L'Italia chiamò.

    Uniamoci, amiamoci,
    l'Unione, e l'amore
    Rivelano ai Popoli
    Le vie del Signore;
    Giuriamo far libero
    Il suolo natìo:
    Uniti per Dio
    Chi vincer ci può?
    Stringiamci a coorte
    Siam pronti alla morte
    L'Italia chiamò.

    Dall'Alpi a Sicilia
    Dovunque è Legnano,
    Ogn'uom di Ferruccio
    Ha il core, ha la mano,
    I bimbi d'Italia
    Si chiaman Balilla,
    Il suon d'ogni squilla
    I Vespri suonò.
    Stringiamci a coorte
    Siam pronti alla morte
    L'Italia chiamò.

    Son giunchi che piegano
    Le spade vendute:
    Già l'Aquila d'Austria
    Le penne ha perdute.
    Il sangue d'Italia,
    Il sangue Polacco,
    Bevé, col cosacco,
    Ma il cor le bruciò.
    Stringiamci a coorte
    Siam pronti alla morte
    L'Italia chiamò


    fonte: quirinale.it
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    kamo58
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    00 27/05/2014 11:09
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    kamo58
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    00 02/06/2014 18:25
    Buona festa della Repubblica [SM=x2715896]